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Autore: Madam Morgana    16/04/2015    3 recensioni
Ma Sarah era conosciuta per la sua goffaggine, e mentre stava camminando spedita a velocità supersonica, urtò un ragazzo.
Che idiota, maledizione!
«Ehi, sta' attenta, mocciosa!» ringhiò lo sconosciuto.
«Sei tu ad intralciarmi la strada, bambolo» sbottò Sarah, mettendosi sulla difensiva. Nonostante, in effetti, la colpa fosse sua.
-
Luke inarcò un sopracciglio:il suo amico era arrivato.
Sarah divenne pallida tutta ad un tratto.
Sembrava la sorella gemella di Mercoledì Addams.Era lo stesso ragazzo che aveva spintonato, per sbaglio, prima, quando stava andando da Christine.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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A Stè, perché oggi compie sedici anni.
Ed io non sono mai stata brava a parole,
ma volevo farti sapere che sei tu il mio
regalo,la sorella migliore che potessi avere.
Ed allora, consapevole del mio orgoglio, voglio
farti gli auguri così. 'Ché di portarti Michael
Clifford in carne ed ossa, ancora non ne sono capace.
Ma te lo giuro, ti giuro che un giorno farò avverare
il tuo sogno. Un giorno lo stringerai Stè, credimi.
Te lo giuro.
Buon compleanno
.



16 Aprile 2015

A Sarah non erano mai piaciute le lezioni di storia, le trovava inutili. Cosa farsene di quella stupida materia?
Insomma, di certo non sarebbe andata in un panificio a chiedere un panino mentre intratteneva le commesse raccontando di Giulio Cesare e della sua battaglia di Tapso.
A meno che la commessa non fosse una professoressa di storia, a sua volta.
Spesso Sarah si perdeva a scarabocchiare sul banco, linee oblique che andassero da un angolo all'altro, dimenticandosi della scuola, delle lezioni e di tutti. Preferiva isolarsi, ma solo a volte. Perché lei non era quel genere di persona.
Lei amava starsene con gli amici, fingersi tranquilla, mentre dentro di se aveva una tempesta. Eppure non le mancava nulla, ma la consapevolezza di crescere la spaventava ogni giorno.
Perché oggi, per Sarah, sarebbe dovuto essere un giorno speciale.
Il giorno del suo sedicesimo compleanno.
E lo stava trascorrendo lì, seduta su di una seggiola un po' scricchiolante e cadente, con i gomiti poggiati sul banco verde sbiadito, con accanto la sua compagnia – Christine – mentre doveva sorbirsi un'ora di storia.


«Sarah, la professoressa ti sta fissando» l'avvisò Christine, perché teneva molto alla sua amica, e di vederla perennemente rimproverata dalla prof, proprio non aveva voglia. Sapeva in che mondo vivesse Sarah, che amasse sempre disperdersi nei pensieri più fittizi, ma conosceva anche le sue paranoie che la tormentavano di continuo e dunque si ritrovava sempre a farla tornare nel mondo fatto di banchi e sedie, grazie a delle spigolose gomitate.
«Signorina Evans, vuole parlarci della battaglia di Tapso, per caso?» la professoressa, una signora sulla sessantina d'anni con zazzera brizzolata, avanzò verso Sarah, abbassando di poco gli occhiali dalla montatura ovale, per guardarla meglio.
Christine si fece piccola, probabilmente intimorita dalla professoressa, e l'unica cosa che potesse fare era avvicinare il libro di storia a Sarah, nella speranza che riuscisse a leggere qualcosa.
«Io – beh, ecco... » la fronte della mora s'imperlò di sudore, mentre gli occhi guizzavano da una parte all'altra del libro, cercando ansiosamente il paragrafo su Cesare.
«La signorina Colin non ci sarà sempre a salvarle il colpo, cara Evans. Dovrebbe un po' prestare attenzione, e smetterla di fare così. Che poi l'ansia l'assale e cerca sempre di darla vinta con le sue stupide chiacchiere» Sarah, allora, completamente mortificata, strinse pugni fino a far sbiancare le nocche, mentre Christine si era nuovamente messa composta sulla sedia non appena la gracchiante e tozza professoressa era tornata alla cattedra.
La lezione sembrò non passare mai, soprattutto quella di storia, o magari tutte.
Per Sarah andare a scuola era un vero e proprio trauma, se non ci fossero stati i suoi amici, di certo si sarebbe già ritirata da tempo, aiutando la madre in negozio.
I suoi avevano un piccolo negozietto di oggetti – souvenir, apparentemente modesto ma con una fama parecchio risaputa.


