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Autore: sinful_theatre    17/04/2015    0 recensioni
La storia dell'Elfo del sangue Kriystal è tratta dal videogioco mondiale World of Warcraft. Anticipo il 'tratta da' in quanto per renderla romanzesca è stato neccessario modificare alcuni particolari,a partire dalle ambientazioni ai nomi di tecniche e luoghi. Ho cercato comunque di mantenere il più possibile l'immagine e la magia del mondo di Azeroth per trasmetterla a chi World of Warcraft già lo conosce e a chi invece non ne ha mai avuto a che fare.
Kriystal è un'elfo del sangue femmina che insegue il sogno di divenire una paladina,cosa non ammessa dalle fitte leggi della sua terra natale. Si troverà così nel mezzo di una sorprendente avventura fuori programma che l'avvicinerà passo dopo passo al suo obiettivo,nel bene e nel male.
Sarò lento a postare i capitoli,chiedo perdono in anticipo e spero vi piaccia come mio debutto in ambito fantasy e Fanfiction.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XXVI

Alla ricerca delle rune

 



Kriystal aveva perso il conto dei nemici abbattuti. Ovunque si girasse vedeva orchi e Troll immersi in violenti scontri con gli umani, i quali finalmente sembravano diminuire di numero.

Vonch e Soran non sembravano avere ancora preso fiato e uno a uno i loro avversari cadevano al suolo senza vita. Raggi di luce di diversi bagliori sfrecciavano a mezz’aria in tutto il campo di battaglia e se anche gli uomini possedevano nelle loro fila qualche incantatore, nessuno sembrava comunque essere all’altezza dei Warlock.

Quando combatteva Robil era invece difficile seguire le sue mosse. L'elfo si muoveva velocemente e furtivamente, scivolando da uno scontro all’alto passando a fil di lama i nemici prima ancora che si accorgessero di Lui. L’arte dell’assassino era completamente estranea a Kriystal, la quale prediligeva un conflitto frontale, conoscere a fondo l’espressione minacciosa del nemico un istante prima dell'incrocio delle due lame e ricordarne lo sguardo vuoto una volta sconfitto.

Erano giunti tardi per impedire l’attacco a Grom gol, ma non per affiancare gli abitanti nel difendere le ultime mura rimaste in piedi. Se solo di fronte al varco d’ingresso si era creato tutto quel trambusto, non osava immaginare l’inferno all’interno del villaggio.

“Kriystal!” Robil la chiamò a distanza. Kriystal lo cercò con lo sguardo e finalmente lo vide mentre si liberava di un nemico che si era illuso di coglierlo alle spalle. Poi l’assassino alzò il braccio sinistro, per indicare qualcosa in direzione dell’accampamento. Anche attraverso la nebbia di fumo Kriystal delineò le quattro figure a cavallo che si facevano strada in mezzo alla battaglia, ignorando i compagni caduti e tirando dritto lungo la via principale.“Sono loro!?” domandò Robil.

Per esserne del tutto certa Kriystal ebbe bisogno di qualche istante. Si era fermata nel bel mezzo dello scontro, abbastanza scoperta da poter essere presa di soprassalto da qualunque nemico, ma doveva concentrarsi il più possibile per tentare di riconoscere quello sguardo. Poi, quando la piccola cavalleria le passò a pochissimi metri di distanza non ebbe più dubbi. Flaghart, l’uomo con la cicatrice sul labbro, guidava il gruppo in sella ad un cavallo biancastro. Voltandosi verso Robil gli fece il segnale: era l'uomo che cercavano.

“Coraggio!” Robil si liberò di altri due umani, stampò un calcio sul petto ad un terzo e poi attirò l’attenzione di Vonch e Soran con un fischio acuto. I due Warlock notarono la cavalleria prendere il largo e percepirono istantaneamente le intenzioni dell’assassino. Quando Kriystal vide i tre compagni evocare rapidamente le cavalcature e darsi all’inseguimento del gruppo di Flaghart, fece lo stesso e tutti assieme abbandonarono la battaglia. L'oggetto della loro missione se ne stava andando a cavallo, gli abitanti di Grom gol se la sarebbero cavati benissimo da soli contro i pochi essere umani rimasti. Se la runa era realmente in mano a Flaghart, non potevano lasciarselo scappare.

Cavalcare a tutta velocità per i sentieri immersi nella giungla si rivelò più disorientante del previsto e per non perdersi Kriystal si limitò a restare alle calcagna dei propri compagni. Silbar era certamente più lento degli equini su cui Robil, Soran e Vonch erano in sella, ma dimostrò di sapere il fatto suo e restò al passo con loro.

Improvvisamente il destriero di Robil scoppiò in una nuvola di mana, colpito da una freccia comparsa dal nulla. Gli uomini di Flaghart sapevano che qualcuno avrebbe provato a seguirli e per garantirsi un vantaggio dovevano avere organizzato un’imboscata. Robil riuscì a non rovinare al suolo, atterrando agilmente sui piedi. Senza nemmeno voltarsi aveva già estratto la sua balestra:“Ascoltatemi, non possiamo permetterci di perdere altro tempo. Qui ci penserò io. Precedetemi, state attaccati a quell’umano e riportate indietro la runa! andate!” se l’assassino si aspettava che i compagni avrebbero obbedito senza problemi, era troppo abituato a collaborare con altri professionisti del calibro di Thehorde.

