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Autore: La_Folie    19/04/2015    1 recensioni
Che cosa succederebbe se una giovane ragazza italiana vincesse una borsa di studio per andare a studiare in Inghilterra e realizzare il suo sogno?
Questo è il caso di Giulia che decide di accettare il suo destino e di mettersi alla prova andando a vivere a Londra e di Jamie, la cui vita verrà stravolta da qualcosa di inaspettato.
Amici, alcool, feste, premiere, viaggi, sfilate di moda, musica e cinema sono all'ordine del giorno per Jamie.
Musica, danza, cinema, teatro e scuola sono la vita di Giulia.
Ma allora come faranno a scontrarsi due mondi così differenti, ma anche così simili?
Che cosa li porterà ad odiarsi e poi ad amarsi?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jamie Campbell Bower, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Quando due mondi differenti si scontrano

Reating: Arancione

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Autore: La_Folie

Avvertimenti: //

Genere: Romantico, Sentimentale, Malinconico.

Coppie trattate: Het

Disclaimer: Questo mio scritto non è assolutamente a scopo di lucro.





 
 
Quando due mondi differenti si scontrano


PROLOGO

Non potevo credere che quello che mi stava accadendo fosse reale: io, una normale ragazza di città, avevo vinto una borsa di studio per andare a studiare Musical Theatre al West End di Londra.
Dopo essermi allenata duramente per un anno intero in quel settore, aver fatto sacrifici, aver studiato duramente per dare il mio ultimo esame ed essermi esibita nello spettacolo di fine anno dell'accademia che frequento, la direttrice della scuola mi aveva chiamata sul palco dandomi un attestato e una busta bianca che, una volta aperta, vidi che conteneva tre biglietti di andata e ritorno per Londra della durata di tre mesi ognuno. Allora Hannah aveva annunciato a tutto il pubblico che avevo vinto una borsa di studio, con volo, vitto, alloggio e accademia pagati, della durata di nove mesi. Sarei dovuta partire agli inizi di settembre per andare a studiare Musical nella città più famosa al mondo per la quantità di teatri presenti sul suo territorio ed io non stavo più nella pelle.
Avevo deciso di andare a vivere insieme ad una famiglia inglese per apprendere meglio quella lingua di cui io ne ero follemente innamorata e non a caso studiavo proprio in un'accademia dove le insegnanti erano inglesi e che a volte ci facevano lezione in lingua!
La settimana che precedette la mia partenza fu la più difficile di tutte: dovetti fare un giro di chiamate per salutare tutti i parenti, poiché non li avrei potuti sentire per quasi un anno intero, passai quasi ogni giorno con le mie migliori amiche e quando tornavo a casa impazzivo per fare le valigie, sperando di non dimenticarmi niente a casa e nel frattempo fremevo per ciò che mi attendeva al di là delle alpi italiane.

Così quando quella mattina atterrai all'aeroporto di Heathrow non vedevo l'ora di cominciare con la mia nuova vita.
Appena uscita dal gate vidi delle persone venirmi incontro: erano un uomo alto, magro, con i capelli bianchi e gli occhi nocciola chiaro, e una donna bionda con gli occhi azzurri e di media statura ed erano coloro che per i successivi nove mesi sarebbero stati la mia famiglia.
«Good morning, Mr. and Mrs. Bower. I'm Giulia Matteucci. I'm glad to meet you and thank you for agreeing to host me in your home.» Li salutai presentandomi e ringraziandoli per aver acconsentito ad accogliere una perfetta sconosciuta in casa loro. Naturalmente arrossì dalla testa ai piedi poiché nonostante il mestiere che avevo deciso di intraprendere ero rimasta una timidona di prima categoria.
«Welcome in our family, Giulia. I'm David.» Disse il Signor Bower sorridendomi cordiale.
Vedendo l'uomo che avevo di fronte in difficoltà a pronunciare il mio nome, feci ciò che mi ero riproposta di non fare fin da quando avevo scoperto che sarei dovuta partire per Londra, ovvero permettere loro di chiamarmi con la versione inglese del mio nome e quindi dissi loro: «If for you is more simple, you can call me with the english version of my name, Juliet.»
La donna al suo fianco mi sorrise visibilmente sollevata e poi si complimentò con me per il mio inglese, anche se penso di conoscerlo realmente poco. La mia fortuna è stata quella di aver frequentato un liceo linguistico per quattro anni, ma dovendomi trasferire stabilmente in Inghilterra, ho dovuto dare anche gli esami di maturità con un anno di anticipo e quindi ora mi ritrovo a poter e dover frequentare, oltre alle lezioni di Musical, una specie di college per completare il mio percorso di studi.
«Thank you Mrs. Bower.» La ringraziai arrossendo.
«Oh, call me Anne.» Mi disse sorridendo.

