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Autore: LadyKinoko    20/04/2015    5 recensioni
Piccola incursione nell'infanzia di Dean.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Mary Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Eccomi alla "prima" fic pubblicata su questo fandom (che sia mia!). 
Premetto che il topic di questa piccola shot non è casuale, e si incentra su questo periodo della vita di Dean perché l'idea era quella di farla partecipare ad un contest (il "Child!Character contest" di gnarly, per la precisione).
Boh, spero che la cosa piaccia. Purtroppo non sono riuscita a consegnarla per motivi tecnici (pc - anche ora, pubblico da quello di mio zio, lusso solo per oggi), ma è una cosa a cui tengo e che non potevo non pubblicare, quindi eccola qui.
Che altro dire? Non mi viene in mente, proprio nulla, se non che il titolo, per gli amanti del fandom, dovrebbe essere più che chiaro, per chi invece avesse difficoltà, "don't you cry no more" è un verso della classica "Carry on my wayward son" dei Kansas, che ha fatto la storia della serie, affianco all'amata Impala Chevy del '67.

Non mi resta che lasciarvi con un grande Buona lettura! e mi farebbe davvero piacere avere un commento, sapere se vi è piaciuto, vi ha schifato, cose così, insomma ;)
 
Don’t you cry no more
 
Dean ama sua madre. La ama con tutto il suo cuore, la ama di tutto l’amore di cui un bambino è capace, e quando sorride, se possibile, sente di amarla ancora di più, perché quando sorride la sua mamma diventa ancora più bella, i suoi occhi brillano, e il suo viso si illumina tanto che il sole quasi non può reggere al confronto.
Per questo Dean detesta quando sua mamma piange. Detesta quelle notti quando, insonne, dalla sua cameretta, la sente soffocare i suoi gemiti sul cuscino, bagnandolo di lacrime, e durante quelle notti, detesta un poco anche suo padre, a cui, nonostante tutto, vuole comunque un mondo di bene.
A volte, durante queste notti, il piccolo Dean sente crescere dentro di sé il bisogno di alzarsi e raggiungere sua madre, stringerla nel più forte degli abbracci, circondarla fin dove le sue esili braccia di bambino di quattro anni possono arrivare, e sussurrarle parole dolci, quelle parole che sapeva che l’avrebbero fatta sorridere, perché gliele diceva spesso anche John, e lei allora diventava sempre bellissima. A Dean piace il buio, perché nonostante le storie di mostri e fantasmi, lui sa di essere al sicuro, sua madre gli ha detto sempre che quegli esseri sono solo fantasia, che in realtà non esistono, e Dean sa che sua madre gli vuol bene allo stesso modo in cui gliene vuole lui, e non gli mentirebbe mai. Il piccolo Dean sa di potersi fidare di sua madre, per questo, durante quelle notti, percorre i pochi metri che lo dividono dalla sua camera in tranquillità, senza paura.
Allora, quando entra nella stanza, spingendo lentamente la porta per non fare troppo rumore, si dirige verso il letto, e assicuratosi che la parte dove di solito dorme il suo papà sia vuota, vi sale e si avvicina al corpo disteso di sua madre, che ancora non ha alzato il viso dal cuscino su cui è poggiata. Dean la guarda per un po’, domandandosi se così, a pancia in giù, con la gigantesca pancia che si ritrova ora, non si trovi scomoda, e vorrebbe chiederglielo, ma è interrotto da un braccio che lo tira contro il petto, e Dean allora può finalmente vedere il volto di sua madre che lo fissa di rimando, con gli occhi lucidi per le lacrime appena versate. Il piccolo cerca di allungare le manina e in un tentativo goffo scaccia i lacrimoni che minacciano di scendere ancora dalle guance della donna e l’abbraccia, tuffandosi sulla sua spalla e immergendo il viso nei suoi lunghi capelli biondi, che profumano sempre di mele. Sua madre ama le mele.
“Mammina, non piangere. Sei più bella quando sorridi” dice, con una voce quasi inudibile, ma che Mary ha sentito chiaramente, perché subito prende il viso di suo figlio tra le proprio mani e gli sorride.
“Grazie, piccolo mio” sussurra piano lei, che in tutta risposta gli deposita un bacio in fronte.
Prima di parlare di nuovo, il piccolo Dean si mette seduto comodo con le gambe incrociate sul lettone.
“Papà ti ha fatto male? Guarda che a me puoi lo puoi dire, così lo stendo con un pugno, cooooosì” dice, mentre tende la piccola manina stretta a mo’ di pugno in avanti, come a voler colpire qualche nemico immaginario. “…  non ci proverà più, perché ci sarò io a proteggerti.”
A sentire quelle parole a Mary sfugge una piccola risata, e può vedere il lampo di soddisfazione guizzare negli occhi di suo figlio, che ha finalmente raggiunto il suo scopo.
“Allora non piangi più? Promesso?” chiede di nuovo il piccolo, che si sistema meglio nel grembo della madre, per non dare fastidio alla piccola creatura che ancora dentro di lei sta per arrivare. Chissà se sarà un fratellino o una sorellina.
“Non piango più, promesso” ripete lei con un’antifona. “Adesso dormiamo, va bene? Perché sono davvero stanca.”
Ad un cenno di assenso del bambino, Mary si posiziona meglio, e stringendo Dean con un braccio, l’altro poggiato a fare da scudo al piccolo dentro di sé, chiude gli occhi e inizia a canticchiare la “sua” ninna nanna.
Dean non ricorda di aver mai dormito meglio che in quelle sere, stretto tra le braccia di Mary, mentre la sua voce melodica cantava i versi di “Hey, Jude” come la più dolce delle nenie.
  
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