“Avrai bisogno di noi!” esclamò Soran.

“Non possiamo lasciarti solo” gli fece eco Kriystal.

Robil si mostrò decisamente contrariato. Senza nemmeno prendere la mira, puntò la balestra in alto e scoccò la freccia verso la spiovente chioma di un albero. Il soldato in armatura bianca che precipitò sul terriccio fangoso non emise nemmeno un grido.

“Bene, può cavarsela da solo” decretò Vonch.“Coraggio, statemi dietro!”

 

Ancora prima che Kriystal, Vonch e Soran sparissero nella giungla all’inseguimento della runa, l’assassino Robil si era trovato coinvolto in uno scontro iniquo contro cinque uomini dei sei che avevano teso loro un’imboscata. Mediante mirabili acrobazie, il primo non aveva nemmeno avuto il tempo di alzare la spada contro il nemico prima di ritrovarsi un arcata sanguinate nel basso ventre. Robil aveva agilmente estratto le sue due fidate lame a mezza luna, con le quali aveva cominciato un gioco dal quale i suoi opponenti non sarebbero mai usciti vivi. Un altro cadeva morto ai suoi piedi, quando i restanti due si fermarono un istante con un’espressione scioccata sul volto.

“Portali qui, ora!” un uomo dai folti baffi grigi e pochi capelli in testa si era rivolto ad uno più giovane, il quale non sembrava convintissimo dell’ordine appena ricevuto, ma poi girò i tacchi e sparì nella selvatica vegetazione.

“Chiamate i rinforzi?” incalzò Robil:“non vi troveranno in buono stato!” Il vecchio umano dai baffi grigi sembrava convinto di sapere dove si trovasse il nemico, ma improvvisamente se lo trovò alle spalle. La curva lama lacerò la carne e l’uomo urlò:“Risparmiami, ti prego! Risparmiami!” Robil non esitò. Un assassino non esita mai. La lama salì vertiginosamente, aprendo in due la schiena del nemico.

Adesso Robil era solo, nel lago di sangue da lui versato. Un fruscio nella siepe in cui era scomparso il giovane umano mandato a chiamare rinforzi lo costrinse a mantenere alta la guardia.

“Coraggio. So che sei lì dietro, ragazzo. Ti sento. Se ti sei nascosto invece di chiamare i rinforzi per salvare la pelle a te e ai tuoi compagni non ti fa certo onore, ma è comprensibile. Se salti fuori di lì ti prometto che si svolgerà tutto in un battito d'ali!” Un altro frusciò. I lunghi capelli biondi di Robil erano fradici di sudore, ma come se non fosse abbastanza una pioggia leggera ricominciò a picchiettare sordamente sull’ostile paesaggio. Se c’era una cosa che ostacolava una tecnica di combattimento rapida come la sua, era certamente il terreno scivoloso. “Ockai, adesso basta. Vengo a prenderti” e fece davvero per avventarsi contro il cespuglio, quando ne uscì qualcosa di totalmente inaspettato. Il cadavere del giovane uomo si riversò in una pozzanghera di fango. Robil lo studiò, ma scelse di non avvicinarsi troppo. Qualcuno sembrava avergli strappato la giugulare a morsi. Il terrore era stato immortalato sul liscio volto del soldato e l’orecchio sinistro gli era stato letteralmente staccato.

Una pantera della notte, pensò Robil, allontanandosi cautamente dal cadavere e dalle piante da cui era uscito. Un Troll selvaggio, forse. Ma poi versi che non avevano nulla a che vedere con specie indigene o pericolosi felini fecero accapponare la pelle anche a un duro come lui. Lamenti striscianti dalla fonte indefinita sembravano averlo circondato:“Quanti siete? Coraggio, fatevi avanti!”.

In tutta risposta, dalla penombra della fitta giungla uscì una creatura indossante un’armatura degli uomini del Nord, i panni spessi e due paia di corna affisse in cima all’elmo. Ma di umano non era rimasto nulla. Il volto che una volta doveva essere scarno e barbuto, ora era nel pieno della decomposizione. Brandelli di carne penzolavano ad ogni suo avanzare. Robil aveva già avuto a che fare con molti Non morti, ma ricordava bene la differenza tra i reietti di Sylvanas Windrunner e i soldati del Flagello. Quando il fu Arthas Meretheil, prima che cercasse riparo tra le braccia di Nerz’hul nei ghiacci dell’estremo Nord, aveva portato la morte fino a Silvermoon. Molti Sind’orei quel giorno persero molto più che la vita e Sylvanas ne sarà per sempre una personale testimone. Anche a Robil era stato ucciso qualcuno, quando quelle maledette fiamme azzurre presero il posto dei verdi occhi di sua sorella.

Ricadere improvvisamente in certi dolorosi ricordi lo aiutò ad agire. Con un movimento a girandola su sé stesso, le due lame andarono a tranciare di netto la testa del nemico, che cadde al suolo come un involucro vuoto.

“Odio ciò che dovrebbe essere morto!” urlò a spettatori nascosti e in attesa di farsi vedere.“CORAGGIO!”.

