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Autore: Bored94    16/04/2015    1 recensioni
Axis. What if. Nel cammino verso il nuovo evento Marvel, il Teschio Rosso ha creato a Genosha un campo di concentramento per mutanti. Magneto vi si è recato, ignaro dell'entità della mostruosità che vi avrebbe trovato.
Nella versione originale viene catturato dai T-Men e da Teschio Rosso e in seguito salvato da Scarlet Witch, Rogue e Havok. E' stata tutta una questione di tempismo?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Charles Xavier, Erick Lensherr/Magneto, Pietro Maximoff/Quicksilver, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Genosha. Campo di concentramento per mutanti.

 

Un pugno lo colpì all'altezza dello stomaco. Non fece in tempo a sollevare la testa che ricevette un altro colpo in faccia.

Il suo aguzzino non sembrava intenzionato a smettere a breve: continuava a colpirlo ora con calci e pugni, ora con strani arnesi che non riusciva più a identificare.

Da quanto tempo era prigioniero? Poteva ancora parlare di giorni o si trattava già di settimane?

Aveva perso totalmente la concezione del tempo e non aveva più nemmeno la forza di provare a ribellarsi.

Ribellarsi. Il suo viso si contorse in una smorfia. Quel pensiero aveva abbandonato la sua mente da tempo ormai: non riusciva a sollevare la testa, qualsiasi movimento facesse avvertiva dolore, a giudicare dalle fitte al costato aveva anche qualche costola rotta, i polsi erano ormai coperti di piaghe a causa dei ceppi che lo tenevano ancorato al muro, come se tutto ciò non bastasse e i suoi poteri non fossero già stati al minimo a causa della Fenice, i suoi aguzzini gli avevano messo un collare inibitore.

L'essere che lo stava picchiando sferrò un ultimo colpo all'altezza della bocca dello stomaco che gli provocò un conato di vomito e si allontanò, lo sentì dirigersi verso l'uscita, una porta sbattere... finalmente il silenzio.

Fino a poco tempo prima avrebbe provato un'ondata di sollievo all'idea di essere stato finalmente lasciato in pace, ma ormai il suo corpo era talmente pieno di lividi e ferite che non era necessario che qualcuno fosse effettivamente lì per torturarlo perché provasse dolore.

Si accorse che stava per perdere conoscenza e fu in quel momento che la sentì.

- Erik.

Credeva che non avrebbe mai più sentito quella voce, dopotutto era morto. Era forse impazzito?

- Erik. Riesci a sentirmi?

Non ottenendo risposta la voce riprovò. - Max?

Max? Era da così tanto tempo che nessuno lo chiamava con quel nome... quasi nessuno ne era più a conoscenza ormai.

Max Eisenhardt era morto tanto tempo prima, alla fine della seconda guerra mondiale, sostituito da Magnus e, in seguito, da Erik Lehnsherr.

Non sentiva il suo vero nome da così tanto tempo... chi poteva esserne a conoscenza ed essere ancora vivo? O aver voglia di rivolgergli la parola.

Cercò di sollevare la testa e vide da chi proveniva la voce. - Charles? - tentò di dire, ma l'unica cosa che uscì dalle sue labbra fu un suono inarticolato.

Benissimo, ora le allucinazioni erano anche visive. Grandioso.

Quella che pensava fosse un'allucinazione lo osservò per un istante. - Non è la tua immaginazione, Erik. Sono io. Una parte della mia coscienza è ancora viva anche se Teschio Rosso ha rubato il mio cervello. Ho cercato di oppormi e quando ho scoperto che eri qui ho provato a fare qualcosa ma... - la proiezione di Xavier abbassò la testa e la scosse sconsolato. - Mi dispiace, non ho potuto impedirlo. Ho fallito. Mi dispiace che tu debba rivivere tutto questo, amico mio. Avrei tanto voluto poter evitare questa sofferenza alla nostra gente.

La proiezione scomparve e lui si ritrovò di nuovo solo nella baracca.

 

Mzee non ci stava andando affatto leggero. Voleva farlo pagare per ciò che aveva fatto alla sua famiglia e aveva trovato il modo per causargli dolore senza che perdesse i sensi nonostante gli stenti e le torture dell'ultimo periodo.

Sentì la gola dolore e uno strano rumore rauco propagarsi per la baracca, solo in un secondo momento si rese conto di essere stato lui stesso a urlare.

Sentì qualcuno abbattere la porta e Mzee essere messo al tappeto.

- Oddio... cosa ti hanno fatto?
Wanda? Riuscì a sollevare la testa abbastanza per riuscire a vedere lei e Rogue avvicinarsi, Havok alle loro spalle. - Figlia mia... - disse soltanto.
La sentì brontolare qualcosa a mezza voce, probabilmente si lamentava del fatto che lui l'avesse chiamata a quel modo. Già, ora anche lei lo odiava... ma non poteva fare a meno di sentire un'ondata di sollievo vedendola libera.

Rogue ruppe il collare inibitore e lo staccarono dalla parete.

Non fece in tempo a fare nemmeno qualche passo che sentì le gambe cedere, Scarlet Witch e Rogue fecero giusto in tempo ad afferrarlo prima che cadesse al suolo. Cercarono di spostarlo per capire se fosse possibile andarsene comunque da lì ma si resero presto conto che lo avrebbero dovuto trascinare a peso morto.

- Credo... - riuscì a dire dopo qualche tentativo - credo che fareste prima ad andarvene da soli.

- Non dire idiozie. - Il tono della figlia non era deciso come avrebbe voluto far sembrare.

Fecero qualche ulteriore tentativo ma fu tutto inutile. Wanda si sedette a terra, il padre appoggiato a lei.

