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Autore: Madam Morgana    19/04/2015    5 recensioni
In una generazione all'avanguardia, il futuro dipende solo dalla tecnologia, ed alla famiglia Walker è appena arrivata la Scatola.
Quella che attendevano da tempo, quella che rivoluzionerà la loro vita.
Tutti sono entusiasti, eccetto la loro primogenita: Amira.
Perchè a lei, Ottocentodiciannove, non piace proprio, ed il fatto che i suoi fratelli abbiano deciso di dargli un nome diverso non l'entusiasma affatto.
I suoi occhi sono azzurri, la sua pelle perfettamente bianca, i capelli troppo biondi.
Non vuole avercelo per casa. Non osa immaginarsi la vita, da ora in poi, con lui tra i piedi.
Non osa immaginarsi la vita, d'ora in avanti, con un robot in giro per casa.
Dal testo:
«E' bellissimo papà!» esclama Edward, aggrappandosi alla gamba dell'androide.
«E' spaventoso» è l'unica cosa che riesce a dire Amira, guardando l'umanoide davanti a lei. Certo, è bello e questo non lo può escludere, ma la somiglianza ad un vero essere umano la spaventa tantissimo. Con quei capelli finti e biondi, le palpebre chiuse ed il bottoncino rosso sul lato sinistro del petto.
Genere: Malinconico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.






In famiglia, oggi, c'è un gran trambusto.
Non che sia una novità, per i Walker. Solitamente la mattina, soprattutto, c'è sempre un gran tumulto perché Scott deve recarsi a lavoro e sua moglie gli prepara sempre la colazione.
I suoi tre figli, poi, scendono giù dal letto a causa della forte fragranza del caffè che s'imprime nelle pareti ed infine percorrono le scale per recarsi in cucina, senza contare che devono recarsi anche a scuola.
La famiglia Walker ha sempre avuto da fare, non è mai stata con le mani in mano, ovviamente, ma oggi è diverso il fermento che aleggia in casa.
Finalmente è arrivato il Pacco.
Lo stavano aspettando da due settimane, o almeno solo Scott sua moglie ed i suoi due figli, la terza un po' meno.
Eleonor guarda la provenienza della scatola: Department of Science and Tecnology of Sydney.
I suoi occhi brillano, così come quelli di Scott che sembra più eccitato di lei.
Loro figlio Edward – un paffuto bambino di soli nove anni – saltella in giro per casa continuando ad urlare “è arrivato, è arrivato” che sicuramente anche i vicini hanno capito di cosa si tratta.
Sostanzialmente almeno ogni casa deve ricevere quel Pacco. Perché ormai il secolo all'avanguardia permette di risparmiare su tantissime cose, ed all'interno del Pacco ci sarà la salvezza dei Walker.
Scott non dovrà più pagare per la domestica, Edward e Tyson avranno quello che tanto vogliono, e la loro vita sarà perfetta. Tutti sono entusiasti, tranne Amira che se ne sta in disparte, a masticare la sua gomma tra i denti facendola scoppiare una volta gonfiata.
Le braccia incrociate al petto di chi non ha nulla di entusiasmante da vedere, la consapevolezza che prima o poi si stancheranno. Perché, in fondo, tutti si stancano di tutto prima o poi.
«Amira, tesoro, vieni dai che tra un po' tuo padre apre la Scatola!» gli occhi di Eleonor che divampano di gioia, mentre Edward ha raccattato suo fratello, trascinandolo dalla cucina. Entrambi sono abbastanza piccoli, ma sanno bene cosa c'è dentro la Scatola.
«Allora, come vi sentite? Siete tutti pronti? Da oggi la nostra vita cambierà, lo sapete no?» esclama Scott, entusiasta, tutti rispondono con un “sì” cantilenato in coro, anche sua moglie che ormai non è più una bambina.
