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Autore: Rota    17/04/2015    0 recensioni
Gli è capitato di tornarci alcune volte, in quei giorni, come se la sua mente si ritrovasse non troppo per caso a ripercorrere determinati percorsi fino a trovare ciò che cerca con insistenza soltanto nel profumo dei fiori di quella serra. Lo ha infastidito, anche se non abbastanza per ammetterlo.
Anche in quel momento intravedere quel ragazzo dalla capigliatura scura chino sopra i fiori, con l'innaffiatoio tra le mani e un'espressione indefinita per colpa della distanza.
Accanto a sé, si ritrova vicino una presenza amica, che non gli crea nessun disagio e nessun disturbo. Himuro gli sorride quando viene guardato in viso, con l'espressione rassicurante di sempre.
-Tatsuya, sai chi è quello?
Fa cenno con la testa verso il cortile, e anche l'altro ragazzo si sporge per vedere a cosa si riferisce.
-Taiga, sei interessato a Kuroko- kun?
Si ritrae e non incrocia neanche le braccia al petto, abbastanza disinteressato – gioca, piuttosto con i ciuffi scuri della propria frangia troppo lunga, scoprendo di poco le lunghe ciglia dell'occhio nascosto.
-È solo un ragazzo strano, si prende cura dell'aiuola delle rose.

[Fandom!Au Revolutionary Girl Utena // Principalmente KagaKuro]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Taiga Kagami, Teikou, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Take my Revolution'
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ATTENZIONE
Questa storia è una Fandom!AU profondamente legata al mondo di La Rivoluzione di Utena.
Non conoscendo il fandom di partenza, è difficile che si colgano diversi riferimenti di trama. Vi chiedo scusa per l'inconveniente, ma questa storia è stata costruita in tale esclusivo modo.
Spero comunque sia una buona lettura per tutti voi



 

*Quinto capitolo*

Even in my dreams, even through my tears
Even though I'm being hurt
Reality is approaching now, frantically

 

 

 

-Hai colto un'altra rosa?
Raccolti i petali caduti sul terreno morbido, il particolare vaso è rimasto vuoto per qualche tempo, così che risalti ora, nel momento in cui il suo passo si avvicina alla teca di vetro, quel nuovo ospite dritto, dalla corolla aperta e gustabile.
Makoto Hanamiya apre il mantello che gli copre le spalle e ne porta un lembo al proprio fianco, avvolgendosi nel tentativo di trattenere un po' di calore: accanto a Shoichi c'è sempre l'umidità delle piante sotterranee che non fa per niente bene alle ossa, e neppure la sua magia può contrastare questo.
L'altro non gli si rivolge direttamente, e bada molto più ai petali delicati del nuovo fiore e gioca con la rugiada che essi racchiudono, con la punta delle proprie bianche unghie.
-La prima aveva radici troppo profonde, e nel momento in cui si è privata del terreno, è morta dopo poco tempo.
Non sembra particolarmente dispiaciuto, constata soltanto i fatti avvenuti e questo lo allontana da qualsivoglia giudizio morale sull'accaduto. Sembra quasi disinteressato al raggiungimento del loro scopo finale, e Makoto sa che sta trattenendo tutto quanto dentro, solo per rispetto nei suoi confronti.
-Peccato fragile, ha smesso di brillare subito.
Perché una sconfitta pesa, in specie quando viene condivisa da gente piena di speranza. E lui, quella vittoria tanto agognata, l'attende in modo letterale come qualcosa di salvifico.
Una vita per un sogno, dopotutto.
Si avvicina ancora di un passo a lui, facendosi notare con la coda dell'occhio.
-Di che colore è, questa?
-Verde, come il tutto.
-Come l'invidia.
-L'invidia è un colore troppo sfumato. No, direi piuttosto verde come l'insidia.
-L'insidia non è sfumata?
Alza finalmente lo sguardo a lui, nascondendosi però dietro il bagliore riflesso sulle lenti dei suoi occhiali fini.
Quando si tratta di mostrare un po' di partecipazione, Shoichi fa sempre così – non è troppo disturbante, alla fine, ma a lungo andare tutti si rivelano nei dettagli più innocui, in tutto il loro disgusto.
-No, perché una volta che l'inganno è formulato, non torna più indietro.
Ghigna, come se avesse già l'esito in mano. E Makoto sospira, un po' refrattario a dargli ragione senza niente in cambio.
-Tu sei il vero mostro, Imayoshi.

