Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Wren    24/12/2008    7 recensioni
Una notte fredda, in cui si sente il Natale che s'avvicina, Fay alza gli occhi al cielo stellato e fa un incontro bizzarro che movimenterà la sua vita.
[scandalosamente AU e KuroFay]
Genere: Romantico, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: Alternate Universe (AU), Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Recentemente (ma neanche più di tanto) mi sono accorta di essere diventata piuttosto pigra... e credo di dover chiedere scusa. Non tanto per una qualche vanitosa convinzione che il mondo non possa vivere senza le robe che produco... quanto piuttosto perchè, se qualcuno ci tiene (e non sapete quanto io vi ringrazi per le dimostrazioni che mi offrite!) è giusto che ripaghi la gentilezza con un po' di impegno in più, come minimo.
Insomma… Grazie e scusate! Sul serio.

Come pegno di buona volontà, mi sono impegnata a concludere un capitolo nuovo di questa storia almeno entro questo Natale… credo che la storia durerà ancora due, massimo tre, altri capitoli, quindi non disperate, conto di finirla almeno entro il Natale 2009! XD

Vi lascio dunque alla lettura, sperando che la storia di Kuro-stellina vi appassioni ancora e che le vostre aspettative non ne siano deluse!

Tantissimi auguri di Buon Natale!!!





Capitolo 5



Il messaggio che aveva fortuitamente intercettato parlava chiaro: avrebbero attentato alla vita della famiglia reale durante il gran ballo di corte. Kazahaya non poteva permettere che questo accadesse, per questo aveva chiesto in prestito alla principessa Miyuki ( l’unica ad avergli creduto) un abito elegante per poter partecipare all’evento a sua volta, mascherato. Se ne stava ora guardingo in un angolo della sala da ballo, attento al sia pur minimo movimento sospetto.
“Come siamo eleganti, Kazahaya…” qualcuno gli sussurrò nell’orecchio.
“Rikuo! Tu!” Kazahaya arrossì.
Rikuo si lasciò scappare un sorrisetto, prima di afferrare saldamente l’altro per la vita e trascinarlo tra il vorticare delle danze.
“Non ti sta male questo vestito…” commentò con una risata.
“Maledetto Rikuo! Se sei qui solo per prendermi in giro allora puoi anche-”
“No. Non sopportavo di continuare a vedere lo sguardo che certi nobili posavano su di te… ti sta davvero troppo bene questo vestito…”
“Rikuo…?”
“Forse però il tuo solito vestito da damigello ti si addice di più…”
“Cosa?!”
“Anche se a dire il vero… io ti preferisco senza alcun vestito!”


“Nnnnnhhhh… basta! Tanto è inutile!” piagnucolò Fay, allontanando da sé le bozze del nuovo capitolo di Kakei.
Anche se era passato dallo studio per sistemare qualche retino e non fare troppo il parassita alle spalle del suo capo. Era vero che aveva del lavoro –parecchio a dire il vero– da terminare e le scadenze si avvicinavano minacciosamente, ma se avesse abbandonato completamente il signor Kakei in quel periodo, si sarebbe sentito mostruosamente in colpa, un approfittatore, una sanguisuga, un…
Ma chi voleva prendere in giro? Da che era lì non faceva che rimuginare senza fare niente di produttivo. Il problema era che, ancora una volta, cercava a tutti i costi di non tornare a casa.
La questione, almeno questa volta, non era grave, non aveva più litigato con Kuro-stellina dopo quel giorno infausto, anzi le cose procedevano davvero bene… Però l’idea di tornare a casa gli sembrava comunque troppo rischiosa, no, molto meglio trascorrere una serena e pacifica giornata al lavoro.