«Perché non apri quella dannata Scatola? Così la fate finita una volta per tutte!» Amira guarda la Scatola che poggia sul tappeto del salotto, mentre Edward e Tyson annuiscono all'unisono, sicuramente più felici di lei.
« Non sei felice, Amira?» chiede suo padre, sapendo che alla figlia mai nulla è andato bene. Difatti questa scrolla le spalle, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto, tornando a masticare la sua gomma alla fragola.
« E' solo un ammasso di ferraglia papà, state facendo troppo baccano, oggi è Sabato ed i vicini non lavorano. Dovreste fare meno casino!»
«Vero, ma oggi è il nostro turno, no? Non sei felice che anche noi possiamo permettercelo, adesso?» continua Scott, marcando la cosa. Ma ad Amira, comunque, non frega granché. Per lei quei soldi spesi, poteva pure risparmiarseli.
«Indifferente» continua lei, ancora una volta scrolla le spalle.
«Oh, andiamo Scott, apri la Scatola!» sua madre non sta più nella pelle, la vede sorridere poi battere le mani e saltellare. Tra lei ed i suoi fratelli non c'è granché di differenza se non che quelli si girano intorno ad una fascia d'età che non supera i tredici anni, mentre lei ormai ne ha quaranta.
Ed allora, Scott, esausto anche lui dell'attesa, annuisce chinandosi sul Pacco.
Con attenzione lascia scorrere tutto lo scotch intorno al perimetro della Scatola, mentre Tyson ed Edward si allungano di poco per vederne il contenuto.
Eleonor fa lo stesso, mentre Amira rimane impassibile.
Una volta tolto il nastro, Scott toglie via il cartone in eccesso,ed infine ammira l'interno.
I raggi solari lo illuminano.
«Presto Eleonor, aiutami ad alzarlo» e lei subito, Eleonor, pronta ad avanzare per aiutarlo. Lo priva dell'involucro trasparente ed insieme lo mettono in piedi. Dalla Scatola sbuca fuori un biglietto, che probabilmente allegano ogni qualvolta ne mandano uno.
«Allora papà? Cosa dice? Dai cosa dice?» Tyson si mette in piedi, saltellando nella speranza di poter arrivare a suo padre, nonostante l'altezza che li differenzia è parecchia. Questi china di poco le braccia per far leggere al figlio il contenuto.
«Visto figliolo? Ci ringraziano per aver scelto il dipartimento di scienze e tecnologia di Sydney»
Edward e sua madre stanno già ripulendo il tappeto, mettendo via l'involucro trasparente e la scatola.
La famiglia Walker, tranne Amira, guarda entusiasta il suo nuovo arrivo.
«Ci hanno dato anche il manuale d'uso, ma non credo servirà considerando ch'è già montato» esprime il capo famiglia.
Un robot nuovo di zecca. Un robot nuovo di zecca alla famiglia Walker. Finalmente è il loro turno.
E sono entusiasti loro, considerando che tutto il vicinato ne ha già uno. Scott lo guarda, e deve proprio ammettere ch'è perfetto, somiglia tantissimo ad una persona vera! E' meraviglioso. L'unica pecca è di averlo ricevuto nudo, ma non sarà un vero e proprio problema considerando che a Scott avanzano vestiti ormai stretti.
«E' bellissimo papà!» esclama Edward, aggrappandosi alla gamba dell'androide.
Eleonor annuisce, schioccando un bacio sulle labbra del marito, mentre Tyson emette un verso d'indignazione riguardo ai genitori che ancora si sbaciucchiano davanti a loro.
«E' spaventoso» è l'unica cosa che riesce a dire Amira, guardando l'umanoide davanti a lei. Certo, è bello e questo non lo può escludere, ma la somiglianza ad un vero essere umano la spaventa tantissimo. Con quei capelli finti e biondi, le palpebre chiuse ed il bottoncino rosso sul lato sinistro del petto.
E' spaventoso” si ripete, che forse in un secolo così all'avanguardia produrre queste cose rende la gente felice.