Quando la campanellina posta vicino all'orologio cominciò a trillare, Sarah e Christine avevano raccolto tutti i libri, preso i quaderni, ed erano uscite. Indirizzandosi agli armadietti.
Sarah sbatté ripetutamente la testa sul suo armadietto, dandosi mentalmente della stupida.
«Lascerò la materia, quest'anno. La signora Johnson proprio non mi sopporta» aveva pensato Sarah, dicendolo, però, a voce alta.
Christine annuì, un po' timorosa «Beh, forse è vero ma dovresti impegnarti Sarah. E' un peccato, hai delle carenze solo in questa insulsa materia, magari recuperando potresti passare un'estate fantastica senza pensare alla storia, non credi?»
«Sono troppe le cose da recuperare Chris, lo sai anche tu e lei mi darà filo da torcere, sono spacciata!» Sarah aveva perso già da tempo le speranze.
«Facciamo che adesso non ci pensi, ti calmi un po'. Che ne dici se pomeriggio andassimo al karaoke? Viene anche Luke! »
Luke era il ragazzo di Christine, entrambi si amavano, certo, ma alle volte Christine si dimenticava di lei.
Che fosse a causa di Luke o perché magari era troppo impegnata, questo non lo sapeva. Ad ogni modo lui era un tipo alla mano, simpatico, e ben presto si affezionò anche a lui.
Era un amico sincero, ed un fidanzato modello.
«Non vorrei fare da terzo incomodo» ed allora Christine diede una sonora pacca sulla spalla di Sarah, che per poco non sputò un polmone. Alle volte quella ragazza gracilina si rivelava una vera forza!
«Ma che dici Sarah! Sarà uno sballo, vedrai! E poi a Luke stai molto simpatica. Smettila di sparare scemenze. Alle quattro passo a prenderti, vedi di farti trovare già pronta che non ho voglia di aspettare!»
Rassegnata, accettò l'invito di Christine.
Poi si salutarono, ed entrambe ritornarono a casa.

Ovviamente Sarah non si aspettò di ritrovare i genitori a casa. Non c'erano mai.
Ma non che non le volessero bene, anzi, tutt'altro.
Chi porta a casa il pane se noi ce ne stessimo seduti a poltrire mentre guardiamo una partita dei Chicago Bulls?” diceva sempre Thomas, suo padre.
Eppure Sarah non desiderava granché per quella giornata dagli altri reputata speciale.
Voleva solo trascorrere un po' di tempo con la sua famiglia, raccontandogli magari della sua giornata e di come, la signora Johnson, l'avrebbe rimandata nella sua stupida ed insulsa materia.
Ma l'unica cosa che trovò, adagiato sul tavolo della cucina, fu un biglietto.
Oggi rimaniamo in negozio tutto il giorno, probabilmente torneremo questa sera. Ci dispiace tanto amore, ma sono arrivate delle navi colme di turisti.
Ti vogliamo bene.
Buon compleanno Sarah, sarai sempre la nostra piccolina.”

Ed allora Sarah sorrise, nonostante fosse squallido lasciare degli auguri di buon compleanno in un minuscolo pezzetto di carta pieghettato.
Ma l'apprezzò.
Il lavoro era pur sempre lavoro, e lei non doveva fare la bambina capricciosa.
Sarah non aveva mai preteso nulla, semplicemente si accontentava.
A lei, Christine e Luke bastavano. Non chiedeva altro.


Scaldò una pizza nel microonde, nonostante non fosse buona, e la mangiò guardando la replica di Nowhere Boys per la milionesima volta.
Perché nonostante i suoi, appena, sedici anni, a lei piacevano i Beatles.
Era spesso criticata, Sarah, perennemente assorta nel suo mondo, dai gusti strani ed incomprensibili e con l'innata dote nel rompere le cose; come le cuffie, le cover per cellulare e le scarpe, rovinandole a dovere.
Sembrava viverle, eppure era solo apparenza.
Sarah preferiva uscire poche volte, 'ché vedere la gente la infastidiva parecchio. Preferiva leggere, perdersi in diversi mondi semplicemente sfogliando pagine senza muoversi dal suo adorato letto o divano.
Christine stava lampeggiando sul cellulare, distogliendo la sua attenzione dal grande schermo.

