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Autore: manueos85    22/04/2015    5 recensioni
Una sfida impossibile da rifiutare e da vincere ad ogni costo: una corsa contro il tempo per realizzare i propri desideri.
Ecco come un gran mal di testa può portare ad una romantica dichiarazione del proprio amore.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikari Hanazono, Kei Takishima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La migliore medicina sei tu.





Finalmente ho finito di leggere quell'interminabile tabella ricolma di cifre. Dovrei memorizzarle tutte, ma se ripenso alle ultime righe mi viene in mente solo una gran confusione. Non ho prestato abbastanza attenzione, cosa non da me. Ma, del resto, come avrei potuto? È tutto il giorno che mi dibatto in quel guazzabuglio di numeri e sono stanco.

Che mal di testa.

Abbasso lo sguardo sulle mie mani abbandonate sui braccioli della poltrona, invece che intente a redigere il mio solito accurato rapporto di fine giornata. Non mi è mai capitato di lasciare un lavoro a metà. Ma cosa succederebbe se per un giorno non lo facessi?

Mi sento la testa stretta in una sgradevole morsa.

Sospiro. Decido che per una volta non sarà la fine del mondo. Anche se domani avrò più lavoro da fare, oggi mi sento troppo stanco anche solo per pensare di terminarlo. Nessuno lo saprà. Nessuno me ne farà una colpa. Del resto, non ho mai chiesto niente per me nonostante tutti i miei sforzi per risanare le disastrate finanze delle tre società che il nonno mi ha affidato.

Quel vecchio. Se ne sta rintanato nella sua suite a Londra e ha delegato tutto ad altri, anche se continua a dettare legge come un tiranno. So che non dovrei pensare queste cose. Dopotutto, ha creato un impero quasi dal niente.

Mio padre è stato una vera delusione per lui. È troppo debole e indeciso, troppo facilmente manovrabile per brillare negli affari. Sfortunatamente io, oltre alla mia non comune intelligenza e notevole capacità di memoria, ho ereditato dal vegliardo anche la sua sottile astuzia e la sua gran faccia tosta, doti che mi permettono di eccellere nelle trattative.

E così eccomi qui, imprigionato in un limbo. Un liceale già al timone di un impero finanziario da cui dipendono migliaia di dipendenti e relative famiglie. Oltre al dovere verso la mia, di famiglia, porto costantemente sulle spalle anche il dovere di pensare a quanti si affidano a me e alle mie decisioni per portare a casa uno stipendio.

Basta questo pensiero per deprimermi, è troppo grande per me.

Chiudo il portatile appoggiato sul tavolino davanti a me. Anche nella delicata luce rosata del tramonto, resa ancor più delicata e soffusa dalle grandi vetrate della serra, il bagliore violento dello schermo mi feriva gli occhi.

Nel tentativo di alleviare il fastidio, mi porto una mano alla fronte mentre mi accascio contro lo schienale della poltroncina di vimini.

Che gran mal di testa.

Mi torna in mente lo sguardo preoccupato che mio fratello Sui mi ha rivolto soltanto ieri sera. Credeva che non mi sarei accorto di lui, nascosto dietro lo spiraglio della porta socchiusa. Da quando una certa ragazza ostinata ci ha messo lo zampino, il nostro rapporto è notevolmente migliorato e il ragazzino che un tempo mi detestava con tutto il cuore adesso mi idolatra, ma questo fa sì che stia in ansia per me.

Avrei dovuto rassicurarlo, lo so. Ma era stato davvero molto più semplice fingere di non vederlo, anche se questo aveva probabilmente ferito i suoi sentimenti. Povero Sui. Dovrei scusarmi con lui. Ma non oggi. Oggi non posso pensare di avere una sola altra cosa da fare a sommarsi a quelle che non ho completato.

Per fortuna sono solo nella serra. Non avrei sopportato che qualcun altro fosse testimone del mio momento di debolezza.

Akira sarebbe stata felice di scoprire che anche io, dopotutto, sono umano e avrebbe cercato di fruttare il momento favorevole. È una brava ragazza, ma a volte esagera nel considerarmi un mostro senza cuore. Come mi aveva definito l'altro giorno? Una bestia selvaggia? Forse. Solo Tadashi riesce a sopportare una simile donna orso e ancora mi chiedo come faccia.