Poi le fiamme azzurre sembrarono accendersi da ogni direzione. Robil cercò di avere meno punti cechi possibili attorno a sé, ma non riusciva a tenere il conto dei Flagellati che, striscianti, ora avanzavano verso di lui. Dieci, venti, trenta …

“Siete troppi” Robil si mise in posizione, non sapendo più da che parte aspettarsi il primo attacco. Un assassino sa quando lo aspetta un destino infausto. In quell’istante, Robil capì che quel giorno le cose non sarebbero andate come dovevano andare. Ma anche quando è giunto ormai alla fine, quando sa che non rivedrà mai più la madre patria, c’è solo una cosa che un assassino sa fare bene.

 

“Gli siamo dietro?” domandò Kriystal, tenendo a fatica il passo dei suoi due compagni. Quella situazione, di un calibro nettamente diverso, le ricordava un’altra assurda situazione in cui si erano trovati lei, Soran e Vonch. Ma ad Undercity i fuggiaschi erano loro, e ricordava bene la sensazione di impotenza provata quello stesso giorno, quando non poterono fare nulla per salvare il villaggio distrutto e saccheggiato dagli uomini di Flaghart. Quel giorno, la sua vita si era incrociata con le vicende che avrebbero potuto portare ad una delle più grandi guerre a cui Azeroth era mai stata protagonista. Una guerra, nella quale il Re dei Lich avrebbe riversato su Kalimdor e sui Regni Orientali tutto il freddo del Nord. E la loro missione avrebbe potuto rappresentare un significativo risultato per l’impedimento di un tale conflitto. Questo Kriystal lo sapeva, come sapeva che prima che la pioggia smettesse di cadere sulle loro teste, Abram Flaghart doveva morire. E voleva essere lei ad assicurarselo.

“Riesco ancora a vederli!” rispose Vonch, sfrecciando lungo un sentiero che via via sembrava farsi sempre più stretto, invaso dall’incolta vegetazione selvaggia di Stranglethorn.“Sentite il terreno? È in salita. Stiamo salendo di quota. Sono diretti verso le montagne, forse una grotta utilizzata come covo segreto, o qualcosa di simile!”

“In tre abbiamo qualche possibilità di farcela?” domandò Soran, dietro di Lui.

“Per mille Ally!” rispose animosamente Vonch.“non abbiamo molta scelta, non trovi?”

“Non dovremmo aspettare Thehorde, Bithah e…” provò Soran.

“Vonch ha ragione, Soran” intervenne Kriystal, ultima della fila.“non abbiamo scelta. Potremmo trovarci dieci, cento o mille avversari, ma dobbiamo prendere quella runa! Se non andiamo noi ora da lei, un giorno verrà lei da noi, incastonata nello spadone di qualche Cavaliere della morte!”

La scelta di parole di Kriystal parve colpire particolarmente Soran, il quale sembrò tentare di costringersi a prendere atto della loro veridicità.

“Non credo che sappiano d’esser seguiti!” continuò Vonch.“non hanno mostrato alcun tentativo di seminarci. Sembrano andare dritto verso la loro meta!”.

“è una cosa positiva, giusto?” domandò Kryistal.

Vonch sembrò titubante:“Può essere una cosa positiva, sì. Forse credono di averci fermato in quell’imboscata. Oppure, sono tranquilli perché sanno che ad attenderci ci saranno un centinaio di spade sguainate puntate verso di noi!”

“In entrambi i casi, ritengo sia la cosa migliore continuare a mantenere costantemente questa distanza. Se c’è anche solo la minima possibilità di averli inseguiti passando inosservato, dovremmo sfruttare questo vantaggio a nostro favore!”.

“Finalmente siamo d’accordo su qualcosa, non è vero?” sorrise Vonch, strattonando le redini e facendo scattare in avanti la propria cavalcatura.

Silbar faceva visibilmente molta fatica a stare dietro ai due stalloni in fiamme. Tuttavia, dopo pochi minuti poté trovare il tempo di riposarsi, quando Vonch ordinò ai compagni di arrestare la corsa.

“Che succede?” fece Soran. Senza nemmeno accorgersene, sembrano essersi lasciati alle spalle la ricca vegetazione che sinora li aveva tenuti nascosti da occhi indiscreti. Ora si trovavano al centro di una gola rocciosa. Sopra le alte pareti qualsiasi arciere avrebbe potuto annientarli prima ancora che fossero riusciti a so federare le armi.

“Ecco la prova che nessuno si è accorto di noi”

“E cioè?” gli andò dietro Soran.

“Siamo ancora vivi” rispose Vonch.“se stessero attendendo il nostro arrivo, questo era il luogo ideale per scatenarci addosso una pioggia di dardi. Se ciò non è avvenuto, vuol dire che la prossima mossa è ancora in mano nostra”.

“E quale sarebbe la prossima mossa?” insistette Soran.“Più tempo restiamo fermi tra queste montagne rocciose di confine, più aumenta la possibilità di perdere le loro tracce! Stanno lasciando Stranglethorn, questo è evidente. Mi rifiuto di seguirli per tutti i Regni Orientali. Dobbiamo agire ora!

“Calma i bollori, giardiniere” rispose a tono Vonch, sicuro della propria posizione.“Non stanno oltrepassando il confine, non capisci?” il silenzio di Soran bastò.

“Hanno voltato a sinistra” rispose Kriystal, prima che Vonch continuasse. La battaglia di Altovento aveva incrementato il suo spirito di orientamento in ambienti ostili e rocciosi come le Thousand Needles. Ricordava benissimo il sentiero quasi invisibile che lei e Tanith avevano scoperto e che li avrebbe condotto nella tana di Magatha Grimtotem. Soran si era intestardito con il voler continuare a percorrere la via principale, attraverso la gola, sicuro che i nemici fossero diretti al di fuori del paese. Invece, Kriystal non si era lasciata sfuggire il piccolo sentiero in salita che si insinuava attraverso la parete sinistra.“sono andati da quella parte” indicò.