Ed è triste pensare che tantissime persone perderanno il lavoro, negli anni a venire, essendo sostituiti da questi personaggi robotici. Amira non approva la cosa, ma chi è lei per cambiare il parere delle persone? E' pur sempre una ragazzina di diciassette anni.
«Tu sei spaventosa!» esclama Tyson, riportandola alla realtà.
Dal canto suo esce fuori la lingua, ed il fratello ricambia nel modo più buffo possibile.
«Basta ragazzi! Adesso lo accendiamo!» a quella frase tutti tacciono, compresa Amira.
Scott pigia il bottone rosso all'altezza del petto, e dopo pochi secondi questi spalanca gli occhi che si rivelano essere di un blu oltremare.
«Modello numero ottocentodiciannove, seicentodiciannovesimo inviato dalla Department of Science and Tecnology of Sydney, ritrovamento attuale Sydney. Condizioni fisiche: stabili. Batteria: 100%, durata massima dodici ore, prossimo riavvio tra dodici ore.»
Nessuno parla, tra i presenti, gli Walker se ne stanno nel più religioso silenzio, ascoltando la tiritera che l'umanoide si appresta a dire, un po' come una filastrocca che gli hanno inculcato nella mente.
Non appena termina ciò, sbatte le palpebre più volte, un cigolio metallico che proviene dai suoi piedi lascia comprendere a Scott che sa muoversi perfettamente.
L'essere avanza verso di lui, sbatte nuovamente le palpebre «Salve, sono Ottocentodiciannove, grazie per aver scelto il Department of Science and Tecnology of Sydney, sarò lieto di rendermi utile. In cosa posso servirla, signore?»
La felicità di Scott nell'avere qualcuno, adesso, in grado di poterlo aiutare è palpabile. Eleonor ha smesso di parlare da tempo, ormai, completamente affascinata dall'umanoide. I suoi figli leggermente sbigottiti ma felici al tempo stesso «Oh, è un piacere averti tra di noi, Ottocentodiciannove. Io mi chiamo Scott, e questa è mia moglie Eleonor, mio figlio Edward e mio figlio Tyson» che forse presentare la famiglia è anche giusto, secondo Scott. Stringe i suoi cari mostrandoli come la cosa più preziosa.
L'umanoide li osserva, mentre fa uno scan interiore per collocare volti, età e tutto ciò che deve sapere.
Lentamente, poi, volta il capo. I suoi occhi cristallini, adesso, osservano Amira, che – a differenza dei suoi consanguinei – non si è presentata. E' che a lei, non piace quel coso. Perché non può etichettarlo in altro modo. E' solo un oggetto a cui è stato insegnato l'alfabeto e dato un cervello artificiale, niente di più. Non ha nemmeno un cuore che batte.
«Ah, lei è mia figlia Amira» Scott si avvicina a lei, stringendola dolcemente. Questa sbuffa un po', continuando a ruminare la sua gomma tra i denti perdendosi negli occhi del robot.
«Lieto di conoscerla, Miss. Sono Ottocentodiciannove grazie per aver scelt – »
«Lo so chi sei, e non c'è bisogno di ripetere tutta la tiritera, una volta basta ed avanza!» esclama, forse già stufa del nuovo intruso.
Sale le scale, abbandonando il salotto, entrando poi nella sua stanza sbattendosi la porta alle spalle.
La sua vita è già abbastanza complicata, considerando che in casa sono già in cinque. La presenza di quel coso di certo non passerà inosservata, considerando che passeggerà tra le stanze come se nulla fosse.
Ed a lei non va bene, ad Amira non va bene avere un robot in casa che farà tutto quanto, a partire dalle faccende che svolge sua madre per poi passare a risolvere gli affari di lavoro di suo padre, per non parlare che magari giocherà insieme a Tyson ed Edward come una persona normale.
Pazzesco!
