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Autore: thyandra    19/04/2015    3 recensioni
Trigger warning: panic attack | gore | Tematiche delicate | Spoiler
[VinceAda]
“Vincent esalò un sospiro tremante, mentre quelle lame si muovevano, ancora serrate, a un soffio dalla giugulare di lei. Descrissero un arco ozioso, come prendendone le misure, e poi rifuggirono ancora, sfiorandole i capelli, giocando, fuggendo ancora, schernendo quasi quella pelle tiepida con la freddezza del metallo, le vene e le arterie pulsanti, calde, appena sotto il suo tocco, alla sua piena e fidata mercé. Quel calore gli ribollì nelle vene; un brivido ubriaco, una follia lucida, quella corruzione d'un istinto, e si sentì in trappola.
Tagliò. ”
[Alternate ending | Diverging from canon – post retrace 103]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ada Vessalius, Vincent Nightray
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Vertigini annegate nel rosso



Dita guantate ed erratiche si mossero, leggere come fantasmi, a meri centimetri dal calore della pelle di lei. Lo percepirono, lo bramarono, attraverso il sottile strato di stoffa che ricopriva la propria carne, fremendo d'anticipazione, desiderose d'indugiare in quel tepore, per abbandonandovisi e dimenticare se stesso; si costrinse a mantenere il controllo, mentre la mano sinistra trovava il freddo metallo delle proprie forbici intarsiate e con la naturalezza derivata dall'abitudine alla solitudine le dita scivolavano con grazia attorno ai manici. Assaporò la familiarità di quella fitta che coglieva di volta in volta la parte sinistra del suo petto, quasi ad anticipare l'affilatezza di quelle lame inclementi sulla propria carne, prima di ferire quella altrui; godendo, persino, di quella fredda imitazione d'un brivido, chiamandola sentimento: vibrando insieme a quel fasullo ardore, restando, dopo, più freddo di prima. Solo.

Vincent esalò un sospiro tremante, mentre quelle lame si muovevano, ancora serrate, a un soffio dalla giugulare di lei. Descrissero un arco ozioso, come prendendone le misure, e poi rifuggirono ancora, sfiorandole i capelli, giocando, fuggendo ancora, schernendo quasi quella pelle tiepida con la freddezza del metallo, le vene e le arterie pulsanti, calde, appena sotto il suo tocco, alla sua piena e fidata mercé. Quel calore gli ribollì nelle vene; un brivido ubriaco, una follia lucida, quella corruzione d'un istinto, e si sentì in trappola.

Tagliò.

Un singulto sorpreso eruppe dalle labbra rosee e piene di lei, e Vincent ne osservò il tremito con occhi sgranati, quasi al rallentatore, e percepì qualcosa rompersi definitivamente dentro di sé; riuscì quasi a sentire ancora l'eco della maledizione di Demios, la risata folle e deliziata di Miranda che penetrava prepotente nelle sue orecchie, sottomettendolo, ad accompagnare l'ultima sua vittima, l'ultimo capo a svettare nella propria collezione d'anime perdute: aveva un occhio d'abisso e l'altro di sangue.

Vincent seppe in quel momento d'aver rotto l'ennesima bambola, ma il sorriso di questa, il sorriso di Ada, le restava sulle labbra di porcellana, il proprio nome non detto da quella bocca di rosa, innocente, il cui sapore non aveva neanche mai assaggiato, men che meno corrotto. Ma sangue la macchiava, adesso, e Vincent comprese che era il proprio, perché le bambole non sanguinavano, ma lui invece sì. Il proprio occhio corse dietro al rosso sgorgante dalle proprie dita divaricate, a colorargli le mani guantate di perversione, di solitudine, a infiammarle con quella firma maledetta, gocciolante d'inevitabile rosso, mentre l'ebrezza moriva e lasciava il posto al gelo, freddo come quelle lame, freddo come la delusione, il rimpianto e la dannazione, e si rendeva conto di averlo fatto di nuovo, di averle ceduto una volta di troppo, quell'unica volta in cui non avrebbe dovuto. Il suo rimpianto maggiore l'aver sottratto per sempre il calore di quella pelle.