“Grazie!” esultò Vonch.“mi rassicura sapere di non essere l’unico cervello all’interno del trio! Coraggio, continuiamo a piedi. È evidente che siamo giunti al termine della corsa. Arrivare lassù in sella alle nostre cavalcature attirerebbe troppo l’attenzione”.

“Non fa una piega” ammise Soran, visibilmente infastidito. I tre ritirarono le proprie cavalcature e si incamminarono su per la stretta salita. Ben presto, il ripido sentiero bagnato dalla pioggia incessante curvò, portandosi l’alta parete rocciosa a sinistra e costeggiando un grande vuoto a destra.

“Quanti saranno?” domandò Kriystal, continuando a camminare il più possibile appiattita alla nuda superficie della montagna.“Venti, trenta metri?”

“Meglio non pensarci” tagliò corto Soran, seguendo Vonch lungo il sottile passo che gradualmente cominciava a tornare piano e praticabile. Arrivati a un certo punto raggiunsero un ponte in legno che attraversava il grande burrone. Tuttavia, Vonch consigliò di continuare per la salita, ignorando la via più semplice. Quando Soran obiettò, Vonch tirò fuori la sua natura fa figlio di un cacciatore, e mostrò ai compagni il motivo per il quale non era possibile che gli umani avessero attraversato il ponte:“La pioggia ha reso indefinita ogni forma di traccia, certamente. Tuttavia il terreno fangoso che stiamo percorrendo presenta segni riconducibili a passi parecchi pesanti, come quelli di un cavallo. Inoltre, c’è così tanto fango che chiunque avesse messo piede sulle travi di questo ponte avrebbe lasciato almeno un grumo di terriccio. Invece niente, nemmeno una macchia. Ascoltate me, continuiamo per di qua”.

Kriystal fu la prima a seguirlo, mentre Soran sembrava sempre più a disagio in previsione di ciò che li aspettava.

“Fermi qui!” ordinò Vonch dopo solo pochi passi, cercando di mantenere un tono non troppo alto.“siamo arrivati al termine del pendio”.

Dietro l’ultima curva, cominciavano a udirsi alcune voci. Ci furono delle risate. Tre, forse quattro nemici dialogavano tra loro inconsapevoli della presenza dei Sind’orei.

Kriystal si sporse con attenzione dietro un’ampia roccia, intenta a studiare il possibile campo di battaglia. Due uomini di spalle, coperti da lunghe cappe grigie parlavano con uno molto più basso di loro, dai capelli rossi come la lunga barba. “Due umani e un nano” comunicò i dettagli Kriystal.“Tre tende e un fuoco spento dalla pioggia. Si tratta di un accampamento, ma dov'è Flaghart e…?

Si interruppe bruscamente quando un assordante e acuto grido la costrinse a ritirarsi dietro al suo nascondiglio.

“Che cosa diamine è stato?!” domandò Soran, già armato di staffa.

“Non ne ho la più pallida idea” rispose quatta Kriystal.

“Non è un accampamento” si incupì improvvisamente Vonch.“è una stazione di volo”.

A confermare la teoria del Warlock biondo, un secondo verso arrivò sopra le loro teste. Inizialmente Kriystal pensò che, di qualunque cosa si trattasse, stesse scendendo in picchiata su di loro. Poi la creatura si manifestò chiaramente: un’aquila di considerevoli dimensioni e dalle grandi ali, atterrò proprio al centro dell’accampamento nemico. Kriystal si sporse nuovamente per capire che cosa stesse succedendo. Il corpo del volatile era rivestito di un bellissimo manto di piume marroni, e la testa bianca si muoveva a scatti in attesa di comandi. Il nano si avvicinò fiero, legò una corda al collare del pennuto e imboccò il giallo becco con cibo raccolto da un tegame prima riposto accanto alla legna bruciata. “Vecchia mia, puntuale come sempre! Tieni. Ormai è fredda, ma non penso che ti negheresti un bel boccone. Ah ah ah!”

Kriystal continuava a non capire. “Fai dare un’occhiata a me” disse Vonch, prendendo il suo posto.“l’aquila è la cavalcatura volante tipica dell’Alleanza. Ma la mancanza degli stendardi di Stormwind mi fa pensare che siamo sulla strada giusta: sono certamente mercenari. Adesso bisogna capire dove sia finito il gruppo che abbiamo inseguito sin qui”

“Ve lo dicevo che avranno tirato dritto per la via principale” fece Soran.

“Forse” rispose Vonch.“Ma qualcosa mi suggerisce che è qui la loro destinazione. Qualsiasi cosa ci sia sotto una cosa è certa, questo è il luogo di incontro da cui la runa prenderà il volo”.

“Hei Tork’an, non ingozzarla troppo. Ha un lungo viaggio da affrontare!” uno dei due umani rimproverò il nano.

“Non dirmi quello che devo fare, spilungone. Vuoi che rimanga a digiuno? Così creperà di freddo e di fame prima di arrivare a Northrend!”

“Voi due, basta così!” il secondo umano zittì i compagni.“Che cos’ha la bestiaccia, si può sapere?”