La piccola e dolce Megumi si sarebbe forse preoccupata per me, se non fosse stata tanto presa a pensare al suo imminente appuntamento con Yahiro. Strano come a volte gli opposti si attraggano. Formano una coppia davvero singolare. Lei è così gentile e premurosa mentre lui è così cinico, freddo e calcolatore... Ma chissà, forse questo loro essere così apparentemente incompatibili ha creato la giusta alchimia.

Ryu e Jun erano troppo impegnati ad angustiarsi per l'imminente appuntamento di Megumi con un simile soggetto per far caso ad altro e non si sono fatti troppi problemi a lasciarmi solo. Del resto, è cosa risaputa che io preferisco fare le cose per conto mio.

Stare da solo non mi è mai pesato. Come Yahiro, mi sono reso conto fin da piccolo che erano ben poche le persone che desideravano starmi accanto senza uno specifico tornaconto, ma, chissà come, da qualche tempo la solitudine ha cominciato a pesare.

Per la precisione, da quando una cocciuta quanto affettuosa ragazza ha cominciato a erodere le mie barriere una dopo l'altra. Ha iniziato fin da piccola, sfidandomi un giorno dopo l'altro nel tentativo di superarmi in qualcosa.

Non c'è stato campo in cui non ci abbia provato, con una perseveranza e una tenacia assoluta. Mi ha sfidato in qualcunque sport mai praticato, in qualsiasi materia scientifica e letteraria, in ogni dote o capacità possibile in un essere umano.

E ad ogni insuccesso, invece di arrendersi, rinnovava sempre la sua promessa di battermi, prima o poi, nonostante le mie famose punzecchiature chiamandola "numero due". Ad ogni insuccesso, attirava sempre più la mia attenzione e io sono stato troppo distratto dal suo carattere entusiasta e solare per accorgermi che mi stava entrando nel cuore finchè non è stato troppo tardi.

"Hikari..."

Un'altra fitta dolorosa mi attraversa le tempie, facendomi trattenere il respiro in attesa che si attenui.

Ho davvero un gran mal di testa.

"Uffa! Ma come hai fatto a sentirmi? Ho fatto più silenziosamente di un gatto!"

Se la stanchezza non mi avesse intorpidito i sensi, mi sarei certamente accorto della sua presenza. Lei era come una calamita. Ogni volta che entravo nel suo raggio d'azione, i miei occhi non potevano fare a meno di cercare la sua figura, le mie orecchie si tendevano per cogliere la sua voce, il mio naso captava inevitabilmente la traccia del suo profumo, la mia mano formicolava per il desiderio di accarezzare i suoi capelli setosi e sulle labbra percepivo il sapore dell'ultimo bacio che ci eravamo scambiati.

Se la stanchezza non avesse rallentato i miei riflessi, sarei di sicuro sobbalzato nel trovarmela di colpo accanto come evocata dai miei stessi pensieri.

Abbasso la mano e socchiudo le palpebre di un millimetro. Di più non posso. Anche se sta diminuendo rapidamente, la luce del tramonto è comunque troppo intensa per i miei occhi affaticati. Il semplice sforzo di mettere a fuoco il viso di Hikari mi procura l'ennesima fitta.

È preoccupata. Lo vedo dal suo sguardo.

Mi si avvicina e con delicatezza mi sfiora la fronte. Il tocco delle sue dita fresche è un sollievo. Appoggio la testa allo schienale e sospiro.

"Stai di nuovo esagerando" mi rimprovera a bassa voce.

Come ha fatto a capire che un tono più alto mi avrebbe procurato l'ennesima fitta? Invece, il suo mormorio mi scivola addosso come una carezza. È un balsamo. Sento la tensione alle spalle e al collo allentarsi di un poco.

"Avevo del lavoro da terminare assolutamente in giornata. Ho delle scadenze da rispettare."

"Sui è venuto a cercarmi. È molto preoccupato. Teme che tu possa di nuovo crollare come è successo a Shanghai e, da quel che vedo, penso che abbia proprio ragione. Stai di nuovo esagerando."

"Non posso fare altrimenti."

Mi rendo conto di aver risposto in modo davvero sgarbato e mi dispiace, ma il mal di testa mi rende sempre più scontroso anche per il mio solito standard.

