Prologo
Buchi nell’acqua
Shanks si passò una mano
fra i capelli vermigli e scoppiò a ridere. – Scusatemi ragazzi! – disse.
Benn
Beckman gettò la vanga di lato facendole fare un volo di un paio di metri, poi
accese una sigaretta e se la incastrò fra i denti. Sbuffando fumo come un
drago, si girò verso la montagna che dominava l’isola, concentrandosi sulla sua
cresta per non spaccare la faccia a quello che da pochi mesi considerava il suo
capitano.
“Il
profilo del poeta”, stava scritto sulla mappa che i pirati avevano consultato
per giorni e giorni, rigirandola in ogni direzione: la cima del monte ricordava
un profilo umano e non c’erano dubbi che fossero sull’isola raffigurata nel
cartiglio. Il problema, però, è che non c’era alcun tesoro, e molti punti di
riferimento disegnati non c’erano, mentre a rigor di logica nemmeno la più
estrema delle erosioni li avrebbe dovuti intaccare.
–
Un viaggio a vuoto – fece laconico il pistolero andando a recuperare il
mantello tolto per scavare senza impiccio.
–
Non del tutto – ragionò Curtis, il cuoco, smilzo e con i capelli chiari legati
in un rigido codino in cima al capo – Le stive sono più piene che in partenza!
–
Il
resto della ciurma si sentì un po’ rinfrancata a quella considerazione: vero,
avevano passato gli ultimi tre giorni a scavare buche come becchini in tempo di
peste, ma nel raggiungere quell’isola avevano incrociato dei mercantili niente
male, quindi tutto sommato un tesoro l’avevano racimolato comunque.
Adesso che finalmente
quel mulo di giovane capitano si era arreso all’evidenza che quell’isola non
nascondesse alcun tesoro, potevano abbandonare quel luogo lugubre.
Vi erano sbarcati cinque
giorni prima, per metà dei quali non avevano potuto mettersi al lavoro perché o
diluviava o c’era una nebbia così fitta che non avrebbero visto il tesoro
nemmeno se sopra avesse avuto una croce rossa con le lucine al neon a comporre
la scritta “tesoro”. Shanks, ottimista fino alla stupidità, continuava a dire
che era un luogo ottimo per nascondere un tesoro.
I suoi compagni di
ciurma, alcuni dei quali arruolati da poco, si fidavano di lui e l’avevano
seguito, e gli avrebbero perdonato di buon grado quell’infruttuosa avventura:
era un ragazzo giovane ma dotato, con un ottimo intuito e un eccellente
curriculum, quindi chissà, nel giro di qualche anno sarebbero potuti diventare
abbastanza conosciuti nella pirateria. A tutti poteva capitare un errore, e finché
a bordo c’era da bere e da divertirsi non era pericolo di ammutinamento.
Una ciurma meno rilassata
avrebbe senz’altro risentito dell’atmosfera cupa dell’isola: nella nebbia
mattutina emergevano strenui degli alberi bassi e sottili, dai rami
faticosamente volti al cielo come ad implorarlo di un po’ di sole; il
sottobosco era fitto di sterpi e di rovi, fra i quali serpeggiava un fiume che
sembrava sempre lì lì per rompere l’argine naturale. Oltre la nebbia, come
un’isola nel cielo, si intravedeva il basso e tozzo monte che dominava l’isola,
“il profilo del poeta”, come scritto sulla cartina. A circa metà altezza i
pirati avevano scorto, quasi con fatica, l’unica costruzione dell’isola: una
villa.
Si trattava di una casa
in rovina di almeno cent’anni prima, tre piani tozzi e dall’intonaco fatiscente
una volta bianco, con le finestre spalancate quasi che i padroni fossero
scappati senza nemmeno badar di sbarrarle: i pirati vi erano entrati ma, non
trovando nulla di decente da saccheggiare, si erano rapidamente chiusi alle
spalle i pesanti battenti rosi dai tarli ed erano tornati a valle, per cercare
il tesoro che doveva custodire quel fazzoletto di terra.
–
Di questa che ne facciamo? – domandò distratto Benn, sventolando la cartina
stretta tra due dita.