“Sergente. A me sembra che si comporti in modo inquietante come qualsiasi volatile”

“No invece!” anche il nano si era accorto dello strano atteggiamento dell’animale. Quando l’aquila roteò di scatto i neri occhi tondi in direzione del masso dietro al quale si nascondevano lei, Soran e Vonch, Kriystal decise di trattenere il respiro, come se ciò bastasse a passare inosservati.

“Ve lo dico io che cos’ha la mia vecchia compagna di avventure!” continuò il nano, estraendo una singolare staffa in ferro poco più lunga della sue braccia.“ha percepito qualcosa, laggiù”.

“Qualcosa…o qualcuno?” il sergente tirò fuori dal fodero la propria spada, facendo un passo in direzione dei Sind’orei.

Non muovetevi” sussurrò Vonch.“non finché non lo dico io”.

Se quei pochi istanti sembrarono durare una vita, i seguenti si svolsero nel lasso di pochissimi secondi.

Adesso basta perdere tempo!” si oppose Soran, alzandosi in piedi.

Così ti vedranno, razza di ingenuo!” lo rimproverò Vonch.

“Torna qui, Soran!” Kriystal lo tirò per un braccio. Ma il giovane elfo del sangue aveva già alzato la staffa, e con un solo passo uscì allo scoperto.“PER L’ORDA!” urlò.

Immediatamente Vonch corse a dargli man forte con Kriystal al seguito.

Il sergente fu il primo a rispondere all’attacco. Si lanciò su Soran, il quale lo respinse con un solo movimento di staffa. Imprecando, l’umano fu scaraventato addosso ad una delle tende, mandandola in pezzi. Kriystal entrò in conflitto con il secondo umano in armatura. Vonch si diresse verso il nano, ma il nemico sembrava puntare la sua estranea arma in un’altra direzione.

Un rumore sordo rimbalzò tra le nude rocce circostanti e riecheggiò nella profonda gola sottostante. Vonch e Kriystal capirono quel che era successo solo quando videro il corpo di Soran balzare all’indietro e rotolarsi sul suolo terroso.

“SORAN!” urlò Kriystal. La distrazione dell’elfa parve giovare all’umano, il quale non ci pensò due volte a tentare di colpirla alle spalle. Pochi istanti prima che la lama calasse sull’elfa, Vonch aveva lanciato il suo incantesimo che schiantò l’uomo contro la parete rocciosa.

“Come sta?” domandò Vonch, recatosi al capezzale di Soran. Una rossa macchia si allargava sul farsetto dell’armatura a pochi centimetri dal cuore.

“Non…non era un incantesimo… che cosa diavolo è successo…” provò a parlare Soran, senza riuscire a mascherare il dolore.

“Non sforzarti. Adesso provo a guarirti!” lo zittì Kriystal, fingendo coraggio e ignorando il terrore che l’aveva pervasa.

“Un’arma da fuoco” rifletté a voce alta Vonch.“tecnologia nanica…”

“Coraggio vecchia mia, divertiamoci!” esclamò alle loro spalle il nano, con tono che sfiorava il sadismo. Il Warlock biondo e Kriystal si voltarono simultaneamente. L’ombra delle enormi ali dell’aquila coprì la luce del sole sopra di loro, quando l’animale si librò in aria pronto a fiondarsi in picchiata.

“Dobbiamo ritirarci, ora!” esclamò Vonch. Scansando Kriystal con forza tentò di alzare in piedi Soran.“te la senti di correre?”

“Ho scelta?” tentò di essere ironico Soran.

“Coraggio allora!” i tre discesero il pendio di corsa e senza guardarsi indietro. Se mano a mano che tornavano sui loro passi la minaccia del volatile sembrava farsi sempre più lontana, un rumore di zoccoli di cavallo sembrò stargli alle calcagna. Kriystal volse un rapido sguardo dietro di sé quel tanto che bastò per riconoscere il sergente che Soran aveva colpito con i suoi incantesimi. Un rivolo di sangue partiva dall’alta fronte e finiva sui folti baffi rossicci dell’uomo, il quale cavalcava furiosamente il proprio destriero deciso a raggiungerli.

“Estraiamo le cavalcature!” urlò Kriystal.

“Non ce ne sarebbe il tempo!” fu costretto a fare i conti con la realtà Vonch.“adesso ho bisogno che voi continuiate a correre!”

“Cosa intendi dire!?” domandò Soran, visibilmente affaticato.

“Per una volta in vita vostra, pivelli: obbedite!” detto questo Vonch arrestò il passo e impugnò con forza la staffa. Kriystal fece automaticamente per fermarsi e aiutare l’amico. Non avrebbe permesso nessun’altro sacrificio. Ma Soran l’afferrò forte per il braccio e le impedì di interrompere la corsa.

“Non possiamo abbandonarlo!”

“Non lo stiamo abbandonando. Lui ha scelto di darci un vantaggio. Fermarci ora vorrebbe dire mettere a repentaglio la sua strategia. Abbiamo una missione da portare a termine, ricordi?”

Kriystal si promise di smettere di correre, ma non poteva farlo. Soran aveva ragione.

 

Fino all’ultimo istante Vonch non sapeva se ciò che aveva fatto era l’atto più eroico della sua vita o l’ultima follia di una serie innumerevole di follie. Quando lo spirito da combattimento scaturì dalla punta della sua staffa e disarcionò l’umano da cavallo capì che, qualsiasi cosa stesse facendo, non aveva intenzione di morire contro un mercenario con un così orribile paio di baffi.