  • Da Christine: Oggi insieme a noi viene pure un amico di Luke, così magari non resti sola. ;)
    Mi raccomando fatti bella, anche se già lo sei! A fra poco!

A Sarah prese un colpo.
Non aveva risposto al messaggio della sua amica per il semplice fatto che l'avrebbe rimproverata. Quante volte doveva dirglielo? Non aveva bisogno di amici oltre lei, di gente nuova non ne aveva bisogno!
Sbuffando, si diresse in camera sua, lasciando gli avanzi della pizza a marcire nel piatto posto sul tavolinetto del salotto.
Rovistò nel grande armadio per trovare qualcosa di decente da mettere.
Non che volesse apparire bella, perché nemmeno il vestito più meraviglioso del mondo l'avrebbe potuta far apparire tale, ma voleva sembrare accettabile. Almeno.
Uno dei mille difetti di Sarah era, appunto, la mancanza di autostima.
Glielo aveva detto anche lo psicologo della scuola, una volta, ad una seduta gratuita.


«Dannata Christine!» abbaiò, afferrando la canotta dei Nirvana, indossandola.
Dirigendosi in bagno, aveva deciso di truccarsi, o almeno di provarci.
Non era una esperta di make-up, a lei la matita ai bordi dell'occhio bastava.
Spazzolò poi i capelli lasciandoli cadere sulle sue spalle, e poi si guardò allo specchio.
Non credi che sei patetica abbastanza, Sarah?” mormorò la superficie riflettente, o almeno credeva l'avesse fatto. Insomma la testa di Sarah era come quella di Alice nel Paese delle Meraviglie, ognuno poteva parlare, ricordandogli, però, quanto fosse bigotta e goffa.
Colma d'ira, sorpassò la stanza, dirigendosi verso l'entrata, afferrando il suo zainetto nero e le chiavi, poi uscì di casa richiudendosi la porta alle spalle.
Sydney era nel bel centro del pomeriggio, dove un sole scottante picchiava forte sulla sua testa.
A grandi falcate si stava dirigendo verso casa di Christine, visto che era in anticipo di almeno tre quarti d'ora, sicuramente glie l'avrebbe fatta pagare, senza ombra di dubbio!
Ma Sarah era conosciuta per la sua goffaggine, e mentre stava camminando spedita a velocità supersonica, urtò un ragazzo.
Che idiota, maledizione!
«Ehi, sta' attenta, mocciosa!» ringhiò lo sconosciuto.
«Sei tu ad intralciarmi la strada, bambolo» sbottò Sarah, mettendosi sulla difensiva. Nonostante, in effetti, la colpa fosse sua.
L'uomo, che poi si rivelò essere un ragazzo forse un po' più grande di lei, la squadrò da cima a fondo.
Sarah notò un piercing al sopracciglio destro di lui, la chioma biondiccia e l'incarnato pallido, più della neve che cade a Dicembre.
Il vestiario era simile al suo, ed in mano teneva dei libri vecchi quanto la Prima Guerra Mondiale.
L'espressione corrucciata e le labbra serrate, il mento ospitava un piccolo filo rasato di barba.
«Da quando le ragazzine come te hanno una fogna, per bocca?»
Sarah strinse i pugni, facendo sbiancare le nocche.
Che compleanno di merda! Pensò.
«Perché non te ne torni nella tua di fogna, razza di barbone!»
Il ragazzo rise, gracchiando un “stupida mocciosa” ed allora la ragazza gli stava per sferrare uno dei suoi mega pugni.
Era conosciuta anche per la sua impulsività, purtroppo.
Il giovane, allora, pieno d'ira, bloccò il suo polso quando quasi gli era arrivato il pugno in faccia.
Sarah era come pietrificata.
«Credo che per te si sia fatto tardi, mocciosetta» la canzonò così, il giovane, lasciando il suo polso, tornando poi alla sua strada.
Ma tu guarda cosa mi tocca subire, anche nel giorno del mio compleanno!, pensò Sarah voltandosi un ultima volta per dare una rapita occhiata al ragazzo ormai diventato un minuscolo puntino nero che si confondeva tra la folla.


