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Autore: Padme Undomiel    26/12/2008    2 recensioni
25 dicembre. Giorno di festa, di allegria, di amore verso gli altri. Ma, in alcuni casi, anche giorno di malinconia, di rimpianto verso il passato. Ken Ichijouji lo sa bene: per lui, Natale è il momento in cui onora maggiormente la memoria di suo fratello scomparso, sapendo che, solo dopo tanti anni, è arrivato a comprenderlo veramente... Piccola one-shot sul Natale, sullo sfondo del silenzioso cimitero di Tokyo. Tanti auguri a tutti!!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ken Ichijoji, Miyako Inoue/Yolei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Merry Christmas, Osamu-niisan

Merry Christmas, Osamu-niisan

 

 

Sicuramente, quella era una giornata degna del 25 dicembre.

Il vento gelido sferzava violentemente il suo viso, mentre camminava a testa bassa tra lo spesso strato di neve posatosi la notte prima. Nemmeno il giubbotto più pesante avrebbe potuto immunizzare chi lo indossava dal freddo di quella mattina.

Si guardò lentamente intorno, per poi avanzare verso sinistra.

Il tempo atmosferico non lo spaventava, né gli impediva di compiere quella sorta di rito di ogni anno.

Tutt’intorno, come sempre, nessuno. Il ragazzo sorrise lievemente. D’altronde, era prevedibile: ogni famiglia, probabilmente, era intenta a preparare il pranzo di Natale, insieme a tutti i parenti.

Di certo, non c’era posto per recarsi in un luogo triste come il cimitero di Tokyo.

Da quando ci era entrato, non un canto di Natale, non una risata, non un allegro chiacchiericcio sui regali donati e ricevuti la notte prima. Non una luce ad illuminare, sfarzosamente, vetrine di negozi.

Solo il suono ovattato delle sue scarpe che calpestavano la neve.

Finalmente, si fermò, individuando quello che cercava.

Avanzò piano, quasi con deferenza, verso quella piccola lapide davanti a lui. Ogni anno, sempre la stessa storia: sentiva che c’era qualcuno che non avrebbe potuto ricevere auguri festosi, né trascorrere con loro un periodo natalizio felice.

Lo stesso qualcuno che riposava in quel luogo da anni.

Sfiorò piano la foto sulla lapide, quasi come se volesse salutarlo.

Due occhi dietro a un paio di occhiali, azzurri e profondi come i suoi, lo fissavano in risposta. Un sorriso immobile, fermo da tanti anni in una fotografia, rispondeva al suo incerto, nella sua solita maniera enigmatica. I capelli, scuri come i suoi ma non altrettanto lisci, gli ricordavano tante cose, tutta la nostalgia che aveva per lui e per i tempi passati.

In alto, una data di nascita e di morte avvenuta in un tempo troppo giovane.

E un nome.

Osamu Ichijouji.

Suo fratello.

Rimase in silenzio per qualche tempo, senza muovere un muscolo. Provava uno strano senso di disagio, provocato da motivi misteriosi. Finalmente, si rese conto che era il suo stare in piedi, lì, davanti a lui.

Ken Ichijouji non era mai stato un ragazzo che prendeva decisioni avventate. Ma quel giorno, decise di fare uno strappo alla regola.

Incurante del freddo, e rabbrividendo violentemente, si chinò e si inginocchiò sulla neve.

E solo allora si concesse un piccolo sorriso.

Il suo saluto. Il suo unico modo per essere vicino a suo fratello. Ecco cos’era recarsi lì ogni anno. Ecco perché, prima di ogni pranzo natalizio, riteneva opportuno fare compagnia a chi era stato privato prematuramente della vita, senza motivo alcuno.

O forse, era solo lui stesso ad aver bisogno di quella compagnia inusuale.

Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto lì in silenzio, a rabbrividire per il freddo. Tutto quello che sapeva era che, all’improvviso, dei passi erano udibili nel silenzio, e nemmeno troppo distante da dove lui si trovava.

Aggrottò le sopracciglia, pensieroso. A quanto pareva, non era l’unico visitatore ai defunti, quella mattina. E la cosa strana era che, evidentemente, stava venendo proprio nella sua direzione.

Fu solo quando sentì i passi fermarsi proprio dietro di lui, che si decise a voltarsi, ormai convinto che non potessero esserci tutte queste coincidenze.

E quando lo fece, sgranò gli occhi, sorpreso.

Miyako Inoue lo fissava in risposta, con il suo solito sorriso solare sul volto, infagottata nel suo giubbotto e con le mani nascoste dai guanti. Visione così allegra, che sembrava creare uno strano contrasto con la pace e la malinconia di quel cimitero.

