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Autore: Thewindy    20/04/2015    0 recensioni
Lascia che questo foglio pregno della mia anima si libri nel cielo, sfidi la pioggia anche solo per essere letto una sola volta... anche solo per non sparire nella vastità del mondo
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 A chiunque legga questa lettera che ho lasciato volare nel vento, spero che possa ancora sentire il profumo del sole e della sabbia del deserto.
Prendi queste parole e trasformarle in un sogno, come per me che le ho vissute e se troverai qualche lacrima a impiastricciare questi mie lampi di ricordi, particelle di me sotto forma d’inchiostro, pensa alla dolce pioggia che forse l’ha sfiorata o alle perle di commozione di qualcuno che l’ha letto prima di te.
 La sento che trema, è stupendo e spaventoso contemporaneamente.
Ho sempre pensato che l’aria fosse il mio elemento: la sua libertà, la sua capacità di soverchiare e scoperchiare, come quella di indirizzare.
Il vento impatta sulla mia faccia, non lasciandomi altra scelta che chiudere gli occhi, spalancare le narici e immergermi in questa forza.
Il volto trema, vibra solleticandomi e ti sento accanto a me, a ridere come al solito, sfidando un pericolo che non c’è su questa strada dritta e conficcata nell’orizzonte che non sembra accingersi ad avvicinarsi.
Nell’afa del deserto, chi direbbe di poter respirare così profondamente e perdersi nel suono del vento che sfrega i timpani, leviga le rocce e riempie i miei polmoni violentemente.
Una dolce brutalità che mi fa palpitare, arrossire e ancora gridi in quella follia, in questo tentativo di due formiche di imprimere un’impronta nel silenzio eterno di questo deserto che scioglie le vite stolte e accende quelle che lo sanno apprezzare.
Le mani le alzo al cielo per afferrare tutta quella energia, per fermare il momento, o solo perché mi sento tanto stupida da pensare di poter frenare il moto della vita: di tutto quell’azoto misto ossigeno che diffonde.
Adoro la pressione sulle mie candide braccia flesse in cerca di consistenza che il cielo non possiede.
I palmi come sfrigolano emozionati dal flusso e per non perdere nulla di quella manciata di vita spalanco le affusolate dita e lo sento.
Fili d’aria corrono come seta e più mi investono e più ne desidero.
L’adrenalina della velocità, il suono che mi riempie ogni vuoto della mente, l’orgasmo del tatto, le fiamme nei polmoni.
 Ridi sempre quando mi osservi godermi la vita, quando mi offri oro per la mente. Nuove sensazioni, piene, vive e che non avrei mai immaginato.
Alla fine non ridi più quando il radiatore si guasta e la macchina si ferma li in mezzo al nulla. Così spalanco gli occhi e l’orizzonte questa volta fende la mia pupilla, spaccando la vista in un caldo e fermo ocra e un azzurro puro, liscio quasi fastidioso.
Il nero dell’asfalto quasi rimane inghiottito nella dualità di questo mondo. La strada calda e solitaria fra cielo e terra è davvero come un ago perso nella realtà. Si snoderà per miglia e miglia come un delizioso ricamo sulla faccia della terra, ma scommetto che scema davanti alla freschezza e alla naturale bellezza del tessuto su cui corre.
 Mi sono persa come al solito e una calda lacrima di sudore che corre per la schiena mi sveglia dal mio torpore post euforia.
Che ci rimane da fare? Posso solo osservarti con la coda dell’occhio mentre sposti il sudore che scrocia dalla tua fronte con le mani tinte dell’olio. Stai come al solito provando a sistemare qualcosa che non sai sistemare.
Però ci provi. Tu almeno ci provi, e penso di amarti anche per questo. Non ti sento ridacchiare, per fortuna, o imprecare. Scorgo solo una tua rapida occhiata su di me e un sorriso luminoso che sboccia come una primula nella neve mentre scuoti la testa e sbatti le mani, le braccia in segno di resa davanti a quel casino e al vapore. Almeno ci hai provato, ci provi sempre.
Fa davvero caldo e il sole quasi mi cuoce, ma Dio, ci hai provato e grazie a te ho potuto sentire tutto questo.
 Il carroattrezzi del servizio stradale più vicino fortunatamente, mi sussurri all’orecchio, impiegherà solo due orette a raggiungerci.
Sento la cappotte salire e il sole piano piano sparire allontanando un po’ di quella bollente tortura.
Ma il tuo viso rimane sempre li, così vicino al mio orecchio e sento il tuo respiro.
Lo sento stuzzicarmi l’udito: caldo, vivo e non riesco a non voltami e baciare quelle labbra sentendo la tua barba che dolcemente mi solletica. Non mi basta un bacio da bambino, il mio cuore vuole battere come prima. La mia anima cerca ancora un frammento di quel vento, di quella eccitazione che mi prima mi permeava i bronchi. Lo ruberò da te.