 

***

 

Conosce Takao Kazunari solo attraverso le parole di Kuroko, perché gli è capitato di chiedergli se mai ci fosse stato qualcuno, tra tutti gli studenti della scuola, che lo abbia aiutato con la cura dei fiori della serra. E pensandoci un poco, Tetsuya si era ricordato di Kazunari, che non è riuscito a definire esattamente come un amico ma neanche come un semplice conoscente.
Gli ha detto che non veniva tutti i giorni né tutte le settimane, a trovarlo. Capitava più o meno quando ne aveva voglia lui, con qualche cosa da mangiare o soltanto per fare una carezza al cagnolino. Rimaneva, di solito, nella serra per diverso tempo, guardandolo mentre poteva le siepi o toglieva le erbacce dalle aiuole – ogni tanto, persino, lo aiutava anche, prendendo i guantoni spessi che lui gli prestava e smuovendo con fare sapiente il terreno. Era bravo e non aveva mai ucciso nessuna piantina; sapeva parlargli con gentilezza, per quanto magari le sue parole non erano così educate come potevano esserle quelle di un signorino di alta classe, ma era uno dei pochi compagni di Kuroko che mai, proprio mai, gli aveva rivolto una parola sgarbata.
E poi, era l'unico che sapesse fare indispettire Midorima così tanto perché quello si arrabbiasse sul serio. Gli girava spesso attorno, e con la scusa di essere il presidente di qualche club lo rincorreva piuttosto di frequente per fargli domande assurde, giusto per essere certo che perdesse del tempo prezioso con lui. Kagami non ha mai capito perché si desse così tanto affanno per seguire un individuo del genere, contando che Shintaro non gli riservava lo stesso tipo di trattamento in quasi nessuna occasione; Kuroko, dalla sua, gli ha potuto far notare che tutto il gioco si reggeva appunto sull'eccezione rara, che Takao e soltanto poche persone avrebbero potuto apprezzare – e infatti, solo Kazunari e pochissime altre persone riuscivano ad avvicinarsi al vice presidente del concilio studentesco. Tutto tornava, nel rimando perfetto di ciò che era stato in precedenza dato.
Quindi, a Kagami sfugge il senso del perché ora proprio quel ragazzo tanto privilegiato dal destino, quell'individuo che tanto ha piegato la fortuna al proprio volere fino quasi a ottenere ciò che più ha desiderato nelle profondità del proprio cuore, ora si trovi davanti a lui, su quel parquet, nell'arena dei duelli. Lui, e il suo desiderio sconosciuto e incomprensibile.
-Perché lui sbagli, una volta tanto!
Taiga non può sapere, d'altronde, cosa corrode la sua ferrea volontà: è quella corazza di inesperienza dovuta all'aver sempre ragione, perché chi non cade mai o fa finta di non farlo neppure una volta non può comprendere le aspirazioni di chi è disposto a sporcarsi le mani nel fango pur di andare avanti. La separazione brucia, e siccome l'altezza risulta irraggiungibile, l'unica soluzione possibile è spezzare fino alla bassezza.
Questo ha fatto, con la brutalità tipica dei privi di pudore.
È scaltro e fluido, come una lingua di brezza ghiacciata; la sua divisa arancione si gonfia di aria a un passo veloce all'indietro, e si scontra con il suo fisico tonico quando il ragazzo scatta in avanti, senza lasciarsi indietro niente.
Taiga continua a non comprendere, perché sono cose che non possono toccarlo.
Quei sentimenti turpi, quella volontà serpentina, quell'ambizione così spudorata. Lui non li ha mai assaggiati né desiderati, e non saprebbe che farsene.
Tuttavia, rimane in piedi, sotto il canestro, con le braccia alzate e la guarda fin troppo alta. Non lo farà passare, perché a nessun costo lui concederà la vittoria all'altro – qualsiasi siano le sue motivazioni.
La battaglia, nel senso di scontro, è un incontro violento di volontà, e anche lui ha qualcosa di troppo prezioso da proteggere.
Kazunari grida, e gli va quasi addosso.
 