«Che cosa? Ma tu sei impazzita Sarah! Non puoi dare pugni al primo che passa!» Christine era sconcertata, mentre guizzava da un angolo all'altro per trovare qualcosa da mettere.
Sarah si accomodò sul suo letto, guardandola con fare assente «Ma non l'ho fatto, lui mi ha fermato»
«Però l'avresti fatto!» la rimbeccò l'amica.
«Secondo te perché non esco mai di casa? A me la gente non piace, Chris!»
«Non è una ragione valida per picchiare la gente Sarah» e Sarah annuii, perché Christine aveva ragione. Ma non era comunque pentita, perché lei, i bulli, proprio non li sopportava.
Con quei caratteri difficili ed autoritari di chi può governare il mondo con un semplice schiocco di dita.
Non poteva sopportarli.
«Beh, che importa? Ormai è passato. A che ora passa a prenderci, Luke?»
«Visto che sei arrivata in anticipo gli ho detto di passare tra un po', così andiamo» urlò, dal bagno, mentre ultimava il suo make-up.
A differenza di Sarah, Christine amava truccarsi. Ricoprendo il volto di fondotinta, matita, rossetto, eyeliner, mascara e tantissime altre cose che per la mora sembravano cose venute da Marte.
Erano diverse, Sarah e Christine, ma erano migliori amiche ed il trucco non interferiva tra di loro.

Alle quattro il clacson dell'auto di Luke suonò.
Christine esultava mentre vagava da stanza in stanza alla ricerca della sua borsetta, Sarah – invece – aveva sistemato meglio i suoi capelli e poi erano scese.
Luke schioccò un bacio alle labbra dipinte di Christine e Sarah si coprì gli occhi perché a lei il romanticismo faceva venire il voltastomaco, se fosse stata un'altra ragazza e non la sua migliore amica, il pugno l'avrebbe dato a lei, questa volta.
Ma trattenne l'impulso, borbottando cose a caso facendo ridere sia Luke che l'altra.
«Allora Sarah, quanti anni compi?» chiese il biondo, mentre guidava.
«Sedici»
«Ti piace il karaoke?» la guardò dallo specchietto della retrovisore, accennando un sorriso smagliante.
A quella domanda, Christine si era messa in gioco, prendendo il posto di Sarah e rispondendo per lei, «Adora il karaoke!»
In realtà lo detestava, l'unica ad adorarlo era la sua amica che, una volta avuto il microfono in mano, nessuno poteva più fermarla.
Nemmeno a Luke Hemmings, fidanzato di Christine, piaceva il karaoke, ma ci andava per far felice la sua ragazza.
E Sarah spesso li invidiava, perché desiderava tanto un amore come il loro.
Pieno di sentimento, di gioia e spensieratezza, senza pensieri tristi e tradimenti. Un amore in grado di vincere qualsiasi cosa.
Ed un amore così, Sarah, non l'aveva mai visto.
Luke c'era sempre stato per Christine, e Christine c'era sempre stata per Luke quando, uscito dall'allenamento di Rugby, tornava con il labbro spaccato ed entrambi gli occhi viola.
Ed allora lei lo curava, sussurrandogli parole dolci, e poi si baciavano sotto un sole che li osservava, testimone del loro amore.
«Dovresti far rispondere Sarah, sai piccola?»
«Adoro il karaoke» espresse Sarah, che, dal sedile posteriore, li osservava. Erano troppo carini e non voleva spegnere l'entusiasmo della sua amica.
«Perfetto allora, no?»
Christine la ringraziò solo con lo sguardo, ormai entrambe si capivano anche senza bisogno di parole.


