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Autore: InsurgentMusketeer    22/04/2015    1 recensioni
Piccola polvere di gratitudine per un grande, vecchio amico.
"Ci sono cose mai iniziate che non riescono a finire."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ mezzanotte in punto, fuori si gela. Curioso come in stagioni come questa, di giorno sembri quasi estate e di notte faccia freddo come d’inverno. Dovrei smettere di stupirmene: il buio cambia tutto, ma io non ne vedo mai abbastanza da abituarmici.
Vado verso la scrivania, accendo la luce e prendo il computer.

Ciao, Junior.
Dopo tutto questo tempo?
Hai ragione, nemmeno io c’avrei scommesso più una lira. Era ormai da qualche anno che non ci si beccava in giro, ma l’inizio di questo in particolare ha segnato un nuovo inizio, uno dei tanti nuovi inizi che abbiamo visto insieme.  Siamo sembrati più distanti che mai e spesso, lo ammetto, non ti ho rivolto nemmeno uno straccio di pensiero. Ero presa da troppe cose e lo sono ancora. Mi rideresti in faccia se ti dicessi che si combatte sempre con la stessa intensità anche contro cose che non sono fisiche, anche senza sbucciarsi le ginocchia, anche senza ricoprirsi di lividi e bruciature.
Non hai mai tradito la tua natura. Ti ho cercato tutte le volte in cui ho avuto bisogno di te e tu ci sei stato. Di quante altre persone potrei dire lo stesso?
Junior, ho ventitrè anni e mi sono sempre vergognata di tanti amici che non erano stati tali, mi sono vergognata della fiducia malriposta che avevo avuto in molti di loro, mi sono vergognata di tante scelte sbagliate, di tanti fallimenti, di cose andate storte che con un minimo di sforzo in più da parte mia, forse, sarebbero andate meglio. Eppure non mi è mai neanche passato per la testa di vergognarmi di quanto mi facessi sentire meglio tu. E non fare quella faccia, lo sai che lo dico sempre. Non mi sono mai vergognata di continuare le risse da taverna con la gente a colpi di “Vegeta è il più figo”, “No, quello è Junior”. Non mi sono mai vergognata della mia collezione di albi, film, perfino ciondoli da cellulare.
No, non ho mai visto niente di sbagliato in quel piccolo mondo magico nascosto dietro le stelle, ogni notte dietro una diversa. Forse non l’hai mai saputo, ma i terresti e tutto ciò che ruota attorno a loro sono capaci di crudeltà difficili da metabolizzare e ancor più difficili da comprendere: c’è troppo altro di cui vergognarsi a questo mondo, per giudicare il tuo, il nostro.
Nel mondo in cui vivi tu e in cui spesso mi faccio ospitare anch’io, i problemi compaiono dal nulla e sono quasi sempre assurdi e insormontabili. Ma il bello è che passano, la gente che se n’è andata non se ne va mai per sempre e in qualche modo ritorna, bastano sette sfere di vetro arancione per farle ritornare. È una cosa che, da quest’altro lato del mondo, ti invidierò per sempre.
Con il tempo ho capito che tutti abbiamo un nemico giurato, e tutte quelle volte in cui quel mio nemico orribile e fastidioso mi ha attaccato all’improvviso, alle spalle, come i peggiori avversari che tu e gli altri vi siete trovati ad affrontare, non ho mai avuto la forza che avrei dovuto avere. Spesso mi sono arresa e ti giuro che, tornando indietro, forse, mi arrenderei ancora.
Però non dimenticherò mai il giorno in cui quell’incubo mi ha attaccata ancora e io sono rimasta ferma come una statua a stringere le lenzuola sperando che passasse. Ho aperto il pc e guardato uno dei tanti OAV di Dragon Ball e senza che nemmeno me ne accorgessi, guardandoti, mi era già passato tutto. Come facevi? Me lo sono sempre chiesta.
Sono più di quindici anni che siamo amici. Ci pensi mai al tempo?
Io c’ho pensato spesso. Tornavi e te ne andavi, sparivi e riapparivi, lo hai fatto per anni, ma non mi lasciavi mai da sola. Mi rendeva felice passare mezz’ora dietro a qualche vecchio episodio, mi rendeva felice sfogliare albi, ridisegnare i tuoi tratti quando ero una bambina per imparare ad averti vicino anche quando non ti vedevo, per imparare a renderti vivo anch’io, e poi fantasticare affacciata sul balcone su quanto sarebbe stato bello se avessi saputo volare anche io.
Sorridevo, e tanto mi bastava. Mi tiravi su.
Sono cresciuta con te, solo con te, accidenti, e non ho ancora smesso.
Evidentemente, da qualche parte, in un mondo migliore di questo, io ho trovato le sette sfere prima di tutti voi, per una volta, e ho espresso il desiderio che tutto questo non finisse mai.
Credo che Shenron non ci abbia deluso nemmeno stavolta: “niente di più facile”, sono sicura mi abbia detto, come al solito.
E così è stato, ora posso sostituire tutti i verbi e soffiarci sopra per asciugarli, solidificarli:
non mi lasci mai sola, quindi. Mi rende felice passare mezz’ora dietro a qualche vecchio episodio, mi rende felice sfogliare albi, ridisegnare i tuoi tratti per continuare ad averti vicino.
Sorriso, e tanto mi basta. Mi tiri su.
Da qualche parte, tempo fa, ho letto: “ci sono cose mai iniziate che non riescono a finire.”
Tra di noi c’è stato più di un inizio, te l’ho già ricordato. Ho riso con te nei momenti in cui mi sentivo più sola, ti ho incitato e ho fatto il tifo per te ogni volta che ce n’era bisogno e ti ho maledetto e sgridato quando sei andato lì dove non saresti dovuto andare, hai fatto cose che non avresti dovuto fare. Ho sofferto tanto con te, ho pianto con te più di quanto avrei immaginato di poter o dover realmente fare. Ma nessuno capiva: io e te siamo amici. Lo siamo da una vita. E il bello di tutti questi nostri inizi è che non c’è mai stata una vera fine.
Ti ho sempre amato come fossi stato realmente qui con me e forse, in qualche modo, c’eri davvero. Era sufficiente, era un abbraccio che esisteva davvero anche se nessuno di reale mi stringeva, perché l’attimo dopo, io ero felice.
Ora chiudo la finestra e la pianto. Fuori fa ancora freddo e mi si chiudono gli occhi.
Il desiderio che ho chiesto a Shenron durerà ancora a lungo. Tieni duro e non fare quella faccia seccata: so che in fondo ne sei felice, e del resto, fare il cattivo e l’insofferente non ti è mai venuto bene per niente.
A domani, sempre.
 

