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Autore: Aryuna    25/12/2008    9 recensioni
[vincitrice del contest di Natale indetto da Roro, Kade e Celina e primio per lo Stile]
Kagome è indaffarata nei regali di Natale, ma è completamente al verde! Mentre cerca disperatamente di raccimolare denaro per fare un regalo a Sango, fa una serie di sfortunati - o fortunati? - incontri, che la porteranno a festeggiare una vigilia decisamente fuori dal comune!
Aryuna
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Koga, Miroku, Sango
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Christmas Café





 

 

Città illuminata da luci.

Festoni ovunque.

Vetrine illuminate con bambini che indicano questo e quello, urlando la tipica frase: ‘Guarda mamma! Voglio quello per Natale!’.

Già, Natale. Un nome, un periodo dell’anno. E, soprattutto, tanti, tantissimi regali.

Troppi.

Guardai il mio portafoglio sconsolata. Vuoto, come sempre. E se lo era negli altri periodi dell’anno, figurarsi a Natale. Sospirai, facendo mente locale sui pensierini ‘obbligatori’, cioè i regali per la famiglia: a mamma una cornice per foto, al nonno una sciarpa fatta da me e a Sota un libro economico fantasy.

Kagome?”.

“Uhm?”, mugolai, volgendo gli occhi verso la mia amica Sango che mi accompagnava.

“Continuerò a ripeterti fino alla nausea che se non hai soldi per i regali posso prestarteli io”, disse Sango per la nona volta in quella mattina. Io storsi il naso. Ma certo! Adesso andavo a chiederle ‘Sango, mi presteresti i soldi per comprare il tuo regalo?’. Deprimente.

“Oh, guarda!”, urlò Sango, fermandosi di colpo, “guarda quel maglione in vetrina! È perfetto per Miroku”. Miroku. Sì, il fidanzato donnaiolo di Sango. Perché Sango aveva un fidanzato, non come me che ruzzolavo nella solitudine amorosa più che totale. E, oltretutto, stavo morendo di fame.

Kagome…”, brontolò la mia amica guardandomi malissimo, “non starai ancora pensando che tu sei ‘la povera sfortunata senza ragazzo’…”. Distolsi lo sguardo, fiondandomi nel negozio.

Kagome, non ignorarmi!”, strillò Sango, inseguendomi. Il negozio era caldo, non come il gelo che regnava all’esterno, e la commessa, impegnata a leggere una rivista di gossip, osservò rapidamente le nuove clienti da dietro la cassa.

“Buon Natale”, esclamò allegra, lanciando la rivista sul ripiano e saltando davanti alle noi due, “posso esservi utile?”. Aveva due buffi codini rossi, ed era decisamente una youkai. Le avrei dato… 17 anni massimo.

“Oh, vorrei vedere quel maglione indaco in vetrina”, esclamò Sango, già dimenticatasi della ramanzina da farmi, per mia fortuna. Lo shopping era la sua fonte primaria di distrazioni.

“Oh sì, un attimo che glielo prendo… KOGA!”, strillò verso il retro del negozio, prima di rivolgersi nuovamente alla cliente, “Scusi, che taglia ha detto?”.

“Credo una media”, ipotizzò lei confusa, “però Miroku è molto alto… forse una large”.

“Glieli porto entrambi, così li vede e… KOGA VIENI ALLA CASSA! … e mi dice quale crede sia meglio. Come taglia intendo”. Detto ciò la ragazza ridacchiò allegra, dileguandosi nel retro. Sango la fissò perplessa, mentre io mi concentravo sul cartellino del maglione.

“Oh mamma”, esclamai, “Sango, costa una fortuna!”.

“Fa vedere”, disse quella avvicinandosi, “oh, temevo peggio”. Peggio? Precisamente cosa intendeva Sango per peggio?!

“Fila alla cassa!”, strillò la voce della commessa dal retro, mentre un ragazzo si lanciava verso la cassa in questione.

“Sei una pazza isterica Ayame!”, sbraitò quello, i lunghi capelli neri spettinati in una coda alta smontata, una fascia calata sulla fronte e una folta coda di lupo che spuntava dai jeans, “ecco perché i tuoi clienti fuggono”. Io e Sango si scambiammo uno sguardo preoccupato.

“Se proponi di aiutarmi in negozio fallo bene”, si lamentò quella, uscendo dal retro con i due maglioni indaco. Sango si avvicinò alla commessa, e cominciarono a discutere animatamente su taglia, colore, modello, ecc… In pratica, Sango fece smontare il negozio. Io, cercando di ignorare la fame, mi concentrai sul ragazzo – youkai – che si era rifatto la coda alta e sfogliava svogliatamente una rivista di moto.

“Ah, non sono sicura, forse è meglio una camicia…”, mormorò Sango indecisa.

Sango, Miroku non ha la stessa corporatura di questo ragazzo?”, feci notare, mentre l’interessato alzava lo sguardo turchese su di me per squadrarmi. Le altre due si illuminarono.

Koga, provati questo maglione”, disse subito la commessa.

“Nemmeno morto!”, sbraitò l’altro, “Tutto tranne questo!”. Ayame lo fulminò, minacciosa. Dopo un breve momento di silenzio, Koga si alzò rassegnato, acchiappò il maglione e andò a provarlo. Sango ridacchiò, mentre la ragazza annuiva soddisfatta. Mi sentii terribilmente in colpa per lo sfortunato.

“Sei un’ottima osservatrice Kagome”, si complimentò la mia amica.

“Sarà”, ribattei io, mentre venivo catturata dai sensi di colpa e la fame aumentava. Alla fine, la mia pancia brontolò rumorosamente. Sango scoppiò a ridere, facendomi arrossire terribilmente. Non era colpa mia se non avevo i soldi per una stupida colazione al bar.

“Dai, Kagome, ti offro la colazione”, propose lei. Subito brontolai un debole ‘Non voglio’, ma l’altra mi mise una banconota in mano e mi spinse verso l’uscita. “Qui ne abbiamo ancora per molto, tu vai a mangiare qualcosa nel bar qui accanto”. Tristemente sospirai, avviandomi verso il locale. Un piccolo bar dall’aria accogliente, e un nome semplice: Café. Il nome più utilizzato dai baristi del mondo. Sbuffai, entrando dalla porta già spalancata, e sedendomi rapida sul primo sgabello, senza guardarmi attorno. La gente aveva la brutta abitudine di scocciarmi, soprattutto ragazzi in cerca di tresca. Avevo l’aria della tipica innocentina facilmente abbordabile.