Il karaoke era un posto davvero rumoroso.
Era sicuramente il luogo in cui Sarah Evans non si sarebbe mai sognata di entrare, perché era tutto il suo opposto.
Lei, silenziosa ed invisibile, mentre il karaoke era popolato di persone che cercavano di apparire mentre gracchiavano a squarciagola.
Era tutto così caotico e disordinato, maledizione!
Avevano occupato un divanetto, mentre sfogliavano il raccoglitore di CD, scegliendo quale canzone cantare.
Dell'amico di Luke, ancora nemmeno l'ombra.
Christine si voltava prima a destra, poi a sinistra, «Ed il tuo amico?»
Luke allora si ricordò, «dovrebbe arrivare a momenti, gli ho detto di venire al karaoke per le quattro e mezza»
A Sarah, tutto questo non importava.
Non aveva di certo sognato così, il giorno del suo sedicesimo compleanno.
«Che tipo è?» Christine sembrava quella più curiosa.
Luke inarcò un sopracciglio, guardandola «Beh, allora» poi alzò lo sguardo, e tra la folla lo vide.
Il suo amico era arrivato «Perché non glielo chiedi direttamente tu?» disse, additando un ragazzo che si stava avvicinando sempre più, verso loro, ed allora Sarah divenne pallida tutta ad un tratto.
Sembrava la sorella gemella di Mercoledì Addams.
Il ragazzo arrivò dopo una manciata di secondi, perché prima si era fermato al bancone per prendersi un drink.
Poi portò il suo culo sulla poltroncina, dando una pacca a Luke, che sembrava parecchio felice nel rivedere l'amico.
«Ehi Mike! Era ora! » Sarah, nella speranza di non farsi riconoscere, si posizionò il raccoglitore di dischi vicino al viso, quasi come se stesse leggendo un libro interessantissimo.
Christine lo salutò cordialmente, scambiandoci qualche sorriso, mentre Luke sembrava mangiarselo con gli occhi.
Poi tutto si era fatto silenzioso.
Christine aveva smesso di ridere e Luke non parlava più.
Sarah ci mise poco a capire che il motivo del silenzio era lei.
«Sarah?» Christine le tolse il raccoglitore dalla faccia, guardandola con aria interrogativa, Luke fece altrettanto.
Poi fu la volta di Michael, il quale scoppiò in una fragorosa risata.
Era lo stesso ragazzo che Sarah aveva spintonato, per sbaglio, prima, quando stava andando da Christine.
Questi, adesso, quasi stava per soffocare con la sua stessa saliva per come rideva.
Poi l'additò. «Non ci posso credere, di nuovo tu! »
Luke alzò un sopracciglio, «Cosa? Vi conoscete?!»
Ma in coro sputarono un sonoro «no!» perché davvero non si conoscevano.
E Sarah non voleva conoscerlo, Michael Clifford – così aveva detto di chiamarsi – perché era spavaldo, autoritario ed antipatico.
«La tua amica è parecchio manesca» disse lui, rivolgendosi a Luke, il quale lo guardò quasi stupefatto. Lui non conosceva molto bene Sarah, e Christine la disegnava sempre come una ragazza dall'aria docile.
Tutte cose che non era, del resto.
«Tu stavi intralciando la mia strada, bambolo!» Christine si diede un grosso schiaffo in fronte e “ci risiamo” aveva poi detto.
«Perché non la smettete di litigare e cerchiamo di divertirci? Siamo venuti qui per stare in tranquillità!»
Per la prima volta, Christine aveva detto qualcosa di sensato.

Luke e la sua ragazza avevano deciso di cantare una squallidissima canzone di una band a lei poco nota, mentre Michael – il ragazzo altezzoso – se ne stava impalato a sorseggiare il suo drink smanettando su Twitter.
Sarah, invece, non faceva nulla. Semplicemente osservava, standosene comoda sulla poltrona in pelle, osservando i suoi amici divertirsi.
Ma la festeggiata non sono io? Pensò.
«Quanti anni hai detto di compiere, mocciosa?» la sua attenzione fu catturata da Michael, il quale smise di bere adagiando il bicchiere vuoto sul tavolinetto.
«Non l'ho detto»
Michael allora fece un altro tentativo, «Dillo adesso, allora»
«Ne compio sedici!» esclamò Sarah, completamente incazzata. Quel tizio sembrava non volerseli fare i propri affari, tartassandola di domande.
Lei non aveva bisogno di amici, lei non aveva bisogno di nessuno.
«E lo stai trascorrendo in uno squallido karaoke?»
«Sarebbe perfetto, se solo tu non ci fossi!»
Ma la frase non sembrò dar fastidio a Michael, che scrollò afferrando il drink non del tutto consumato del suo amico, tornando a bere.
Che cafone!, pensò Sarah.
Finalmente Christine e Luke finirono la loro pallosissima canzone, tornando ai loro posti.
«E' stato uno sballo!» sentenziò il biondo, schioccando un sonoro bacio sulle labbra della sua amata.
«Dovreste provarci anche voi» Christine aveva sperato che, con quella frase, Sarah potesse prenderla in considerazione stavolta ma la risposta fu negativa.
«No!» esclamarono lei e Michael, in coro, di nuovo.
«Secondo me dovreste, rispondete pure insieme. Guarda guarda che forse Sarah si è beccata il fidanzato nel giorno del suo compleanno!» e Sarah, dal canto suo, fulminò Luke con una semplice occhiata, mentre Michael se la rise a più non posso, 'ché sicuramente la mora non era il suo tipo.