Amira affonda la testa nel cuscino, già esausta nonostante siano solo le otto di un Sabato mattino.
Non può sopportare tutto questo, perché la sua vita è già complicata, con la sua famiglia sempre troppo stressante, ed il suo ragazzo: Josh. Così distante, schivo e per niente apprensivo, ma che comunque ama. Ora, come se non bastasse, arriva un fantoccio di metallo a complicargliela ulteriormente, quella cazzo di vita.
Spera solo di avere abbastanza forza in grado da fronteggiare contro tutti, altrimenti non le resterà che crollare, nonostante non sia la tipica ragazza che si abbatte facilmente.
Intanto, Josh lampeggia sul cellulare.
«Pronto?» la voce di Amira leggermente frustrata.
«Ehi, cosa c'è che non va?» Josh, dal canto suo, lo nota. Perché ormai conosce bene Amira e capisce quando c'è qualcosa che non va.
«Indovina un po'? Ai miei è arrivato il rottame. Non fanno altro che gioire, sono felice tu mi abbia chiamato»
«Ho appena finito l'allenamento di lacrosse. Ti va se passo a prenderti? Ce ne andiamo al cinema, poi magari ti fermi a casa mia»
Lei rotea gli occhi, accenna un flebile sorriso e poi si morde le labbra, che forse le proposte di Josh sono l'unica cosa di cui essere realmente entusiasti, nonostante il loro rapporto sia cambiato. Almeno lui è reale ed ha un cuore che batte.
«Oddio amore, sei sempre così – » ma non finisce la frase che la porta richiama la sua attenzione: qualcuno sta picchiando la mano su di essa.
Amira scatta in piedi, mentre sistema approssimativamente i capelli folti castani.
E vorrebbe tanto urlare quando, nell'aprirla, si ritrova davanti l'umanoide in tutto il suo non-splendore.
«Josh, ti richiamo io!» esclama, mentre riattacca al suo amato.
«Cosa c'è?» ringhia, mentre incrocia le braccia al petto guardando dall'alto in basso l'essere che ha davanti.
Dal canto di questi, si permette di scansionare la figura di Amira, che ancora non ne aveva avuto l'occasione.
« Miss, sua madre voleva chiederle se gradisse la minestra, per questa sera, inoltre dovrei dare uno sguardo alla sua finestra, suo padre mi ha detto ch'è rotta» ed Amira stringe i pugni, digrigna i denti e manda giù un groppone formatosi all'altezza della trachea.
Si sposta per lasciarlo entrare, poi si stende nuovamente a letto osservando il soffitto sopra di sé.
Ottocentodiciannove, invece, apre la finestra. Le sue dita chiare che tastano il perimetro dell'infisso mentre cerca di trovare il problema riportato da Scott.
«Comunque non voglio la minestra, non mi piace. E se stai cercando la riparazione da fare ti dico subito che l'ho fatta io, di già, almeno una settimana fa. Che mio padre è troppo indaffarato per darmi una mano, e tu sei arrivato solo oggi, dunque...»
L'essere annuisce, fa per andarsene via quando Amira lo chiama «Aspetta!»
Lui si volta, con cigolii metallici che provengono dai suoi piedi «Non ti dispiacerà prendere la mia roba sporca vero?» esprime lei, con un ghigno di malizia. Afferra poi i panni sporchi, che comprendono slip, reggiseni e calzini ed infine le ripone nelle braccia dell'essere.
«Ah, Ottocentodiciannove, li voglio brillanti. Chiaro? Bril-là-nti!» lui annuisce, poi avanza verso la porta e, prima di richiudersela alle spalle fa un piccolo inchino davanti la sua padroncina «Come desidera, Miss»
Percorre poi le scale, con ancora i vestiti tra le braccia.
Eleonor l'avverte, così si volta, notando i panni sporchi della figlia.
«Ma cosa?! Ehi, questi doveva lavarli lei!» esclama, forse indignata del comportamento assunto da sua figlia. I panni se li è sempre lavati da sola, cose troppo intime in fondo.