Il ricordo dell'ultimatum di Aoi di due settimane prima mi fa digrignare i denti per l'irritazione. Il nonno mi concederà di rimanere in Giappone solo e soltanto se porto a termine una nuva acquisizione societaria entro 60 giorni. È una richiesta folle, quasi impossibile anche per un esperto affarista come me. Da 14 giorni lavoro senza sosta per conseguire l'obiettivo. Non voglio essere trascinato di nuovo a Londra, ma le cose da fare sono troppe in troppo poco tempo e se risento già adesso della pressione, non riuscirò mai...

No. Ci riuscirò. Non mi separeranno un'altra volta dai miei amici e tantomeno da Hikari.

E, puntuale, una nuova fitta dolorosa mi attraversa le tempie. Non posso impedirmi di aggrottare le sopracciglia in una smorfia.

Di nuovo, le dita fresche di Hikari mi accarezzano la fronte. Grazie al suo tocco, riesco di nuovo ad aprire gli occhi.

Era meglio se non lo facevo. Si è fatta ancora più vicina. Appoggiata al bracciolo di vimini della poltrona, il suo viso è a pochi centimetri dal mio. Sento che mi scosta i capelli e si sporge verso di me. Un istante dopo, le sue labbra si posano sulla mia fronte.

Il contatto è troppo breve. Non riesco quasi a rendermene conto che lei si è già allontanata.

"Non hai ancora la febbre, ma se non ti riposi un po' ti verrà di nuovo" mormora.

"Non ho tempo per riposare."

Purtroppo.

"Sei sempre il solito testardo. Il tuo lavoro è così tanto importante da rischiare la salute?"

È una domanda a cui non posso rispondere. Se solo Hikari sapesse... Non posso certo dirglielo, ma non è il lavoro ad essere importante. Questa non è solo l'ennesima sfida che mi hanno rivolto. Se perdo, non avrò altra scelta che tornare in Inghilterra e sottostare alla tirannia del nonno. E questa volta non ci potrà essere nessuna squadra di salvataggio a riportarmi indietro. Ma se vinco, oltre a poter rimanere qui dove sono adesso, ho ottenuto di poter scegliere da me la persona che vorrò accanto per il resto della mia vita. Non ci saranno più incontri prematrimoniali con nessuna figlia di ricchi imprenditori e magnati di società.

Io ho già fatto la mia scelta ed è qui, davanti a me, in questo preciso momento, con il suo bel viso oscurato da una insolita preoccupazione nei miei confronti. Ho scelto l'unica ragazza al mondo che mi abbia mai tenuto testa. L'unica che abbia dovuto penare per conquistare. L'unica che vedeva in me un rivale da battere e non solo un buon partito pieno di soldi.

"Hikari..."

Il suo indice si posa sulle mie labbra, impedendomi di parlare.

"Se i tuoi sforzi hanno qualcosa a che fare con il pomposissimo discorso che mi ha fatto quell'agente di tuo nonno due settimane fa, allora posso capire perchè ti stai impegnando tanto."

"Aoi è venuto di nuovo a importunarti?"

La rabbia mi scorre improvvisa nelle vene, incendiandomi il sangue. Se ce l'avessi davanti, sarei capace di strangolare quel viscido leccapiedi a mani nude.

Ma il mal di testa mi riporta bruscamente con i piedi per terra. In questo momento non sarei in grado di sostenere nemmeno una discussione verbale.

"Oh, non preoccuparti di lui! Gli ho detto chiaro e tondo che nessuna sua minaccia attaccherà mai più con me."

Oh, Hikari... Così schietta e sincera, così leale. Cosa potrei mai fare senza di te a rallegrare le mie giornate e a riempirle di colori con il tuo genuino entusiasmo per la vita?

"C'è qualcosa che posso fare per aiutarti?"

La sua offerta mi coglie di sorpresa. Sarei quasi tentato di accettare, ma le condizioni del nonno sono estremamente chiare. Non posso avvalermi dell'aiuto di nessuno in nessuna fase della complessa operazione di acquisizione. Sono sicuro che Aoi mi sorveglia e lo verrebbe a sapere subito.

"No. Meglio di no."

"Senti, Takishima, lo so che non posso fare niente per te per il lavoro... In economia sono una frana e non capisco nulla di finanza. Non so nemmeno da che parte inziare a gestire una società, figurarsi gestire un progetto di aquisizione..."