“Che vuoi?”, chiese una voce brusca. Alzai lo sguardo rapida, sorpresa.

“”Ehm… un cappuccino e un cornetto con la glassa”, sputai tutto d’un fiato. Il ragazzo che mi aveva parlato stava di spalle, litigando con qualcuno nelle cucine. Feci una smorfia, sorpresa da quella inospitalità. Di colpo, il ragazzo si girò con un piattino, e la lasciò scivolare sul marmo liscio fino a me. Era un gesto innaturale, misurato, inumano. Il mio sguardo, attirato dal piattino contenente il cornetto, si spostò nuovamente sul barista. Stava lavando qualcosa, sempre di spalle. Aveva la coda alta, e una cascata di capelli argentati. Peccato fosse così freddo. La domanda che mi ronzava nella testa adesso era: chi sta provvedendo al mio cappuccino? Non feci in tempo a pensarlo che un uomo uscì dalle cucine e attivò la macchina del caffè, tutto questo nell’arco di 2 soli secondi. I miei occhi si ritrovarono confusi. Vedevo forse doppio? Scossi la testa, e fissai i due barman. Erano terribilmente simili, li avrei confusi se il nuovo arrivato non avesse avuto i capelli sciolti. Anche lui, argentati. Adesso avevo due spalle rivolte a me, e addentai sconsolata il cornetto, soddisfando i desideri del mio stomaco. Sentii l’odore del latte, e capì che il mio cappuccino stava arrivando. Solo, non mi aspettavo che arrivasse in modo così… brusco. L’uomo si voltò, e sbatté la tazzina sul ripiano, facendomi sobbalzare. Poi, veloce come era apparso, si ritirò nelle cucine. Fissai sconvolta il cappuccino. La crema dondolava, ma non era traboccata neppure una goccia. Un altro di quei gesti tanto misurati da mettere paura.

Ma dove mi aveva mandato Sango?

Il barista con la coda si voltò, e si mise ad asciugare diversi bicchieri. Teneva gli occhi bassi, coperti dalle lunghe e folte ciglia. Nonostante non riuscissi a vederne il colore, sembravano luminosi. Decisi di concentrarmi sul cappuccino, riempiendolo di zucchero come mio solito. Alla quinta bustina, il barista alzò gli occhi, fissando i resti delle precedenti bustine, ma non disse nulla. In compenso, mi permise di rimanere ipnotizzata da due profonde e calde pozze ambra. Un colore confortante, sembrava nascondere un animo dolce, o forse era solo la dolce sfumatura miele a dare quest’impressione? Le iridi si alzarono ancora, squadrandomi. Abbassai gli occhi imbarazzata, e cominciai a gustare la schiuma del cappuccino. Il calore del latte e del caffè mi risvegliò, rendendomi nervosa. Dovevo ancora fare i regali, e non avevo uno yen. Come potevo fare?

“Brutto periodo, il Natale”, dissi sconsolata, girando con il cucchiaino il fondo della tazza, “tutti quei regali…”. Non ottenni risposta, e continuai. “La mia amica la fa facile, lei è sfondata di soldi… io arrivo a malapena a fine mese. Non trovi?”. Il ragazzo alzò gli occhi nuovamente, squadrandomi come prima.

“Che c’è? Non puoi pagare?”. Strabuzzai gli occhi. “Ma che stai dicendo? Certo che posso pagare!”. Lui sembrò confuso. “E allora che cosa vuoi?”. Aprii la bocca, ma la richiusi. Volevo solo qualcuno con cui parlare. Ma era troppo dura ammetterlo.

“Pensavo che vuoi baristi foste abituati a intrattenere i clienti”, dissi in tono da lamentela. Lui sbuffò. “Non ti ho chiesto nulla, io”. Sbattei la banconota sul bancone ed uscii, senza dire nulla. Me ne pentii subito dopo. I soldi erano di Sango, come facevo con il resto? Ero troppo orgogliosa per rientrare in quello stupido bar. Avevo poco tempo per pensare, e lo persi a preoccuparmi. Sango uscì dal negozio di vestiti, parlottando con la commessa.

“Allora ti aspetto alla vigilia!”, si raccomandò Sango. “Contaci, verremo”, confermò l’altra allegra. Fissai Sango sconcertata.

“Che sta succedendo?”, domandai confusa e scocciata. Visibilmente scocciata.

“Ho invitato Ayame alla cena di Natale”. Ayame? Come aveva fatto ad ottenere una simile confidenza in dieci minuti? E la cena di Natale non doveva essere una cosa ristretta tra amici? Sbuffai, tenendo per me i miei pensieri. La festa era di Sango; poteva fare come voleva, per quel che mi riguardava.

Kagome, che hai?”. Ringhiai in risposta. “Niente”. Sango sobbalzò, fissandomi perplessa. “Certo, e il sole sorge a occidente! Su, si vede da qui che sei arrabbiata”, mi rimproverò, con il suo solito tono da sorella maggiore. “Niente, ho beccato un barista antipatico, andiamo?”, sbottai infastidita, prendendole la mano e avviandomi. Peccato che lei rimase immobile come una roccia. Mi voltai, temendo si fosse pietrificata, e cercando una Medusa attorno a me, giusto per evitare di fare la stessa fine.

“Un ragazzo ti ha fatto arrabbiare?”, domandò incredula. Solo in quel momento capii cosa stava complottando. “Sango, no!”, precisai subito, ma ormai la sua mente stava volando via col vento. “Oh Kami, La mia gelida ‘povera sfortunata senza un ragazzo’ ha avuto una reazione scocciata!”. Ok, devo ammettere di non essere molto loquace con i ragazzi, e di odiare quelli che ci provano spudoratamente solo per portarti a letto. Lo so benissimo che non sono carina, possono evitare di prendermi in giro cercando la donna di facili costumi. Ma da questo a gelida!

Ok, forse non potevo proprio ribattere. Sango continuava a fissarmi con un sorriso furbetto che mi preoccupava. Poi filò verso il bar, talmente veloce da lasciarmi impietrita. “Sango”, urlai, correndole appresso. Nulla da fare, era già entrata e filata al bancone. Senza dire né ‘A’ né ‘B’, aggredì il povero – povero un corno – barista.

