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Autore: Lady_Wolf_91    20/04/2015    3 recensioni
Questa OS è il 'vero' epilogo della mia long 'Dove cadono i fulmini' ma può anche essere letta come una storia a se, diciamo che leggendola dopo la long forse avrete più voglia di uccidermi(?)
E niente, vi lascio un estratto:
"E le persone non dovrebbero fare promesse, non dovrebbero rimandare le discussioni, le frasi d’amore, i baci, i ti odio, i ti amo. Perché nessuno, nessuno può avere l’assoluta certezza di avere poi il modo di farlo, di risolvere quello che poi lascia in sospeso.
E noi, noi non abbiamo potuto."
Buona lettura...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alcuni sostengono che vi siano cinque fasi del dolore e –dicono- che ognuno affronti queste fasi in modo differente. Non so se sia vero, non so se ne abbia in qualche modo rispettato i canoni o se ci siano dei canoni da rispettare. Questa è solo la mia esperienza e forse, raccontarla può voler dire qualcosa, o forse è solo un altro niente in tutto l’insieme di niente che è diventata la mia vita.
 
 
 
Negazione/Rifiuto
 
‘In principio si nega il lutto come
naturale meccanismo di difesa.’   

 
 
Era una fredda mattina di gennaio ed era iniziata come una giornata qualsiasi.
Mi ero risvegliata udendo dei fastidiosi fruscii poco distanti da me e -aprendo gli occhi- avevo visto mio marito che cercava di infilare silenziosamente i pantaloni.
“Ehi.”
“Ehi non volevo svegliarti, torna a dormire: è presto.”
Osservai la sua schiena nuda e mi ritrovai a sorridere al ricordo della sera precedente, era assurdo come anche dopo tre anni di matrimonio riuscisse a farmi ancora lo stesso effetto.
Fissai la sveglia sul comodino passandomi poi una mano sul volto, cercando con quel gesto di tirare via la stanchezza “Sono solo le quattro di mattina e tu hai la giornata libera: dove credi di andare?”
Lui si infilò la camicia bianca guardandosi allo specchio e cercando di sistemarsi i capelli biondo scuro “La moglie di Sam ha avuto le doglie, lui sta andando in ospedale e io devo sostituirlo.”
Sbuffai richiudendo per un attimo gli occhi, sforzandomi per non crollare addormentata:
“Sono una brutta persona se li odio un po’ per avermi privato di mio marito nel suo giorno libero?”
Sorrise lasciando che gli si formassero quelle adorabili rughe intorno agli occhi verdi e si avvicinò al letto inginocchiandosi per avvicinare il suo volto al mio “Mmh direi che solo un po’ puoi farlo, anche perché il tuo bellissimo e adorabile marito aveva pensato ad alcuni modi per continuare quello che avevamo iniziato ieri sera.”
Fece per alzarsi ma gli buttai le braccia intorno al collo spingendolo nuovamente su di me “Allora non posso odiarli solo un po’”
Lui mi baciò sotto all’orecchio e sbuffò una risata divertita:
“La mia piccola pervertita.”
E mi baciò ancora, un bacio sulle labbra, uno di quei baci che finiscono col rientrare nel tuo quotidiano riuscendo comunque a toglierti il respiro ogni dannata volta.
Lo lasciai andare controvoglia, lui arrivò alla porta e mi chiamò in quello che sembrò un sussurro “Amy?”
Mi sollevai sul gomito per poterlo osservare meglio, come faceva ad essere così bello anche alle quattro di mattina?
“Ti odio da morire.”
Sorrisi come un’adolescente alla sua prima cotta “Anche io, non sai quanto.”
Solo quando sentii la porta chiudersi mi strinse nelle coperte tornando a dormire lasciandomi cullare dai ricordi di quella che sembrava una vita fa: ti odio, il nostro personale e bizzarro modo di dirci ti amo, una parte di me aveva sempre pensato che dovevamo smettere di dire così perché, nella maggior parte delle volte, la gente fraintendeva.
Anche perché non è che la gente si mette a guardare i tuoi occhi mentre pronunci quella frase per vedere che non vi è traccia di odio ma solo di sconfinato amore, alla gente non interessa cosa c’è dietro, la gente va di fretta, si fermano a giudicarti e scappano via.
Ma a Jens questo non interessava, era la prima cosa ce ci eravamo detti al nostro primo, disastroso incontro e, alla fine era diventato un modo tutto nostro per sapere quanto ci amassimo.
Una domenica pomeriggio, accoccolata sul suo petto caldo, ero riuscita a strappargli un ‘Ne parleremo ma varrà solo in pubblico.’ Che mi aveva fatto sorridere come un’imbecille per ore.
E le persone non dovrebbero fare promesse, non dovrebbero rimandare le discussioni, le frasi d’amore, i baci, i ti odio, i ti amo.
Perché nessuno, nessuno può avere l’assoluta certezza di avere poi il modo di farlo, di risolvere quello che poi lascia in sospeso.
E noi, noi non abbiamo potuto.
Jens uscì alle quattro di mattina del venti gennaio duemila quindici.
Uscì, e non tornò più.
 
