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Autore: Yellow Canadair    17/04/2015    8 recensioni
La ciurma di Cappello di Paglia si cerca confusa tra le onde. Franky piange senza ritegno davanti ai pochi rottami della sua creatura inghiottita dall'oceano. Hanno i vestiti strappati, sono stati travolti da travi e da onde, stringono i pochi oggetti scampati alla tragedia su un relitto che galleggia con loro. I ragazzi si fanno coraggio tra i flutti, cercano senza fortuna due dispersi. La notte morde con il suo freddo, il giorno bacia con la sua lingua rovente. Il sale spacca la pelle, la fame urla fra le viscere.
Stremati, approdano su una terra che esala umidi sospiri, le luci dell'ultima casa brillavano sul colle buio. E mentre i pirati dipanano il mistero di una Marine impazzita, un suono di cornamusa riempie l'aria...
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciurma di Shanks, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nuovo personaggio, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Buchi nell’acqua

 

Shanks si passò una mano fra i capelli vermigli e scoppiò a ridere. – Scusatemi ragazzi! – disse.

Benn Beckman gettò la vanga di lato facendole fare un volo di un paio di metri, poi accese una sigaretta e se la incastrò fra i denti. Sbuffando fumo come un drago, si girò verso la montagna che dominava l’isola, concentrandosi sulla sua cresta per non spaccare la faccia a quello che da pochi mesi considerava il suo capitano.

“Il profilo del poeta”, stava scritto sulla mappa che i pirati avevano consultato per giorni e giorni, rigirandola in ogni direzione: la cima del monte ricordava un profilo umano e non c’erano dubbi che fossero sull’isola raffigurata nel cartiglio. Il problema, però, è che non c’era alcun tesoro, e molti punti di riferimento disegnati non c’erano, mentre a rigor di logica nemmeno la più estrema delle erosioni li avrebbe dovuti intaccare.

– Un viaggio a vuoto – fece laconico il pistolero andando a recuperare il mantello tolto per scavare senza impiccio.

– Non del tutto – ragionò Curtis, il cuoco, smilzo e con i capelli chiari legati in un rigido codino in cima al capo – Le stive sono più piene che in partenza! –

Il resto della ciurma si sentì un po’ rinfrancata a quella considerazione: vero, avevano passato gli ultimi tre giorni a scavare buche come becchini in tempo di peste, ma nel raggiungere quell’isola avevano incrociato dei mercantili niente male, quindi tutto sommato un tesoro l’avevano racimolato comunque.

Adesso che finalmente quel mulo di giovane capitano si era arreso all’evidenza che quell’isola non nascondesse alcun tesoro, potevano abbandonare quel luogo lugubre.

Vi erano sbarcati cinque giorni prima, per metà dei quali non avevano potuto mettersi al lavoro perché o diluviava o c’era una nebbia così fitta che non avrebbero visto il tesoro nemmeno se sopra avesse avuto una croce rossa con le lucine al neon a comporre la scritta “tesoro”. Shanks, ottimista fino alla stupidità, continuava a dire che era un luogo ottimo per nascondere un tesoro.

I suoi compagni di ciurma, alcuni dei quali arruolati da poco, si fidavano di lui e l’avevano seguito, e gli avrebbero perdonato di buon grado quell’infruttuosa avventura: era un ragazzo giovane ma dotato, con un ottimo intuito e un eccellente curriculum, quindi chissà, nel giro di qualche anno sarebbero potuti diventare abbastanza conosciuti nella pirateria. A tutti poteva capitare un errore, e finché a bordo c’era da bere e da divertirsi non era pericolo di ammutinamento.

Una ciurma meno rilassata avrebbe senz’altro risentito dell’atmosfera cupa dell’isola: nella nebbia mattutina emergevano strenui degli alberi bassi e sottili, dai rami faticosamente volti al cielo come ad implorarlo di un po’ di sole; il sottobosco era fitto di sterpi e di rovi, fra i quali serpeggiava un fiume che sembrava sempre lì lì per rompere l’argine naturale. Oltre la nebbia, come un’isola nel cielo, si intravedeva il basso e tozzo monte che dominava l’isola, “il profilo del poeta”, come scritto sulla cartina. A circa metà altezza i pirati avevano scorto, quasi con fatica, l’unica costruzione dell’isola: una villa.