“Sei tu che hai fatto arrabbiare…”, mi prese per il braccio e mi tirò a sé, “questa ragazza?”. Lui mi squadrò con i suoi occhi ambra – sprecati per una persona così scorbutica – e parlò molto lentamente. “Io non ho fatto niente. Lei ha preso a parlarmi della sua vita, e sinceramente non me ne frega nulla”. Alzai gli occhi al cielo, maledicendo mentalmente la mia depressione post-shopping. Sango, dal canto suo, continuò a fissare intensamente il ragazzo, come tramando qualcosa.

Come? Ho detto come?

Sbagliato. Stava tramando qualcosa.

“Sei invitato a casa mia per la vigilia!”. Sbattei la mia mano sulla fronte talmente forte che mi feci male. Lui strabuzzò gli occhi, prima di scoppiare in una sonora risata. Avrei giurato che avesse la tentazione di rotolarsi sul pavimento, se non fosse che sul retro del bancone non c’era spazio sufficiente. Mi accorsi in quell’istante che aveva due tenere orecchiette da cane, bianche e candide. Un altro di quei segni che avrebbero dovuto dimostrare un animo sensibile inesistente. E che lo distinguevano chiaramente come hanyou, e non come youkai. Sango rimase immobile, con un sorrisetto fiero, attendendo la risposta con una serietà innaturale. Innaturale per chiunque, ma non per lei. Quando il barista smise di ridere, e si accorse che la proposta era seria, rispose gentilmente – miracolo, oggi nevica! – trattenendo ancora le risate.

“Grazie, ma vado ad una festa con un mio amico”, disse sorridendo ironico. Rimasi abbagliata, per un momento brevissimo.

Brevissimo, ho detto.

Ok, forse non era poi così breve. Dovevo ammettere che aveva un fascino spaventoso, scatenava in me un’attrazione particolare. Che mi confondeva. E mi spaventava. Una reazione normale – mi dissi – davanti ad un uomo così bello. Incuteva un senso di inferiorità, come tutti coloro che sono imparentati con demoni, ma non rispetto. Non riuscivo a rispettare una persona talmente maleducata.

“Peccato, volevo conoscere il ragazzo che aveva smosso Kagome, l’eterna depressa”. “Sango!”, strillai, prendendola e trascinandola via. Molto lentamente, per mia sfortuna, dato che lei si rifiutava di camminare veloce. Ero rossa come un pomodoro, ne ero sicura. Le guance mi bruciavano, e di una cosa ero certa.

Non avevo mai fatto una simile figuraccia in tutta la mia vita.


 

Era il ventiquattro dicembre. Meglio noto come ‘Vigilia di Natale’. Erano le quattro del pomeriggio, e le strade erano stracolme di disperati. Sì, i pazzi che fanno regali all’ultimo minuto. Corrono tra i vari negozi, comprando tutto ciò che si trovano tra le mani, al punto che non sanno più cosa hanno regalato a chi. Un branco di disorganizzati.

Tra questi, c’ero anch’io.

Non perché fossi disorganizzata, ma perché ero riuscita ad ottenere da mio nonno la grazia di qualche spicciolo solo quel giorno. E dovevo ancora fare il regalo di Sango. Stavo morendo di sete, non mangiavo da quella mattina… insomma, un disastro. Entrai in un negozio di bigiotteria, alla ricerca di un braccialetto grazioso ma economico. Incredibilmente, riuscii nell’impresa, comperando un grazioso bracciale a tre fili, decorati con pietre dure. Sango adorava le pietre, era perfetto. Uscii dal negozio, ed entrai in un bar, per ordinare un bicchiere d’acqua. Non avevo soldi per la bottiglia.

“Potrei avere un bicchiere d’acqua?”, domandai distrattamente, frugando nella mia borsa per farci entrare il pacchetto ingombrante del negozio.

“Se vuoi bere compra una bottiglia”, disse una voce scorbutica. Rimasi pietrificata. Quella voce… l’avevo già sentita. Mi guardai attorno, e riconobbi il bar della settimana precedente. Quindi… quella voce…

“Oh kami!”, esclamai sconsolata, sbattendo la fronte sul bancone. Sentii il barista sghignazzare. Nulla di più fastidioso. Alzai la testa di scatto, arrabbiata.

“Senti, ma ce l’hai con me?”, domandai, incapace di sopportare anche il minimo fastidio. Lui mi fissò confuso, per nulla intenzionato, oltretutto, a prendere il bicchiere d’acqua da me richiesto. “Avercela con te? Non so neppure chi sei!”. Quale altra risposta può essere più spiazzante? E deludente. Lo fissai sconsolata. I suoi occhi erano sempre così attraenti ma… insomma, il suo fisico e il modo di comportarsi non andavano d’accordo! Forse solo le sopracciglia, sembravano sempre incurvate come a creare un’espressione corrucciata… molto tenera, in effetti. E le orecchiette non facevano che completare il quadretto. Sbuffai, sedendomi.

“Non ho soldi per una bottiglia, voglio solo un bicchiere”, brontolai. Forse era meglio così. Se non mi ricordava non poteva ricordare neppure la figuraccia che avevo fatto a causa di Sango. E questa era un’ottima cosa.

“Cosa ti fa credere che ti darò l’acqua?”, domandò provocandomi. Sembrava divertito. Mi chiedevo come quel bar potesse essere ancora in attività con un barista così antipatico.

Per non parlare di quello che usciva dalle cucine. Raggelante.

“L’acqua è un bene primario dell’umanità, ecco cosa me lo fa credere”, risposi acida. Lui ridacchiò – strano, mi aspettavo una rispostaccia – e si rivolse verso il retro.

Sesshomaru! Un bicchiere d’acqua!”, chiamò. Mi chiesi perché chiamava qualcuno dal retro quando aveva il lavandino a due passi e i bicchieri idem. Comunque, lo stesso inquietante personaggio della volta precedente uscì dalla cucina, prese un bicchiere, lo riempì e me lo sbatté davanti senza farlo traboccare, per poi sparire. Tutto ciò in circa… 5 secondi? Il tempo di scorgere una chioma argentata e uno sguardo tagliente che mi trapassava. Inquietante.

“Che pena, neppure i soldi per una bottiglia”. Fulminai il barista. Come diamine si permetteva? Mica tutti sono ricchi sfondati come Sango! E poi, se volevo un bicchiere d’acqua, perché dovevo comprare una bottiglia d’acqua? Non erano proprio la stessa cosa!