Dopo aver preso le valigie, il Signor Bower mi aiutò a caricarle nella loro auto, una splendida Audi A7 grigia scuro, per poi entrare in macchina e partire per andare a Londra.
Durante tutto il tragitto, il quale durò circa mezz'ora, i Signori Bower mi parlarono della loro famiglia e delle loro vite: il Signor Bower o David, come mi aveva pregato di chiamarlo, lavorava per la Gibson Guitar Corporation, mentre la moglie era una manager dell'industria musicale e aveva lavorato anche con i più grandi artisti della musica internazionale. In sostanza non c'erano quasi mai in casa e spesso si assentavano anche per giorni interi. Mi dissero di avere due figli entrambi maschi e che uno dei due aveva un anno in più di me, mentre l'altro aveva quasi sette anni in più di me.
Il figlio più piccolo, Samuel, frequentava il college a Copenaghen e in questo periodo era a casa per le vacanze estive e sarebbe dovuto ripartire per la Danimarca a ottobre.
Il maggiore dei due, invece, viveva in un appartamento al centro di Londra e aveva già cominciato a lavorare da molti anni e lavorava sia in città che all'estero e quindi spesso stava via dall'Inghilterra per interi giorni, come i suoi genitori, e di conseguenza lasciavano Samuel con degli amici di famiglia poiché, fin quando non era diventato abbastanza grande, non sapeva cucinare o stirare e non era ancora oggi completamente indipendente, ma visto che ora c'ero io, forse l'avrebbero lasciato a casa con me.

Arrivammo davanti a un immensa villa protetta da un enorme e massiccio cancello in ferro battuto di colore nero, che si aprì non appena David premette il pulsante del telecomando che aveva preso in mano quando aveva posizionato l'auto in perfetta posizione sul vialetto d'ingresso.
Non abitavano in piena città, ma appena prima della periferia cittadina, in mezzo a tante villette a schiera immerse in immensi prati verdi, poiché lì l'aria era più pulita e salutare e la cosa mi piaceva tanto, ma d'altra parte questo significava che per arrivare al cuore di Londra, dove sarei dovuta andare io, mi sarei dovuta come minimo alzare ogni giorno alle quattro di mattina per poter andare a correre, fare colazione, fare una doccia e correre all'accademia per cominciare le mie lezioni.

Sentivo le ruote del veicolo calpestare la breccia al suolo, mentre io mi perdevo ad osservare quella meraviglia di casa dalle pareti color avorio e il paesaggio circostante decorato con un bel prato verde, alberi e siepi.
Quando scesi dall'auto, mi diressi verso il bagagliaio per prendere le mie valigie, ma Anne mi raggiunse prendendomi per mano impedendomi di fare qualsiasi cosa e David mi disse di seguirla, così la donna mi guidò verso il retro della casa dove vi erano un enorme piscina e un altro piccolo edificio dello stesso color avorio.
«Abbiamo pensato che avresti voluto un po' di privacy e vivere con due o tre uomini in casa non sarebbe stato il massimo per te che sei figlia unica e quindi con mio marito abbiamo deciso di cederti la depandance. Non badare alle dimensioni che dall'esterno potrebbero sembrarti piccole, ma ti posso assicurare che non è così. Sopratutto dall'interno.» Mi spiegò la donna mentre armeggiava con un paio di chiavi davanti al portone di quella che sarebbe stata la mia casa.
«No, va benissimo così. La ringrazio.» 
Anne riuscì ad aprire la porta e una volta entrata dentro mi ritrovo davanti a un'immensa casa che da quel giorno in poi sarebbe stata la mia piccola reggia: l'ingresso aveva le pareti di un giallo tendente all'arancione molto tenue e sui muri vi erano appesi alcuni quadri che ritraevano immensi paesaggi. Sul fondo si apriva una grande scalinata in marmo circondata da una ringhiera, anch'essa in ferro battuto, però di colore oro.
A destra c'era un corridoio che si apriva con un arco, il quale portava al salone, mentre oltrepassando le scale vi era un altro corridoio che andando verso destra portava alla cucina e alla sala da pranzo, mentre se si andava a sinistra si incontrava una piccola sala cinema.
Salendo le scale si arrivava in un piano con quattro camere con bagno e cabina armadio interni e due bagni esterni.
«Scegli quella che più ti piace e sistemati pure lì. L'unica stanza in cui non puoi entrare è la seconda stanza a destra perchè è quella di mio figlio.» Mi disse sorridendomi la vera padrona di casa.
Nel frattempo ci aveva raggiunte David con in mano le mie valigie e non appena le ebbe posate a terra mi disse «Comunque se non ti trovi bene qui, se vuoi parlare o vuoi stare in compagnia puoi venire anche di là. Sei tu a decidere. Per qualsiasi cosa noi siamo qui.»
A quest'ultima frase un sorriso nacque spontaneo sul mio viso. Non mi aspettavo che potessero dirmi una cosa del genere.
«Ora noi dobbiamo andare. Il lavoro chiama e noi siamo già stati troppo lontani dai nostri uffici. Ti manderò Samuel così ti porterà a fare un giro dell'altra casa e del quartiere.» Mi annunciò Anne.
Così, dopo che la porta di casa si fu chiusa dietro di loro, diedi uno sguardo all'orologio che avevo al polso, sentendo un leggero languorio, e vidi che era quasi l'ora di pranzo, così decisi di andare a dare un'occhiata in cucina per vedere se c'era qualcosa da mangiare, ma sia il frigorifero che le dispense erano evidentemente vuote e così mentre aspettavo il figlio dei signori Bower optai per salire al piano superiore, scegliere una stanza e cominciare a disfarre le mie valigie.