Il suo tono esitante e il suo sguardo incerto calamitano tutta la mia attenzione su di lei. Cosa sta cercando di dirmi?

"Ma ecco... penso che potrei esserti di aiuto almeno in qualcos'altro."

"Spiegati meglio. Cosa vorresti fare, esattamente?"

Non posso impedirmelo, il mio sopracciglio scatta all'insù nell'espressione scettica con cui ho sempre accolto tutte le sfide che questa testarda ragazza mi rivolge da una vita. Questa mia espressione Hikari la conosce bene e sono sicuro che per lei, associata alla mia eterna presa in giro di "numero 2", rappresenta il drappo rosso sventolato davanti al naso di un toro.

E infatti...

Il tempo di un battito di ciglia e la sua espressione dolcemente preroccupata si è già trasformata in stizzita mentre le sue guance si infuocano per l'irritazione. Mi lancia uno sguardo affilato come un coltello. Stringe il pugno, indecisa se colpirmi o meno, mentre un'aura pericolosa si irradia da lei. Se decidesse di uccidermi in questo istante, credo che ci riuscirebbe.

Ma poi, repentino come il sole che squarcia le nuvole dopo un acquazzone, le torna il sorriso.

"Una sfida alla volta. Adesso ne abbiamo già una da vincere."

"Abbiamo?"

Strano quel suo uso del plurale. E di nuovo la domanda sorge spontanea. Cosa si è messa in testa questa volta? Non voglio che venga coinvolta. Non voglio dovermi preoccupare anche di tenerla lontana dai guai.

"Certamente. Abbiamo. Pensi che ti guarderò morire di fatica senza fare niente, Takishima? Non posso perdere il mio rivale, soprattutto in una sfida contro qualcun altro."

Le fiamme di un sacro entusiasmo ardono nel suo sguardo.

Come volevasi dimostrare, di fronte alla parola sfida la mia Hikari non sa proprio resistere. E come volevasi altresì dimostrare, ancora si intestardisce su questa storia della rivalità.

Che rabbia che mi fà!

Ahi, la mia testa.

"Ancora non mi hai detto cosa intendi fare" le faccio notare.

Appoggio il gomito al bracciolo e il mento sulla mano. A questo punto, sono davvero incuriosito.

"È molto semplice, Takishima. Mi accerterò che tu rimanga in vita per i prossimi 45 giorni."

Ignoro per l'ennesima volta l'uso del mio cognome. Nonostante tutto, Hikari ancora non riesce a chiamarmi con il mio nome se non quando glielo faccio notare. O, forse sarebbe meglio dire, quando la costringo a farlo. Una cosa che in questo nomento non ho la forza di fare.

"Ti controllerò personalmente e non permetterò che ti trascuri. Ti costringerò a mangiare adeguatamente tre volte al giorno, a dormire almeno sette ore a notte e fare una pausa ogni tanto, altrimenti la tua vista risentirà dello sforzo di fissare per tante ore consecutive lo schermo del computer."

La sua dichiarazione mi lascia totalmente interdetto. Mi aspettavo di tutto, tranne quello. Sarà la frustrazione, ma una voce maligna mi sussurra all'orecchio un'idea allettante.

"Comincerò da subito. Oggi ho visto che hai saltato il pranzo e non va per niente bene. Per rimediare, ti ho preparato qualcosa come spuntino."

Dalla borsa estrae un thermos e una scatola di vimini grande quanto un bento. Quando solleva il coperchio, appaiono quattro tramezzini d'aspetto alquanto malconcio. Le fette triangolari di pane hanno i bordi frastagliati come se fossero stati rosicchiati invece che tagliati, la salsa bianca sporca tutto l'esterno, l'insalata e il pomodoro formano strati irregolari e il prosciutto sembra annegare in mezzo alla verdura.

Contemplo quei tristi tramezzini. Davvero Hikari è una frana in cucina.

Ma lei, energica ed entusiasta come sempre, non ci fa minimamente caso. Svita il coperchio del thermos e versa in una tazza una gran quantità di liquido scuro e fumante. Un momento dopo, il forte aroma del caffè mi avvolge.

"Vuoi dello zuchero?" mi chiede.

"No. Mi piace amaro."