“Maledetti demoni dalle orecchie a punta!” imprecò l’uomo alzandosi dalla polvere.“per te è finita!”

Quando vide il nemico avventarsi su di sé, Vonch interpellò la spada corta per parare i colpi. Il cozzare delle lame riempiva l’area circostante. Parata dopo parata, i due si spostarono di qualche metro in direzione della giungla. Da bravo figlio di cacciatore, Vonch sapeva che la vegetazione fitta sarebbe potuta essere un campo di battaglia piacevolmente mutevole. Con un movimento di staffa ordinò allo spirito da combattimento di intrattenere il nemico quel tanto che bastava per ripararsi nella giungla e pensare a un modo per portare lo scontro a proprio favore. Pregò gli Antichi di non trovare Kriystal e Soran nascosti dietro a un cespuglio in attesa del suo arrivo. La sua speranza era che i due se la fossero data a gambe come gli aveva ordinato.

D’altronde sapeva benissimo che il proprio era tutt’altro che altruismo. Dividersi da Kriystal e Soran a quel punto aveva un doppio fine. Nel migliore dei casi avrebbe ucciso l’umano e si sarebbe dedicato alla ricerca del drago. Nessuno si sarebbe sorpreso del suo egoismo. Azeroth lo vedeva come un ladruncolo da quattro soldi, perché si sarebbe dovuto comportare diversamente? Deludere le aspettative non era in suo stile.

Quando in lontananza udì il pestare degli stivali seppe di avere il nemico alle calcagna e di dover agire prontamente. Senza guardarsi indietro si inoltrò nell’ostile oscurità della giungla. Attraversare un luogo simile fuori dal sentiero principale era già di per sé un pericolo qualsiasi avventuriero. 

Con la lama della spada corta tagliò qua e là i ramoscelli che trovava lungo il cammino, assicurandosi di lasciare ben visibili delle tracce che anche un bifolco avrebbe saputo seguire. Erano passati decenni da quando Lorbton gli aveva insegnato a dar la caccia ai cinghiali. La differenza tra un umano e un suino non era così abissale.

 

Il sergente Bly si passò una mano guantata sui folti bassi per asciugarsi il sangue che sembrava non volerne sapere di smettere di colare dal naso. Quel dannato elfo del sangue gliel’aveva quasi fatta, utilizzando come diversivo quel mistico mostriciattolo muscoloso ne aveva approfittato per riparare nella giungla.

Ma c’era una cosa che l’orecchie a punta ignorava: prima di lavorare per Flaghart e raccogliere pietre arcane per il Re del nord, Stormwind era stato il suo campo d’addestramento militare. In gioventù il sergente bly aveva combattuto al fianco di quelli che sarebbero stati gli eroi dell’Alleanza per quel traffico mercantile illecito a quest’ora anch’Egli avrebbe avuto una qualche medaglia spillata al giustacuore dorato. Invece, sporco di fango e sangue secco ora vagava per la giungla dello Stranglethorn Vale alla ricerca di un elfo del sangue che avrebbe potuto mandare tutto all’aria da un momento all’altro. Niente rune, niente soldi. O peggio… il solo pensiero rivolto a tutti quei non morti guidati dal re del Nord gli provocava una sensazione nauseabonda. Non sarebbe divenuto uno di loro. Né quel giorno, né mai. Doveva trovare e uccidere quei maledetti demoni prima che le rune di cui Flaghart era ancora in possesso finissero nelle mani sbagliate.

Ignorando il vago sentore di essere osservato da chissà quale creatura nascosta tra l’oscurità dei numerosi fusti di piante, Bly trovò finalmente il segno che cercava. Rami tranciati di netto erano sparsi sul terreno fangoso e andavano formando un preciso percorso che il Sind’orei essersi ingenuamente aperto a colpi di spada. “Dilettante” si pronunciò a voce alta. Continuò di qualche passo finché giunse ad una pietra dalla superficie piatta, semi incastonata nel terreno come una lapide di marmo. La pioggia che incessante continuava a cadere aveva cancellato in parte quelle che sembravano essere parole dipinte con del fango sulla pietra, ma Bly provò comunque a leggere quel che c’era scritto:“Per…mille…Ally? Cosa diamine significa!? Immagino si tratti di qualche rito assurdo di quei maledetti Troll della giungla…”.

“Non si tratta di Troll della giungla!” non appena udì la voce, Bly alzò lo sguardo alle fronde degli alberi sopra la sua testa. Ci mise troppo per capire dove si trovasse Vonch, il quale, in cima ad un albero, si lanciò aggrappato a una liana urlando.“ma grazie per averlo notato!”.

Il sergente Bly impugnava la spada, ma lo slancio di Vonch era stato troppo rapido e il calcio che lo colpì in pieno petto, sulla corazza di piastre, lo respinse all'indietro. L’astuzia di un figlio di cacciatore si rivelò prima che Bly potesse trovare un appiglio per non cadere goffamente nel terreno paludoso. Il dirupo che dava sul Grande mare era stato finora invisibile, poiché coperto da un muro di vegetazione selvatica troppo fitto da potervi scrutare oltre. Con l’unica mano libera Bly provò ad arrancarsi alla pietra sul quale il Sind’orei aveva scritto quella estranea espressione, ma il ramo si staccò e il sergente precipitò nel vuoto. Con la schiena colpì rovinosamente contro una sporgenza della scogliera e rimbalzò a peso morto sulla spiaggia. Quando gran parte dell'impatto con il suolo fu attutito, il sergente Bly fu grato alla sabbia nella quale ora affondava il volto. Doveva essersela cavata rompendosi solo una costola o due, ma quel Sind'orei gliel'aveva fatta e ora, dalla cima della scogliera, si assicurava che la propria trappola avesse avuto successo.