Così lentamente dischiudo i denti e come un saggio cacciatore intrappolo un tuo labbro. Una leggera pressione e vedo il tuo sguardo cambiare. Gli occhio azzurri, come il ghiaccio che sono riuscita a sciogliere e domare si stanno scaldando come l’aria che ci fa sudare. I muscoli, le rughe del viso non si rilassano in questo dolce gesto di invito; anzi ti vedo tenderti, con una dolcezza e determinazione animalesca. Sento le mani, e scommetto che quell’olio esalta quelle dita tozze che adoro sentir correre fra i miei capelli. Ora sono io in trappola. I gomiti fissi sulla portella e le tue forti mani a stringermi e cullarmi mentre un bacio innocente, una piccola trappola per girini da i suoi frutti. Un secondo bacio più umido, deciso e la mia testa si inclina per poter accogliere la tua lingua e baciarti solo come una persona conscia di quello che vuole può fare. Un altro braccio e poi sento il braccio destro lasciarmi e la portiera scattare. Sciogliamo quell’abbraccio per pochi secondi perché poi ti osservo toglierti la maglietta bagnata dal sudore, mostrando un fisico muscoloso e segnato da tristi cicatrici. Tutte le volte che le sfioro rabbrividisci e ti infiammi allo stesso tempo: lo vedo nello sguardo animalesco e poi lo sento nella dolce e lenta ritmicità dell’amplesso che segue. Un piacere profondo, pieno e inumano, ma lento e gentile. Forse hai paura di spezzarmi, distruggermi immergendomi nella tua anima bruta che provi a celare, ma che so di aver domato e so di domare ogni volta.
Il bianco delle cicatrici lungo il pettorali, quelle fini sugli addominali e quelle che ora brutalmente non noto sulla schiena, si stagliano su una pelle sanamente abbronzata. Te l’ho sempre invidiata, anche quando mi dici che è grazie alla mia pelle d’alabastro che sono riuscita a domare quel lupo feroce che incontrai.
 Il tonfo della maglietta pensante per il sudore e quegli occhi si avvicinano a me. Io voglio che mi prendano e mi riempiano come il vento che sferza nei giorni di tempesta.
Anche la mia maglia scivola via, se non avessi sentito il solletichio della punta delle tue dita non me ne sarei neppure accorta. Un nuovo bacio adulto si schiude e le mi dita non possono fare a meno di spettinarti i capelli biondo cenere, accarezzare quella barba che adoro e che se posso coccolo col mio dolce volto, con gli zigomi, la punta del naso, quando stiamo distesi la notte a dormire, vicini ed inseparabili. Ascolto sempre il tuo battito quando rimango accoccolata a te la notte.
 Il mio indice corre fra lo sterno, frenato dai pettorali tesi e spessi, cade poi dolcemente del solco fra gli addominali. Tutto solo per solleticarti l’ombelico come farebbe una sciocca bimba. Li vedo contrarsi, ma il tuo corpo non si arrende, tu ci provi sempre e anche questa volta non ti allontani. La sento, la pelle sudata scorrere sulla mia, ventre a ventre, ti sento scaldarti, bruciare mentre mi baci e mentre mi culli animalescamente in questo piacere.
Anche oggi sono riuscita a domare il lupo più grosso del suo branco, del mondo. Nero come la pece mi hai vista fra la folla e per la prima volta nella vita qualcuno mi ha scelta.
Il carroattrezzi rozzamente ci porta dal meccanico più vicino e mentre lentamente il sole cala in un tramonto di sangue sento il tuo respiro sul mio ventre. Caldo e dolce come lo zucchero filato ti stuzzico la punta del naso e ti fisso mentre, in un riflesso involontario, scrolli il fastidio e con una mano ti gratti dolcemente rimanendo assopito.
Adoro fissarti dormire fra le mie gambe e mentre ti sento calmo e felice, quasi a scodinzolare nel sonno, scrivo queste parole che lascerò correre nel vento fino a che qualcuno non le raccoglierà e le leggerà.
Potrà sembrarvi stupido, ma questo è un frammento della mia vita che ho deciso di donare a chiunque non abbia avuto la fortuna, o la sfortuna, di vivere quello che vivo io.
 Quindi chiunque tu sia che mi hai letto, sigilla queste parole e lascia che il vento le doni ad altri che ne hanno bisogno o affinché qualcuno possa piangerci quando io e il mio lupo arriveremo a destinazione…
Anche se non mi conoscete, anche se non lo conoscete. Leggete e ricordateci per quello che siamo: persone.
  
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