La ragazza rise sommessamente. “Spiegami come fai a non congelare, seduto sulla neve. E’ una delle tue assurdità, o devo preoccuparmi?” gli disse a bassa voce, come se avesse paura di distruggere l’atmosfera creatasi.

Per altri, la sua breve risata e la sua ironia sarebbero potute sembrare fuori luogo e insensibili. Ma per Ken, che la conosceva meglio di chiunque altro, e che la amava da tanto tempo, quella reazione era più che giustificabile e degna di gratitudine. Gli occhi scuri di Miyako, dietro ai suoi occhiali, corsero al nome sulla lapide per un istante, segno che aveva capito perfettamente chi il suo ragazzo stesse salutando: con tutte le probabilità, conosceva il suo stato d’animo e cercava di risollevargli il morale.

E di questo le fu immensamente grato, mentre la sorpresa di trovarla lì si mischiava a questo sentimento. Sorrise lievemente. “Come facevi a sapere che ero qui?”

Lei si strinse nelle spalle. “Beh, lo si poteva intuire, non credi?” ribatté con aria sicura. Quando Ken la fissò scettico, non potendo credere ad una cosa del genere, l’altra sospirò, sconfitta. “Ma, ovviamente, non l’ho intuito” ammise infine, facendo allargare il sorriso sul volto del ragazzo. “Ho chiamato a casa tua per chiederti a che ora io e la mia famiglia dovessimo venire da te per il pranzo di Natale, e tua mamma mi ha detto che eri venuto qui.”

Ken abbassò lo sguardo, ripensando al volto di sua madre quando lui le aveva annunciato la sua decisione di recarsi al cimitero. Aveva gli occhi umidi: era sicuro che lei soffrisse per la tristezza di suo figlio nel non passare la sua vita con Osamu. Era da tanto tempo che le cose erano cambiate: adesso, i suoi genitori avevano grande attenzione per lui, premurandosi in ogni momento che non avesse alcun problema.

“Non hai risposto alla mia domanda sullo stare seduti sulla neve in pieno inverno, comunque” continuò poi Miyako, scrutandolo con un’aria insieme curiosa e perplessa.

Il ragazzo scosse piano la testa, sul volto un piccolo sorriso malinconico. “E’ solo che… E’ strano pensare che adesso, in qualche modo, sono più alto di Osamu.” Le spiegò, sapendo che lei non lo avrebbe deriso per questo pensiero un po’ sciocco. “Quando se n’è andato, era più piccolo di me alla mia età attuale, e… Non so, l’ho sempre visto più alto di me. Non voglio che le cose cambino.”

La giovane annuì. “Metodo originale, non c’è che dire” gli disse. Poi gli sorrise, comprensiva. “Sai, ero venuta qui perché non volevo lasciarti solo qui a pensare al passato e ad essere triste, dato che hai questa strana tendenza a farlo. Però probabilmente hai solo bisogno di stare per conto tuo: quindi, ci vedremo più tardi, ok?”

Aveva parlato in fretta, e già si stava allontanando, quando Ken si rese conto di quello che stava per fare. Si alzò in piedi di scatto –le gambe erano praticamente insensibili- e le prese delicatamente il polso per fermarla. Ora che era lì, era più che sicuro di aver bisogno della sua presenza: la solitudine lo avrebbe davvero oppresso, lo sapeva bene, ormai.

“Ti prego, non andare” disse soltanto, quasi supplicandola. “Puoi restare, non è una cosa privata.”

Miyako lo fissò per un attimo, e probabilmente capì, dall’espressione dell’altro, che era meglio rimanere: sorrise, quindi –forse sollevata perché lui le aveva permesso di restare-. “Come preferisci, ovvio” rispose. “Anche se sono più contenta così: ti fa bene parlare con qualcuno, te l’avrò detto mille volte.”

Il ragazzo annuì, grato. Le cinse la vita con un braccio e la condusse di nuovo davanti alla lapide di Osamu. La sua foto li scrutava ancora, immobile.

“Vengo qui ogni anno, sai” le disse, mentre un’ondata di ricordi lo assaliva all’improvviso. “Ogni 25 dicembre sono qui a salutarlo. Mi sembra giusto che anche lui riceva degli auguri di buon Natale, dato che non può più festeggiarlo con noi.”

Miyako sbuffò leggermente, con aria triste. “Ken, quanto questo influisce sul tuo umore? Non stai ricominciando a pensare a cose spiacevoli, che ti tormentano la vita inutilmente, peraltro?”

