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Autore: FrancescaPotter    21/04/2015    3 recensioni
Come Emma Carstairs ha capito di essersi innamorata del suo parabatai il giorno del matrimonio di Jace e Clary.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You Knew What You Were, You Were In Love


Jace fece per andarsene.
Si alzò di scatto dalla sedia e poggiò una mano sulla maniglia della porta, pronto a sgattaiolare in qualche luogo appartato.
«Che stai facendo?»
Jace deglutì a vuoto senza dire niente. Si voltò ed incontrò gli occhi azzurro scuro come fondi di bottiglia del proprio parabatai. Alec, appoggiato al muro e con in mano il proprio stilo, lo fissava dall'altro lato della stanza. Si trovavano all'istituto, nella camera di Jace, il quale ad un tratto si era alzato dal letto con l'intenzione di darsela a gambe.
«Jace Herondale ha paura» lo prese in giro Alec con tono divertito. «Chi lo avrebbe mai detto?»
Jace prese un mazzo di fiori appoggiato ad un tavolino e glielo lanciò. Alec si abbassò, evitandolo per un pelo. «Siamo anche nervosi, vedo.»
«Senti chi parla!» Sbottò il biondo, puntandogli un dito contro. «Vorrei ricordarti in che condizioni eri tu al tuo matrimonio:"Per Raziel! Magnus sarà scappato? Chissà che cosa indossa. Oh, no, non posso sposarmi, sono troppo giovane. Aiuto, non ce la faccio, m che cosa sto facendo?"»
Alec fece una smorfia ed incrociò le braccia al petto. «E tu che cos'hai fatto per tranquillizzarmi?» Chiese, cambiando poi la voce in una perfetta imitazione dell'amico. «"Ti stai solo sposando, non stai mica andando in guerra", dicevi. Non è poi così divertente quando tocca a te, uh?»
«Ritiro tutto» disse Jace serio. «Fa più paura di un'orda di demoni.»
Alec, notando la tensione nel tono del proprio parabatai, si alzò. «Ehi, andrà tutto bene» Gli poggiò una mano sulla spalla. «Jace Herondale non ha paura di niente, ricordi?»
«Quello era prima. Prima di Clary. Prima di capire quanto tu ed Izzy foste importanti per me» rise amaramente e abbassò il capo, in cerca delle parole giuste. «Pensavo di non aver nulla da perdere. Pensavo che il rischio mi facesse sentire vivo. Poi Clary è entrata nella mia vita e ho capito che non era vero: non ero il guerriero forte e solitario in grado di fare tutto da solo. Avevo bisogno di voi, ed è stato quando ho realizzato questo che le carte in tavola si sono mischiate: ora ho tutto da perdere.»
La vicinanza di Alec, come un balsamo rilassante, riuscì a tranquillizzarlo, anche se questo stava sorridendo tra il commosso e il divertito. «Sei il solito, Jace, quando sei nervoso fai discorsi.»
Jace lo guardò male. «Preferivi quando mi rinchiudevo in me stesso, infuriato con il mondo?»
«Che l'Angelo ce ne scampi, certo che no! Dico solo che non stai andando a morire.»
«E se Clary ci ha ripensato?» Chiese improvvisamente Jace con occhi spalancati.
«Non ci ha ripensato.» Sentenziò Alec convinto.
«E se ha deciso che in realtà è innamorata di Simon?»
Alec fece una faccia schifata. «Per quanto mi risulti difficile capire cosa le ragazze -e in particolare mia sorella- ci trovino in lui, no, non scapperà con Simon.»
«Sì, ma...»
In quel momento la porta si aprì. Un ragazzo sui sedici anni, con dei folti capelli marroni, mise la testa nella stanza e si guardò attorno come se stesse cercando qualcuno.
«Scusate,» disse con aria afflitta quando si accorse che la persona di cui aveva bisogno non era presente. «Stavo cercando Emma.»
Si trattava di Julian, uno dei tanti fratelli Blackthorn che, in quanto tale, sfoggiava un paio di occhi di un azzurro tanto brillante da sembrare finti. Dopo l'aiuto che la piccola Emma aveva dato loro nella guerra contro Sebastian, Jace si sentiva in qualche modo a lei debitore. Avevano mantenuto i contatti e le aveva a più riprese promesso che non appena si fossero visti di nuovo si sarebbero allenati insieme per un paio d'ore.
Essere amico di Emma implicava esserlo anche della sua metà, ovvero del suo parabatai, Julian. Julian era un ragazzo a posto, gentile e in grado di sbollire la rabbia cieca che dilaniava Emma dall'interno.
«Non l'abbiamo vista» Alec si gratto il capo e corrugò la fronte. «Magari è con Clary e Izzy»
Julian parve poco convinto. «Darò un'occhiata. Sapreste dirmi dove sono?»