***

 

Il vento soffia fresco e allegro, tra di loro, anche in quella zona abbastanza nascosta della scuola. Le belle giornate di primavera si sono fatte piene, andando sempre più velocemente verso la stagione soleggiata delle più lunghe ore di sole: l'estate che bussa alla porta, con molle carezza.
Tetsuya è seduto sopra il gradino di una scalinata di pietra, che poco più in là apre a una piccola piazzetta circolare che si riduce, per lieve dislivello, a una fontana centrale, dall'acqua limpida e profumata di buono. I cespugli bassi ora hanno foglie dal color verde corposo, pieno di linfa utile e di energia essenziale; nascondono fringuelli allegri, che zampettano su un terremo marrone e morbido.
Il ragazzo addenta volentieri un tramezzino ripieno di tonno, per poi masticare lento. Ha lo sguardo perso, e un bicchierone di frullato di banana accanto al proprio bacino, appoggiato a terra. Muove le punte dei piedi di tanto in tanto, con disinvolta spensieratezza.
Ha proprio un'espressione tranquilla, in questo momento.
-Kuroko.
Lo chiama senza aspettarsi di ricevere una risposta così repentina, tanto che rimane qualche secondo zitto e fermo a fissarlo mentre ancora lui mastica.
Per salvarlo dal proprio stesso imbarazzo, il ragazzo è costretto a chiamarlo per nome.
-Sì, Kagami- kun?
Taiga si alza dal muretto su cui è seduto, per sgranchirsi i muscoli delle gambe: è già stato seduto tutta la mattina in un banco stretto, se anche in quel breve tempo di pausa rimane in quella posizione finirà con il ritrovarsi i piedi in cancrena, e la prospettiva non lo esalta.
Il fatto che non ci sia Himuro, lì con loro, lo aiuta abbastanza. Ultimamente lo ha trovato strano, sempre pronto a rientrare nel proprio appartamento con una scusa o con l'altra, quasi che la sua compagnia non gli risulti poi così gradita, o quantomeno non gradita quanto quella di un'altra persona. Ed è brutto pensare questo del proprio migliore amico, anche solo per sbaglio.
E poi, così, può godersi la compagnia di Kuroko senza che nessuno intervenga tra di loro, e per quello che deve chiedere di sicuro è un grande vantaggio.
Cammina all'ombra di un grande albero, che lo protegge dai raggi spietati del sole con le sue fronde generose..
-Se dovessi scegliere un desiderio per cui batterti, quale sarebbe?
Kuroko lo guarda stranito, decisamente sorpreso. Appoggia le proprie mani con il tramezzino azzannato per metà sulle cosce, perché sa che quello è un discorso che non potrò interrompere con tanta facilità – e non lo vuole affatto, in realtà.
-Non saprei dirti, così all'improvviso. È molto difficile.
-Non ci sono cose che desideri?
-Certo che ci sono, è ovvio.
Abbassa lo sguardo, per non venir distratto dai suoi occhi indagatori. Kagami sa essere molto indiscreto, alle volte, anche se non se ne rende pienamente conto, e lui ha bisogno più che mai di soppesare le proprie parole.
-Forse non concepisco l'idea della lotta violenta.
-Mi sembra un po' paradossale, detto da te.
-Dici?
Taiga si rifiuta di rispondere, per semplice cortesia. Gli pare che, ribadendo l'ovvio, si offra soltanto l'ennesima possibilità al dolore, e non è ancora pronto ad affrontare quel tema con Kuroko.
D'altronde, ha molta paura di sapere diverse cose sul suo conto. Prima tra tutte la differenza tra realtà e illusione quando si parla delle sfide nell'arena dei duelli, o come mai Tetsuya sia la federa, più o meno letterale, della Spada di Dios. Non vuole assegnargli alcuna responsabilità preventiva, e sempre si è fidato delle parole di lui come del proprio istinto.
Pretendere risposte prima del tempo, però, è sgarbo, e lui sa di non saper scegliere con attenzione.
-Invece, qual'è il tuo desiderio?