La sera in cui aveva fatto pace con Kuro-stellina, l’abbraccio si era protratto per moltissimo tempo, molto oltre il limite suggerito dalle consuetudini dello spazio personale. Sarebbe potuto durare anche tutta la notte di quel passo, solo che i bambini dovevano tornare a casa e dopo un certo tempo si erano stufati di rimanere chiusi nel bagno, quindi avevano chiassosamente interrotto quel loro momento privato. Kurogane si era allontanato imbarazzato, ridestandosi di botto dal torpore che l’aveva avvolto e Fay aveva sollevato lo sguardo divertito, trovando adorabile quel suo lato “scorbutico ad ogni costo”.
E lì se ne era accorto, ne era stato violentemente investito e aveva collezionato la prima tacca al conto che si portava dietro da allora.
Uno.

“E’ successo, comunque... E’ stata l’ultima volta che ho guardato giù sulla terra.” aveva detto il ragazzo-stella, mentre, più tardi, Fay cercava di produrre una cena commestibile per entrambi.
“Cosa?” gli aveva domandato distrattamente.
“Che un essere umano divorasse il cuore di una stella caduta.”
Il rumore spadellante si interruppe e Fay si voltò verso Kurogane con un’espressione incerta, forse un po’ colpevole.
“Tsk…” sbuffò lui, infastidito. “Non fare quella faccia da idiota, non è certo colpa tua!”
Fay riprese a respirare senza essersi accorto, per un istante, di aver trattenuto il fiato, ma il senso di colpa non sparì del tutto. Kurogane lo fissò con aria contrariata, poi sbuffò ancora e distolse lo sguardo.
“Quando ero giovane, c’era una stella molto luminosa vicino alla mia costellazione… si chiamava Karen, una tizia che si dava un sacco da fare per brillare, c’erano volte che la sua zona di cielo sembrava bruciare da quanto ci dava dentro. Mi ha insegnato un sacco di cose, era… una stella davvero forte. Però aveva una fissazione assurda per la terra, se ne stava ore intere a guardare in giù, tutta contenta perché, a furia di brillare e brillare, aveva un sacco di esseri umani a guardarla… Era una dannata un’esibizionista! Una volta guardò giù un po’ troppo intensamente –era da qualche tempo che seguiva continuamente un umano con gli occhiali e l’aria da tonto– e l’istante dopo era caduta giù. L’ho seguita per un po’, per vedere se riusciva a tornare, ma dovunque andasse gli uomini le davano la caccia. Un giorno un umano riuscì a catturarla, le strappò il cuore e… lo mangiò.”
Kurogane si interruppe, gli era scesa frattanto un’ombra di rabbia negli occhi, e Fay ne approfittò per allentare la presa che involontariamente aveva stretto attorno al manico di una padella per la sensazione spiacevole che la storia gli stava gettando addosso.
“Non ho più guardato giù.” concluse Kurogane a bassa voce. “Mai più.”

“Awww, così carino!”
“Non è vero!”
“Invece sì!”
“No!”
“Sììì~”
“Ho detto di no!”
L’argomento era caduto nel dimenticatoio ed il resto della serata fu riempito dal reticente racconto della giornata di Kurogane in compagnia dei bambini e dalle risate di Fay, mentre si immaginava ciò che il ragazzo-stella si rifiutava di raccontargli con un fiero rossore ben distribuito su tutta la faccia.
“Invece io dico di sì! Dolce come un pan di stelle!”
“Smettila!”
Anche il peso della tristezza che quel discorso aveva scaricato loro addosso si era dissolto.
“Chi avrebbe mai potuto pensare che un signor stellina dall’aria così burbera fosse invece tanto tenero?”
“Come osi?!?!?!”
In breve, il ricordo del litigio scomparve senza lasciare tracce.
“I bambini di tutto il mondo dovrebbero conoscere la tenera storia di Kuro-asterisco, la stellina più graziosa di tutte!”
“ADESSO BASTA!”
Fay si alzò da tavola con uno scatto ed una risata sulle labbra, allontanandosi all’ultimo momento dal pugno che Kurogane cercò di calargli sulla testa. L’inseguimento travolse una pila di libri e una sedia, si spostò in tutto il resto della casa, e lo sguardo furbo e divertito di Fay non faceva che fomentare il desiderio di Kurogane di colpirlo. Alla fine comunque furono costretti ad interrompersi dal campanello ed a subire una pesante ramanzina dai vicini di casa.
“Non è stata una serata divertente?” domandò entusiasta il padrone di casa, ritornando il salotto.
“Per niente.” rispose Kurogane.
“Ah, che disgrazia! Sembra che voi stelle non sappiate proprio divertirvi, mh?”
“Non ho bisogno di divertirmi…”
Fay si voltò verso l’altro ragazzo proprio mentre lui si avvicinava. Kurogane si chinò accanto a lui per tirar su la sedia, caduta vittima dei loro diverbi, ed il suo cuore saltò un battito.
Due, contò. Prima avrebbe potuto far finta che fosse stato solo uno scherzo tiratogli dalla stanchezza... ma ora?
Dannazione…