L'umanoide sbatte le palpebre due volte, mentre se ne sta impalato davanti la signora – intenta a lavare i piatti sporchi.
«La Miss mi ha detto di dirle che lei non gradisce la minestra, inoltre la finestra è stata riparata da lei, poi mi ha detto di lavarle i panni sporchi»
«Ottocentodiciannove, lascia stare i panni e resta un po' con Edward e Tyson, non mi va di lasciarli soli considerando che tra un po' esco con Amelia, una mia cara amica. Mio marito è andato in giro, Amira rimarrà a casa ma sicuramente resterà a parlare con Josh, il suo ragazzo. Edward e Tyson sono ancora troppo piccoli, ed allora bada a loro due. I panni li laverai quando tornerò io, intesi?»
Lui annuisce e, «Come desidera, Madam» esce dalla cucina per dirigersi in bagno, dove posa i panni in una grande cesta già piena di vestiti sporchi.
Trova i due figli della sua padrona a giocare sul tappeto del salotto, con modellini di aeroplanini telecomandati e piccole macchinine rosse.
I due, notandolo, smettono di giocare ma, a differenza di Amira, lo guardano con amore e dolcezza. Troppo entusiasti di avere un nuovo amico.
«Scusate il disturbo, signorini, ma vostra madre mi ha – »
Edward si alza in piedi, afferrando una macchinina da terra, poi avanza verso l'androide e, sorridendo, si aggrappa alla sua gamba «Vuoi giocare con noi?» chiede, con occhi pieni di gioia.
«Ne sarei lieto, signorino» esprime Ottocentodiciannove, seguendo il suo padroncino verso il tappeto.
Tyson ed Edward lo fanno sedere insieme a loro, dandogli qualche macchinina che lui lascia scorrere sulla texture del divano.
«Hai mai giocato con le macchinine, Ottocentodiciannove?» chiede Tyson, visibilmente turbato dal fatto che il robot non muova la macchinina ma, bensì, l'osserva scansionandola.
Questi sembra uscire dal suo stato di trance, ruota di poco la testa ed infine sbatte due volte le palpebre per mettere a fuoco la figura del bambino.
«No, sarei felice di imparare a giocare» ed a quell'affermazione Edward scoppia a ridere, divertito, mentre batte le mani. Che forse trova più divertente giocare con il nuovo amico piuttosto con le macchinine prive di vita.
Ed insieme al fratello, poi, insegnano al robot tutto quello che si deve sapere sul giocare insieme. Addirittura gli mostrano come telecomandare l'aeroplanino, nonostante sua madre li abbia sempre rimproverati, che proprio farlo volare in una stanza chiusa non è un bene, si finisce con il rompere sempre qualcosa.
Però, ad Ottocentodiciannove, tutto quello piace. Piace il modo in cui l'oggetto si alza prendendo il volo, le ruote della macchina che sfrecciano sul tessuto del tappeto, i sorrisi dei suoi padroncini ed anche la spensieratezza che dimostrano.
Scansiona le loro emozioni: “stato attuale: felici” e li memorizza così.
Quando poi terminano il gioco, Ottocentodiciannove s'alza in piedi, tendendo le mani verso i bambini «Non avete ancora fatto colazione, considerando che sono già le undici del mattino non mi sembra più consono farla, ma posso prepararvi uno spuntino» esprime, sbattendo le palpebre. I suoi occhi blu che fissano i bambini, ora felici.
«Davvero? Yeah, che bello!» la felicità di Tyson è palpabile, che forse chiederà un immenso frappè al cioccolato, magari accompagnato da qualche biscotto.
«Cosa gradireste mangiare?»
«Per me del latte con biscotti!» urla Edward, quasi come se il robot non riuscisse a sentirlo, mentre, invece, è tutto il contrario.