Improvvisamente sentì un rumore sordo provenire dall'esterno che mi fece sussultare e gelare sul posto, mentre il mio cuore prendeva a battere più velocemente del dovuto, ma riuscì a tranquillizzarmi non appena sentii il campanello suonare.
Lasciai perdere la maglietta che stavo piegando e mi diressi al piano inferiore per andare ad aprire la porta e mi ritrovai davanti un ragazzo alto, dai lineamenti allungati e magri. Aveva dei lunghi capelli biondi, lisci e gli occhi color nocciola. Indossava un paio di blue jeans stappatti qua e là e una felpa rossa e grigia e sul capo teneva un cappello anch'esso grigio.
«Ciao, io sono Sam.» Mi salutò il ragazzo sorridendo amabilmente. 
«Ciao, io sono Giulia.» Risposi ricambiando il sorriso, mentre mi spostavo dalla porta der farlo entrare in casa.
Ci dirigemmo entrambi verso la cucina e lui si sedette tranquillamente su uno sgabello del piano bar mentre io afferravo una bottiglia d'acqua dal frigorifero e dei bicchieri dalla credenza.
«Allora... come ti trovi qui?» Domandò per rompere il ghiaccio, ma nel frattempo constatai che mi scrutava attentamente. Sbaglio o mi stava studiando?
«Non saprei dire. La casa è enorme, io sono appena arrivata e non so rispondere alla domanda che mi hai appena fatto.» Risposi nervosamente mentre il mio sguardo finiva sui miei piedi, i quali erano diventati in quell'istante la cosa più interessante di quella stanza. Odio quando qualcuno mi pone domande a cui non so dare una risposta o a cui non posso rispondere in quel momento.
Quando posai lo sguardo su di lui, lo vidi abbassare il capo, così, pensando che se la fosse presa, tentai di rimediare a quella mia brusca risposta nel modo più calmo e dolce possibile: «Prova a chiedermelo tra due settimane e potrò risponderti.»
Lui alzò immediatamente lo sguardo e disse: «Hai ragione. Da quello che ha detto mio padre sei appena arrivata.» Mi sorrise tornando immediatamente allegro e questa sua felicità contagiò anche me. Non avevo mai visto qualcuno cambiare umore così velocemente.
«È vero. Senti... hai la più pallida idea di dove io possa andare a comprare qualcosa da mangiare? È ora di pranzo ed io sto morendo di fame.» Gli chiesi dopo un po' di tempo passato in silenzio.
«Oh.» Sussultò, ma non ne capivo il motivo. Insomma era ora di pranzo e avere la dispensa vuota in casa non aiutava certamente. Avere fame non era un crimine, quindi non capivo che cosa ci trovava di tanto strano nella mia domanda del tutto lecita.
Mi ammutolii in un'istante e abbassai lo sguardo verso il pavimento fino a quando non lo sentì ridere a crepapelle e chiedermi «Hai già fame? Sono a malapena le 12:00 p.m.!»
Spalancai gli occhi dalla sorpresa.
Le 12:00 p.m.? Ma... il mio orologio segnava le 13:00! Come poteva essere?
Incredula presi in mano il mio cellulare e diedi un'occhiata all'orario e ricordai di non aver cambiato l'orario sull'orologio quando sono partita e che adesso indicava ancora l'ora italiana e non quella inglese, la quale va un'ora indietro rispetto al nostro orario a causa del fuso.
Allora scoppiai a ridere anch'io e mi scusai con Samuel spiegandogli il motivo della mia fame, dettata dal viaggio che mi aveva scombussolato e dell'errore con il fuso orario, mentre lui mi disse che non c'era niente in cucina perchè i suoi genitori avevano deciso che quella mattina avrei pranzato con lui in casa loro e il pomeriggio saremmo andati a fare compere in giro per Londra, in modo da farmi vedere i negozi più economici dove poter andare a spendere e il luogo preciso dove si trova l'accademia.
A quel punto mi sedetti pure io su uno sgabello di fronte a lui e cominciammo a chiacchierare del più e del meno, come due amici di vecchia data che non si vedevano da tanto tempo, per conoscerci un po' di più.


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Buona sera a tutti!
Spero che questo prologo vi sia piaciuto e che continuerete a seguire questa storia leggendo i prossimi capitoli.
Questa è la prima volta che pubblico qualcosa riguardante Jamie, anche se il suo fascino mi aveva già spinto a scrivere su di lui un bel po' di tempo fa.

Ultimo avviso e poi vi lascio liberi, promesso!

Ho una pagina facebook che potete seguire e dove potrete trovare news, curiosità e spoiler riguardanti le mie storie e i personaggi, così se avete delle domande da fare potrete scrivermele direttamente qui e non solo nelle recensioni: →
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Ora vi lascio liberi
A presto!
La_Folie
   
 
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