- Wanda... non possiamo restare qui. - tentò di opporre resistenza Havok ma desistette velocemente all'occhiata poco amichevole della strega.

- Non resteremo qui. Ora andiamo, dobbiamo solo... - non terminò la frase, sapeva benissimo che stava mentendo a se stessa ma non poteva lasciarlo lì, non poteva lasciarlo in quel posto nonostante tutto ciò che aveva fatto. Nessuno meritava quel destino.

- Mi dispiace. - un sussurro interruppe lo scambio. - Non sono decisamente stato un padre all'altezza, eh? Sicuramente le aspettative tue e di tuo fratello erano molto diverse. Mi dispiace. Avrei... - fece una pausa, come per cercare le parole - avrei voluto vedervi crescere, avrei davvero voluto che aveste una famiglia normale... se solo avessi saputo di voi io... - non seppe mai cosa avrebbe fatto se avesse saputo di loro. Avrebbe condotto la sua vita in modo differente?
- Vi ho privato di una vita normale... per quanto la vita dei nostri simili possa essere considerata normale, tu sei impazzita, Pietro mi odia... so bene che è stata colpa mia, Wanda. Non volevo che finisse così, non volevo questo tipo di vita per voi.
Wanda si accorse che stava stringendo inconsapevolmente la presa.

- Questa è l'ultima volta... l'ultima in cui vi rovino la vita. Ho combattuto per una causa per tutta la mia vita, solo troppo tardi mi sono reso conto che lo stavo facendo nel modo sbagliato. Non volevo che succedesse di nuovo ciò che avevo dovuto vivere io, ma da un certo punto di vista mi sono comportato esattamente come loro. Sono stato... ho fatto esattamente ciò che hanno fatto loro, cercando di imporre la nostra razza come quella superiore... ecco il risultato. Il loro odio, la loro paura... la storia è destinata a ripetersi.
La ragazza alzò lo sguardo per incrociare quello di Rogue e Havok in una richiesta muta: cosa avrebbe dovuto fare? Cosa poteva rispondere? Il suo rapporto con quell'uomo non era mai stato idilliaco ma non riusciva a vederlo così, non riusciva ad accettare che si stesse addossando il genocidio della loro stessa razza. Non poteva lasciare che morisse lì, in un campo di concentramento. Non era giusto.

Le aveva raccontato ciò che era successo in Germania, tutto quel dolore... la sola idea che fosse questo il modo in cui sarebbe dovuto morire era intollerabile. Si rese conto che aveva iniziato a piangere.

Se ne accorse anche lui e si sforzò di fare un sorriso sbiadito.

- Lo so. Sembra una specie di scherzo perverso, vero? Eppure questa volta sono io la causa. Almeno in parte. Non piangere. Sei libera, scappa, vai più lontano che puoi, inizia la tua vita... non permettere più a nessuno di rovinartela come ho fatto io. Devi essere forte, devi andare avanti. Non è questo il posto per te. Avrei voluto essere un padre migliore... ma a quanto pare non era questo che ci si aspettava da noi.

Ci fu un momento di silenzio, interrotto solo dai singhiozzi di Wanda, Havok e Rogue non riuscivano a sollevare lo sguardo del pavimento. Si sentivano così fuori posto in quel momento... non potevano fare nulla. Erano arrivati troppo tardi... e tutte quelle persone là fuori...

- Dovete andarvene. Chiedete aiuto. Chiamate i Vendicatori, non ce la farete mai da soli. Salvate queste persone. Vi prego. - sussultarono. Era la prima volta da quando aveva iniziato a parlare che Magneto si rivolgeva direttamente a loro. Annuirono in silenzio, non credevano alle loro orecchie: li stava pregando? Aveva detto di cercare l'aiuto degli umani?

- Non piangere. - ripeté rivolto alla figlia. - Hai ancora molto da vivere, sarai felice... - la sua espressione si rabbuiò. - Dì... dì a tuo... a Pietro. Dì a Pietro che mi dispiace, avrei dovuto sistemare le cose con lui molto tempo fa... non lo biasimo per il suo odio. Siete diventati forti. Sono orgoglioso di voi, figli miei.
Il silenzio calò definitivamente nella baracca. Magneto era morto. La sua storia era finita così come era iniziata per un qualche strano scherzo del fato.

 

Giorni dopo.

Quicksilver era immobile davanti alla sorella. Non poteva negare che ciò che lei gli aveva appena raccontato lo avesse colpito.

Magneto er- suo padre, suo padre era morto.

E Genosha. Ricordava ancora quando era stato uno stato sovrano dove la sua gente aveva potuto rifugiarsi... ora era diventato un luogo di morte.

Non riusciva a credere che avessero davvero costruito dei campi di concentramento per mutanti eppure sua sorella era stata incredibilmente esaustiva nel suo racconto.

L'umanità non imparava mai. Non imparava nemmeno dalla storia.

Lo avevano fatto di nuovo.

Lo stavano facendo di nuovo.

Stavano sterminando un'intera razza per... un'ondata di rabbia gli fece contrarre i muscoli.

Sono orgoglioso di voi, figli miei.

Lo aveva odiato, era vero... ma questo era troppo. Doveva aiutare quelle persone. Doveva riuscire a salvarle.

Deglutì a vuoto. - Andiamo. - disse solo rivolto alla sorella. - Abbiamo molto lavoro da fare.

Sono orgoglioso di voi, figli miei.

Non era vero che l'umanità non imparava mai nulla dal passato. L'umanità aveva imparato la lezione fin troppo bene... peccato che non fosse quella sperata.

L'immagine del cadavere di suo padre gli invase la mente all'improvviso.

Ce ne occuperemo noi. Non permetteremo che altri debbano vivere tutto questo. Pensò. Non ti preoccupare... padre.

  
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