Alice camminava a passi
strascicati per
la stanchezza.
Ma quando ebbe finalmente raggiunto la porta di
casa, si rese conto che le mancava qualcosa.
Le chiavi, cazzo,
pensò la ragazza, le chiavi.
Ecco: dopo cinque estenuanti
ore di scuola, il destino non le concedeva neanche di rientrare a
casa. Era affamata e stanca, il sole le stava dando alla testa, e
presto le venne anche sete. Controllò rapidamente lo zaino
per
vedere se per miracolo ci avesse lasciato del cibo o almeno una
bottiglietta d’acqua.
Niente.
Che cosa poteva mai fare?
Naturalmente non aveva soldi con lei, quindi non poteva nemmeno
andare al bar di fronte casa sua per comprare qualcosa.
Una cosa,
però, ce l’aveva. Tirò fuori il
cellulare dalla tasca mentre
scendeva dal pianerottolo per poi imboccare la strada che portava al
parco della città: lì avrebbe
senz’altro trovato una fontanella
per dissetarsi. Nel frattempo provò a chiamare sua madre,
che
naturalmente non le rispose subito, ma le mandò un messaggio
meno di
un minuto dopo.
“Amore, non
posso rispondere. Sto facendo una cosa importante. Sarò
lì fra
poco. Non mi disturbare ancora. Ci sono dei fagioli in scatola nel
frigo”.
Alice non si disturbò a rispondere per
spiegare che non poteva entrare, convinta che la madre non si
sarebbe più data la pena di mandarle un altro messaggio, e
probabilmente neanche di riprendere l’odiato telefono per
leggere
ciò che la figlia aveva da dirle. Così,
sbuffando, la ragazza
continuò a camminare e, nel vano tentativo di ignorare la
frustrazione, aprì Facebook per controllare le notifiche.
La
prima cosa che vide era l’annuncio di un gruppo WhatsApp
dedicato a
un libro che Alice adorava.
Saranno tutti nerd, pensò.
Sarebbe divertente vedere cosa si dicono, sorrise
infine,
selezionando l’icona della chat per contattare
l’amministratore.
In realtà quel tipo, per ragioni indefinite, non le sembrava
molto amichevole.
“Ciao
:) mi puoi aggiungere al gruppo di whatsapp di HP? Sempre che ci sia
posto ahah”
“Che
cosa imbarazzante” pensò,
dopo aver digitato e spedito il messaggio mentre, finalmente giunta a
destinazione, correva verso la fontanella più vicina. Il
parco a
quell'ora era pieno di genitori che erano andati a prendere i figli
piccoli a scuola, e le grida di gioia dei piccoli sommate al soave
cinguettio degli uccellini rincuorarono Alice. Quando si fu
riassettata dopo aver bevuto una dose generosa di acqua fresca,
sentì suonare il cellulare e tentò di prenderlo
dalla tasca, sicura
che si trattasse della risposta dell'amministratore, ma la ragazza
aveva le mani bagnate e l'iPhone le scivolò di mano, cadendo
sull'erba. Alice si chinò per raccoglierlo ma,
improvvisamente, si
sentì svenire: la vista lesi annebbiò,
l'equilibrò cominciò a
mancare e la ragazza iniziò a sentire molto, molto caldo.
Chiuse gli
occhi per qualche istante, appoggiandosi alla fontanella, li
riaprì
e tentò nuovamente di recuperare lo smartphone.
Più ci provava,
però, più si rendeva conto di essere praticamente
paralizzata: non
poteva muoversi e aveva lo sguardo fisso sullo schermo ancora acceso
del telefono, circondato da un caos di luci e colori. Mettendo bene a
fuoco la vista (l'unico senso che funzionava ancora),
cominciò a
notare sulla superficie dello schermo - proprio nel punto in cui si
trovava la faccina del ragazzo amministratore - un buco scuro e
indefinito, sempre più grande e spaventoso. Lo strano
fenomeno non
si placò e, anzi, il “buco” si estese
sempre di più, fino ad
abbattere in maniera del tutto illogica i margini del display.
Tutto
questo accadde nell'intervallo di tempo di qualche secondo e, prima
di rendersene conto, Alice aveva riacquistato di nuovo la
mobilità.
Non fece a tempo a percepire il prato sotto ai piedi che questo
sembrò svanire.
La ragazza precipitò nel vuoto.