Il calore della tazza nella mano è piacevole, il profumo inebriante. Ne prendo un sorso e la bevanda calda ha un sapore incredibilmente buono. Ecco una cosa in cui, nonostante le sue scarse doti in cucina, Hikari eccelle. Il suo caffè è ottimo e anche i tramezzini, nonostante l'aspetto, si rivelano migliori del previsto.

Ma, d'altro canto, li avrei trovati ugualmente buoni anche se fossero stati immangiabili e soltanto perchè Hikari li ha preparati appositamente per me.

"Come sono?" mi chiede, con un filo d'ansia nella voce.

"Ottimi" rispondo. E sono davvero sincero. "Quindi, finora mi hai nutrito, dissetato e costretto ad interrompere il lavoro per una pausa. Come pensi di fare per obbligarmi a dormire almeno per sette ore stanotte?"

La mia domanda la coglie impreparata. La vedo rivolgermi uno sguardo smarrito, ma la vocina maligna di prima mi sussurra di sfruttare l'occasione per prenderla un po' in giro.

Di fronte al suo silenzio, appoggio il gomito al bracciolo, il mento alla mano e la guardo fissa negli occhi, incurvando volutamente le labbra nel mio sorrisetto strafottente che tanto la irrita. Adoro vederla infiammarsi e non mi nego mai questa opportunità, mal di testa o no.

"Se vuoi essere certa che io riposi abbastanza la notte, potresti dormire insieme a me per i prossimi 45 giorni" la provoco.

Il suo viso si tinge immediatamente di un rossore imbarazzato.

"Takishima, tu sei davvero un idiota pervertito!" urla.

Il suo grido mi perfora in un colpo solo entrambi i timpani e il cervello, provocandomi una nuova e più forte fitta di dolore, ma ne è valsa la pena per vedere la sua espressione.

Sono forse diventato masochista? Probabile. Ma non posso farne a meno. Adoro quando sbarra gli occhi e arrossisce per l'imbarazzo.

"Beh, sto facendo tutti questi sforzi per vincere la sfida contro mio nonno solo per poter rimanere qui, insieme a te. Non pensi che questo valga almeno un regalo da parte tua?"

L'imbarazzo viene spazzato via all'istante dallo stupore. Ovviamente lei non sapeva qual'è la posta in palio, ma non ci mette molto a capire il significato di quelle mie parole.

"Ti vuole far tornare in Inghilterra un'altra volta?"

"Proprio così. Ma se completo l'acquisizione entro la scadenza fissata, smetterà di insistere sull'argomento una volta per tutte."

"Capisco." La determinazione torna a far brillare lo sguardo negli occhi di Hikari. "Allora questo è un motivo in più per non farci assolutamente battere! Devo darci dentro! Domani chiedo ad Akira di insegnarmi a cucinare qualcosa di leggero e nutriente, così rimarrai in perfetta salute fino alla scadenza della sfida!"

"E per quanto riguarda il regalo come compenso per il mio duro impegno?" chiedo, guardandola di sottecchi per spiare la sua reazione.

"Che cosa ti piacerebbe?" chiede a sua volta, ingenuamente. "Puoi chiedere qualunque cosa."

"Qualunque?"

"Sì."

Faccio finta di riflettere per qualche secondo, poi la guardo fisso e lei comincia già ad arrossire di nuovo, forse intuendo di essere finita di nuovo nell'ennesimo guaio.

"Allora come regalo voglio una risposta alla domanda che ti ho fatto con i fuochi d'artificio."

Quell'enorme Marry Me di luci scintillanti apparso improvvisamente nel cielo notturno che era rimasto in sospeso tra noi. Non volevo forzarla, ma il bisogno di conoscere la sua risposta si stava facendo di giorno in giorno più lacerante.

Se quella è la ricompensa, sono disposto a lavorare con dieci volte più impegno per far sì che resti sempre con me.

Hikari tenta di allontanarsi, ma glielo impedisco afferrandole una mano.

Il rossore sulle sue guance aumenta e distoglie lo sguardo.

"Takishima, io..."

"Kei" la correggo. Questa volta voglio sentire il mio nome. La tiro più vicina a me fino a che le sue ginocchia arrivano a sfiorare le mie.

"Kei... io..."