Le forbici gli scivolarono dalle dita e caddero a terra con un rumore metallico che lo assordò. Vincent sentì l'aria venirgli meno ai polmoni, mentre la sua visione s'offuscava, prendeva una scia rossastra che gli dava la nausea, e lui e non poteva più respirare, c'era un peso sul suo petto a bloccare l'aria, e annaspava, disperato, freddo, e l'aria non arrivava, non sarebbe più arrivata, sarebbe morto, come lei, morto solo, e i polmoni gli bruciavano, e c'era ancora quella fiamma a dannarlo, a lambire quella pelle per gioco senza mai baciarla, e Vincent sentiva i propri polmoni cedere, mentre li sentiva bruciare per lo sforzo, ancora rosso a perseguitarlo e lui non voleva più vedere-- Non dopo che lei--

Vincent non notò le lacrime agli angoli dei propri occhi fino a quando un paio di dita sottili, calde, non le asciugarono con delicatezza. Non sentì le braccia intorno alla propria figura tremante fin quando il proprio respiro non tornò regolare, per poi venirgli rubato ancora, crudelmente, quando realizzò a chi appartenessero, quelle braccia che lo tenevano saldo, impedendogli di andare in pezzi, e un nuovo calore s'espanse dal suo cuore, ed era sollievo. Sollievo e fiducia.

Ada lo strinse più forte a sé, percependo il cambiamento nel suo respiro, mentre con una mano disegnava cerchi gentili sulla sua schiena scossa dai tremiti e lo rassicurava con la sua sola presenza.

Viva.

Vincent batté le palpebre, mentre la realtà tornava al proprio posto sotto i propri occhi. Niente sangue sul pavimento, solo bionde ciocche lucenti accanto a quelle forbici maledette dal proprio tocco. Batté di nuovo le palpebre più lentamente, incredulo, già prossimo alla speranza prima ancora che il suo cuore smettesse di aggrapparsi alla disperazione, e alzò gli occhi alle iridi verdi di lei.

Ada sorrise di una gioia genuina che le colorò ancora le guance di rosso, ma di un rosso diverso. Vincent guardò il suo sorriso, non sapendoselo spiegare, non sapendolo contrattaccare, e si risolse deliberatamente sconfitto, quando i propri occhi peccatori si posarono sui capelli che le incorniciavano il viso, una cascata bionda e lucente adesso perfettamente simmetrica, tagliata dalla stessa mano avvezza solo a ferire: la propria.

Incontrò ancora lo sguardo di lei, ma non seppe reggerlo a lungo, appurando la mancanza di giudizio che abitava quelle pozze verdi, incapace di fronteggiare un sentimento sincero, incorruttibile; ma fermamente risolto ad abbandonarvisi, le forbici dimenticate sul pavimento di marmo, ora strumento di perdono.

 

 

 

 

 

 

 

L'angolino di thyandra: Salve a tutti e grazie per aver letto questa storia.
Quella che avete appena (si spera) letto era nata come una alternate ending collocabile da qualche parte nel post retrace 103, ergo la If, anche se poi alla fine ha preso una strada tutta sua. Lo so che non è granché e che è anche troppo self-indulgent, però... Dopo un finale che probabilmente solo io ho trovato un po' stentato per questo bellissimo manga, sentivo il bisogno di mettere la parola “fine” a modo mio a quel che sento tuttora essere uno dei grandi buchi che Pandora si è lasciato dietro. Sigh. Dico solo che mi sarebbe piaciuto leggere di una redenzione un po' diversa, con un Vincent che smette di decidere egoisticamente cosa è bene per gli altri, un Vincent che non nega Ada. Un Vince che lotta per conquistarsi la sua normalità, il suo perdono, invece di fuggire. Così mi sembra solo di gettare alle ortiche il ruolo di Ada nella storia ;-;
Spero che qualcuno possa aver apprezzato questa lettura, in ogni caso. Se così fosse, sappiate che questa breve shot è un po' la figlia e un po' la sorella di un'altra introspezione simile che avevo scritto precedentemente su Vince, che trovate qui
If not, beh, vi ringrazio per aver aperto questa storia e vi invito comunque a farmi sapere la vostra opinione con una recensione. Chissà, magari potreste convincermi a continuare a scrivere in questo fandom, perché senza una spinta io di sicuro non ci riuscirò più
Un bacione,
thyandra
  
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