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Autore: Baikolet    15/04/2015    3 recensioni
«Chi mi controllava il battito ogni due per tre, chi controllava la testa, chi cercava altre lesioni e così via. Eppure sentivo solo le sue mani sul mio corpo e mai smisi di guardarla. Notò quest'ultima cosa, si avvicinò poggiando una mano sui miei capelli e si sporse sul mio viso.»
SWANQUEEN AU
Genere: Angst, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Se si potesse descrivere con una parola il vero colore dell'oceano, il rumore dell'universo, o il silenzio di una cascata, sarebbe lei
Mai nella mia vita mi sarei immaginata qui, ad annegare nella sua oscurità accecante. Mai e poi mai avrei immaginato di disperarmi per una figura femminile, di desiderare quel corpo simile al mio. Mai era successo, ma dicono che la vita sorprende e l'essere umano è tanto complesso quanto imperfetto nella perfezione. 
Starei ore a pensarla, a disegnare il suo carattere che mi trascina nell'oblio, sempre più giù, ancora e ancora. 


Fu due anni fa, d'autunno. Un imbecille al telefono non m'aveva dato la precedenza, mi ritrovai con la macchina fumante e io vicina allo svenimento. Non era tanto grave a mio parere, cercavo di raccogliere tutte le forze possibili ma invano. Il mal di testa e la paura mi paralizzavano. Attesi i soccorsi con la vista sfocata, maledicendo il conducente dell'altra macchina. Furono gentili e delicati, mi portarono fuori dal veicolo e in seguito all'ospedale. Lì delle mani si presero cura di me, potevo sentire la dolcezza con cui mi toccavano cercando di non farmi male. Difatti non sentii niente, ero talmente concentrata ad imprimere quei lineamenti nella mia testa che il dolore era secondario. Mi sorrise e giuro che fu come la fine del mondo. 
Non riuscivo però a capire quanto fossero gravi le mie condizioni, percepivo solo un gran via e vai di medici ed equipe. Chi mi controllava il battito ogni due per tre, chi controllava la testa, chi cercava altre lesioni e così via. Eppure sentivo solo le sue mani sul mio corpo e mai smisi di guardarla. Notò quest'ultima cosa, si avvicinò poggiando una mano sui miei capelli e si sporse sul mio viso.


"Riesce a dirmi il suo nome?" 


Il respiro si fece pesante, il torace come un mattone, il sangue che scorreva più velocemente e il 'bip' del monitor aumentava come impazzito. Iniziarono quasi tutti ad allarmarsi tranne lei che neanche per un secondo aveva smesso di guardarmi e neanche di un millimetro aveva spostato la sua mano dalla mia fronte. Fu la sua voce a provocare tutto quello.


"E-Emma, Emma Swan" 


Le parole uscirono a fatica senza che lo volessi. 


"Hai dei bellissimi occhi Emma"


Si allontanò ma riuscii comunque a sentire le parole che rivolse agli altri medici. Qualcosa che c'entrava con l'essere sotto shock, di fare immediatamente una TAC per avere accertamenti e di medicarmi le lesioni. Insomma niente di grave a mio parere. La vidi andare via, ma fui certa che mi rivolse un occhiata prima di scomparire completamente dal mio campo visivo. 


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 


Mi svegliai più stanca di quando mi addormentai. L'effetto degli analgesici mi faceva perdere contatto con la percezione della realtà. Entrò un'infermiera che mi spiegò tutto riguardo all'incidente, niente di grave per fortuna. Avevo molte suture sparse per il corpo a causa dei tagli profondi, in più un ginocchio fasciato. Non erano state riscontrate emorragie interne, mi disse che in due settimane sarei tornata come nuova, con qualche cicatrice ma non c'era da preoccuparsi. Entro l'ora di pranzo avrei dovuto lasciare l'ospedale, così decisi di chiamare August per farmi venire a prendere. 