Si era ripromesso di smettere di contare, era un’inutile distrazione, ma ogni volta finiva sempre per aggiungere una tacca al conto. Aveva visto con sollievo la possibilità di allontanarsi da casa, ma non aveva previsto che la situazione sarebbe peggiorata, perché continuare a pensarci non faceva che stressarlo.
“Kazahaya, tu che faresti?” domandò sconsolato alla tavola che aveva davanti a sé.
Dopo non aver –comprensibilmente– ricevuto risposta, Fay piluccò svogliatamente il foglio con la matita e provò a sistemare un particolare dello sfondo. L’istante dopo lo stava cancellando furiosamente.
Sospirando, pensò che non avrebbe probabilmente portato avanti di molto il lavoro quel giorno.

*

“Dovevamo proprio portarcelo dietro?” brontolò Kurogane, accennando alla presenza sulla sua spalla.
“Ogni tanto ha bisogno di uscire anche lui, poverino!” rispose Kimihiro con tono non troppo interessato.
Agenore zampettò allegramente sulla sua comoda e spaziosa postazione, tutto contento di potersi finalmente godere di aria aperta, osservando attraverso i suoi occhi sfaccettati il meraviglioso spettacolo che la città, decorata per le feste, offriva.
Kurogane era troppo occupato ad occhieggiare il suo passeggero con aria truce per accorgersi che il bambino non lo stava minimamente ascoltando. Kimihiro, in piedi sulla panchina come mai sua madre gli avrebbe permesso, era di vedetta, in attesa, perfettamente concentrato.
“Himawari-chan!” strillò al colmo della contentezza, saltando giù dalla sua postazione – e causando un vistoso e poco dignitoso sobbalzo a Kurogane – non appena avvistò la bambina fare il suo ingresso nel parco.
La corsa gioiosa, comunque, si interruppe quasi immediatamente, giusto nel momento in cui fu evidente che Himawari non era arrivata da sola.
“Shizuka…” borbottò Kimihiro.
“Ciao anche a te,” rispose tranquillamente l’altro bambino.
“Che ci fai tu qui? Himawari-chan mi ha telefonato personalmente e mi ha detto che aveva qualcosa di importante da dirmi! Cosa c’entri tu?”
“Ha detto le stesse cose anche a me.”
“Non ci credo!!!”
“Siamo anche venuti in macchina insieme, con mio nonno.”
“NON È VERO!!!”
“Idiota.”
“GAAAAAAAAHHHH!!!”
Himawari si godette con un sorriso la scenetta familiare, ma preferì lasciarli alle loro faccende senza disturbarli e si rivolse a Kurogane, che li stava ancora fissando dalla panchina con un sopracciglio inarcato nell’espressione della massima perplessità. La bambina corse con i suoi passettini svelti fino al loro nuovo amico e gli porse, con un grande sorriso, un sacchetto.
“Ho trovato questo!” gli disse, piantandoglielo in mano e facendosi indietro, in attesa.
Kurogane pescò dentro alla busta di plastica e sollevò davanti agli occhi l’oggetto che vi era contenuto. Gli era familiare, ovviamente. Il dubbio era semplicemente cosa diavolo dovesse farsene.
“È…” cominciò, incerto su cosa dire per non innervosire la bambina (e Kurogane aveva scoperto di non riuscire proprio ad essere brusco come la sua natura lo spingeva spesso ad essere, se aveva davanti una bambina) (…doveva essere colpa di Tomoyo, in qualche modo).
“…un libro,” aggiunse, sentendosi abbastanza sicuro della sua affermazione.
Un libro… illustrato. Per bambini. Gli esseri umani erano davvero strani.
“Esatto! È un libro che ho da quando sono piccolissima! Non me lo ricordavo quasi più! Però, pensando ad un modo di farti tornare in cielo, mi è tornato in mente!” spiegò concitata ed entusiasta Himawari, arrampicandosi sulla panchina accanto a lui ed aprendogli il libro tra le mani. “Leggi qui!”
Kurogane strabuzzò gli occhi, prese il libro e se lo rigirò tra le mani un paio di volte, prima di sbottare.
“Ma non c’è scritto niente! È pieno di disegni e strani segnacci!”
Himawari lo fissò pensosa, controllò la pagina aperta e tornò ad indagare l’espressione accigliata del ragazzo stella. Infine sospirò.