Ken sapeva quanto la giovane fosse preoccupata per il fatto che lui ripensasse con vergogna e continuo senso di colpa agli eventi passati, e il suo cuore si riscaldò, sapendo che molte volte non meritava di avere accanto una persona tanto straordinaria. “Non preoccuparti, l’Imperatore Digimon non ha nulla a che vedere con questo” rispose, non senza una nota di amarezza nel pronunciare il nome che usava quando si era arrogato il diritto di governare sul Mondo Digitale, tempo prima. “Quando vengo qui, ripenso a tutti gli anni che abbiamo passato in compagnia… e soprattutto alla nostra vita quotidiana nel periodo natalizio.”

Il suo sguardo colore del mare si perse nei ricordi, mentre Miyako lo stringeva a sua volta, come per ricordargli che lei sarebbe stata lì a consolarlo nei momenti di tristezza. “Non ho ricordi molto nitidi: dopotutto, ero soltanto un bambino” continuò, lanciandole un’occhiata. “Ricordo soltanto che, anche a Natale, tutti i nostri parenti non avevano occhi che per Osamu: ribadivano, con orgoglio, che non esisteva ragazzino più geniale di lui. Era già considerato, in qualche modo, un uomo: non ha mai ricevuto come regali tanti giocattoli, il dono che più sembrava appropriato erano i libri. Aveva le librerie piene.”

Notò una smorfia sul viso della ragazza accanto a sé, e la fissò, perplesso. “Cosa c’è?”

Miyako scosse la testa. “Niente” rispose, nella voce una nota di indignazione. “Mi sto solo chiedendo perché nessuno si fosse accorto di quanto anche tu meritassi. Voglio dire, stiamo parlando di te o di Daisuke?”

Ken ridacchiò, arrossendo leggermente. Nonostante tutto il tempo passato insieme, ancora non si abituava a tutti i complimenti –decisamente esagerati, come suo solito- che la sua ragazza gli rivolgeva perennemente. “Beh… Andiamo, non… non diciamo sciocchezze, Miya” disse piano, distogliendo lo sguardo. Fece un cenno alla lapide davanti a loro. “Osamu era davvero un genio… e sicuramente meritava molto di più di me.”

La ragazza gli lanciò un ulteriore occhiataccia, ma decise di lasciar perdere. “Lo sai che ho una domanda che mi ronza in testa?” gli chiese invece piano, esitando. “Tuo fratello era felice di essere considerato il genio della casa, un uomo o quant’altro? Non si è mai sentito un po’ solo? Sembra abbastanza triste essere conosciuti da tutti principalmente perché si ha una mente brillante.”

Il giovane rimase per un attimo in silenzio, sentendosi ripetere una domanda che gli frullava in testa in ogni momento in cui pensava a suo fratello scomparso. Era davvero triste non poter conoscere pienamente la risposta. “Se vuoi risposte certe, temo di non potertele fornire” mormorò a testa bassa. “Ho solo supposizioni. Io… non credo che gli facesse piacere sul serio: era sempre di cattivo umore, alle volte mi rispondeva in maniera molto scontrosa. Non lo vedevo quasi mai ridere, sai: essere considerato un genio, e soltanto un genio deve aver raffreddato l’idea che dava al di fuori. Credo che lo facesse perché si sentiva sempre messo alla prova, paragonato ai suoi successi passati, alle aspettative di tutti.”

Il senso di colpa tornò a tormentarlo. Era arrivato, quando era piccolo, a desiderare che sparisse. Il suo essere piccolo e ingenuo gli aveva fatto credere che, per avere un po’ di attenzioni su di sé, per una sola, misera volta, si sarebbe abbassato a desiderare una tale meschinità.

Solo allora, dopo tanti anni, era arrivato a comprendere Osamu, finalmente.

“Che brutta situazione… Non sai quanto mi dispiaccia” disse Miyako, sconvolta dalla tristezza della cosa.

Ken si voltò a guardarla, negli occhi una luce malinconica. “Però non era sempre scontroso: certe volte riuscivo a rivedere quel fratello maggiore più sereno che era quando non avevo che pochi anni. E, il più delle volte, era proprio a Natale.”

L’altra sgranò gli occhi, sorpresa. “Aspetta un attimo” obiettò. “Hai detto tu stesso che i tuoi parenti non facevano che aggravare la situazione…”

Il ragazzo sorrise lievemente. “Mi dispiace, avrei dovuto essere più chiaro” si scusò. “Intendevo… dopo la cena della vigilia, quando tutti quanti erano tornati a casa. Solo allora mi accorgevo che Osamu davvero non voleva comportarsi male con me, che voleva recuperare tutti quei momenti in cui era costretto a reagire al carico di responsabilità che aveva sulle spalle.”

Gli pareva quasi di rivederlo, in quel momento: nonostante tutto il tempo passato, quelle immagini non ne avevano voluto sapere di andare via dalla sua mente.