 
 
                                                                                       ***
 
Il palazzo era immerso nel silenzio e le nuvole passavano dolcemente sopra il pavimento di grossi blocchi bianchi, oscurandone alcuni punti per pochi secondi. Un vento lieve spostava dolcemente le chiome degl alberi e tutt’intorno fu silenzio, finchè il principe dei saiyan sbuffò sardonico e passò il foglio di carta sghignazzando.
“La mocciosa è una romanticona, eh?”
Junior fece una smorfia e piegò il foglio in quattro, conservandolo.
“Non è più tanto mocciosa”, ribattè scontroso.
“Ci avrà messo una vita a scrivere quella roba”, rilanciò Vegeta indicando il foglio con un cenno, “a quell’ora di notte ancora al computer per scrivere a te, tsk. Dovresti sentirti onorato.”
Junior incrociò le braccia al petto, sorrise e guardò altrove.
“Lei è sempre stata carina, con me. E se non ti conoscessi, direi che sei un tantino invidioso.”
Vegeta sollevò sprezzante il labbro superiore ed espirò rumorosamente con le narici.
“Mi chiedo semplicemente che ci trovi quella ragazza di tanto simpatico in uno come te.”
“C’è anche gente laggiù che sorprendentemente trova simpatico anche te.”
“Oh, non ci giurerei.”
Junior abbassò lo sguardo e riaprì il foglio. Fece scorrere rapidamente gli occhi sulla lettera che gli era appena arrivata e si chiese se alla ragazza avrebbe potuto far piacere o meno l’idea che qualcuno gliel’avesse sottratta per consegnargliela. Non si sentì in colpa neppure per un attimo: del resto, lo aveva scritto anche lei. Erano amici.
“Forza, torniamo giù”, disse a Vegeta avanzando verso il bordo del palazzo.
“Già esaurito il momentino al miele?” domandò ironico il principe dei saiyan inclinando le labbra in un sorriso storto.
Junior scosse la testa:
“Voi saiyan avete la lingua decisamente troppo lunga”, borbottò.
Ripiegò il foglio e si assicurò che fosse al sicuro dove l’aveva riposto.
Quando Vegeta lo raggiunse, saltarono giù dal palazzo e volarono via senza voltarsi.
   
 
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