È contento di cambiare discorso, anche se questo lo rabbuia più di prima. Calcia il vuoto, pretendendo di aver trovato un sasso, e si allontana dall'altro per un passo e basta.
-Sto cercando una persona.
-Una persona?
-Io sono orfano. Mia madre morì quando ero davvero piccolo.
Kuroko non lo interrompe, così come niente del mondo circostante.
Il vento, i fringuelli, qualsiasi elemento non testimonia la propria presenza in alcun modo, così da non disturbare quell'avvelenamento del reale con l'ennesimo pesante ricordo.
L'illusione si fa concreta e tangibile, non resta sospesa ma permea in tutto ciò che tocca. E basta che Taiga pronunci qualche parola perché l'incantesimo si compia anche in quel luogo.
-Questa persona mi ha aiutato a ritrovare me stesso, e non l'ho mai ringraziata come dovevo.
-Il tuo principe, forse?
Lo guarda male, senza capire – l'altro alza le mani per mostrarsi innocente, con quella faccia da schiaffi che sempre si ritrova.
-Parli nel sonno.
L'imbarazzo gli impedisce qualsiasi altro commento, e si ritrova a fissare il suolo e le proprie scarpe con insistenza, così da non poter mirare il sorriso dolce di lui.
-È molto romantico da parte tua chiamarlo così, Kagami- kun. Mi sorprendi piacevolmente.
-Oh, stai zitto!
Lo lascia sbollire come vuole, senza interromperlo. La timidezza ha colori ben precisi, non si lascia violare da qualcosa, ed è davvero bella soltanto quando è sinceramente pura. Kuroko si vuole riempire il cuore di quell'immagine, perché è egoista e ha sentimenti fin troppo umani.
Ne vuole ancora, quindi, e anche se non può ottenere tutto, gli basta che gli vengano rivolte poche e precise parole.
-Perché sei venuto qui? Pensi di trovarlo?
Kagami ha un attimo di incertezza, perché a quel punto la svolta tra loro due è davvero definitiva.
Si toglie qualcosa dal collo, e quando gli è vicino abbastanza fa ciondolare dalla mano una catenina di metallo, dove è infilato il suo anello.
-In quell'occasione, lui mi ha fatto dono di un anello.
Tetsuya lo guarda in viso, prima di mirare l'anello che gli sta offrendo.
-Ha lo stemma della scuola.
-Esatto. Ho pensato che potesse essere un inizio.
-Quindi, il tuo desiderio è di trovare questo ragazzo?
-E dimostrargli la dovuta riconoscenza.
-Lo dici come se ne fossi innamorato, Kagami- kun.
-Non dire fesserie.
Il tono è appena sgarbato, serve a nascondere qualcosa di molto più profondo nel mezzo, come una storia complessa e fatta di dolore.
In una chiesa in stile cattolico, degna di una famiglia dalla forte sensibilità occidentale, Taiga ha perso ogni sensibilità che lo legava al creato attorno a lui. Non era servita neve o pioggia, neanche un temporale o una folla particolarmente molesta – soltanto una bara, e il silenzio degli adulti, incapaci di raccogliere le lacrime amare di un bambino solo.
In quel frangente, il gesto felice di un fanciullo è stato molto, per il suo cuore, e questo non lo può in alcun modo dimenticare.
Kuroko ora gli sorride, un poco commosso dalla nobiltà del suo animo.
-Non ci sarebbe nulla di male.
Lui borbotta, conservando per sé altri dettagli di quella scena da sogno. Era piccolo e non ricorda bene, neanche il volto di lui, ma rimembra con precisione un particolare: il profumo delle rose.
-Come potrei amare un sconosciuto? O un ricordo?
-Ma lo stai inseguendo.
Non risponde più, completamente vinto. Gli da la schiena, con piena stizza.
Si perde l'ultimo dei suoi sorrisi, però, che viene ad arricciare le labbra sottili e rosate dell'altro ragazzo proprio quando la brezza torna a respirare attorno a loro.
-Ti auguro di trovarlo al più presto, Kagami- kun.

 

   
 
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