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Autore: Northern Isa    16/04/2015    1 recensioni
La curiosità era donna, anche se vestiva una giacca dell’FBI.
Miriam Lass incontra l'Uomo Ferito nello studio del dottor Hannibal Lecter.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Hannibal Lecter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo studio era quieto, solo le note di un piano lontano rompevano il silenzio, avvolgendo l’ambiente in una delicata atmosfera. Nocturne op. 9 n. 2 di Chopin, il dottor Lecter aveva selezionato appositamente il cd e lo aveva inserito nel lettore.
Il suo ultimo paziente aveva varcato la soglia dello studio, calcando la moquette color azzurro carta da zucchero, una ventina di minuti addietro. Hannibal aveva sfogliato il suo fascicolo per qualche attimo ancora, inserendo delle annotazioni a matita, ma il più del lavoro era già fatto.
Un’altra mente senza prospettive, una vita senza arte, un destino che si muove sul filo della morte.
Non era così per tutti gli uomini, in fondo? Tutti o quasi. Era la prospettiva della morte, in realtà, che spingeva a raggiungere la grandezza. Solo che alcuni ne erano più consapevoli di altri.
Lo psichiatra richiuse il fascicolo e lo ripose sul piano di legno lucido della sua scrivania. Impugnò poi il bisturi e con la sua lama tagliente iniziò ad attemperare una matita, vecchia abitudine di quando faceva ancora il chirurgo. Trovava che il bisturi fosse più familiare e affidabile di qualsiasi altro strumento, fosse stato anche teoricamente più adatto. Soffiò sulla punta della matita e la avvicinò al foglio, sul quale il disegno era ancora incompleto.
Le note del piano di Chopin scorrevano fluide come le acque cristalline di un torrente di montagna, ma senza la stessa impetuosità. Disegnare era un’attività rilassante per il dottor Lecter, che aveva abbastanza autodisciplina da concentrarsi con attenzione su ogni piccolo dettaglio della figura che raffigurava, ritraendolo con la maggiore fedeltà possibile. Una fedeltà chirurgica, si sarebbe potuto dire.
Con  il mignolo della mano sinistra sfumava man mano che la destra tracciava i contorni di una figura umana. Non aveva alcun libro aperto davanti a sé per poterla ricopiare, Hannibal si limitava a raffigurare ciò che ricordava dei tomi su cui aveva studiato quando aveva frequentato il corso di medicina.
Un lieve bussare lo costrinse a sollevare gli occhi dal foglio di carta. Spinse lo sguardo verso la porta che si trovava dirimpetto alla scrivania, aspettando che il suono delle nocche sul legno si ripetesse. Quando ciò accadde si sollevò, aggirò lo scrittoio, lasciò il disegno su un tavolinetto e andò ad aprire.
Sulla soglia comparve una giovane donna con i capelli lisci tirati indietro sulle tempie e legati in una coda di cavallo. Indossava una camicetta bianca e sopra una giacca dell’FBI; in mano aveva una cartellina.
“Il dottor Hannibal Lecter?” domandò con un sorriso incerto. Hannibal inclinò leggermente il capo nella sua direzione. “Sono Miriam Lass, sono qui per conto dell’agente speciale Jack Crawford.”
“La prego, entri” rispose l’uomo, scostando ulteriormente l’uscio.
Miriam si esibì in un sorriso nervoso, annuì seccamente e, sempre stringendosi la cartellina al petto, varcò la soglia.
Hannibal osservò la sua nuca mentre la ragazza attraversava lo studio per sedersi sulla poltroncina di fronte alla scrivania, poi si accomodò al suo posto, intrecciando le dita sulle gambe accavallate.
Seguirono una serie di domande da parte della signorina Lass sul conto di un vecchio paziente dello psichiatra. Hannibal rispose con cortesia, esitando di tanto in tanto: era passato tanto tempo da allora, lui neanche esercitava più come chirurgo. Miriam annuì prontamente a ogni risposta, un cagnolino ben addestrato da Jack Crawford. Le labbra del dottor Lecter rimasero una piega morbida, per niente contratte, per tutta la durata del colloquio.
Mentiva, mentiva spudoratamente e lei non se ne accorgeva. Come avrebbe potuto? Erano passati tanti anni dall’ultima volta che Hannibal aveva sentito parlare di Jeremy Olmstead, ma aveva un perfetto ricordo di lui e di ciò che gli aveva fatto. Il signor Olmstead aveva trovato piena residenza nel suo palazzo della memoria, quello che aveva iniziato a costruire anni prima, quando era stato solo un ragazzo, e che continuava a edificare, mattone dopo mattone.
Hannibal scosse la testa con un movimento calcolato, rispondendo alla giovane allieva dell’FBI che non ricordava, mentendo e mentendo ancora.
Miriam si alzò e il dottore la imitò, sapendo che di lì a poco l’avrebbe accompagnata alla soglia. Si offrì di continuare una ricerca fittizia sul conto del signor Olmstead e si arrampicò poco dopo sulla scala che lo portava sul soppalco ingombro di libri del suo studio.
Da lì poteva avere una visione perfetta di tutti gli elementi che componevano l’ambiente. Oggetti armoniosamente disposti, ognuno collocato nell’alveo che gli spettava e che lo ospitava da tempo immemore. Solo Miriam Lass era estranea a quello scenario tanto familiare.
La curiosità era donna, anche se vestiva una giacca dell’FBI. La recluta iniziò a vagare per lo studio, le mani strette intorno alla cartellina. Si avvicinò ora a una scansia, ora alla pendola che scandiva il tempo. Sfiorò con l’indice il dorso ora di un libro, ora di un altro. Finché non si fermò di fronte al tavolino sul quale Hannibal aveva lasciato il suo disegno. Dalla sua posizione, il dottor Lecter non poteva scorgere il volto di Miriam, ma non faticò a figurarsi l’espressione che doveva deformarlo in quell’istante in cui la comprensione le aveva attraversato i lineamenti. Doveva aver riconosciuto che le lesioni che Hannibal aveva ritratto sull’Uomo Ferito erano le stesse che, anni addietro, avevano ripetutamente perforato il corpo di Jeremy Olmstead, trasformandolo in un ammasso sanguinolento.
Silenziosamente, Hannibal scese dabbasso. Percorse la distanza che lo separava da Miriam Lass nell’arco di tempo che lei impiegò per voltarsi. Vide le sue sopracciglia inarcarsi, le labbra schiudersi in un’espressione di stupore. Sentì le sue mani chiudersi intorno al giovane collo di lei. Pelle morbida, tiepida, che copriva una giugulare palpitante. Miriam lottò, ma non fu sufficiente. Hannibal scorse il suo riflesso proiettato nelle pupille dilatate della ragazza, e continuò a specchiarsi nelle sue cornee finché le palpebre di lei calarono su di esse, come un sipario.
   
 
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