Non so quale sia il tempo giusto per rendersi conto della morte di una persona.
Non so se ci sia una qualche regola scritta o se a qualcuno importi davvero se capisci o meno che quella persona davvero non c’è più.
Probabilmente c’è chi lo realizza subito, alcuni dicono di essersi sentiti strani, di aver avuto una qualche sensazione che poi hanno attribuito alla perdita.
Altri, lo realizzano davvero quando nei loro progetti, nei loro discorsi continuano a inserire la persona che non c’è più ed è un ‘Devo chiamarlo e dirglielo, lo vorrebbe sapere’ ed è lì, li ti rendi conto che non puoi più chiamarlo perché i morti non hanno cellullari.
Quando ricevetti la telefonata ero nella cucina di mia sorella a cullare Tommy che non la smetteva di piangere “E’ un bambino di un anno, è normale pianga anche senza motivo” mia sorella continuava a preparare il caffè ripetendomi che non ero una pessima madre solo perché in quel momento non capissi cosa volesse.
E una parte di me sapeva che era normale, eppure, c’era questo strano senso di angoscia che non voleva abbandonarmi.
‘Jens saprebbe cosa fare’ me lo ripetevo come una specie di mantra, perché sì, lui era un marito fantastico, un uomo fantastico e si era dimostrato essere anche un padre fantastico e lo so, è umanamente impossibile riuscire a fare così dannatamente bene tutte e tre le cose, ma lui ci riusciva e lo faceva sembrare incredibilmente semplice.
Uno squillo e Tommy si calmò.
Incredibile come puoi avere il telefono a portata di mano tutto il tempo e che quello squilli nell’esatto momento in cui l’hai posato in borsa.
Un secondo squillo.
Ma non avevo fretta e quando lo trovai, dopo il quarto squillo, risposi con una naturale leggerezza, perché nessuno si immaginerebbe mai che quella sarà la telefonata che ti cambierà la vita.
“Signora Collins?”
“Sì?”
Se avessi avuto una tazza tra le mani quello, quello sarebbe stato il momento perfetto per farla cadere come nel migliore dei film.
Ma la vita vera non è un film e tra le mani avevo mio figlio non una tazza e a lui mi aggrappai con forza, come la più disperata delle naufraghe si aggrapperebbe ad un qualsiasi pezzo di legno pur di non affogare.
Mia sorella mi guardò preoccupata perché dopo quel sì, non avevo più detto nulla.
“Amy? Tesoro, chi è?”
“Hanno sbagliato.”
 
Arrivammo all’ospedale ed era ovvio che non avessero sbagliato, è difficile sbagliarsi su queste cose ma allo stesso tempo dovevano averlo fatto, loro dovevano essersi sbagliati perché non poteva affatto trattarsi di Jens, del mio Jens.
Lui mi aveva baciato quella mattina ed era uscito col sorriso sulle labbra per andare a lavoro e non c’era nessuna, nessuna possibilità che fosse lui.
“Mi dispiace signora Collins, è un pessimo momento ma deve riconoscerlo.”
Certo, perché Jens non aveva una famiglia sua madre, Mary era morta e il padre era scappato e lui era stato rinchiuso in orfanotrofio e noi, noi eravamo la nostra famiglia.
Ma quella era solo una coincidenza perché non poteva essere lui.
E Jens non era così pallido e, e lui aveva dei bellissimi occhi verdi e non c’era nessuna, nessuna possibilità che avesse quel taglio lungo il collo quella mattina e quella faccia così gonfia.
Lui, lui era uscito con una camicia bianca e non, non aveva macchie rosse perché io l’avevo lavata ed era pulita e quello non era Jens, non era lui, si sbagliavano, si sbagliavano tutti.
“Non è lui.”
“Tesoro? È, è lui.”
“No, NO, non è lui, non è Jens, non è lui non è possibile che sia lui è solo uno sbaglio, solo uno sbaglio.”
E quindi perché dovevo dormire da mia sorella?
‘E se Jens torna a casa?’
‘Tesoro, lui non torna, non tornerà più’
Perché sono diventati tutti pazzi? Gliel’ho detto che non è quello, che non può essere lui.
Non può.
 