“Mai pensato di cambiare lavoro?”, domandai perfida. Lui mi fissò confuso. O forse voleva solo sembrarlo. “Ti vedrei bene come stozzino”. La sua mascella si irrigidì.

“Ehi, strega! Chi ti credi di essere?”, sbraitò, e d’istinto mi tirai indietro. Questo era proprio matto! Il primo istinto fu quello di alzarmi e scappare a gambe levate. E così avrei fatto se non fosse…

“Ehi, Inuyasha! Stai di nuovo aggredendo i clienti?”. Questa voce mi era mortalmente familiare. Troppo. Eppure, il mio cervello si rifiutava di identificarla. Ovvio, il mio cervello stava cercando di proteggermi dalla crudele verità che mi attendeva.

Altro che strozzini, al mondo c’era qualcosa di peggio.

Gli amici di amici.


 

Era la notte prima di Natale…

Suona come una favoletta sgradevole. E magari c’è pure Babbo Natale che si cala dai camini e mangia i biscotti che i bimbi gli hanno lasciato! Che sciocchezze, avevo problemi ben più gravi al momento.

Come per esempio scoprire che Miroku era amico del barista-pazzo-furioso!

Il pomeriggio peggiore della mia vita. E, casualmente, il ‘menomato mentale che aggredisce i clienti’ era stato invitato alla festa di Sango. Ovvio, l’amico del fidanzato ci sta sempre! Adesso… d’accordo che il padre di Miroku possiede mezza Tokyo, ma che casualmente possegga quell’inutile bar e che il barista sclerotico sia il migliore amico del figlio… non c’erano altre spiegazioni, il mondo mi voleva male.

Oltretutto, l’occhiata maliziosa che mi aveva lanciato Miroku… una volta varcata la porta della casa di Sango, mi aspettavo il peggio. Già sapevo che le nostre ex-compagne delle superiori ci avevano dato buca, quindi rimanevamo in sei: io, Sango, Miroku, l’arteriosclerotico e i commessi del negozio di abbigliamento. Insomma, due coppiette e due single.

Nulla di più diabolico.

Camminavo da sola verso casa di Sango. Non era molto lontana dalla mia, ma quella notte era mostruosamente fredda. Era previsto un bianco Natale. Erano tutti contenti. Tutti tranne me. Odiavo il freddo, odiavo la neve, e soprattutto odiavo l’uso che si faceva della neve. Sarà che una volta mio fratello mi inzuppò di quella sostanza bianchiccia fino al midollo e il giorno dopo stavo a casa con quaranta di febbre. O molto più semplicemente ero una depressa cronica che non faceva altro che lamentarsi. In quel momento, ringraziai la voce che mi distrasse dalle mie p… dai miei contorti ragionamenti.

Kagome!”. Mi voltai subito, e vidi Koga e Ayame che mi venivano incontro. Incredibile, ricordavo i loro nomi e loro ricordavano il mio. Un record per tre persone che si erano viste per tre minuti in un negozio una settimana prima. “Anche tu stai andando da Sango?”, mi chiese la rossa gentilmente. Aveva un grazioso cappellino viola di lana con pompon in cima. Non mi soffermai sul resto dell’abbigliamento, ero quasi certa di non poter muovere il collo su e giù, tanto ero imbottita con maglioni e sciarpe. Koga la seguiva sempre in silenzio, come un satellite attorno a un pianeta. Avevo l’impressione che ormai si fosse rassegnato al carattere forte ed aggressivo della ragazza. Un po’ mi faceva pena… o forse mi sentivo ancora in colpa per il maglione.

“Sì, facciamo la strada insieme?”, proposi gentilmente. Meglio stare in compagnia, data la pessima serata. Magari non erano il genere di coppia che si infrattava in un angolo a pomiciare. E così sembrava, dato che Ayame si mise a chiacchierare animatamente del più o del meno. Era un pozzo senza fondo, sembrava non esaurire mai gli argomenti, e si interrompeva solo per chiedermi un’opinione.

“Non trovi anche tu?”. “Sì, certo”. “La neve è meravigliosa, vero?”. “Umm… non molto”. “Ah no? Io la adoro! Sai, una volta, quando avevo dieci anni, bla bla bla, bla bla, bla bla bla…”.

E così via.

Koga, invece, mi fissava con sguardo ricco di rancore. Lo sapevo, era ancora arrabbiato per il maglione. Sul serio, non lo avevo fatto apposta! Ero sovrappensiero e non ho pensato a cosa potevo scatenare con una simile sentenza, tutto qui. Non ero mica come Sango, che aveva volontariamente invitato il barista-diversamente-abile alla sua festa! Idem per Miroku. Durante questo mio ragionamento, non mi ero accorta che Ayame aveva smesso di parlare. Sì, e non solo, stava fissando Koga con lo stesso sguardo assassino che avrei fatto io se  avessi trovato Sota saltellante sul mio letto, nella mia stanza.

Koga”, disse di colpo, facendoci sobbalzare entrambi, “ti ho beccato”. Il lupo la fissò confuso. “C-come?”. Ayame lo additò, mentre la rabbia cominciava a trapelarle dagli occhi. “Ti piace Kagome, non è così? È da prima che la fissi!”.

Ok, forse era meglio scappare.

“Io vi precedo!”, dissi subito, e senza attendere risposta fuggii alla velocità della luce. Sentii solo le urla di Koga, ma ero troppo vigliacca per tornare indietro. Metti caso che Ayame si arrabbiava pure con me… preferivo fuggire! Arrivai a casa di Sango in cinque minuti, distava solo un isolato da dove avevo lasciato Ayame e Koga. Salii gli scalini e suonai il campanello. Strofinai le mani, in attesa che qualcuno aprisse. Ero arrivata presto, forse ero la prima. Sentii lo scatto della serratura, e mi voltai.

Feci in tempo a vedere una cosa, prima che la porta venisse richiusa rumorosamente. Per carità, Miroku aveva due bellissimi occhi, ma non così belli. Ma di sicuro, nonostante la sua natura da donnaiolo, lui li avrebbe meritati molto di più. Ringhiai. Stupido barista deficitario! La porta venne riaperta da Miroku, che aveva un sorrisino di scuse. Il più falso che mi avesse mai fatto.

“Ciao Kagome! Auguri!”, disse subito, per rabbonirmi. Ringhiai un auguri a mia volta, ma avevo voglia di prendergli la testa per sbatterla contro un angolo.