Lucky
Lou smise di sbocconcellare il cosciotto di un caprone di montagna che si era
incautamente avvicinato a loro la sera prima e propose: – Accendino! –
–
No, niente accendino – intervenne Shanks recuperando la propria autorità. – La
metto nel diario di bordo, a monito futuro –
– E aggiungi “non accettare mappe del tesoro
dagli sconosciuti” – lo prese in giro Lucky.
I
pirati risero, sparpagliandosi nell’umida radura per recuperare gli arnesi da
scavo con i quali avevano rivoltato mezza isola.
Quella
storia era cominciata circa un mese prima: si trovavano in una cittadina della
Rotta Maggiore, luogo tranquillo e con pochi Marine; loro, anche se erano
all’inizio della loro avventura, erano ben noti alle forze dell’ordine che
tuttavia, in attesa di rinforzi, avevano deciso per una ben più cauta
osservazione da una distanza di sicurezza.
Non
tutti, però, avevano riconosciuto quei pirati: saettava tra la folla, lesto e
macilento, un uomo di età indefinibile, più simile ad un topo nei movimenti che
ad un essere umano; era coperto da un mantello grigio che andava dai polpacci
al capo, infagottato da un cappuccio, e i piedi nudi erano avvolti da panni
lerci. Pescava con le mani magre in tutte le tasche del frequentato mercato
dell’isola, cercando soldi e roba da mangiare. La sua attività giornaliera
però, quel giorno, era stata interrotta da una mano di Benn Beckman che non era
stato affatto felice di trovarsi le dita di un borseggiatore nella tasca
posteriore dei pantaloni.
–
Hai scelto il pollo sbagliato, amico – tuonò.
–
Nnnno no no no, vi prego… vi prego… vi prego lassssciatemi! –
Stretto
nel pugno robusto del pistolero, il polso del taccheggiatore sembrava sul punto
di spezzarsi; si dibatteva per provare a scappare da quella morsa, ma il pirata
non aveva la minima intenzione di lasciarlo andar via.
–
Benn, forse hai l’aria da persona per bene. Per questo ti ha preso di mira –
aveva detto Shanks, perfettamente a suo agio.
–
Mi sa che questa la dobbiamo tagliare, sai? Hai provato a derubare i pirati del
Rosso – aveva sibilato Curtis estraendo i coltelli e indicando l’arto del
ladro.
L’uomo
catturato, stravolto, aveva cominciato a piangere terrorizzato.
–
Su, su – aveva detto il Rosso conciliante – Sei un collega tutto sommato,
quindi potremmo farti un trattamento di favore… Curtis? Solo due dita, via. –
–
Quali? –
–
Medio e anulare –
Shanks
stava scherzando, ma l’uomo era così in preda al panico che non colse la
sfumatura di sarcasmo e cominciò a balbettare: – Nnno! Per favore! Per favore!
Sono vecchio, sono vecchio… sono così vecchio… io conosco un tesoro! Conosco un
tesoro! C’è un tesoro! Se mi lasciate andare… io vi darò il tesoro.
I
pirati si guardarono tra loro. Non sembrava avere tutte le rotelle a posto,
poveretto. Provarono pena. Benn un po’ meno in realtà, ma non era mai stato il
tipo da mozzare arti a persone così indifese, tanto più se avevano detto la
parola magica: tesoro.
–
E dove sarebbe questo tesoro? – aveva domandato gentilmente Shanks.
–
Miguel… Miguel ha la mappa. Ha la mappa del geologo. La mappa del geologo con
tutti i rilevamenti! Papà era il geologo. Tanti anni fa… tanti anni fa…
–
È una bugia? –
–
Miguel non dice le bugie!! – scoppiò in lacrime, così forte che Beckman non
potè fare altro che mollare la presa e lasciare che si accasciasse al suolo.
Diamine, dovevano avergli fatto una paura tremenda. – Miguel vuole vivere… –
–
Ci vuoi dare la mappa? –
–
È nel primo cassetto del comò di Miguel! Nel primo cassetto… – poi sembrò
spegnersi. – Miguel vi da la mappa, e voi non tagliate un braccio a Miguel. –
aveva detto serissimo, alzando il capo. La voce era profonda, scrutava Shanks
con degli opachi occhi azzurri che dovevano aver visto giorni migliori.