«Seconda porta a sinistra del piano di sotto, ma se...»
Alec non fece in tempo a terminare la frase che Jace si era già avvicinato a Julian con fare cospiratorio. Gli mise un braccio attorno alle spalle ed iniziò:«Uhm, senti... posso chiederti un favore da uomo a uomo?»
Il ragazzino gli rivolse uno sguardo imbarazzato e borbottò qualcosa di incomprensibile che Jace decise di ignorare.
«Jace, non azzardarti...» Alec chiuse gli occhi ed iniziò a massaggiarsi le tempie, avendo già capito le intenzioni dell'amico.
«Non è che andresti a controllare Clary?»
«Lo sapevo, sei il solito.»
«Shh, Alec» gli fece cenno di tacere Jace. «Che ne dici?» Continuò poi, tornando a rivolgersi a Julian, il quale sembrava alquanto turbato. «Vai nella sua stanza facendo finta di cercare Emma, e poi...»
«Ma io sto cercando Emma.» Fece notare il giovane Blackthorn alzando un sopracciglio.
«Sì sì, certo. Vai a cercare Emma e mi dici se Clary c'è ancora... o se è scappata.»
«Jace» mugugnò Alec, con l'espressione di uno che avrebbe potuto mettersi a prendere a testate il muro da un momento all'altro. «Piantala.»

Julian capì che non aveva via di scampo, perciò, dieci minuti più tardi, si ritrovò a bussare ad un'altra porta.
«Avanti» Gli rispose una voce dall'interno.
Julian chiuse gli occhi ed entrò, pregando ci fosse anche Emma. Sapeva che sarebbe stato poco probabile trovarla nella stanza della sposa, dato che Emma non amava quel genere di cose: merletti, vestiti, bomboniere e fiori. Non erano la sua specialità.
E infatti Julian ci aveva visto giusto; della sua amica nemmeno l'ombra.
Al contrario, Clary era presente insieme ad un ragazzo e a una ragazza che Julian identificò con Isabelle Lightwood, in un bellissimo vestito azzurro che metteva in evidenza la sua figura longilinea, e Simon Lewis, con gli occhiali squadrati e i capelli ricci che sparavano in tutte le direzioni.
«Sicura di stare bene?» Stava chiedendo Isabelle con fare apprensivo. «Hai bisogno di qualcosa? Una bottiglia d'acqua? Un fazzoletto? Oh, no, ti si è sbavato il trucco, aspetta che...»
«Isabelle» la ammonì il suo ragazzo posandole una mano sulla schiena. «Dalle tregua.»
«Sto benissimo, Izzy» rispose Clary, che si trovava seduta su un sedia con un vestito senza spalline del colore dell'oro fuso. «E il mascara non è sbavato, è perfetto così.»
Isabelle annuì poco convinta, per poi prendere la propria porchette e avviarsi a passo di marcia verso Julian che era rimasto con fare discreto in disparte.
«Vado a controllare Jace allora. A più tardi. Oh, ciao Julian» Quando lo vide sulla soglia lo salutò e poi sparì lungo il corridoio, lasciandosi dietro una scia di profumo al gelsomino.
«Ehi» Clary parve stupita di vederlo e, a dirla tutta, anche lui lo sarebbe stato.
«Stavo cercando Emma» spiegò guardandosi attorno come se la sua parabatai potesse essere nascosta lì da qualche parte.
«Davvero?» Chiese Simon con voce ironica incrociando le braccia al petto. «E io che pensavo ti avesse mandato Jace.»
«Uhm, non proprio» Julian si grattò il capo tenendo gli occhi puntati a terra.
Clary invece zittì Simon con un'occhiataccia per poi tornare a rivolgersi a Julian. «E' stata qui poco fa.»
Julian a sentir quelle parole si animò. «E dov'è andata ora?»
Clary sembrava pensierosa, come se sapesse qualcosa che però non voleva dirgli. «Non lo so, mi sembrava alquanto turbata.»
«Lo sento, che non sta bene» Julian sfiorò leggermente la runa che Emma stessa gli aveva disegnato come suggello di quel legame che li legava ormai da quattro anni.
Sospirò e si soffermò a guardare Clary. Sembrava incredibilmente calma per essere una donna il giorno del proprio matrimonio. Stava seduta sulla sua sedia con le mani compostamente raccolte in grembo e un'espressione serena stampata sul viso. Isabelle le aveva raccolto abilmente i capelli sul capo, lasciandole cadere ai lati del volto solo un paio di ciocche che le conferivano un'aria meno composta.
«Tu come ti senti invece?» Le domandò allora con cautela, timoroso della reazione della ragazza.
Clary alzò gli occhi al cielo ma gli sorrise. «Continuano a chiedermelo tutti. Sto bene, davvero.»