Le prendo anche l'altra mano e continuo implacabile a tirare, costringendola a chinarsi in avanti fino ad appoggiarsi ai braccioli della poltroncina per non perdere l'equilibrio.

I suoi occhi evitano ancora i miei, così alzo la mano destra fino al suo viso e le prendo delicatamente il mento tra il pollice e l'indice, esercitando una lieve pressione. Alla fine cede e mi restituisce lo sguardo.

Nonostante la timidezza e il rossore sempre più acceso, non vacilla. Ecco un'altra cosa che mi piace così tanto di lei.

"È solo una semplice risposta ad una semplice domanda, Hikari" le dico in un sussurro. "Non devi darmela adesso. Ti chiedo solo di pensarci. Puoi farlo?"

Che fatica pronunciare quelle parole che sembrano fatte apposta per prolungare il mio tormento. Come vorrei estorcerle adesso quel sì che tanto desidero.

"Va bene" mormora lei alla fine. "Appena questa storia sarà conclusa, risponderò alla tua domanda."

Sorridere. È una cosa così facile, ma che io facevo raramente perfino da bambino. Ma adesso, sentendo quelle poche parole, sento le mie labbra incurvarsi di nuovo in quell'azione così spontanea e naturale per me così rara. È questo l'effetto che lei ha su di me. Quando mi sta vicino, non posso fare a meno di sentirmi felice e non ne avrò mai abbastanza di questa sensazione.

Ma il mio mal di testa decide proprio in quel momento di regalarmi una fitta talmente forte da farmi fare una smorfia e strizzare gli occhi.

"Kei? Va tutto bene?"

Oh, Hikari, non sai che bella sensazione è sentirti pronunciare così il mio nome.

La sua mano mi scuote leggermente il braccio.

"Va tutto bene. Ho solo un po' di mal di testa."

"Forse è meglio se prendi qualcosa. Vado a vedere se in infermeria hanno una aspirina. Aspettami qui, io torno subito."

Dove vai? Non ci pensare neanche di andartene via, Hikari. Posso sopportare il peggiore mal di testa del mondo, ma non posso sopportare neanche un secondo senza di te.

Prima che si allontani, le afferro i polsi e le impedisco di scostarsi.

"Non ti preoccupare, non è così forte" dico. "E poi, ho già preso una dose della mia medicina preferita."

"Davvero?" mi chiede, scettica. "Io non ti ho visto prendere niente in tutta la giornata. Sei proprio sicuro..."

La mia mano sinistra scivola dietro le sue spalle mentre raddrizzo di colpo la schiena. Con la destra, ancora stretta sul suo mento, le sollevo appena un po' il viso e un istante dopo la zittisco appoggiando le mie labbra alle sue.

La sento trattenere il respiro e vacillare. Il mio movimento improvviso l'ha colta di sorpresa e le ha fatto perdere l'equilibrio. Finisce con entrambe le ginocchia a terra in mezzo alle mie gambe, le mani aggrappate alla mia giacca all'altezza del petto.

In questo modo è più bassa di me e sfrutto immediatamente il vantaggio, stringendola più forte.

Appena la sento cedere e dischiudere appena le labbra contro le mie, approfondisco il bacio lambendole lentamente il labbro inferiore con la punta della lingua prima di farmi strada nella sua bocca.

Ha un sapore dolce, la mia Hikari. Colgo l'aroma della vaniglia rimasto sulla sua lingua dopo il thè con pasticcini di Akira. Mi piace talmente tanto da rischiare di farmi perdere il controllo. Vorrei mangiarla tutta, divorarla di baci.

Geme contro le mie labbra, travolta dal mio assalto, e mio malgrado ascolto la sua silenziosa richiesta di ossigeno.

Ma non la lascio andare. Appoggio la mia fronte alla sua, ad un niente dalle sue labbra, e aspetto che riapra gli occhi.

Soltanto allora sorrido prima di sussurrare: "La medicina migliore per me sei tu."













Angolino dello scrittore:

CIAO! Grazie di cuore a tutti quelli che hanno avuto la voglia e la pazienza di leggere questo parto della mia fantasia su una delle mie coppie manga preferite!

È stato un piacere per me scrivere questa FF e spero che per voi sia stato un piacere leggerla!

P.S.: recensite, mi raccomando!

CIAO!!!

manueos85
  
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