Un angolo appuntito.

Perché riusciva a risvegliare la ragazza sadica che era in me? Non ero mai stata così violenta. Intravidi due occhi ambra che mi fissavano infastiditi dall’ingresso del salotto. E lui era lì, bello come un dio greco, per quanto mi costasse ammetterlo. Aveva jeans neri e una camicia bianca sbottonata in cima, che lasciava intravedere il petto marmoreo. Rabbrividii solo a guardarlo, prima di accorgermi che dentro casa faceva decisamente caldo. Sango doveva aver dato fondo a tutti i termosifoni della casa. Appuntai nella mia mente di non toccarli per evitare ustioni di terzo grado. Nel frattempo mi privai della mia sauna ambulante, rimanendo solo con una maglietta nera a strisce dorate e gonna a pieghe nera, scaldamuscoli e ballerine. Sul letto di Sango, adibito a ‘spogliatoio’, erano accumulati due maglioni, zuccotto, sciarpa, guanti e cappotto modello eschimese durante la tormenta. Sembrava l’attrezzatura di dieci persone, invece che di una: me. Mi diressi verso il salotto, dove trovai Miroku e il pazzo mentre attaccavano decorazioni.

Diciamo pure solo Miroku, l’altro sbuffava senza effettivamente partecipare. Insomma, un ospite molto educato. Come quando faceva il barista. Almeno era coerente. Miroku si concentrò su di me, e si illumino. Brutto segno.

Kagome!”. Ecco, stava per fare una richiesta sbagliata. “Perché non aiuti Inuyasha a finire di decorare la stanza, mentre io aiuto Sango in cucina?”. Ecco, richiesta sbagliata arrivata. Inuyasha – ho terminato i vocaboli alternativi con cui definirlo – lo fulminò immediatamente, ringhiando. Sì, Inuyasha, ti odio anch’io, ma non lo faccio notare così tanto! Miroku sorrise innocentemente, e si dileguò. Fissavo un festone a terra, confusa e terribilmente affranta. Perché lui e Sango dovevano sempre fare così? Mi ricordava il loro tentativo per farmi fidanzare con Hojo, il mio migliore amico. Era finito con tanta delusione per lui e diverse crisi isteriche per me.

“Che dobbiamo fare?”, chiesi infine, rassegnata al mio destino. Qualcuno da lassù mi voleva molto più male di quanto avessi mai creduto. Altrimenti non mi avrebbe fatto questo. Lui sbuffò, indicando i tanti festoni sparsi per la stanza. “Dobbiamo attaccarli per tutta la stanza”, brontolò, prendendone uno per un capo. Mi avvicinai, mio malgrado, per prendere l’altro capo, e munita di puntina mi avvicinai al muro per posizionarlo. Peccato che, quando stavo per conficcare la puntina nel muro, il capo del festone scivolò via dalle mie mani. Ancora immobile, come se nulla fosse successo, chiusi gli occhi, cercando di contare fino a dieci.

Uno.

Due.

Tre, quattro.

Cinque-sei-sette-otto…

Ok, così veloce non funzionava. Spalancai gli occhi, inclinando la testa lateralmente, e fissando Inuyasha, che sghignazzava divertito. Era divertente? Ah, sì? Perché a me non faceva ridere affatto!

“Ma insomma, la smetti?”, mi arrabbiai. Lui sbuffò, uno sbuffo che non avevo mai sentito prima.

Keh! Sei noiosa”. Noiosa? Avevo sentito bene? Parlava mister simpatia! Rapidamente attaccò la sua parte di festone, e poi, con uno di quei gesti troppo veloci, me lo ritrovai davanti. D’istinto arretrai, parandomi davanti le mani. Lui sghignazzò nuovamente, strappandomi la puntina dalle mani e attaccando il capo del festone che mi aveva precedentemente tirato via dalle mani.

“Se non sei portata per i lavori manuali dillo e vai in cucina, donna”, disse con la sua voce roca. Divenni rossa dai piedi alla punta dei capelli. Dalla rabbia.

“Ah, è così?”, dissi in tono di sfida, “allora vediamo chi ne attacca di più!”. Inutile. Non c’era nemmeno da porsi il quesito su chi avrebbe vinto. Inutile e infantile. Ma in quel momento l’unica cosa che mi premeva era vincere. Lui sorrise, stuzzicato dalla sfida. Si voltò, prendendo il festone più vicino, e io feci lo stesso. Mi munii di così tante puntine che mi feci diversi buchi sul palmo della mano, ma non ci feci caso. Cercavo solo di essere veloce. Prendi il festone, attacca il festone, prendine un altro e ripeti. Ne avevo fatti solo tre quando me lo ritrovai accanto, a braccia incrociate e con un sorrisino divertito e soddisfatto sul volto. Oh Kami, quanto lo odiavo! Mi morsi il labbro inferiore, con la terribile tentazione di lanciargli addosso le restanti puntine. Avevo il terribile sospetto che le avrebbe parate tutte. Ma perché non provare?

Per sua fortuna, suonò il campanello, e seguì la voce di Sango. La povera Sango che non avevo ancora salutato.

Kagome, apri tu?”. Sbuffante mi diressi all’ingresso, sapendo già chi avrei trovato, e sperando solo che Ayame non avesse sete del mio sangue. Chissà, forse potevo usare Inuyasha come barriera umana. Era un’interessante teoria. Aprii la porta, e rimasi colpita da Koga. Aveva tutti i capelli arruffati, e diversi graffi. Ayame, invece, sembrava appena uscita da una rivista di moda. Ora che il mio collo aveva il dono del movimento, potevo notare che non solo il suo cappello era grazioso. Tutti gli abbinamenti del suo vestiario erano fatti seguendo le varie sfumature del viola.

“Ciao, scusate il ritardo”, disse allegra Ayame, con la voce che sembrava imitare le alte tonalità delle campanelle natalizie. Koga alzò gli occhi al cielo. Mi fece ancora più pena.

“Guarda guarda chi si vede! L’ammasso di pulci!”. Koga alzò la testa, incrociando gli occhi dorati di Inuyasha. E in mezzo c’ero io. Percependo nell’aria una strana atmosfera elettrica, mi spicciai a spostarmi. Koga ringhiò, e sembrò riprendere colorito. Non era più il succube ragazzo di Ayame. Era una persona completamente diversa da quella che credevo di aver conosciuto.

