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Autore: campvbell    22/04/2015    0 recensioni
"Uccidere non è altro che porre fine a un dolore duraturo, coloro che hanno paura di morire non sono meno stupidi di coloro che hanno paura di amare." Così io prima uccisi, e poi amai.
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan, Max Lightwood, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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Mi svegliai infastidita da uno strano rumore proveniente dalla finestra, come di unghie che ci tamburellavano sopra. In casi normali non mi sarei svegliata per così poco, ma il fatto che un inquietante fascio di luce stava tagliando l’atmosfera calma e tranquilla della mia stanza completamente in due contribuì al mio sonno leggero. Feci scattare velocemente la mia mano sul piccolo pugnale che avevo appoggiato la sera precedente sul comodino e mi sfilai da sotto le lenzuola. Sentii il fresco investire le mie cosce riscaldate dal piumone, e mi avvicinai alla finestra. Sentivo la mia manco stringere con violenza e sicurezza l’oggetto affilato che oramai ero solita maneggiare con tanta grazia. Alzai impercettibilmente il braccio in una posizione di scatto quando vidi un’ombra passare davanti alla finestra, corsi verso di questa e lì feci scattare il pugnale, per fermarlo poco dopo aver realizzato chi si trovava sotto la mia finestra, attaccata ai rampicanti che crescevano sul mio muro.
“Cristo, Jess! Un giorno di questi ti farai male, a istigarmi così tanto.” Respirai velocemente, con il petto che si alzava e abbassava da solo, cercando di dire alla parte istintiva di me di non attaccare mai nessuno senza essersi accertati prima di chi fosse. Ricordavo la voce del padre così neutra, che mi  impartiva lezioni su lezioni in una stanza bianca e spoglia: ‘Uccidere non è altro che porre fine a un dolore duraturo, colore che hanno paura di morire non sono meno stupidi di colore che hanno paura di amare. Entrambi sono modi per porre fine alla sofferenza che è la vita.’ Avevo sempre ammirato mio padre per avere le idee così chiare, così decise, e per avere delle idee così brillanti e piene di fede. Avevo sempre seguito i suoi consigli, fidandosi del fatto che uccidere non era una cosa sbagliata, che cercare la morte era quasi un divertimento, come chi si prende piccole cotte adoloscenziali, senza innamorarsi mai per continuare il divertimento dell’infatuazione temporanea. Era sempre stato quasi un gioco: risse, avventura. Un mondo fatto solo di questo è quanto di meglio si possa chiedere dalla vita, secondo la mia opinione.
“Mi sottovaluti ragazza, so difendermi bene.” Si avvicinò al mio letto con fare sicuro di sé e osservò la pistola d’argento che avevo appoggiato sotto allo specchio.
“Nuovo giocattolino?” Si avvicinò per impugnarla ma il mio pugnale scattò fermando la sua manica sul muro, la cosa non la fece sobbalzare, la fece solo ritrarre in maniera offesa.
“Okay, scusa, troppo prezioso per una come me?” Le sorrisi quasi in gesto di scusa, andando a recuperare il pugnale e avvicinandomi a lei, che oramai si era seduta sul letto.
“Era di mio padre. Ancora non l’ho toccata, normalmente le armi che ricevo sono accompagnate da un biglietto, in questa non c’era, voglio aspettare per provarla.” Ammisi, tirandola giù sul letto per coinvolgerla in una piccola lotta. La cosa non sembrò divertirla.
“Devi smetterla di aspettare dei segni da tuo padre, ti invia delle armi, ti ha lasciato da sola sin da piccola, dovresti cercare di vederlo come un nemico, come una persona spregievole, non come un padre.” Sembrava seria, il fatto è che non sapeva che io provavo dell’odio nei suoi confronti, quello che aveva detto era vero e io le davo ragione.
“Comunque sono venuta per dirti che non puoi andare al letto alle 10:30, Harry mi ha chiesto di andare ad una festa di Nascosti, ci sarà da divertirsi.” Si alzò dal letto facendomi notare che effettivamente il vestito non era proprio quello adatto per andare a trovare un’amica, tutt’altro. La gonna nera le fasciava la vita per poi allrgarsi in tante pieghe che le coprivano età coscia, il sopra era fasciato da una canottierina nera con una cinta di perle bianche che dava un po’ di vitalità all’outfit. Effettivamente sarebbe stato divertente. Un po’ di alcool, un paio di Nascosti a tenerti compagnia e tanta musica per distrarti. La prospettiva era intrigante. Non feci in tempo a pensare a cosa mettermi che Jess si precipitò davanti a me con un paio di pantaloni neri attillati, una canottiera bianca e un giacchetto jeans nero.
“Così mi tenti, Price.” Le sorrisi prendendo i vestiti e infilandomeli al volo mentre lei batteva le mani velocemente, guardando l’orologio con ansia.
“Sbrigati, faremo tardi.” Continuava a ripetere frettolosamente.
“Okay, pronta.” Mi voltai verso di lei, che mi sorrise e mi tese la mano.
“Andiamo in cerca di avventura?”
 
La musica rimbombava nelle mie orecchie simile a delle pulsazioni troppo forti. Una sensazione familiare e piacevole, pronta a distrarti. Come d’altronde riuscivano a distrarti quasi tutti i ragazzi presenti a quella festa, cristo, essere un Nascosto aveva  suoi lati positivi. Una zona, popolata dai lupi mannari, sembrava divertirsi un po’ di più della zona dominata dal popolo fatato. Mentre era facile notare che i vampiri stavano soltando bevendo della sostanza rossa (non molto difficile immaginare cosa) e gli stregoni si davano alla pazza gioia facendo degli scherzi particolarmente divertenti ai poveri tre o quattro novellini che venivano presi di mira. Non c’era nessun Nephilim lì, a parte me e Jessica. E fra poco una delle due Nephilim sarebbe rimasta da sola, a cercare del divertimento facendo un po’ di casini con i lupi mannari, perché il  mio occhio allenato notò una figura imponente avvicinarsi al corpo minuto di Jess. Harry Warders, quella sansuisuga. Si avvicinò con un gesto  noto e familiare alla bocca di Jess, che si aggrappò avidamente alla sua in cerca di più contatto.
“Ma allora il sangue non è l’unica cosa che succhi, considerando quanta saliva stai risucchiando dalla bocca di Jess.” Battute sarcastiche e frecciatine erano sempre state il mio forte.
“C’è chi succhia sangue, e chi succhia cazzi.” Rispose a tono squandrandomi come a dire ‘E sto parlando di te.’. Non risposi, non volevo finire in una rissa proprio col ragazzo della mia migliore amica, e poi la voce di quest’ultima mi distrasse, insieme al suo braccio, che si era teso indicando qualcosa di indefinito nella pista. Seguii quella direzione per capire a cosa si stava riferendo.
“A quanto pare non siamo gli unici Nephilim a questa festa.”
Il suo braccio stava indicando un ragazzo in fondo alla sala.
“A quanto pare no.”
 
   
 
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