«Strano, vero?» Si intromise Simon lanciando a Clary un'occhiata storta, come se lei fosse un qualche strano animale in via di estinzione. «Non per metterti sotto pressione ma, insomma, stai per sposarti. Con Jace. E so che lo ami, ma è per sempre. Tipo... sempre. Non si scappa.»
Clary, se era possibile, sorrise ancora di più, gli occhi le brillavano come smeraldi al sole. «Lo so! E' questo il punto: lo so, e va bene così. Sono felice, ragazzi. Davvero felice. Sono tranquilla perché so che Jace è quello giusto» alzò le spalle con noncuranza. «Tutto qui.»
Julian non era certo di capire, d'altronde non si era mai innamorato. Aveva avuto un paio di ragazze, ma con nessuna aveva mai fatto sul serio. Aveva sempre sentito dire che quando ti innamoravi te ne accorgevi: battito del cuore accelerato, sensazione di vertigini, difficoltà a dormire.... eppure lui nulla, non gli era mai successo. Non desiderava passare le sue giornate in compagnia di quella ragazza che gli faceva battere il cuore perché, semplicemente, non l'aveva ancora conosciuta. Poi c'era Emma, e con lei avrebbe passato tutta la vita senza alcun problema. Ma Emma era... be', lei era Emma.
Improvvisamente la porta si spalancò con un tonfo e sulla soglia apparve Isabelle. Prima di parlare si sistemò i capelli dietro le orecchie. «Siamo pronti. Clary, è ora di andare.»

Emma stava avendo un attacco di panico e non aveva la minima intenzione di presentarsi alla cerimonia. Se ne sarebbe stata rannicchiata sul retro dell'Istituto tutto il tempo per poi sbucare fuori quando sarebbe giunto il momento di tornare a casa, a Los Angeles. Lì avrebbe pensato al da farsi. Poteva scappare, abbandonare tutto e tutti? Lasciare Julian? Era proprio da lui che voleva fuggire. Doveva fuggire.
Perché non era possibile, non era possibile.
Scattò in piedi ed iniziò a camminare avanti e indietro, passandosi più volte le mani tra i capelli. La sua acconciatura era stata ormai distrutta, ma non le importava. Continuava a contorcersi il vestito lilla per il nervoso, sapendo che quando Livvy l'avrebbe vista arrivare tutta scompigliata le avrebbe fatto una predica infinita, ma di nuovo: non le importava.
Il cuore le batteva così forte nel petto da fare quasi male.
Deglutì a vuoto una, e poi un'altra volta. Chiuse gli occhi e si impose di calmarsi, con scarsi risultati. Tenedo le palpebre abbassate strinse i pugni lungo i fianchi per impedire alle proprie mani di tremare.
Non lo vide arrivare. Normalmente la runa parabatai le avrebbe permesso di percepire la sua presenza, ma quella non era una situazione normale. In quel momento Emma non era padrona delle proprie facoltà mentali.
«Si può sapere che fine hai fatto?»
Emma spalancò gli occhi e si sentì mancare. Julian, colui che si era ripromessa di evitare come una terribile malattia, si trovava proprio davanti a lei, a pochi passi di distanza.
Troppo vicino, pensò. Troppo, troppo vicino.
Julian corrugò la fronte e la squadrò da capo a piedi, come se fosse alla ricerca di una grave ferita che Emma voleva invece nascondere. Pregò che non notasse i capelli scompigliati, il vestito stropicciato e le mani tremanti. Sentiva i punti che i suoi occhi verdi passavano in rassegna bruciare febbrilmente.
Quando Julian si rese conto del suo stato pietoso, allungò una mano verso di lei. «Emma» disse. «Che ti succede?»
Emma si appoggiò al muro per impedire alle proprie gambe di cedere. «Niente, ho un po' di emicrania.»
Julian non se l'era bevuta, ma la mancanza di tempo lo destò dall'inquisire oltre. «D'accordo, ma ora dobbiamo andare. Il matrimonio sta per iniziare» Il suo braccio era ancora teso verso di lei e i suoi occhi continuavano a fissarla in attesa, ma Emma non riusciva a toccarlo.
Raddrizzò la schiena e si sistemò il vestito come poté.
«Giusto, andiamo» asserì cercando di suonare il più convincente possibile.
Lo superò a passo di marcia, ignorando la sua mano. Era consapevole di aver ferito i suoi sentimenti, ma era meglio così.