“Niente di personale!” gli urlò Vonch dall'alto.

“Vieni quaggiù, sporco ammasso di lerciume!” replicò furioso il sergente Bly, tenendosi un taglio sulla fronte dalla quale sgorgava copiosamente un rivolo di sangue. “Vieni qui se ne hai il coraggio!”. Ma Vonch era già scomparso, e ora Bly si trovava da solo, con il Grande mare alle spalle e un altissima parete rocciosa di fronte a sé.

Poi, un verso molto simile a un rigurgito attirò la sua attenzione. Esso parve provenire proprio dall'acqua, ma Bly dovette strizzare gli occhi più volte per riconoscere le creature che incurvate e lente avanzavano verso di lui.

Mmmrrrggglll! Sbiascicò con un suono gutturale la figura dominante sulla decina di figure che ora accerchiavano il soldato, il quale era ancora inginocchiato nella sabbia e pareva immobilizzato.

“N-non può essere...” disse Bly, terrorizzato. Provò a mettersi in piedi, ma i danni causati dalla caduta si fecero vivi e le gambe gli cedettero.

Mmuuurgglll! schiamazzò la creatura, fermandosi a pochissimi passi dall'uomo. Di fronte a quegli esseri anfibi con grandi occhi a palla da pesce, mani e piedi palmati e squame di diversi colori, Bly non ebbe più dubbi. Provò ancora una volta ad alzarsi, gridando:“Io odio...!” inciampò. “io odio i Murloc!”.

Prima ancora che potesse strisciare nella sabbia il più lontano possibile, le lance piovvero a pochi centimetri dal suo viso, e in un coro di Glrglglrglr e Murgurgulgla i Murloc gli si chiusero addosso.

 

 

Vonch sapeva con precisione il cammino da percorrere. La cartina donatagli da Hamuul Runetotem era ben dettagliata e chiarissimi punti di riferimento corrispondevano alla perfezione a i luoghi della selvaggia giungla di Stranglethorn. Era stato anche troppo semplice sbarazzarsi dell'umano, ma ancora molti mercenari pullulavano li attorno. Certo non tutti sapevano di lui e del baccano scatenato alla stazione di volo, ma il nano col suo volatile era sicuramente sulle loro tracce.

Prestando attenzione a non cadere in trappola, che fosse dei mercenari o delle popolazioni indigene del luogo, Vonch trovò quel che cercava. Quel che in un'antica era doveva essere un alto basilisco, ora era poco più che un piedistallo in rovina, molto comodo per chi volesse sedercisi sopra. Vonch sapeva perfettamente che si trattava molto più che di un semplice sasso. Quello era il punto esatto che sulla cartina dello sciamano indicava l'inizio della radura del drago.

“Siamo prossimi alla fine” disse tra sé il Warlock, scendendo un rapido pendio che lo portò ad una vasta vallata, una verde oasi nascosta nel cuore della giungla. Affondò fino alle ginocchia nel morbido manto erboso e con cura studiò l'area circostante. L'assenza di uccelli prometteva bene. Se quel luogo era effettivamente presieduto da una temibile creatura come un drago, se pur ferito, tutte le altre specie migravano oltre.

Il silenzio nella vallata era quasi surreale. Vonch si era abituato ai minacciosi suoni della giungla e non gli pareva ancora vero che in un polmone di terra così paradisiaco potesse celarsi il suo peggior nemico. Ma l'atmosfera sospesa fu presto interrotta da uno stridulo grido che squarciò il silenzio. L'aquila gigante planò in tutta velocità verso la pianura in cui si trovava il warlock, il quale dovette gettarsi tra i fili d'erba per scappare ai taglienti artigli dell'uccello.

“Sarò sincero, amico. Vi ho visto in molti modi sai? Ma mai avrei creduto che voi orecchie-a-punta poteste essere così stupidi!” la voce del nano arrivò alle sue spalle dai confini della giungla. “Hai ettari ed ettari di intricate boscaglie in cui nasconderti e tu ti ripari in una radura a cielo aperto? Lasciatelo dire, amico, questo è essere dilettanti!” Dicendolo si sfilò dalla spalla l'arma da fuoco con cui aveva atterrato Soran. L'aquila volteggiava ancora sopra le loro teste, attendendo un ordine dal suo padrone.

“Chiamami ancora una volta amico” lo avvertì Vonch, puntandogli contro la staffa.”E sarà l'ultima parola che formulerai”.

Il nano sogghignò, eccitato per la sfida appena lanciata. Fece un passo avanti verso il centro della radura, ma il piede colpì qualcosa che inizialmente sembrava essere un cumulo di grosse pietre tonde, avvolte da un cuscino di foglie e rami secchi. “Ma che?”

Vonch sgranò gli occhi, cercando di capire a distanza di che cosa si trattasse:“Sono... uova?”

“Uova?” schernì il nano, sferrando un forte calcio ad una di esse, facendola rotolare lontano. “Non è il momento di parlare di uova!”