–
Miguel ha la parola del capitano – accordò il Rosso.
Seguirono
il borseggiatore in un dedalo di vicoli bui, dove puttane brutte oltre ogni
dire si affacciavano e li salutavano, gli uomini si chiudevano dietro porte
sverniciate, i bambini erano magri e pallidi. Sarebbe stata una trappola?
Improbabile, aveva detto Beckman. E, anche se lo fosse stata, difficile che dei
pirati come loro non riuscissero a cavarsene fuori.
La
mappa fu consegnata loro dalle mani tremanti di Miguel, che aveva fatto loro
strada fino a dentro la sua casa, un monolocale sotto il livello della strada
dove c’erano solo un letto, una cucina a gas e un comò. L’odore di urina era
rivoltante, il lerciume si accumulava negli angoli e i pirati non vedevano
l’ora di uscire all’aria aperta.
Una
volta che la mappa fu in mano a Shanks, Miguel li aveva sbattuti fuori casa
senza degnarli di un’altra parola.
–
Ma questa non è una mappa – aveva subito notato Lucky Lou prendendola in mano.
In
verità la mappa c’era, sull’ultimo dei cinque fogli spillati insieme che erano
stati loro consegnati. Fogli pieni di numeri, di grafici, di schemi e di
relazioni. Erano timbrati, e sembravano avere carattere ufficiale.
–
È una perizia geologica – aveva letto Lucky. – La perizia geologica di una
concessione mineraria! – aveva esplicato.
–
Una miniera di cosa? –
–
Diamanti!
E
invece niente. O quella perizia era decisamente errata, o era uno scherzo
arrivato per chissà quale destino nel primo cassetto del comò di Miguel. I
ragazzi del Rosso salparono da quell’isola quella sera stessa, ben intenzionati
a cercare qualche isola estiva dove smaltire la delusione.
~
Dieci anni dopo…
Quindici uomini in fila
per uno formavano una colonna che si snodava lentamente su un antico sentiero
di montagna. Il primo in testa era un grosso quarantenne calvo e scuro di
carnagione che faceva strada al resto del gruppo a colpi di machete, tagliando
le piante che coprivano la via. Ogni tanto nella fila qualcuno notava i sassi
del selciato messi lì dagli abitanti dell’isola prima che morissero tutti
improvvisamente. Trasportavano pale, picconi, casse di attrezzi; con loro
marciavano muli e cavalli che trasportavano viveri e medicinali.
Yama Sabmei arrancava
lungo il sentiero impervio, aggrappato al suo bastone. Certo le sue gambe non
erano quelle di sessant’anni prima, e forse avrebbe potuto concedersi una pausa
ma no, aveva atteso troppo, voleva soltanto riprendere il posto che gli spettava
e riscuotere il suo debito col passato. Le sue magre ginocchia urtavano
mollemente la lunga barba candida che si ostinava a non tagliare, e si
impigliava nei cardi e negli arbusti bassi che invadevano il percorso non
sgombrato a sufficienza dai machete della sua squadra di recupero.
–
Padron Yama! – fece un uomo alto e forte, dall’accento del Mare Meridionale –
Siamo sicuri che questa sia la strada giusta?
–
Certo che lo è – rispose sicuro Yama. Poi guardò verso l’alto: il “profilo del
poeta” li guardava superbo. – Vedi quella costruzione a metà della montagna?
Tieni gli occhi fissi su di essa, ragazzo. È la nostra meta. –
Dietro le quinte...
Bentornati all'ascolto cari putrescenti amici di Radio Canadair, qui è l'autrice che vi parla dal suo oscuro antro! Grazie per aver aperto la mia nuova long (non sarà tanto long, però: sono preventivati meno di 15 capitoli). Questo è solo il prologo, un assaggino, un boccone, non un pasto completo, ed è ambientato, almeno nella prima parte, una manciata di anni dopo l'esecuzione di Gol D. Roger, agli inizi della carriera di Shanks come capitano, ma dal prossimo capitolo ritorneremo al futuro! Appuntamento con il primo capitolo la prossima settimana! Grazie ancora e a risentirci!
Yellow Canadair