“…ed è inutile che insisti, tanto lo so che hai costretto la povera Himawari-chan ad invitare anche te, perché sei un guastafeste e non sopportavi l’idea che lei l’avesse chiesto prima a me!”
“In realtà credo che l’abbia chiesto prima a me.”
“NON È VERO!”
“Al telefono mi ha salutato dicendo che dopo avrebbe telefonato a te.”
“NON CI CREDO!”
“Quanto strilli…”
“TU, SHIZUKA, TU..!!!”
“Ragazzi! Abbiamo un problema!”
Kimihiro si dimenticò immediatamente degli sforzi che stava compiendo per trovare un insulto abbastanza forte, ma non troppo volgare.
“Se anche per te Shizuka è un problema, possiamo lasciarlo qui e andare da qualche altra parte!” le propose, rivolgendosi a lei con tutt’altro tono.
“Ma no, perché mai? Sembrate andare così d’accordo!” rispose tranquilla lei, abituata allo strano modo di fare dei due.
Mentre Kimihiro esprimeva scompostamente il suo plateale dolore, fu Shizuka a prestare attenzione alla prima affermazione della bambina.
“Che problema?” domandò tutto tranquillo.
“Temo che il signor stella non sappia leggere la nostra lingua…”
“Mh. Non possiamo leggere noi per lui?”
“Sì, ora sì, ma non sarebbe meglio insegnargli come fare? Potrebbe essere scomodo per lui, poverino…”
“Si può fare. Tanto non avevamo altro da fare oggi.”
“HIMAWARI-CHAN, PERCHÈÈÈÈ???” si continuò a disperare Kimihiro, mentre gli altri due bambini raggiungevano Kurogane.

Il ragazzo stella osservava con le sopracciglia aggrottate Agenore che si era calato sulle pagine del libro e passeggiava sulle righe scritte con quei segni senza senso. Per un attimo Kurogane fu tentato di chiudere il ragno dentro al libro, perché ebbe la netta sensazione che la creatura lo stesse prendendo in giro per non essere in grado di leggere quella scrittura, ma cercò di rammentare a sé stesso che probabilmente avrebbe scatenato reazioni non proprio felici sia nei bambini, sia nello stupido umano e si trattenne.
Non che si preoccupasse di far loro dispiacere, comunque.
Fu in ogni caso costretto a distogliersi dai suoi propositi ragnicidi da Shizuka, il quale si appese al libro e puntò il dito sulla prima riga scritta.
“Ok, signor stella. Ora leggiamo, tu vedi di starci dietro e imparare, va bene?”
Kurogane non ebbe tempo di replicare o di regalare anche al bambino un’occhiataccia (non che a Shizuka avrebbe fatto chissà quale effetto), già le prime parole che il bambino lesse, mentre Himawari recuperava Kimihiro e li raggiungeva, catturarono la sua attenzione.
“C’era una volta una stella che cadde dal cielo senza più sapere come tornare a casa…”