Ma Vonch non reagì. La scoperta delle uova lo aveva lasciato letteralmente di stucco:“Questo vuol dire che il drago non è ferito, e non è nemmeno venuto qui per nascondersi da qualche nemico...”

“Che cosa vai blaterando!?” urlò il nano, puntando l'arma e prendendo per bene la mira.

“Era gravido. Ecco perché ha cercato un rifugio...” concluse Vonch, più deluso che sorpreso.

Improvvisamente, un bianco raggio di luce partì verticalmente da un punto non lontano da loro e attraversò il cielo, come un fulmine in pieno giorno. Sia Vonch che il nano capirono di che cosa si trattasse solo quando, una volta che il fascio luminoso si estinse, un corpo nero come il carbone precipitò nel tratto di pianura che li divideva, seguito da una scia di fumo scuro.

Il nano abbassò l'arma da fuoco e gradualmente sul suo volto si dipinse un'espressione di stupore e ira. Poi il gridò di dolore, e il nano prese a correre verso ciò che pochi attimi prima il fulmine aveva colpito in pieno. Per l'aquila non c'era ormai più nulla da fare. Il rapace era ridotto a un ammasso di piume carbonizzate e giaceva immobile, al centro dello spiazzo.

Ignorando i tristi lamenti del nemico, Vonch si guardò attorno, estraendo la spada con l'unica mano libera:“Lui è qui” sussurrò, con gli occhi fissi sulla giungla circostante.

Sei stato tu!” inveì il nano, abbandonando il compagno caduto e avanzando minaccioso verso il Warlock.“Quale dei tuoi amici ha fatto questo alla mia piccola?” Tu sai chi sono io, lurido orecchie-a-punta? Tor'kan, figlio di Tork'den! E quella che hai ucciso era Pirquinn, la più leale compagna di avventure che potesse esistere!”

“Allontanati dalle uova!” gli consigliò automaticamente Vonch.“Non siamo soli, non lo capisci? È un drago che ha ucciso la tua cavalcatura! Ed è qui, in questa radura. Ha reagito dopo che hai attentato alla vita di uno dei suoi cuccioli, devi allontanarti dalle uova!”

“Da queste?” domandò il nano, guardando le lisce pietre raccolte assieme.“Mi prendi in giro!?” ruggendo distolse la mira da Vonch e puntò la propria arma al nido. Con un suono tuonante, le uova andarono in mille pezzi.“Eccole le tue stramaledette uova!”

“Sei un folle!” sbraitò Vonch, incredulo.

“Io sarei un folle? È questo che accade quando...” ma poi un boato risuonò attorno a loro, alzando stormi di uccelli in lontananza a facendo vibrare il terreno. “Un altro dei tuoi trucchi, lurido Orecchie-a-punta!?”

“Nessun trucco...” rispose Vonch, concentrato su ciò che sarebbe sbucato fuori da un momento all'altro. “...Hai fatto arrabbiare qualcosa, uccidendo quei cuccioli. E quel qualcosa sta venendo a dire la sua!”

“Adesso basta!” Tor'kan rialzò nuovamente l'arma da fuoco, puntandola contro Vonch.“Dì addio, mangia demoni!”. Per un'istante Vonch credette che fosse finita. La creatura che saettò serpentinamente fuori dalla giungla fu talmente veloce che il nano non ebbe il tempo di premere il grilletto. La bianca corazza di squame di cui il drago era ricoperto brillava alla luce del sole come migliaia di scudi da guerra. I grandi occhi erano di un blu glaciale, il corpo lungo una quindicina di metri. La maestosa postura lo faceva apparire ancora più alto di quel che era e le ampie ali impennate preannunciavano l'attacco. Il nano gli sparò addosso con la sua arma da fuoco, la quale però non sembrò avere alcun effetto sulla creatura. Il drago inclinò il capo, pronto a rispondere.

Vonch non perse tempo e vi si fiondò contro, ma una codata lo schiantò contro una roccia ai bordi della radura. Nel balzo, il Warlock perse la spada che impugnava nel braccio che subì l'impatto. Ci mise qualche istante a tirarsi in piedi, visto il duro colpo. Sentì per primi gli imprechi di Tor'kan, il quale continuava ad armeggiare il proprio fucile invano, ma con un solo scatto della testa il drago afferrò tra le aguzze fauci il corpo del nano e dopo qualche strattone lo sputò a metri di distanza. Il corpo spezzato volò nell'erba non lontano da Vonch e adesso il drago sembrava aver portato l'attenzione proprio su di lui, il quale poteva contare solo sulla sua staffa e sul proprio spirito di sopravvivenza. Alle spalle una parete rocciosa, attorno una radura priva di nascondigli e di fronte il nemico che aveva tanto cercato. La cosa che aveva ucciso suo padre si prostrava d'innanzi a lui, in tutta la sua antica bellezza.

Poi accadde qualcosa. Un particolare negli occhi del drago destò Vonch dal suo stato. Ora che poteva osservare con estrema cura la grande creatura alata, ora che era troppo tardi, si accorse dell'errore che gli sarebbe costato la vita:“Per mille Ally...” si rimproverò.“...non sei tu”.

Il drago gli si avventò contro. La sua velocità era impressionante e nello stesso momento in cui il Warlock alzò la staffa, le fauci si spalancarono su di lui.

  
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