Quando il sole ormai sembrò prospettarsi verso l'imbrunire, Sarah, Christine, Luke e Michael lasciarono il karaoke.
Quello era stato il regalo di Luke e Christine.
E Sarah, allora, pensò che quello fosse più un regalo per Christine che per lei perché, davvero, lei odiava il karaoke.
Le luci dei lampioni cominciarono ad illuminare le strade e tutto si prospettava verso sera.
«Sarah, non è che potrebbe accompagnarti Michael, a casa?! Beh, ecco io e Christine – » e Sarah capii.
Sarah capii che Luke volesse approfondire meglio quella serata, 'ché una seconda occasione, forse, non l'avrebbe più avuta. Ed allora annuii «Posso tornare da sola, a casa, i piedi li ho ancora sai Luke?»
Christine rise, «Sarah, lasciati accompagnare»
Michael non disse nulla, lanciò solo qualche occhiataccia a Luke perché forse, per lui, la serata non poteva andar peggio di così.
Ma alla fine Sarah se n'era fatta una ragione, ed insieme a Michael avevano salutato la coppia.
«Che serata» gracchiò lui, estraendo dalla tasca una Lucky Strike portandola alle labbra, senza però accenderla.
Sarah rimase a fissare la stecca che se ne stava incollata sulla linea sottile che separava le sue labbra. Michael non le aveva carnose, nemmeno lei le aveva.
Eppure, sotto i bagliori lunari, vide in Michael una luce piacevole. Aveva un bel viso, pelle pallida, il sopracciglio destro adornato da un piercing ed un po' di barba lungo tutto il mento.
Sarah rimase a fissarlo per svariati minuti, fino a quando Michael non voltò il suo viso e l'osservò.
«Cosa stavi guardando?» la sua lingua biforcuta riportò la mora alla realtà, purtroppo la luna non poteva fare granché con il carattere del ragazzo.
«Nulla»
«Hai mai provato una sigaretta, Sarah?» Michael la gettò lì, la frase, senza curarsene. Senza curarsi del fatto che Sarah avesse solo sedici anni, appena compiuti.
Lei scosse il capo in segno di disapprovazione, sua madre l'avrebbe uccisa.
«Tieni, fatti un tiro» il loro passo svelto aveva subì una svolta, rallentarono sempre più. Poi Michael si appoggiò su di un muretto color cioccolato, nonostante la luna l'oscurasse, e Sarah fece lo stesso.
Michael le passò la sigaretta, e lei la incastrò tra l'indice ed il medio, aspirò un lungo tiro, rigettando il fumo subito dopo, e poi – come un'imbecille – tossii.
Il tutto fece ridere di buon gusto il giovane, «Sei così sfigata, Sarah!»
E lei rise pure, ridandogli la sigaretta, «Lo so! Questa è meglio che la finisca tu» e lui la prese in parola.

Per tutto il tragitto Sarah decise di parlare, di dargliela una possibilità a Michael Clifford.
'Ché forse rimanere nel suo mondo fatto d'inchiostro, carta e musica non era sempre un bene, Christine aveva ragione. Doveva aprirsi.
Ed allora, con un fil di voce, cominciò a raccontare.
Di lei e delle sue insicurezze, di come prediligesse sui romanzi thriller e sui film horror invece alle commedie ed ai film romantici, a lei proprio non piacevano.
Ed amava la musica rock, non insulse canzonette che potevano essere cantate anche al karaoke. E lì Michael rise, perché nemmeno a lui piaceva il karaoke.
Una cosa in comune, pensò Sarah.
Per tutto il tempo, lui era rimasto in silenzio ad ascoltarla e lei parlò a macchinetta, senza mai stancarsi, e ci fu pure un momento in cui le loro mani s'intrecciarono in una stretta morbosa, di chi aveva bisogno di un contatto fisico.
Perché Sarah non aveva mai stretto la mano di qualcuno, la prima fu quella di Michael, nel giorno del suo sedicesimo compleanno.
Ed allora lo guardò diversamente da come l'aveva visto durante il pomeriggio. Perché nessuno è perfetto e perché tutti devono avere una impassibilità, si disse.
Che fosse l'influenza della luna, a farle dire quelle cose, per lei fu un mistero.