Dicono che la prima fase sia il rifiuto. Ma io non sto rifiutando nulla e nessuno mi sta offrendo nulla e Jens, il mio Jens tornerà, e quando lo farà tutti ammetteranno di essersi sbagliati e io tornerò alla mia vita felice.
 
 
 
Rabbia
 
Quando si realizza la perdita subentra
un enorme carico di dolore che provoca
una grande rabbia a volte verso noi stessi
o persone vicine o, in molti casi,
verso la persona defunta’
 
 
 
Successe al funerale.
Continuavo a sentire questa strana sensazione nascere e prendere lentamente piede dentro di me.
Rimanevo seduta completamente immobile mentre le persone intorno a me si avvicinavano per mostrarmi il loro dispiacere, ed era tutto un ‘Sono così desolata’ ‘Che disgrazia’ ‘Tante condoglianze’ Come se quello cambiasse qualcosa, come se quello risolvesse qualcosa.
E poi c’era chi faceva gruppo in fondo alla chiesa e tra i vari borbottii si sentiva ‘E’ una vera disgrazia’ ‘Così giovane, con un bambino così piccolo’ ‘Ci pensate che la signora del quinto piano ha appena festeggiato centoottanta anni?’
Non sono stata a molti funerali, eppure sono sicura che tutto quel vociare sia decisamente fuori luogo.
 
Accanto a me da un lato c’era Aria che evitava di guardami perché aveva gli occhi pieni di lacrime e sapeva che se ci fossimo guardate saremo scoppiate entrambe mentre, dall’altro, sedeva Julia –mia sorella- che mi teneva la mano con forza, quasi avesse paura che da un momento all’altro mi alzassi e fuggissi via.
E volevo farlo.
Volevo alzarmi e tornare a casa e rimanere con Jens sul divano a litigare perché beveva decisamente troppe birre e doveva darsi una regolata con il linguaggio perché se continuava così la prima parola di Tommy sarebbe stata ‘Figlio di puttana’
Volevo solo tornare alla mia vita.
Chi erano loro per dirmi che non esisteva più?
Chi erano loro per pretendere che le loro condoglianze fossero utili?
Finita la funzione ci preparammo a seppellire quell’orrenda e inutile bara in mogano.
Ed è lì che si avvicinarono.
Mentre gente di cui non mi interessava conoscere i nomi spalava terra su terra con una premura ed una fretta innaturali, eccoli lì: Sam, Linz e la loro stupida bambina perfetta che doveva nascere per forza prima.
E come ci si sente Linz? Come ci si sente ad avere tuo marito in un momento come questo? E tu Sam? Sei felice? È stato bello assistere al parto mentre il tuo miglior amico doveva sostituire il tuo dannato turno? Siete felici?
E prima che me ne accorgessi Aria mi stava tirando via perché a quanto pareva quelle parole non le avevo solo pensate ma le avevo urlate a squarciagola.
E mia sorella disse che era normale, era normale cercare di canalizzare la rabbia in quelli che credevo i responsabili dell’ accaduto.
Ma che senso aveva arrabbiarmi contro di loro? La vera colpa di tutto era di quel coglione di datore di lavoro, non avrebbe dovuto chiamare Jens, era il suo giorno libero, non doveva.
Però, però se quell’idiota non gli avesse tagliato la strada, dove doveva andare di così importante da correre a centoventi chilometri orari su una strada che ne consentiva novanta? Cosa aveva di così tanto urgente da non potersi fermare a quel dannato incrocio?
Spero che ne sia valsa la pena, sì, spero che sia felice e che coltivi la sua felicità per tanto tempo e che poi un giorno, all’improvviso provi anche solo una minima parte del dolore che sto provando io.
La verità è che tutti loro non c’entrano nulla.
Chi si merita tutta questa rabbia è solo una persona.
Jens.
Non avrebbe dovuto andare.
Avrebbe dovuto dire ‘Col cazzo che vengo nel mio giorno libero’ e avrebbe dovuto tornare a dormire con me e poi, poi avremo fatto quel maledetto viaggio a Madrid e lui, avrebbe comprato una bicicletta a Tommy e io mi sarei arrabbiata perché non sarebbe stato mai troppo grande per quegli aggeggi infernali a due ruote.
E l’avremo visto crescere, l’avremo accompagnato insieme al primo giorno di scuola, io gli avrei preparato le torte per il suo compleanno e lui lo avrebbe portato a pesca.
E poi, ci avrebbe presentato la sua ragazza e io l’avrei odiata perché è questo che fanno le mamme mentre lui, lui l’avrebbe trovata deliziosa e, e saremo andati al loro matrimonio e avrei dovuto allacciargli la cravatta perché lui non sapeva farlo.
E magari avremo avuto un altro figlio, una femmina e l’avremo chiamata Mary e saremo stati felici.
Ma no, lui non poteva accontentarsi di essere un marito perfetto un padre perfetto e un uomo perfetto. Lui doveva essere anche un amico perfetto e un lavoratore perfetto.
E lo so, in quel momento guardava il telefono perché lo faceva sempre e io mi arrabbiamo e lui lo rifaceva.
Perché non poteva evitare che quell’uomo gli tagliasse la strada?
Perché sei dovuto andare via così?
Che cosa devo dire a Tommy?
Che cosa faremo Jens? Ci hai abbandonato e io, cazzo!
Io ti odio.
E no, non è il nostro ti odio.
Io ti odio davvero.
Ti odio.
Vorrei non averti mai incontrato.
 