“Ciao, botolo. Sei stato adottato, per caso?”. Scoppiai a ridere, mentre Inuyasha sbiancava. Evviva, un alleato! E non solo, poteva combattere ad armi pari con Inuyasha.

“Non dovresti parlare proprio tu, cucciolotto”, ribatté l’altro, ma Koga sbuffò, con fare superiore. “Mi invidi perché tu soffri la solitudine mentre io ho Ayame. Ti piacerebbe essere chiamato cucciolotto da qualcuna, asociale che non sei altro”.

“Ehi, cerchi le botte?”, sbottò Inuyasha sfoderando gli artigli. “Nulla di meglio per riscaldarsi dal freddo che fa di fuori”, ribatté Koga posizionandosi. Sono tutt’ora certa che, se non fosse intervenuto Miroku, se le sarebbero date di santa ragione. Ammetto di averci sperato. Vedere Inuyasha a terra implorare pietà era troppo stuzzicante.

“Ragazzi, la casa ci serve ancora, e ci serve intera”, disse Miroku, mettendo una mano sulle spalle di entrambi. Inuyasha lo scansò in malo modo, e si dileguò nel salotto, superandomi. Io, ignorandolo a mia volta, mi diressi in cucina per trovare la povera Sango. Era immersa in un enorme tomo di cucina natalizia.

“Auguri Sango”, esordii sorridente. L’arrivo di Koga e Ayame mi aveva tirato su di morale. Forse non sarebbe stato così male. La frangetta di Sango spuntò dal bordo dell’enorme volume culinario, seguita dagli occhi e dal naso.

“Auguri Kagome! Ti prego aiutami, Miroku è una frana!”, mi implorò lanciando il librone sul tavolo, che tremò pericolosamente sotto il peso della tonnellata. Alzai gli occhi al cielo. Come se lei fosse uno chef! Annusai l’aria, e mi diressi verso un’enorme pentola sui fornelli. Abbacchio con lenticchie. Tipico. Però, il profumo era… strano.

Sango, ma lo hai girato?”, domandai perplessa. Lei annuì tutta convinta e soddisfatta. Annusai nuovamente l’odore, che non mi convinceva affatto. “Cosa hai girato?”. “L’abbacchio, che domande!”, rispose lei sbuffante, dirigendosi nuovamente verso il tomo. Io ebbi la tentazione di darmi una manata sul volto, ma l’ultima volta mi ero fatta parecchio male, e mi trattenni. “Sango, le lenticchie”. Lei mi fissò con occhi confusi e innocenti. “Le lenticchie. Devi girare anche quelle!”, sbraitai. La mia amica sembrò illuminarsi, e corse verso la pentola. “Si sono tutte attaccate!”, si disperò la ragazza, mentre io la scansavo, togliendo l’abbacchio dal fuoco e cercando di scrostare le lenticchie bruciate con un cucchiaio. Non ci riuscii più di tanto, ma almeno era mangiabile.

“La tavola è apparecchiata?”, domandai, sentendo rumori sospetti provenire dal salotto. “Sì, ci starà pensando Miroku con Ayame e Koga”. Bene, ora ero proprio rassicurata. Quanti cocci avremmo trovato sul pavimento? Ah, sì, lo sapevo. Troppi. Ci avviammo con la pentola, sperando di trovare almeno un’asse di legno. Incredibilmente, dovetti ammettere che con Ayame che faceva da dittatrice nella stanza si riusciva a mantenere l’ordine. Miroku stava raccogliendo i cocci di un portacandele di ceramica, ma sembrava l’unico oggetto infranto.

Almeno per ora.


 

“Ah, che bella mangiata!”, esclamò Ayame sbragandosi sul divano. Ancora la fissavo sconvolta. Mai vista una persona così esile mangiare così tante cose. Mai. Da sola aveva ingurgitato due panettoni, un torrone bianco e uno nero e un pandoro. Questo, ovviamente, esclusa la cena. Non ebbi il tempo di riprendermi dallo shock che la ragazza scattò in piedi, additando un punto imprecisato.

“Guardate!”. Seguii la linea immaginaria prolungata del suo dito. “Nevica”. Oh cavolo, nevicava davvero! Mentre maledicevo i kami, Sango e Miroku proposero in coro ciò che più temevo. “Usciamo a giocare!”. Presi un respiro profondo. Forza Kagome, magari la neve non si è accumulata e non ci sarà alcuna battaglia con palle bianchicce e fredde. Ma ero poco convinta, data la mia recente sfortuna. Infilai nuovamente il mio kit antigelo, e mi diressi alla porta. Dove trovai, ovviamente, la cara sostanza bianchiccia che copriva ogni cosa che poteva essere coperta. Ringhiai, e Inuyasha sghignazzò, probabilmente intuendo il motivo del mio disappunto. E questo non era un bene. Ma, per mia fortuna, io non fui la prima colpita. Bensì fu Sango. Senza sapere come e quando, Miroku era riuscito ad accumulare a nostra insaputa una bella dose di neve, e l’aveva schiantata contro la spalla della ragazza.

La reazione fu impressionante. E inquietante soprattutto.

Si immobilizzò, tanto che io e Ayame tememmo che la neve l’avesse congelata. Poi, molto lentamente, assottigliò lo sguardo sul fidanzato, che smise di sganasciarsi dalle risate per rimpiazzarle con un’occhiata preoccupata. Sango dischiuse le labbra, espirò con uno scatto mantenendo il petto immobile, e solo allora parlò:

“Ragazze contro ragazzi. E, soprattutto, vendetta”. La sua voce era un sibilo, mentre i suoi occhi si assottigliarono a tal punto da impedirmi di scorgere l’iride scura. Ayame urlò di gioia, e corse a costruire un muro di difesa, mentre io mi pietrificavo. Oh no. No! Cosa avevo fatto di male? Ora anche Sango! La mia amica mi scosse, per impedire alla neve di accumularsi sul mio zuccotto panna. Corsi dietro al muro di neve, sperando che, accumulata in quel modo, anche quella inutile sostanza ghiacciata potesse dare un senso alla sua esistenza. Inuyasha sghignazzava felice, mentre Koga sembrava preoccupato. Miroku era terrorizzato. E lo capivo, io stessa ero terrorizzata alla vista di Sango che accumulava munizioni ridendo maligna. Per tutto il giardino si sentivano i suoi ‘Muahahah’. Rabbrividii, mentre facevo anche io qualche palla di neve, per pura autodifesa. Poi, con un urlo di guerra di Ayame, la battaglia cominciò. Rimasi raggomitolata dietro al muro, passando le munizioni alle mie compagne di guerra. A quanto pare Ayame aveva costruito un muro resistente, perché non cedette neppure sotto i vari bombardamenti.