«Io voglio il frappè al cioccolato e dei biscotti!» sentenzia invece Tyson.
E l'androide si dirige in cucina, mentre tiene le mani dei ragazzi. Li fa accomodare sulla sedia e poi rovista dentro il frigo alla ricerca del latte.
«Ehi, Ottocentodiciannove?» Edward fa dondolare i piedi, mentre stringe i pugnetti battendoli sul tavolo. Gonfia poi le guance, simulando una smorfia carina.
«Sì, signorino?» le mani dell'androide che fanno scivolare il ghiaccio dentro il frullatore, pronto ad azionarsi. Si volta, dando una rapida occhiata ai bambini, assicurandosi che stiano bene.
«Visto che sei amico mio e di Tyson, ti piacerebbe avere un nome?» ed Ottocentodiciannove li guarda, con quel blu che sembra accendersi.
«Un... nome?»
«Sì, un nome da... umano. Come il mio e come quello di Tyson, capisci?» continua Edward, cercando di spiegare quanto meglio può nonostante i suoi nove anni.
«Nessuno me ne ha dato uno» perché Ottocentodiciannove è sempre stato Ottocentodiciannove, solo questo.
«Però a te piacerebbe?» dice Tyson, appoggiando l'argomento del fratello.
«Sì, mi piacerebbe, signorino» sentenzia infine lui, che forse non aveva mai valutato l'essere reputato come umano e, come tale, avere un nome.
«Perfetto! Allora da oggi ti chiamerai Luke! E sarai nostro amico» Edward batte le mani, felice del nome. Tyson annuisce freneticamente.
«Luke?» esprime l'androide, mentre dentro se aziona la scansione per non dimenticarsi quel nome appena ricevuto.
«Esatto, dunque da oggi non dovrai più presentarti come Ottocentodiciannove, va bene?»
E lui annuisce, perché forse non è male avere un nome, nonostante lui sentimenti ed emozioni non ne abbia. Ma avverte una strana sensazione, dentro se, tra i suoi ingranaggi.
«Luke» si ripete, rovesciando dentro il bicchiere il frappè appena fatto.
«Sì, Luke!» i due bambini, entusiasti, l'osservano.
Ognuno di loro, poi, riceve il suo spuntino ed infine Luke si accomoda accanto a loro, osservandoli mangiare.
«Grazie per averci preparato la merenda, Luke!» sentenzia Edward.
E Luke è lì, con il tovagliolo in mano, pronto a pulire le labbra sporche del suo padroncino.
«Grazie a voi per il nome»
«Ormai sei nostro amico!» esclamano.
E Luke metabolizza anche quella parola, mentre i suoi occhi cristallini osservano la felicità delle piccole cose.
Sono passate poche ore dal suo arrivo, ma in un certo senso si sente al posto giusto. La famiglia Walker è la sua famiglia, adesso.
 
 
SBAAAAAAAAAM

 
Amori miei cari, sono sempre io la vostra sclerotica preferita (ma quale preferita Morgana, levati)
beh a parte la mia vocina tra parentesi, allora che dire?Ebbene sì, ho cominciato un'altra storia
perché molte di quelle che sto scrivendo, in realtà, le ho già finite. Rispetto solo i calendari di
pubblicazione ma comunque sono terminate, prendi
Nascosto nel Buio, ad esempio, che ormai
l'ho finita di scrivere da tantissimo tempo.Comunque bando alle ciance.
E' la prima volta che mi introduco in ambito science-fiction, e spero ci stia riuscendo.
Diciamo che Luke è particolare, qui.
Secondo voi riuscirà Amira ad accettarlo? Cosa ne pensate della storia? Vi prende? Mi auguro vivamente di sì.
Spero di poter leggere le vostre opinioni a riguardo, perché ci tengo davvero ed inoltre vorrei sapere cosa ne pensate.
Detto questo vi lascio con la foto di alcuni personaggi!

 
Madam Morgana
   
 
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