 
                      
 
 
Negoziazione/Patteggiamento
 
‘Si tenta di reagire all’impotenza cercando     
risposte
 
           o trovando soluzioni per spiegare
o analizzare l’accaduto’
 
        
Erano giorni cupi, Tommy era rimasto da Julia e io vagavo per quella casa ormai fantasma.
Si dice che le persone di fede affrontino meglio il dolore perché vedono in tutto il grande disegno di Dio.
Ma cosa c’è di grande in questo? Che senso ha avuto? Che senso ha far andare via un padre di famiglia. Un marito.
E’ uscito, ha preso la macchina è arrivato ad un incrocio e qualcuno non si è fermato, gli ha tagliato la strada e lui, lui è morto, non quello che correva.
E questo farebbe parte del grande disegno?
Perché? Chi te l’ha chiesto eh? Che te ne fai tu di Jens? Lui serve a noi, serve a me.
Perché il tuo disegno doveva prevedere tanta sofferenza? Perché hai dovuto farci conoscere, farci amare se questo era il tuo piano?
Che senso ha allora andare avanti? Incontrare, conoscere persone nuove con la consapevolezza che altro non sono che pedine nelle tue mani e che puoi decidere di toglierle dalla scacchiera in qualsiasi momento senza avere nemmeno il tempo di un ultimo saluto?
Alcuni dicono che non facciamo altro che pagare per i nostri peccati e io vorrei incontrare chi sostiene questa cosa e chiedergli che peccato avesse commesso Jens, che peccato avessimo commesso noi per farci succedere tutto questo.
La mia psicologa dice che per superare il lutto dovrei riuscire a venire a patti con la cosa.
Ma io non ci so venire a patti con le persone o con le cose.
Non so venire a patti con nulla.
E forse non voglio.
Ma voglio, oh sì voglio che tu lo sappia Dio, odio anche te perché se esisti e se questo è davvero parte del grande disegno, vuol dire che sei stato tu a portarmelo via e questo dolore è dannatamente reale ed è ingiusto dare la colpa agli altri quando tu potevi evitare tutto.
E non hai fatto nulla.
Nessuno fa mai nulla.
 
