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Autore: SpectrumDark    20/04/2015    2 recensioni
Mi voltai dalla parte opposta, camminando e saltellando sulle radici degli alberi. Un senso di vuoto e freddo di colpì sul petto, proprio nel punto in cui mi aveva toccato quella strana ragazza. Toccai il petto con l’indice, era freddo. Così freddo da sembrare un punto morto. Mi voltai, correndo nella direzione della ragazza, ma improvvisamente l’aria si era fatta pesante, il respiro mi mancava, il cuore perdeva battiti. Mi accasciai a terra, sbattendo la testa su di una radice. Le palpebre iniziarono a chiudersi da sole. Un bagliore azzurro si avvicinò a me.
“Vai. Non sei fatto per stare qui. Ti proteggerò” sentii un tocco freddo sul viso e alzai lo sguardo verso la figura, era lei. Le sorrisi prima di chiudere gli occhi e sprofondare nel sonno.
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Primo Capitolo



 
Le urla dei miei genitori mi arrivarono chiaramente nella testa. Urlavano da ore e sembrava che non avessero nessuna voglia di smettere. Ovviamente l’argomento della litigata ero io. Nessuno mi difendeva, stavano litigando perché mio padre diceva che erano i geni di mia madre che mi avevano fatto diventare così, mia madre ribatteva con il fatto che nella famiglia di mio padre non c’erano persone sane o normali. E così la litigata andava avanti per delle ore. Non c’era nemmeno bisogno di avvicinarsi alla porta per sentire meglio, potevo sentire ogni singola parola o ogni singolo sospiro.
Ogni sera era così. Ogni sera me ne stava sul mio letto, ad ascoltare quello che avevano da dire su di me, senza sapere la verità. Volevo davvero avere degli amici, uscire tutte le sere, andare male a scuola, fare quello che tutti gli adolescenti facevano. Ma non ci riuscivo. Mi riusciva bene solo studiare e rimanere a casa, lontano dai giudizi della gente e dagli sguardi disgustati delle ragazze. Avevo provato a vestirmi come gli altri, mi ero persino fatto un piercing al labbro. Ma niente. Nessuno mi guardava con rispetto o con affetto. Mi guardavano tutti con disgusto o pena.
Mi infilai sotto le coperte, pregando di trovare un po’ di pace nel sonno. La notte era il mio momento della giornata preferito. Tutti si spegneva e io potevo chiudere gli occhi, fare finta di non essere così. Potevo crearmi un mondo solo mio. Chiudevo gli occhi e le urla dei miei genitori si spegnevano come le luci della città e i suoi rumori.
Con un sospiro chiusi gli occhi e aspettai che Morfeo di portasse nel suo mondo dei sogni.
Ero in un cimitero. Un cimitero completamente vuoto e tetro ma, stranamente, non ne avevo paura. Mi sentivo al sicuro, mi sentivo come se lì non mi avrebbe toccato nessuno. Potevo gridare, cantare, ballare, piangere, ridere. Nessuno mi avrebbe giudicato. Nessuno mi avrebbe guardato. Semplicemente, potevo essere me stesso. Vagai per il cimitero. Non era molto grande e non c’erano molte lapidi. Sullo sfondo c’erano un grande bosco che sembrava continuare all’infinito. Mi addentrai in esso, protetto dell’oscurità della notte. Il bosco era silenzioso, come tutto il resto. Non si udiva nemmeno il suono del mio respiro. Mi ritrovai a sorridere guardando un albero, era tutto così silenzioso ed accogliente. Mi sedetti su un sasso abbastanza grande, guardando verso il cimitero. Non incuteva paura, ma un senso di calma che non avevo mai provato nella mia vita. Mi guardai intorno, cercando qualcosa da osservare o da fare, quando una luce azzurra catturò la mia attenzione. Era a pochi metri da me, ma non riuscivo a distinguerne le forme. La luce si nascose dietro ad un albero. Mi alzai, seguendo quello strano bagliore che potevo ancora scorgere ai lati dell’albero. La figura corse via quando spezzai un bastoncino con il piede. Risi, osservandola da lontano. Si fermò e si nascose di nuovo dietro ad un altro albero. Mi avvicinai cautamente, facendo attenzione a non spezzare niente. La luce rimase ferma, più mi avvicinavo più la luce diventava meno forte. Mi fermai proprio dietro all’albero dove si era nascosta. Girai intorno all’albero fino a trovarmi davanti agli occhi la figura di una ragazza minuta, completamente trasparente, con dei grandi occhi che mi scrutavano spaventati.
“Chi sei?” le chiesi, osservandola meglio.
“Puoi vedermi? Chi sei? Perché sei qui? Che vuoi?” la ragazza strinse più forte la corteccia dell’albero e drizzò le spalle.
“Io sono Luke. E tu? Chi sei?” tralasciai le altre domande, volevo solo sapere chi era.
“Mi chiamo Selene. Che ci fai qui?” notai solo ora i suoi strani capelli. Erano sorprendente voluminosi dietro e una ciocca si capelli si stagliava sul suo occhi, i capelli più voluminosi erano divisi dalla ciocca con un nastro. Indossava un vestito che arrivava al ginocchio, con la gonna leggermente più larga, messa in risalto da un nastro sulla vita.
“Non lo so. Mi sono ritrovato semplicemente qui” la ragazza mi guardò come se fossi un alieno.
“Non è possibile” risi e continuai a fissarla e a chiedermi perché fosse così trasparente.
“Perché sei trasparente?” le chiesi ridendo. Quella domanda sembrava averla ferita e si voltò, camminando verso il bosco.
“Non puoi camminare molto con quei tacchi” le camminai dietro cercando di non ridere.
“Dovresti essere spaventato, non dovresti ridere o fare battute” si girò verso di me, avvicinandosi.
“Perché?” le chiesi, cercando di risultare il più garbato possibile. Sul suo volto si formò un sorriso divertito.
“Come sei ingenuo” il suo viso s’incupì “dovresti essere spaventato perché io sono morta. Io non respiro, il mio cuore non batte, non ho colore, non ho calore. E tu, non dovresti essere qui. Percepisco il tuo calore, il sangue che scorre nelle tue vene. Sento il battito del tuo cuore e il suono del tuo respiro” rise poggiando una mano sul mio petto “non ridere di me, grida e corri” tolse la mano dal mio petto e se la portò sul fianco. Era tristezza quella che intravedevo nel suo volto?
“Sei morta? A che gioco stai giocando, ragazza? Non è Hallowen” dissi incrociando le braccia al petto.
“Non è gioco. È la verità. E tu sei vivo. Non dovresti essere qui. Vattene” la ragazza si voltò, camminando verso il cimitero.
Non avevo voglia di giocare al suo stupido gioco. Non volevo far finta di essere in un film di Tim Burton.
Mi voltai dalla parte opposta, camminando e saltellando sulle radici degli alberi. Un senso di vuoto e freddo di colpì sul petto, proprio nel punto in cui mi aveva toccato quella strana ragazza. Toccai il petto con l’indice, era freddo. Così freddo da sembrare un punto morto. Mi voltai, correndo nella direzione della ragazza, ma improvvisamente l’aria si era fatta pesante, il respiro mi mancava, il cuore perdeva battiti. Mi accasciai a terra, sbattendo la testa su di una radice. Le palpebre iniziarono a chiudersi da sole. Un bagliore azzurro si avvicinò a me.
“Vai. Non sei fatto per stare qui. Ti proteggerò” sentii un tocco freddo sul viso e alzai lo sguardo verso la figura, era lei. Le sorrisi prima di chiudere gli occhi e sprofondare nel sonno. 
   
 
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