*

Fay si strinse la sciarpa attorno al collo prima di uscire e controllò sul cellulare il luogo dell’appuntamento che gli aveva spedito Kimihiro. Incredibile come i bambini imparassero alla svelta ad usare la tecnologia al giorno d’oggi…
Il parco era poco distante dall’ufficio del signor Kakei, non gli ci sarebbero voluti più di dieci minuti per arrivarci e, incamminandosi, sperò che Kimihiro sapesse quello che faceva, non era certo che portare Kuro-stellina così lontano da casa fosse un’idea saggia.
La sera calava presto in quei giorni, i lampioni cominciavano già ad accendersi mentre ci passava sotto, la gente per strade cominciava già a rientrare, carica di pacchi e sacchetti, lasciandosi dietro nell’aria i riccioli vaporosi dei loro respiri affrettati. Il parco era deserto, ora che lo raggiunse, fatta eccezione per i tre bambini, il ragazzo stella seduto in mezzo a loro e un uomo che li osservava ai margini del parco.
“Buona sera, signor Haruka,” salutò cordialmente Fay.
“Oh!” l’uomo si voltò verso il nuovo arrivato con un sorriso gentile, per poi tornare a controllare il quartetto. “Buona sera a lei, Fay!”
“È qui da molto?” domandò il ragazzo, osservando il gruppetto del tutto ignaro della loro presenza.
“Abbastanza… Ho accompagnato qui Shizuka e la piccola Himawari nel primo pomeriggio e li ho ritrovati esattamente dove li avevo lasciati!” rise l’uomo.
“Sì, sembrano molto impegnati!” concordò Fay, divertito.
“Sembra simpatico, il suo amico,” commentò poi Haruka, rivolgendogli un altro sorriso.
“Beh…” rispose Fay con un’alzata di spalle. “Di sicuro è divertente, il nostro Kuro-shine!”
“Capisco,” aggiunse Haruka, con uno sguardo in effetti comprensivo. “Shizuka mi ha raccontato che è una… stella cadente?”
“Ehr…” Fay si grattò la testa imbarazzato. “I bambini, sa com’è!”
Haruka si lasciò scappare ancora una risata prima di entrare nel parco e chiamare suo nipote.
I quattro finalmente distolsero lo sguardo dal libro su cui stavano concentrando i loro sforzi. Mentre Shizuka saltò giù dalla panchina, Kimihiro si disperò ancora all’idea che Himawari sarebbe stata riaccompagnata a casa da lui, costringendo Kurogane a tapparsi le orecchie e facendo ridacchiare la bambina, che si stava incamminando verso di loro.
“Mi raccomando, allora!” si congedò Haruka, una volta presi per mano i due bambini. “Le stelle cadenti sono rare, ne abbia buona cura!”
Fay rimase nel dubbio che l’uomo stesse dicendo sul serio o meno, finché non sentì l’incombente figura di Kurogane alle sue spalle.
“Ho sentito che hai giocato con gli altri bambini, proprio come un bravo ometto!” cinguettò, voltandosi verso di lui.
“Perché devi sempre dire queste idiozie?” scosse la testa Kurogane, oramai rassegnato all’atteggiamento poco serio dell’umano.
“Ma non sono idiozie, sono veramente orgoglioso del mio Kuro-supernova!” insistette Fay, allungando una mano sopra la testa dell’altro per dargli una pacca affettuosa.
“E TI HO DETTO DI PIANTARLA CON-!”
“Non per interrompervi,” – anche se sì, Kimihiro non vedeva l’ora di stroncare sul nascere quei bisticci in cui i due di dimenticavano completamente del mondo circostante e andavano avanti a battibeccare per ore – “Ma in inverno l’ultimo treno passa presto e, se lo perdiamo, restiamo a piedi…”