Condividevo l'appartamento con lui e quando mi vide per poco non esplose. Ovviamente non ero riuscita a contattarlo per informarlo dell'accaduto e mai l'avevo visto così preoccupato. 


August Booth è sempre stato parte di me sin da piccola, ero cresciuta con lui all'orfanotrofio, ci consideravamo fratelli. Avevamo affrontato un'infanzia difficile, a diciott'anni ci separammo e non ci vedemmo fino al giorno della laurea. Fu spontaneo per noi riprendere quei ruoli da fratello maggiore e sorella minore ed eccoci qui.  Lui che mi abbracciava con quel suo fare protettivo e che mi porgeva le stampelle. Fummo interrotti da un lieve bussare allo stipite della porta.


"È permesso?" 


La riconobbi subito nonostante la mia mente il giorno prima fosse annebbiata a causa dell'incidente. Mi limitai a guardarla non riuscendo a rispondere. Grazie al cielo c'era August. 


"Lei è la dottoressa di Emma?" 
"Sì, vorrei scambiare due parole con la signorina Swan se possibile"
"Certo" 


August si incamminò verso l'uscita ma rallentò per sussurrare qualcosa alla donna.


"Grazie per essersi presa cura di Emma"
"È il mio lavoro, non si preoccupi" 


Il mio cervello interpretò quella frase in maniera del tutto diversa. Era assurdo, non sapevo neanche chi fosse quella persona e mi ritrovavo a fare pensieri del tutto inadeguati. Mi si avvicinò lentamente, vi giuro che neanche potete immaginarlo il suo profumo. 


"Emma allora, come si sente oggi?" 
"Direi abbastanza bene, lei?" 


La sua risata mi fece tremare le gambe, e timorosa mi chiesi cos'avessi detto di così divertente.


"Ho detto qualcosa di sbagliato?"
"Oh no, assolutamente no. Anzi, è bello che me lo chieda. Non mi era mai capitato"
"Nessuno le ha mai chiesto come sta?"
"Non un paziente" 


Silenzio. Iniziai a torturarmi le mani e abbassai il volto mentre lei si appoggiava al letto. Potevo sentire il suo sguardo su di me, mi scrutava come se fossi un quadro, lo percepivo. Quegli occhi mi accarezzavano cercando di afferrare ogni minimo dettaglio. La sentii sospirare. 


"Immagino che l'infermiera l'abbia già informata di tutto"
"Sì, è esatto" 


Ancora silenzio. Stavolta provai a sfidare l'oscurità dei suoi occhi, ma non me lo permise spostando lo sguardo altrove e tirandosi su. 


"Non.. Non ha risposto"
"Come?"
"Non m'ha detto come sta."


Lo stupore la fece irrigidire per un brevissimo periodo e subito dopo sorrise.


"Ora sto bene" 


Non le chiesi cosa intendesse con la parola ora.  Era un'altra frase che poteva essere interpretata in modi diversi ma decisi di non andare oltre. Accennai anche io un sorriso sistemandomi meglio con le stampelle e avvicinandomi a lei di un passo. Iniziò a suonarle il cercapersone interrompendo così il nostro contatto. 


"Devo andare, mi perdoni davvero. La aspetto tra cinque giorni per togliere i punti, e mi raccomando si riposi. Arrivederci" 


"Oh, sì certo. Buona giornata" 










Eccomi di nuovo, stavolta con una long. Allora premetto che non è un progetto serio o altro, sto scrivendo questa ff per noia e anche perché non mi sento per niente ispirata in sto periodo quindi butto giù le prime cose che mi passano per la testa. Probabilmente ci sono diversi errori quindi se ne trovate vi sarei infinitamente grata se me li scriveste. Spero vi piaccia nonostante io non ne sia per niente convinta, quindi un grazie enorme a chi legge in silenzio, chi lascerà una recensione ecc. Siete sempre meravigliosi.


A. 
  
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