 
 
 
Depressione
     ‘Ci si arrende alla situazione
 razionalmente ed emotivamente’
 
 
Un giorno, circa un mese dopo dal fatto sono andata da mia sorella e sono scoppiata in lacrime per la prima volta davanti a qualcuno.
Ero un fiume in piena e non riuscivo a fermarmi e non volevo farlo.
Lui non era davvero più tornato, la casa non si era riempita delle sue risate e il letto non era diventato improvvisamente caldo.
E io avevo smesso di fare tutto.
Non mangiavo, nemmeno Tommy riusciva a distrarmi, ero diventata un guscio vuoto che si stava lentamente appiattendo.
E ancora c’era una parte di me che rinnegava la cosa, che ancora aspettava il suo ritorno.
Ma lo sapevo, sapevo che ciò non sarebbe mai accaduto, sapevo quello che era successo, finalmente lo capivo ma, capire e ammettere sono due cose diverse e io non ero ancora pronta ad ammetterlo.
Non lo ero ancora.
 
 
 
Accettazione
 
‘Si accetta l’accaduto riappacificandosi
con esso, spesso sperimentando fasi
di depressione e rabbia di natura modesta
volte a riconciliarsi con la realtà’
 
 
Alla fine mi ci erano voluti quattro mesi.
Quattro mesi per dire finalmente la parola morte e associarla a Jens.
Ero nella stanzetta di Tommy, piegavo le sue tutine mentre Julia giocava con lui e semplicemente è venuto fuori.
“E’ morto.”
Ed è stato come realizzare una cosa sciocca, una cosa che era stata ovvia a tutti fin da subito ma che io riuscivo a realizzare, ad ammettere, ad accettare solo in quel momento.
E mi ci erano voluti tre mesi per andare a portare fiori sulla tomba di mio marito.
Le prime volte arrivavo fino al cancello e poi facevo retromarcia, non ci riuscivo, per me andare lì era impensabile.
E adesso, mentre camminavo in quella stradina stranamente ombreggiata mi maledissi per non esserci andata prima.
Quel posto era riuscito a mettermi un senso di pace che non avevo più provato in tutti quei mesi.
Era come se fosse un altro mondo, come se fosse avvolto in una bolla e lì, solo lì mi sentissi a casa, come se fosse diventata la mia nuova casa, e Jens era lì, quindi forse, un po’ era vero.
Ma ammetterlo, accettarlo, non faceva meno male.
Renderlo reale era doloroso tanto quanto fingere che non lo fosse.
Essere lì, in quel momento, con Tommy che cercava di abbracciare la sua foto mi ha solo fatto capire che stavo andando nella direzione sbagliata.
Che negare e soffrire in silenzio e annullarmi non lo faranno tornare indietro.
Niente lo farà tornare indietro.
E io non sono sola.
Ho Tommy e non posso permettermi di arrendermi.
Lui non lo merita.
Quindi, vedi Jens, io non lo so se tutto questo sia giusto.
A volte penso a come sarebbe stato se fossi morto in un altro modo e ho capito che non sarebbe cambiato nulla. So che ci amavi, amavi me e Tommy più di tutto e so che sapevi che per noi era lo stesso, so che tutto quello che hai fatto l’hai sempre fatto per noi.
E non lo so, non lo so quando il cuore smetterà di fare così male, non so quando gli strappi che hai causato alla mia anima si ripareranno.
Forse continueranno a sanguinare in eterno ma andrà bene.
Io e Tommy, in un modo o nell’altro staremo bene, quindi, non preoccuparti per noi, pensa un po’ a te e cerca di essere felice ovunque tu ti trovi in questo momento e, prometto, prometto che noi proveremo a fare lo stesso.
Ti odio Jens, così tanto che vorrei essere lì con te.
Ma devo stare qui con Tommy e staremo bene.
Un giorno noi staremo bene.
 








Angolo autrice cattiva:
Eccoci qui cari bimbi(?)  e niente, questa storia a me continua a far piangere non ci posso fare molto :/
Le varie fasi scritte seguono quelle che sono le emozioni di Amy anche per questo i titoli ad esempio sono scritti in modo diverso(non so se mi sono spiegata bene o.o)
Avevo già pubblicato la storia e poi l'ho cancellata perchè scrivendo la long ho preferito rivedere anche la os e pubblicare poi insieme la os e l'ultimo capitolo della long.
Chi non ha seguito la long non ci capirà nulla di questo angolo autrice ma come ho detto nell'intro questa OS può essere anche letta come una storia a sè, conoscendo la storia di Dove cadono i fulmini invece va a chiudere praticamente il cerchio.
Se qualcuno fosse interessato questo è il link
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3001803
E niente, grazie a chiunque leggerà la storia e a chi a vrà voglia di lasciare un segno del suo passaggio.
   
 
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