Si trattava di una casa in rovina di almeno cent’anni prima, tre piani tozzi e dall’intonaco fatiscente una volta bianco, con le finestre spalancate quasi che i padroni fossero scappati senza nemmeno badar di sbarrarle: i pirati vi erano entrati ma, non trovando nulla di decente da saccheggiare, si erano rapidamente chiusi alle spalle i pesanti battenti rosi dai tarli ed erano tornati a valle, per cercare il tesoro che doveva custodire quel fazzoletto di terra.

– Di questa che ne facciamo? – domandò distratto Benn, sventolando la cartina stretta tra due dita.

Lucky Lou smise di sbocconcellare il cosciotto di un caprone di montagna che si era incautamente avvicinato a loro la sera prima e propose: – Accendino! –

– No, niente accendino – intervenne Shanks recuperando la propria autorità. – La metto nel diario di bordo, a monito futuro –

 – E aggiungi “non accettare mappe del tesoro dagli sconosciuti” – lo prese in giro Lucky.

I pirati risero, sparpagliandosi nell’umida radura per recuperare gli arnesi da scavo con i quali avevano rivoltato mezza isola.

Quella storia era cominciata circa un mese prima: si trovavano in una cittadina della Rotta Maggiore, luogo tranquillo e con pochi Marine; loro, anche se erano all’inizio della loro avventura, erano ben noti alle forze dell’ordine che tuttavia, in attesa di rinforzi, avevano deciso per una ben più cauta osservazione da una distanza di sicurezza.

Non tutti, però, avevano riconosciuto quei pirati: saettava tra la folla, lesto e macilento, un uomo di età indefinibile, più simile ad un topo nei movimenti che ad un essere umano; era coperto da un mantello grigio che andava dai polpacci al capo, infagottato da un cappuccio, e i piedi nudi erano avvolti da panni lerci. Pescava con le mani magre in tutte le tasche del frequentato mercato dell’isola, cercando soldi e roba da mangiare. La sua attività giornaliera però, quel giorno, era stata interrotta da una mano di Benn Beckman che non era stato affatto felice di trovarsi le dita di un borseggiatore nella tasca posteriore dei pantaloni.

– Hai scelto il pollo sbagliato, amico – tuonò.

– Nnnno no no no, vi prego… vi prego… vi prego lassssciatemi! –

Stretto nel pugno robusto del pistolero, il polso del taccheggiatore sembrava sul punto di spezzarsi; si dibatteva per provare a scappare da quella morsa, ma il pirata non aveva la minima intenzione di lasciarlo andar via.

– Benn, forse hai l’aria da persona per bene. Per questo ti ha preso di mira – aveva detto Shanks, perfettamente a suo agio.

– Mi sa che questa la dobbiamo tagliare, sai? Hai provato a derubare i pirati del Rosso – aveva sibilato Curtis estraendo i coltelli e indicando l’arto del ladro.

L’uomo catturato, stravolto, aveva cominciato a piangere terrorizzato.

– Su, su – aveva detto il Rosso conciliante – Sei un collega tutto sommato, quindi potremmo farti un trattamento di favore… Curtis? Solo due dita, via. –

– Quali? –

– Medio e anulare –

Shanks stava scherzando, ma l’uomo era così in preda al panico che non colse la sfumatura di sarcasmo e cominciò a balbettare: – Nnno! Per favore! Per favore! Sono vecchio, sono vecchio… sono così vecchio… io conosco un tesoro! Conosco un tesoro! C’è un tesoro! Se mi lasciate andare… io vi darò il tesoro.

I pirati si guardarono tra loro. Non sembrava avere tutte le rotelle a posto, poveretto. Provarono pena. Benn un po’ meno in realtà, ma non era mai stato il tipo da mozzare arti a persone così indifese, tanto più se avevano detto la parola magica: tesoro.

– E dove sarebbe questo tesoro? – aveva domandato gentilmente Shanks.

– Miguel… Miguel ha la mappa. Ha la mappa del geologo. La mappa del geologo con tutti i rilevamenti! Papà era il geologo. Tanti anni fa… tanti anni fa…

– È una bugia? –

– Miguel non dice le bugie!! – scoppiò in lacrime, così forte che Beckman non potè fare altro che mollare la presa e lasciare che si accasciasse al suolo. Diamine, dovevano avergli fatto una paura tremenda. – Miguel vuole vivere… –

– Ci vuoi dare la mappa? –

– È nel primo cassetto del comò di Miguel! Nel primo cassetto… – poi sembrò spegnersi. – Miguel vi da la mappa, e voi non tagliate un braccio a Miguel. – aveva detto serissimo, alzando il capo. La voce era profonda, scrutava Shanks con degli opachi occhi azzurri che dovevano aver visto giorni migliori.