“Si sedeva alla sua scrivania, e mi guardava mentre ammiravo i miei regali, per una volta incurante del fatto che fossero così piccoli e insignificanti rispetto a quelli di mio fratello. Lui sorrideva triste, senza dire nulla. E solo allora, quando notavo il suo silenzio, alzavo lo sguardo, chiedendogli se avrebbe voluto giocarci un po’. Lui, allora…” Il sorriso si spense, mentre si ripeteva che avrebbe dovuto capirle prima, quelle cose. “Lui allora scuoteva la testa, abbassava lo sguardo e mi diceva… che non aveva più avuto tempo per giocare da quando io e lui facevamo le bolle di sapone sul terrazzo.”

Calò un silenzio riflessivo per un lungo attimo.

“Quindi, mi stai dicendo che lui avrebbe voluto giocare invece di studiare?” chiese Miyako, nella voce tanto rispetto per il giovane Ichijouji defunto. Forse riusciva a capirlo anche lei, forse provava compassione per lui.

Ken annuì. “Ti sto dicendo che è stato obbligato a crescere troppo in fretta, e che forse, sì, sentiva davvero la mancanza della sana ingenuità dei bambini.”

“E perché proprio a Natale, con tutti i giorni che poteva scegliere?” chiese ancora lei.

Lui scrollò le spalle. “Non saprei. Forse perché in questo particolare periodo dell’anno si è più buoni, e quindi desiderava farmi capire che, nonostante tutto, la maschera che portava indosso non era il suo vero volto.” Sorrise di nuovo. “Alla fine, quando andavo a dormire, sentivo come se lui si fosse seduto piano sul mio letto. Fingevo di essere addormentato per qualche tempo, chiedendomi il motivo della sua presenza silenziosa accanto a me. Solo adesso credo di capire: probabilmente lui… voleva solo vegliare sul mio sonno.”

Avrebbe voluto capirle prima, quelle cose. Avrebbe tanto voluto questo. Ma era da quando le minacce a Digiworld erano cessate che aveva imparato a non pensare troppo a tutto quello che sarebbe potuto essere, se lui non avesse fatto determinate scelte.

Ora, il problema maggiore sembrava essere il luccichio preoccupante degli occhi di Miyako, che lo fissava in silenzio –cosa strana, per una ragazza come lei-.

Si diede dell’idiota, maledicendosi per averla rattristata. Si chinò a darle un leggero bacio sulle labbra. “Scusami” disse poi, asciugandole le lacrime. “Non avrei dovuto farti stare male: mi dispiace.”

“Non fare lo scemo” ribatté lei, facendo un respiro profondo e sorridendogli leggermente. “A quanto pare, non riesci proprio a non fare il paranoico: ti ho detto che mi fa piacere che tu ti confidi con me, te ne sei dimenticato?”

Ken ridacchiò, sollevato. “Meglio che andiamo a casa: ti ho rattristato abbastanza, per oggi.”

“Già, e credo che tua madre ci starà già dando per dispersi.”

Risero insieme per qualche istante, prima che il ragazzo tornasse serio.

“Potresti concedermi solo un attimo?” le chiese. “Ti raggiungo tra un istante.”

Miyako spalancò gli occhi; poi annuì e si allontanò, rispettando la decisione dell’altro.

Ken si voltò nuovamente verso quella foto, fissandola per secondi interminabili.

Per tutta la breve vita di suo fratello, non era mai riuscito a capirlo appieno.

Lo aveva invidiato, si era sforzato di capire perché lui si comportasse così male con lui, aveva voluto giocare con lui, fino alla sua morte.

Ma solo dopo tanto tempo, riusciva ad affrontare il suo sguardo enigmatico senza frustrazione.  

Il suo saluto. Il suo unico modo per essere vicino a suo fratello. Ecco cos’era recarsi lì ogni anno. Ecco perché, prima di ogni pranzo natalizio, riteneva opportuno fare compagnia a chi era stato privato prematuramente della vita, senza motivo alcuno.

Quel Natale, non faceva alcuna differenza dagli altri.

E di certo, non c’era momento migliore di recargli visita se non nell’anniversario dell’annuale dimostrazione di affetto nascosta di Osamu Ichijouji.

Sorrise.

“Buon Natale, Osamu-niisan” mormorò, certo che lui potesse sentirlo.

Si voltò e raggiunse Miyako, immobile ad aspettare il suo arrivo.

E mentre si lasciava quella tomba alle spalle, uguale a come l’aveva lasciata, immutabile negli anni, si rese conto che solo adesso sembrava davvero Natale.



Una piccola one-shot ispirata dal periodo natalizio... E anche da uno dei personaggi che mi interessano di più di Digimon: Osamu Ichijouji. Spero davvero che possa piacervi!!!
Buon Natale e Felice anno nuovo a tutti!!!!!

Padme Undomiel
   
 
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