“Dobbiamo rubargli le munizioni!”, urlò Miroku disperato, prima che io sentissi il suo respiro soffocato da un tonfo sordo. “Ah!”, festeggiò Sango, ridendo come una pazza. “Non ti farò passare!”, urlò Ayame, che cominciò a bombardare il povero Koga. Feci un respiro di sollievo. Le mie compagne erano sufficientemente agguerrite per fare a meno di me. Il mio cervellino congelato impiegò troppo tempo per notare che in due potevano occuparsi di due nemici. E che io, la terza, non ne avevo. Ma, come ho già precisato, la mia materia grigia scarseggiava in quel momento, e realizzai il concetto solo quando la sua fastidiosa voce roca mi raggiunse.

“Ehi, depressa cronica”. Stupidamente, molto stupidamente, sollevai lo sguardo sull’albero dietro al muro di difesa. E lui era lì, solo con un cappotto nero corto aperto sul davanti – congelai solo a guardarlo – e sorrise maligno, tenendo tra le mani il mio nemico invernale. Prima che potessi muovermi – o realizzare che lui si era mosso – mi ritrovai la faccia ricoperta di neve. Mi tolsi il grosso con un gesto secco delle mani, sentendo la rabbia crescere. Adesso capii la reazione di Sango. Solo che essere colpite in faccia era molto peggio. Mai Miroku si sarebbe azzardato a fare una cosa del genere. Presi un respiro profondo per calmarmi – inutile – e lo fulminai con i miei occhi nocciola. Stava ridendo come un matto, in equilibrio come mai io sarei riuscita a stare su quel fuscello. Ma non importava la cosa peggiore è che stava ridendo. Sarebbe piaciuto anche a me ridere, se non fosse che sapevo benissimo che non c’era nulla da ridere. La sua bocca spalancata mi tentava troppo. Volevo imbottirla di neve come un barile. E, non appena questa idea attraversò la mia mente, la feci. Utilizzai una delle mie palle di neve ‘scorta personale’, e lo presi in pieno, facendolo cadere dall’albero. Uhm, sembrava funzionare come antistress, mi stavo quasi divertendo. Sango mi guardò, sbalordita, trovandomi in piedi fuori dalle mie difese. Chiunque si sarebbe preoccupato della salute di Inuyasha caduto dall’albero. Chiunque, non io. Presi tra le braccia altre munizioni, e mi avvicinai minacciosamente verso il ragazzo steso a terra, sbigottito e sorpreso.

“Adesso tocca a me ridere”, sghignazzai. Lui deglutì – che soddisfazione vederlo nel panico – e scattò in piedi con uno di quei movimenti troppo veloci. Subito lanciai un’altra palla di neve, ma questa lo prese solo di striscio sulla spalla. Koga mi fissò, divertito, e lanciò anche lui una palla a Inuyasha, prendendolo sulla schiena.

“Ehi!”, strillò Inuyasha, fermandosi per protestare verso il compagno che lo aveva appena tradito. Pessima scelta. Se in tutta la mia vita avevo mai avuto un pregio, questo era la mira. Lanciai tutte e tre le mie munizioni, una di seguito all’altra, prendendolo sul fianco, sulla spalla e – vendetta tremenda vendetta – nuovamente sulla faccia. Lui si voltò verso di me con sguardo truce e omicida, mentre io sorridevo beata.

Inuyasha, arriva la cavalleria!”, urlò Miroku, prendendomi di mira. “Ayame, copri Kagome!”, gridò subito Sango, cominciando a scatenare una pioggia di palle di neve su Miroku. Ayame urlava come una forsennata, scatenando la sua ira demoniaca sul povero ragazzo. Per quanto riguarda Koga… , lui era dalla mia parte. Massacrammo Inuyasha, che si ritrovò con la camicia tutta inzuppata – ecco cosa succede a tenere il cappotto aperto – i capelli pure e le orecchie congelate. Stavo ridendo come mai nella mia vita. Mai mi sarei immaginata che Inuyasha, innocuo com’era al momento, potesse essere così divertente. Oltretutto concentrava la sua attenzione su Koga, cercando di difendersi da lui come poteva, mentre io continuavo la mia vendetta. Questo finché non finirono le munizioni. Poi, distrutta, mi lasciai cadere sulla neve. Ero comunque tutta bagnata – Inuyasha si era difeso male, ma si era difeso – quindi tanto valeva riposare su qualcosa di soffice. Inuyasha si mise a brontolare sull’albero, gambe a penzoloni mentre Miroku e Sango parlavano tra di loro, nuovamente rappacificati. Ayame, mentre ballava per conto suo tracciando curve sulla neve, guardò casualmente l’orologio.

“ARGH!”, urlò di colpo, facendomi sobbalzare, “Koga, è tardi! Dobbiamo andare di corsa!”. Il ragazzo annuì, distraendosi dal suo hobby – sfottere Inuyasha – e si avviarono a salutare Sango e Miroku. Anche io mi alzai in piedi, per salutarli. Ayame mi aggredì, abbracciandomi e facendomi promettere solennemente di uscire di nuovo in trio con lei e Sango. Salutai anche Koga, e i due si avviarono sulla strada. Li seguii per qualche secondo con lo sguardo, quando sentii un suono sospetto. Il suono di una porta.

Sango!”, strillai, già temendo il peggio. Inuyasha fissava la porta chiusa terrorizzato tanto quanto me. Ci avevano chiuso fuori? “Sango, apri la porta!”, strillai avvicinandomi, mentre anche Inuyasha scendeva dall’albero e mi seguiva. La sentii ridere da dietro la porta. Attesi una risposta, battendo nervosa il piede a terra, e cominciando a sentire notevolmente il freddo. Avevo la tentazione di ringhiare, ma temevo fosse controproducente. Inuyasha mi affiancò, con le orecchie congelate e sguardo infastidito.

“Non entrerete finché non rispetterete la tradizione natalizia!”, urlò Sango dall’interno. Io inarcai un sopracciglio, confusa. “E quale?”. Sentii risatine maligne dall’interno. Bene, dovevo preoccuparmi. “Guarda in alto!”, disse la voce di Miroku. Chiusi gli occhi, terrorizzata. No. No! Non potevano farmi questo! Guardai lentamente verso l’alto, speranzosa, ma subito vidi le mie speranze correre via salutandomi con la manina.