– Miguel ha la parola del capitano – accordò il Rosso.

Seguirono il borseggiatore in un dedalo di vicoli bui, dove puttane brutte oltre ogni dire si affacciavano e li salutavano, gli uomini si chiudevano dietro porte sverniciate, i bambini erano magri e pallidi. Sarebbe stata una trappola? Improbabile, aveva detto Beckman. E, anche se lo fosse stata, difficile che dei pirati come loro non riuscissero a cavarsene fuori.

La mappa fu consegnata loro dalle mani tremanti di Miguel, che aveva fatto loro strada fino a dentro la sua casa, un monolocale sotto il livello della strada dove c’erano solo un letto, una cucina a gas e un comò. L’odore di urina era rivoltante, il lerciume si accumulava negli angoli e i pirati non vedevano l’ora di uscire all’aria aperta.

Una volta che la mappa fu in mano a Shanks, Miguel li aveva sbattuti fuori casa senza degnarli di un’altra parola.

– Ma questa non è una mappa – aveva subito notato Lucky Lou prendendola in mano.

In verità la mappa c’era, sull’ultimo dei cinque fogli spillati insieme che erano stati loro consegnati. Fogli pieni di numeri, di grafici, di schemi e di relazioni. Erano timbrati, e sembravano avere carattere ufficiale.

– È una perizia geologica – aveva letto Lucky. – La perizia geologica di una concessione mineraria! – aveva esplicato.

– Una miniera di cosa? –

– Diamanti!

 

E invece niente. O quella perizia era decisamente errata, o era uno scherzo arrivato per chissà quale destino nel primo cassetto del comò di Miguel. I ragazzi del Rosso salparono da quell’isola quella sera stessa, ben intenzionati a cercare qualche isola estiva dove smaltire la delusione.

 

 

~

 

 

Dieci anni dopo…

Quindici uomini in fila per uno formavano una colonna che si snodava lentamente su un antico sentiero di montagna. Il primo in testa era un grosso quarantenne calvo e scuro di carnagione che faceva strada al resto del gruppo a colpi di machete, tagliando le piante che coprivano la via. Ogni tanto nella fila qualcuno notava i sassi del selciato messi lì dagli abitanti dell’isola prima che morissero tutti improvvisamente. Trasportavano pale, picconi, casse di attrezzi; con loro marciavano muli e cavalli che trasportavano viveri e medicinali.

Yama Sabmei arrancava lungo il sentiero impervio, aggrappato al suo bastone. Certo le sue gambe non erano quelle di sessant’anni prima, e forse avrebbe potuto concedersi una pausa ma no, aveva atteso troppo, voleva soltanto riprendere il posto che gli spettava e riscuotere il suo debito col passato. Le sue magre ginocchia urtavano mollemente la lunga barba candida che si ostinava a non tagliare, e si impigliava nei cardi e negli arbusti bassi che invadevano il percorso non sgombrato a sufficienza dai machete della sua squadra di recupero.

– Padron Yama! – fece un uomo alto e forte, dall’accento del Mare Meridionale – Siamo sicuri che questa sia la strada giusta?

– Certo che lo è – rispose sicuro Yama. Poi guardò verso l’alto: il “profilo del poeta” li guardava superbo. – Vedi quella costruzione a metà della montagna? Tieni gli occhi fissi su di essa, ragazzo. È la nostra meta. –

 





Dietro le quinte...

Bentornati all'ascolto cari putrescenti amici di Radio Canadair, qui è l'autrice che vi parla dal suo oscuro antro! Grazie per aver aperto la mia nuova long (non sarà tanto long, però: sono preventivati meno di 15 capitoli). Questo è solo il prologo, un assaggino, un boccone, non un pasto completo, ed è ambientato, almeno nella prima parte, una manciata di anni dopo l'esecuzione di Gol D. Roger, agli inizi della carriera di Shanks come capitano, ma dal prossimo capitolo ritorneremo al futuro! Appuntamento con il primo capitolo la prossima settimana! Grazie ancora e a risentirci! 

Yellow Canadair

  
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