I due fissarono il bambino, quasi sorpresi di trovarselo accanto, con il libro stretto protettivamente tra le braccia e Agenore sulla spalla. Kurogane non capì un accidente del discorso del bambino, ma Fay cercò affannosamente il cellulare nelle sue capienti tasche, per poi osservarne preoccupato il display.
“Oh no! È tardissimo! Dobbiamo correre alla stazione!” e detto questo, Fay si lanciò in corsa, seguito a ruota da Kimihiro.
Kurogane rimase immobile sul posto. Continuava a non capire la fretta.
“Muoviti, Kuro-stelletta-ninja!” lo chiamò Fay, voltandosi mentre correva ed agitando un braccio.
“QUANTE VOLTE DEVO RIPETERTI DI CHIAMARMI COME SI DEVE, TU STUPIDO UMANO!!!” e Fay ottenne comunque l’effetto desiderato, perché Kurogane prese a corrergli dietro.
Quando ormai mancava poco alla stazione, Kimihiro cominciò a perdere il passo, rallentò e Kurogane lo superò con uno sguardo dubbioso. Dopo un attimo di incertezza, rallentò a sua volta ed afferrò il bambino per la vita, caricandoselo in spalla.
“Waaah!!” strillò Kimihiro, colto alla sprovvista, stringendosi di più addosso il libro e riparando Agenore dall’improvviso aumento di velocità.
Fay si voltò a controllare la situazione e si lasciò scappare un sorrisetto divertito.
“Coraggio che quasi ci siamo!”
I due (contando solo quelli che correvano effettivamente) si gettarono sulla scala della fermata della metropolitana, superarono il blocco il più velocemente possibile e si lanciarono sulla piattaforma d’attesa.
Il treno era già arrivato, dovettero aumentare ancora la corsa per oltrepassare le porte scorrevoli, che già fischiavano e cominciavano a chiudersi, per finire in mezzo alla calca dei pendolari di ritorno dal lavoro.
“Ce l’abbiamo fatta!” esclamò elettrizzato Fay, una volta che ebbe ripreso il fiato.
“Se avessi saputo che sarei finito schiacciato in questo modo, avrei preferito andare a piedi,” brontolò Kurogane.
“Guarda che era lunga, fino a casa…”
Il treno partì senza preavviso e con uno scossone, sbilanciando Fay ancor più contro Kurogane, costringendoli ad aggrapparsi l’uno all’altro. Apparentemente, entrambi si accorsero soltanto in quel momento di quanto la calca li costringesse a stare vicini. Fay sollevò lo sguardo, preoccupato di quanto il suo cervello sembrasse improvvisamente in tilt, imponendosi a mantenere almeno un aspetto tranquillo, quando dentro sentiva invece agitarsi una gran confusione.
Kurogane aggrottò le sopracciglia, colto del tutto impreparato dalla reazione che ebbe a tanta vicinanza. Da che era sceso sulla Terra, aveva sperimentato le gioie (poche) e i dolori (fin troppi) della vicinanza a cui gli umani sembravano non poter fare a meno, tutti pigiati in quel pianeta così stretto, ma in quel momento qualcosa in lui gli comunicò che ora c’era qualcosa di diverso.
Così vicino allo stupido umano, non poteva fare a meno di pensare che… non fosse abbastanza.
Stupida Terra con tutti i suoi stupidissimi effetti collaterali! Non poteva che essere una delle contagiose idiozie umane!
Perdendosi a guardare gli occhi di Fay, si domandò se gli umani almeno sapessero cosa fare, per sentirsi più vicini di così.