Vischio.

Stupido e verdissimo vischio. Stupide tradizioni anglosassoni. Chi aveva deciso che il vischio era la pianta della dea dell’amore Freya? Perché l’avrei cercato per tutto il globo e l’oltre mondo per disintegrarlo, distruggere ogni singola molecola, ogni singolo atomo così che non rimanesse di lui neppure un granello di polvere! Inuyasha ringhiò. Un ringhio talmente selvaggio da terrorizzarmi. Sentii il silenzio oltre la porta.

Miroku, se non apri entro dalla finestra”, minacciò. Miroku sbuffò tranquillamente. “Sono tutte chiuse”. Alzai gli occhi al cielo. Era ovvio che intendeva che sarebbe entrato dalla finestra sia che fosse aperta o chiusa. Inuyasha ringhiò nuovamente, distraendomi. Quel lato di lui mi spaventava. Miroku sospirò. “Inuyasha, se scheggi un solo vetro, ti licenzio”. Inuyasha raggelò e sbiancò, divenendo dello stesso colore della neve. “Non oserai”, mormorò poco convinto. “Certo che sì!”. Era ovvio che non l’avrebbe fatto, quindi mi aspettavo di vedere Inuyasha correre verso la prima finestra. E, invece, con mio enorme stupore, il ragazzo indietreggiò, sedendosi rassegnato sui gradini. “E allora fammi un fischio quando intendi aprirmi”, sospirò sprofondando la testa tra le ginocchia e le braccia incrociate. Lo fissai sconvolta. E si arrendeva così? Non avevo parole, ma mi sedetti anch’io accanto a lui. Non intendevo certo rispettare la tradizione.

“Ecco cosa stavano complottando”, disse Inuyasha improvvisamente. Sobbalzai, fissandolo. “Come?”. “Prima complottavano”. Lo fissai tra l’arrabbiato e lo sconvolto. Possibile che con l’udito che aveva non avesse sentito? “A che ti serve il super udito se non per queste cose?”, mi lamentai subito, sbuffante. Poi capii. “Ehm…”, cominciò lui, per poi ignorarmi. Forza. Dillo! Ammetti la tua debolezza! Avevi le orecchi congelate e non potevi sentire bene. Ammetti! Ma lui rimase zitto, e mi rassegnai anche sotto questo punto di vista. Fissai solo sconsolata le sue orecchiette, tremolanti e con numerosi ghiaccioli luccicanti formatasi sul pelo bianco. Sbuffai, togliendomi lo zuccotto e lasciando liberi i miei capelli, per metterlo in testa a lui. Mi fissò bieco, ma non si spostò.

“Che stai facendo?”, domandò scontroso. “Copriti le orecchie”, dissi tranquillamente, per poi aggiungere, “è l’unica cosa carina che hai”. Lui ridacchiò – strano da parte sua – e sospirò. Ero sicura che stesse morendo di freddo, anche se non l’ammetteva. Era un hanyou, non una divinità celeste scesa in terra. Mi alzai, dirigendomi verso la porta. Adesso basta.

Sango, apri subito!”, urlai. Lei ridacchiò crudele. Non c’era nulla di divertente. Cominciai ad innervosirmi sul serio. La mia amica non poteva volere questo! Non se mi voleva bene. Era pur sempre un barista pazzoide e schizzato! Poi, lo schizzato in questione scattò in piedi, e fulminò la porta.

“E va bene!”, strillò trattenendo i tremori per il freddo, “Avete vinto voi!”. Mi pietrificai. Come come? Vinto loro? Come poteva deciderlo senza sapere anche la mia opinione?  Mi guardò, avvicinandosi pericolosamente. Sango e Miroku, da dentro, urlarono vittoriosi. Io arretrai, ma trovai la porta dietro di me a bloccarmi.

Inuyasha”, sputai terrorizzata, “non pensarci neppure”. “Tu pensa a stare ferma”, disse lui serio e concentrato. Mi prese la testa tra le mani, mentre mi dimenavo. “Mollami!”, strillai impanicata, cercando di ritrarmi. I suoi occhi ambra erano terribilmente vicini, troppo. “Stai ferma”, ringhiò lui, aumentando il mio terrore. In compenso, spaventata a morte, mi immobilizzai. Si avvicinò – mi resi conto di quanto fosse più alto di me – e io chiusi gli occhi istintivamente, inclinando la testa verso il basso. E lui, stranamente, me lo lasciò fare. Sentii le sue labbra calde sulla fronte, per un attimo brevissimo, e poi il freddo della notte innevata tornò a colpirmi più di prima, ora che potevo notare il contrasto. Aprii gli occhi, fissandolo sbalordita, ma lui era concentrato sulla porta.

“Bene, e adesso aprite!”. Ci fu un lungo silenzio. “Inuyasha, così non vale!”, strillò Miroku dall’interno. L’altro sbuffo un ‘e va bene’, e si diresse minacciosamente verso la finestra più vicina. “Argh!”, urlò Sango dall’interno, “va bene, va bene, apriamo!”. Inuyasha sorrise soddisfatto, tornando indietro, ed entrando tranquillamente dalla porta spalancata da Sango. Io fissavo ancora il punto in cui l’avevo ritrovato una volta aperti gli occhi.

Kagome?”. “Mhm?”, risposi imbambolata. “Stai bene?”, domandò Sango confusa. Io annuii lentamente. La mia amica alzò gli occhi al cielo, e mi tirò dentro al caldo, portandomi nella sua stanza. “Non ci sai proprio fare con i ragazzi”, commentò. Io annuii nuovamente, sembravo incapace di parlare. Già, Sango aveva ragione.

Ma, in fondo, questo Natale non era così male.

E nemmeno lui.













Ecco la mia shottina per il concorso! XD Auguratemi buona fortuna per i risultati! *incoraggiamento spirituale XD*
Allora, volevo postarla ieri, dato che è ambientata nel periodo della vigilia, ma purtroppo non ho avuto la possibilità di chiedere a Roro *una delle organizzatrici del contest assieme a kade e celina* se potevo metterla prima dei risultati >___>
Lasciatemi tanti commentini natalizi, a Natale sono tutti più buoni, e si può fare di più! *___*


Aryuna

 

 

The End




  
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