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Autore: Willow Gawain    20/04/2015    1 recensioni
Prima di salire sul treno che lo porterà a Port Island, città della sua infanzia e della sua tragedia, Minato Arisato ha un dialogo instabile con la propria mente, plagiata da un'entità dalla voce piena di quelle emozioni che il ragazzo ha bandito da se stesso da molto tempo. In fondo, di vivere ne vale veramente la pena?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Minato Arisato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Deep breath deep breath

 

“Dreamless dorm, ticking clock. I walk away from the soundless room…”

Aveva ascoltato quella canzone così tante volte da impararla a memoria, nonostante l’inglese non fosse certo il suo forte.

Quel motivetto dal ritmo accattivante non aveva mai scalato le classifiche, non vantava un autore famoso né un testo melenso, di quelli che tanto andavano di moda; anzi, a dirla tutta era forse proprio quella strana scelta di parole, l’accostamento di immagini paranormali e suggestive ad averle negato l’ingresso nel mondo del mainstream.

Poco male, perché Minato non era una persona che seguiva la massa. La sua lunghissima frangia blu notte, che gli solcava il viso pallido come un’onda, celando gelosamente l’occhio destro, era la dimostrazione di quanto poco valessero per lui le opinioni altrui.

Volendo essere sinceri fino in fondo, era probabilmente proprio il testo di Burn my dread ad averlo impressionato sin dal primo momento.

Incenerire la propria paura, rinascendo come una fenice, migliori di prima.

Non era solo questo però a rendere Burn my dread l’unica canzone capace di mozzargli il fiato in gola.

«Il treno per Port Island è in arrivo al binario sette. Allontanarsi dalla linea gialla.»

Era soprattutto il repertorio di sfondi che descriveva: “windless night, moonlight melts […] nightly dance of bleeding sword.”

Quella canzone parlava di lui.

Far in mist a tower awaits, like a merciless tomb.”

In quella canzone erano impresse col fuoco scene che lui viveva ogni note nei suoi sogni.

Minato chinò il capo, rivolgendo gli occhi grigi al pavimento nudo della stazione. Il bagaglio gli pesava sulle spalle, nonostante contenesse solo pochi vestiti, un notebook, alcuni libri e qualche paio di scarpe.

Per quale motivo stava tornando a Port Island?

Il treno fermo al binario due fischiò, annunciando l’imminente partenza; i bassi della canzone però riuscirono a coprire quel suono stridente, tenendo Minato al sicuro, in un mondo in cui nessuno poteva disturbarlo, toccarlo o addirittura ferirlo.

Gli esseri umani tutt’intorno erano solo ombre senza un volto, inghiottite dal vortice della loro frenetica e labile vita. E lui? Lui non era nemmeno un’ombra, né gli importava di essere questo o altro: non aveva ambizioni nella vita, non ne aveva più dalla notte in cui i suoi genitori erano morti.

Voleva solo essere lasciato in pace.

Un gruppo di studentesse gli passò frettolosamente accanto; una di esse, che tanto sembrava una gal, lo urtò con la spalla, senza chiedergli scusa ma lanciandogli un’occhiata divertita, seguita dalla risata.

«Guarda quello! Secondo te è un emo?»

«Magari sta aspettando il prossimo treno per buttarcisi sotto!» sogghignò la sua amica.

Minato non le sentì; se fosse accaduto il contrario, forse si sarebbe sentito prevedibile. Perché quel che aveva blaterato la ragazzina corrispondeva esattamente alla realtà.

«Il treno per Port Island è in arrivo al binario sette. Allontanarsi dalla linea gialla.»

Cold touch of my trembling gun. I close my eyes to hear you breathe.”

Un passo in avanti.

La necessità di recarsi a Port Island si era manifestata nella sua mente – ma non nel suo cuore – una settimana addietro, come l’eco di una voce lontana e nostalgica che gli sussurrava parole di conforto ogni notte, quando prendere sonno sembrava un’impresa titanica.

Tornare lì, dove tutto era iniziato, nel luogo che un tempo aveva chiamato casa, durante l’ingenuo periodo in cui progettava di diventare un famoso dottore e girare il mondo con mamma e papà.

Adesso il mondo era invece così incolore, chiassoso, ruvido e soprattutto distante, come se a velargli gli occhi vi fosse stato un vetro punteggiato di pioggia.

“This time I’ll grapple down that God of fear and throw him into Hell’s fire.”

Con la coda dell’occhio finalmente vide la sagoma massiccia del treno sopraggiungere, rapido e letale.

Era solo questione di un momento, si disse, e poi finalmente si sarebbe liberato del peso di vivere. Dopotutto, lui non aveva mai capito che cosa ci trovasse la gente di tanto spaventoso nella morte.

“I’ll shrug the pain and run till I see the sunlight again.”

Si liberò di quel soffocante intrico di corpi che lo accerchiava, lo sguardo sempre chino, mani in tasca e passo ritmico, dritto incontro alla morte, quando…

«Non farlo.»

Minato si fermò, efficiente come un soldato che esegue un ordine. Sollevò la testa, tornando al presente e sbattendo le palpebre. La musica gli rimbombava nei timpani, eppure quelle parole, a metà tra una direttiva e una supplica, lui le aveva sentite bene; la voce maschile così piena di affetto e amore che le aveva pronunciate… lui l’aveva sentita bene.

“Oh, I will run. Burning all regret and dread…”

Un’ombra gli sfrecciò accanto, disperatamente veloce.

Il treno la investì in pieno, in un’esplosione rossa come mille petali di garofano che vengono spazzati via dal vento. Il suo campo visivo fu invaso di blu e rosso.

“And I will face the sun…”

Stavolta neanche il volume alto riuscì a coprire le urla di sconcerto della folla.

Quando il treno passò, tutto quel che gli occhi sgranati e morti di Minato videro fu un corpo fatto a pezzi.

Evidentemente per quello studente non c’era stata nessuna voce nella testa a fermarlo all’ultimo secondo.

Peccato.    

 

 

Note dell’autrice:

Sono tornata nel fandom di Persona 3! Era da molto tempo che volevo buttare giù qualcosa di nuovo per il mio videogioco preferito; questa storia, in fin dei conti, non è nulla di ché, solo l’ennesima what if che frulla nella mia testa mentre torno a casa dall’università. È nata da un interrogativo, “e se Minato avesse assistito al suicidio che apre il primo film?”, dunque ho cercato, rapportandomi al personaggio di Minato come viene mostrato nel manga e soprattutto nel film, di darmi risposta. Questa risposta, ovviamente, è parecchio angosciante.

Avete visto i film fin ora usciti? Io li ho trovati magnifici! Non vedo l’ora di vedere Falling Down, dove apparirà il mio adorato Ryoji <3

Volete restare aggiornati sulle novità del mondo di Persona? Andate su Facebook e digitate nella barra di ricerca “I will burn my dread (Persona 3 italian fanpage)”, è una pagina che io e una mia cara amica gestiamo, nella speranza di riunire tutti i fan italiani di Persona e Shin Megami Tensei, per parlare a ruota libera di questi splendidi giochi *-* se avete problemi a trovarla fatemelo sapere, vi invierò personalmente il link!

Per adesso vi saluto e vi auguro una bellissima giornata! <3

 

Sely.

  
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