Qualche ora prima si era ritrovata a parlare con Clary. La ragazza le aveva raccontato come aveva capito di essere innamorata di Jace e come ci si sentiva ad essere innamorati. Era da qualche tempo che Emma aveva in mente di rompere con Cameron perché non era sicura di amarlo davvero, e quel pomeriggio ne aveva avuto la conferma. Il problema era che da qualche tempo Emma aveva iniziato a vedere davvero Julian per quello che era: bello, alto, con dei magnetici occhi verde-azurro che le facevano perdere un battito ogni volta che la guardava. Ascoltando la storia di Clary e Jace, Emma aveva capito che era innamorata di lui. Proprio di lui, del suo parabatai, e questo non era possibile. Di Julian, che la faceva ridere, che le preparava ogni domenica mattina i suoi pancakes preferiti e che beveva troppo caffè.
Julian, dietro di lei, le disse di rallentare il passo, ma lei ignorò le sue magre proteste. Anzi, se possibile, cercò di andare ancora più veloce. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto spiegargli quell'atteggiamento scontroso, ma si sarebbe inventata qualcosa più avanti.
Una volta arrivati nel luogo della cerimonia, Emma scelse a caso una panca dell'ultima fila e ci si lasciò cadere sopra. Dopo qualche secondo arrivò Julian che la imito, sedendosi accanto a lei.
Jace, in fondo alla stanza, era chiaramente nervoso. Ma non quel nervoso negativo di chi non è certo delle proprie decisioni, era più un nervoso eccitato. Alec gli teneva una mano sulla spalla, ed Emma sentiva che quel contatto era l'unica cosa che lo teneva ancorato alla realtà.
Quando Clary entrò, il viso di Jace si illuminò. In questo momento, durante i matrimoni, gli occhi di tutti si puntano verso la sposa come magneti attratti da una lastra di ferro, e quel giorno non andò diversamente. Ogni Shadowhunter si ritrovò a fissare con ammirazione Clary nel suo meraviglioso vestito dorato. Tutti, tranne Emma. Emma decise di guardare Jace e di imprimersi nella mente lo sguardo con il quale osservava quella che di lì a poco sarebbe diventata sua moglie. C'era stima, desiderio, venerazione e amore nei suoi occhi. La sua espressione era così intensa da far tremare le ginocchia ad Emma, che si ritrovò stupidamente a desiderare che un giorno qualcuno l'avrebbe guardata allo stesso modo.
Julian, al suo fianco, le prese la mano e la strinse nella sua. Emma sussultò al contatto, desiderando di poter scappare via, lontano da quell'amore che lei sapeva di non poter mai avere.
T U T T O O K A Y ? Le scrisse con l'indice Julian sul braccio.
O K A Y. T U? Rispose lei con la stessa tecnica.
Julian le rivolse un sorriso per assicurarle che stava bene.
Beato lui, pensò con amarezza.
La cerimonia iniziò. Per Emma fu una tortura star lì mentre Jace e Clary si scambiavano le promesse di matrimonio e si disegnavano le rune che li avrebbero uniti fino alla morte. Il loro amore era così bello da far quasi male.
Quando finalmente Jace baciò la sposa e tutti applaudirono, si ritrovò a battere le mani anche lei, al posto di scappare in un bagno a vomitare come aveva una grande voglia di fare.
«Devo andare... un attimo...» borbottò delle parole sconnesse e sgattaiolò via.
Sentì Julian che la chiamava, ma questo la fece solo correre più velocemente.
Vagò per i corridoi dell'Istituto di New York fino a quando arrivo per miracolo nella stanza che le avevano assegnato per quella notte. Agguantò il proprio zaino e lo capovolse rovesciando il suo contenuto sul letto. La vista del fodero della sua spada Cortana ebbe l'effetto di un balsamo calmane. La sfoderò e lesse la scritta incisa sulla lama. “Il mio nome è Cortana e condivido l'acciaio e la tempra di Gioiosa e Durlindana”.
Quando la strinse a sé riuscì finalmente a respirare e a pensare lucidamente. Avrebbe superato anche questo, l'importante era non dire niente a nessuno e non dare a Julian motivo per sospettare alcunché.
Sarebbe stato facile. Avrebbe seppellito i propri sentimenti senza troppi problemi; li avrebbe rinchiusi in un angolo del proprio cuore per poi gettare la chiave nell'oceano.
Facile.
Lei era una Carstairs e, come tale, era nata per essere forte. L'amore, come una qualsiasi altra battaglia, non le faceva paura. 

 

NOTE DELL'AUTRICE
Questa cosa non mi piace. Ehm, dunque... è scritta di fretta e non mi convince per niente, ma... bando alle ciance! 
Se state leggendo la mia long su Julian ed Emma, questa one shot si colloca circa un anno prima. Infatti nella long Jace e Clary sono sposati ed Emma ha già capito di essersi innamorata di Julian. Mi piaceva l'idea di lei che se ne accorge il giorno del matrimonio dei clace perché mentre loro coronano il proprio amore lei realizza che non potrà mai realizzare il proprio.
Nulla, spero che a voi piaccia più di quanto piaccia a me.
Un bacio,
Francesca 
  
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