*

“…proprio qui!” esclamò Kimihiro, mostrando a Fay una pagina del libro che aveva prestato loro Himawari.
Una volta usciti dalla calca della metropolitana, Kimihiro aveva cominciato a raccontare eccitato gli avvenimenti e le importanti scoperte della loro giornata. Teneva per mano Fay, mentre con l’altra reggeva il libro, troppo concentrato per guardare la strada, tanto che un paio di volte Fay dovette trattenerlo di peso per non farlo cadere. Accanto a loro camminava Kurogane, con la schiena un po’ curva, per ascoltare ancora una volta dal bambino.
“Dice che la stella caduta, dopo tanto vagabondare, giunse alla casa di una veggente. La donna gli offrì una tazza ti tè caldo e lesse il futuro nelle foglie rimaste sul fondo. Vide che la stella aveva una sola possibilità di tornare a casa sua. Se una stella risplende al suo massimo fulgore alla mezzanotte di Natale, acquista la capacità di realizzare qualunque desiderio. Se la stella avesse brillato in quella notte magica, avrebbe potuto realizzare il proprio desiderio e così raggiungere il cielo.”
“Ma l’hai imparato a memoria?” si stupì Fay, rielaborando mentalmente le informazioni del bambino.
“Per forza, me l’ha fatto rileggere un milione di volte!” brontolò Kimihiro lanciando un’occhiataccia a Kurogane.
“Non si capisce niente di quella storia! Che razza di assurdità sarebbe brillare al suo massimo fulgore???” si lamentò lui, distogliendo lo sguardo ed incrociando le braccia.
“Ma voi siete sicuri che possa essere la risposta ai problemi di Kuro-splendore?” chiese ancora Fay dubbioso. In fondo stavano parlando di un libro illustrato per bambini, non di un manuale per stelle smarrite.
“È l’unica pista che abbiamo, no?” insistette con fervore Kimihiro. “L’unica possibilità di scoprire se la storia è vera o no è cercare l’autore e chiederglielo!”
“Non è così semplice, temo…” sospirò Fay.
“E perché mai?!” si intromise Kurogane, dimostrando di essere molto più interessato di quanto stesse cercando di dare a vedere.
“Non possiamo guardare sull’elenco telefonico?” rincarò Kimihiro.
Fay prese di mano il libro al bambino e indicò il nome scritto sulla copertina. “Vedete qui? Questo è uno pseudonimo, significa che l’autore non si chiama veramente così e che non lo puoi trovare sull’elenco telefonico!”
Lo sconforto, fin troppo evidente sul volto di Kimihiro, fece aggrottare ancor di più le sopracciglia di Kurogane.
“E quindi?!” domandò scocciato.
“Posso provare a telefonare alla casa editrice…” ponderò l’altro, rigirandosi il libro tra le mani.
Kurogane continuò a guardarlo storto con una perseveranza invidiabile e Fay non riuscì a trattenere una genuina risata davanti a quella buffa espressione corrucciata, non riuscì ad impedire che la sua mano raggiungesse i capelli dell’altro per scompigliarglieli con affetto.
“Fino ad allora, temo che il nostro Kuro-stellina sarà costretto a sopportare il suo soggiorno quaggiù!”
“Gah!” sbottò Kurogane, cercando di scacciare la mano dell’altro. “Idiota! Sei tu che non ti impegni abbastanza!”
“Ma Kuro-starlet!” piagnucolò Fay. “Non essere ingiusto, cosa posso farci io, se non ho idea di dove trovare questo signor Kujaku???”
“Io lo so!” li interruppe una voce e tutti e tre si accorsero improvvisamente di due cose. Avevano raggiunto il loro condominio ed erano fermi davanti alla portineria a discutere chissà da quanto.
Yuuko li osservava col suo solito sorriso sibillino e divertito, appoggiata elegantemente allo stipite della porta.
“Oh… ehr… Buonasera!” la salutò allegramente Fay, come se non avesse parlato di stelle cadenti e del modo di farle ritornare in cielo fino ad un attimo prima.
La donna continuò a sorridere, osservandoli uno alla volta con calma e lasciandoli sulle spine.
“Dicevo… so dove potete trovare questo signor Kujaku…” ripeté, giocherellando distrattamente con una delle sue lunghe ciocche corvine.
Kurogane osservò innervosito gli altri due. La strega era una spina nel fianco, ma perché nessuno dei due sembrava incline ad invitare la donna a proseguire il suo discorso, per una volte che diceva cose sensate? Non sapeva che Fay, pur mantenendo il suo smagliante sorriso, e Kimihiro, con la sua manina che stringeva convulsamente il lembo del cappotto del suo amico stellare, erano solo in attesa dell’inevitabile.
“Vediamo…” ponderò Yuuko, inclinando la testa con aria pensosa. “Cosa potrei chiedervi in cambio di questa informazione?”
Kurogane, seppur ignaro delle possibili conseguenze, rabbrividì.