E poi la parlantina di Sarah morì nel momento in cui l'imponente villetta le venne letteralmente in faccia.
«Oh, beh ecco... io sono arrivata» Michael abbandonò quella stretta, il puzzle delle loro mani si spezzò. Due tasselli ora lontani.
La guardò, con i suoi occhi verdi a striature celesti e poi sorrise. Un sorriso forzato.
«Ci rivedremo no?» chiese, e Sarah annuii perché, forse, le piaceva davvero Michael Clifford.
«Chi lo sa, forse» tirando le chiavi dalla tasca del suo skinny, Sarah si avvicinò alla porta, ma Michael la bloccò, afferrandole un polso.
E lei si perse di nuovo, in quegli occhi color smeraldo. Erano stra maledettamente belli, nonostante non l'avrebbe mai detto.
«Aspetta, Sarah!»
«Uh?» Michael teneva le mani sui fianchi di lei, avvicinandola ulteriormente.
Sarah riuscii a sentirlo, il suo buon profumo. Era forte, ma le piaceva. Sicuramente lo avrebbe ricordato.
Poi Michael aveva poggiato le sue esili labbra sulla guancia, schioccandole un bacio, la sua voce roca perfettamente udibile e vicina al padiglione destro, «Buon compleanno...»

16 Aprile 2015

«Sarah Evans, buon compleanno!» sua madre la svegliò così, quella mattina.
Sarah aprii gli occhi, completamente stralunata ed incerta su che giorno fosse.
Guardò la sveglia, erano solo le otto del mattino.
Le sue coperte ricadevano, morbide, sul pavimento. A lei piaceva dormire scoperta, perché anche nel periodo più freddo amava sentirsi viva, avere il freddo che le sfiorava il corpo.
«Mamma? Ma non eri in negozio?» per Sarah fu strano, perché giurò che qualche ora indietro aveva letto il biglietto di sua madre che l'avvisava di un possibile ritardo a causa delle navi attraccate al porto di Sydney.
«Eh?»
Ed allora capii tutto, Sarah.
Era stato solo un sogno. Un sogno durato tanto, o forse ricordato abbastanza bene.
Aveva sognato un paio di occhi verde smeraldo, due bracci che la stringevano forte ed un sorriso che non avrebbe mai più dimenticato.
Perché Sarah lo sapeva, che quei due smeraldi non li avrebbe più rivisti e mai dimenticati.

Era l'inizio di un nuovo giorno, per Sarah Evans, ora sedicenne, e la giornata non poteva cominciare meglio.
Christine le mandò un messaggio chilometrico di auguri, dove la informava che, il pomeriggio, sarebbero andati ad un karaoke, lei e Luke – il suo ragazzo – ed un amico di quest'ultimo.
E lei accettò, nonostante odiasse il karaoke. Ma andava bene così, perché avere degli amici simili per lei era una gioia.

La giornata la trascorse nel più normale dei modi, recandosi a scuola per fronteggiare contro tutti.
Il pomeriggio volò, ed alle quattro erano già seduti al tavolino più squallido del karaoke: lei, Christine e Luke.
Luke aveva fatto delle battute sciocche di cui solo Christine sembrava coglierne il senso.
Stavano aspettando un amico di Luke.
Sebbene in ritardo, poi, in lontananza lo videro.
E Sarah perse un battito, non era possibile.
«Ehi amico! Ti stavamo aspettando» Luke gli diede una pacca sulla spalla, l'altro sorrise sfilandosi la giacca di pelle nera «Ti presento la mia ragazza, Christine e la mia amica Sarah»
Ed allora il ragazzo accennò, porgendo la mano prima a Christine, poi a Sarah; quest'ultima sembrò essere in trance.
Tutto quello non era possibile, perché i sogni non si avverano, mai, e invece...
«Piacere di conoscerti, Sarah. Io sono Michael, Michael Clifford»

   
 
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