Alla fin fine se la cavarono relativamente con poco.
Kimihiro fu costretto a promettere un cestino di frittelle tutti i giorni per una settimana, Kurogane venne obbligato a trasportare un pesante armadio davanti ad una porta del piano terra (“Ah! Vedremo che faccia farà quel maledetto occhialuto, quando vorrà uscire!” aveva sogghignato la donna), mentre Fay…
“Avrei preferito che mi chiedesse direttamente di disegnarli io…” si lamentò. “Non è facile come sembra accedere all’archivio privato del signor Kakei!”
E Fay sapeva bene dove il suo capo custodiva gli sketch-book dove, nel tempo libero, disegnava per il suo solo diletto personale. Manco a dirlo, tale diletto aveva inclinazioni a rating piuttosto elevato… Fay aveva osato darci un’occhiata veloce veloce solo una volta in tutta la sua carriera, Kakei era gelosissimo delle sue produzioni private.
“Perché Yuuko-san doveva essere una fan così sfegatata dello yaoi? Il signor Kakei mi ucciderà se mi dovesse scoprire a rubare uno dei suoi disegni Rikuo/Kazahaya!” proseguì Fay, e così via fino alla porta di casa, fin dentro al salotto, fino a gettarsi sul divano con aria infinitamente sconsolata.
“E che roba sarebbe?” brontolò Kurogane, seguendolo in casa, e massaggiandosi una spalla indolenzita dai lavori forzati che gli erano stati imposti.
“Beh, si tratta di…” cominciò Fay, baldanzosamente, prima di rendersi conto di non saper assolutamente spiegare il concetto al ragazzo stella, senza indugiare su pensieri che aveva cercato di tenere lontano per giorni interi.
Kurogane aspettava la sua spiegazione con un sopracciglio sollevato, un po’ scocciato, un po’ curioso (ed un po’ scocciato di essere curioso), se ne stava in piedi, al centro della stanza, con le braccia incrociate e quell’aria scorbutica e, nonostante tutto, adorabile che lo circondava e lo rendeva speciale, e non per la sua incredibile provenienza.
Quarantadue.
“Nulla che possa interessarti, Kuro-stellina…”
Fay scosse la testa con un sorriso impercettibilmente triste.
Doveva decidersi a smetterla, avrebbe finito solo per farsi del male, insistendo a tenere il conto tutte le volte che avrebbe voluto baciare Kurogane.

*

La massiccia figura, ammantata di ombre innaturalmente più scure della notte circostante, rimase immobile ad osservare lo spazio vuoto, fino a poco prima occupato dal ragazzo, dal bambino, dalla donna e… da lui.
Il buio si increspò in risposta al suo sorriso, malvagio ed antico.
Lo stregone assaporò il momento ancora per un istante, tronfio di aver trovato un’altra stella caduta sulla terra dopo così tanto tempo, poi l’oscurità si fece più profonda e lo inghiottì, lasciando dietro di sé sulla strada il gelo dell’inverno e la percettibile sensazione di una minaccia incombente.




Continua…



Un Buonissimo Natale ancora!^_____^

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