Eccomi qui!
Questo capito spero vi piaccia.
Scusate se posto un po’ in ritardo ma sono venuti dei cugini
dalla montagna (io di solito ci vado solo in estate lì, a
quasi 5 ore di
viaggio) e visto che rimanevano solo oggi, non potevo eclissarmi da
qualche
parte.
Comunque, questa mattina alle 4 e
mezza mi sono svegliata e
visto che non riuscivo a riaddormentarmi mi sono messa a scrivere.
Visto che
non avevo la sacra ispirazione per finire il capitolo (mancavano le
ultime
fatidiche dieci righe) mi sono messa a scrivere una one-shot.
Da domani comincerò a postare una serie di One-Shot su vari
punti di BD.
Quello di domani sarà dal POV di Esme. Spero che lo leggiate in tante, che vi piaccia, e che magari lasciate un segno, anche piccono, del vostro passaggio XD
È in progettazione una
serie breve (e questa volta sarà
breve sul serio, non come questa storia) dal POV di Edward in cui
descriverò la
prima settimana dopo il ritorno dall’isola Esme.
Non so se qualcuno abbia già scritto qualcosa in
proposito…
nel caso, non era mia intenzione copiare nessuno…
Per quanto riguarda questo capitolo, spero che vi piaccia.
Scusate ma mentre scrivo sto litigando per il fatto che sono
agli arresti domiciliari perenni e non per un motivo particolare.
Semplicemente, mia madre non mi lascia mai uscire la sera. Dice
che, visto che è una madre single (diciamo così)
ha tutta la responsabilità.
Ho 19 anni!
Mi prendo la responsabilità di me stessa , grazie, ma mi
lasci uscire.
Le sue paranoie e le
sue ansie se le tenga
per lei. Sono già una disadattata, non serve che ci si metta
anche lei a darmi
una mano ad affondare nella solitudine più profonda.
Comunque, tornando al cap, presto arriverà il successivo!
Un bacio a tutte, spero di “rivedervi” presto!
Ps: grazie a tutte le 255 persone che hanno inserito questa
storia tra i preferiti! E alle 12 persone che hanno commentato lo
scorso cap!!!
E poi, ai miei cugini che sono venuti a trovarci e che sono
convinti che qui a Milano io non possa uscire la sera perché
potrei essere
uccisa, vorrei dire che Milano non è la città
dell’orco cattivo e che anzi,
bisognerebbe piantarla con il terrorismo psicologico. Se le persone
tengono la
testa sulle spalle, le cose più brutte possono essere
evitate. Certo, le
disgrazie succedono ma certe volte i tg esagerano. Le mie zie della
montagna
sono terrorizzate e danno ragione a mia madre!!! Sono convinte che
rischi la
vita quando prendo l’autobus per andare a scuola alla
mattina!!! (Delirio!!!!!!!)
A parte questo, gli auguri per l’anno prossimo aspetto a farveli dato che ho intenzione di postare al più tardi il 30!!!
Ciao e grazie a tutte!!!
Un bacione enorme, Erika
(che ha scoperto
–provatela
con il succo alla pesca, ma solo se
avete più di 16 anni XD-)
Spero di non aver fatto molti errori di ortografia. ho scritto di fretta... Sorry!
Bella's POV
< Carlisle,
l’acqua calda è quasi pronta. >
Sussurrò Alice uscendo dal bagno. < Dimmi tu quando
devo cominciare ad
aggiungere quella fredda. >
Mio suocero, che mi accarezzava i
capelli, annuì.
< Edward… >
< Sì, amore? >
< Mi aiuteresti a mettermi in piedi? Devo camminare.
>
Lui mi guardò dubbioso ed io aggiunsi: < Mi fa
sentire meglio. Anche l’altra volta… > ma
lui mi zittì subito. Si sentiva
ancora in colpa per non esserci stato la volta precedente, per lo meno
all’inizio.
< Va bene, vieni. > E mi mise in piedi. Camminai
per un bel po’ avanti ed indietro per la stanza tenendo le
mani dietro la
schiena, sui reni. Edward mi teneva, temendo che potessi inciampare.
Alla fine, stanca, mi risdraiai sul
letto.
Nel frattempo mi aveva chiamata
Reneè, allarmata da
Charlie.
Farle capire che, per quanto lo permettesse la
situazione, stavo bene, non fu semplice.
Fortunatamente Esme decise di intromettersi nella
conversazione e riuscì a far in modo che mia madre mi
lasciasse in pace.
Sdraiata a letto, sudata e ansante, rimasi ad osservare le venature del
soffitto in legno, contando le fitte che man mano si facevano
più ravvicinate.
Le labbra fredde di Edward lungo il mio viso furono un
sollievo a cui sinceramente non avrei saputo rinunciare.
Sebbene fosse agitato, cercava di mantenere la voce
pacata mentre mi sussurrava frasi rassicuranti.
Alice invece era tutta elettrizzata.
Carlisle stava sistemando le ultime cose in bagno e
lei si era seduta ai piedi del letto, una mano gelida poggiata sulla
mia gamba.
< Vedrai che carina la
stanza! E tutte le cose per
neonato che ho comprato! E non fare quella faccia… non
potevamo riutilizzare
quelle di Liz, maschi o femmine che siano… > Disse
notando la mia
espressione sconcertata. Avevo resistito 9 mesi trattenendomi dal
chiedermi se
fossero maschi o femmine, non poteva rovinarmi la sorpresa proprio
adesso…
Per svicolare, aggiunse: < E vestiti che ti ho
comprato! Mamma mia che bellini! Te ne innamorerai! >
< Andavano bene quelli che avevo già. >
Mi guardò come se l’avessi insultata e poi,
indignata,
replicò: < Bella, quelli sono un ricordo di quando
hai avuto Elizabeth… non
vorrai mica che li ricicli. Sono già stati messi via.
Comunque, adorerai il
completino che ti ho preso. E sono sicuro che piacerà anche
ad Edward. >
Sentii una contrazione più forte delle altre,un dolore
che mi invase il corpo. Strinsi la mano di Edward e a denti stretti,
trattenendo un gemito, sibilai: < Alice, sto partorendo. La
pianteresti
gentilmente di parlare di vestiti! >
Edward si voltò verso la sorella. In una situazione
simile ma in altre circostanze, avrebbe riso ma adesso la
fulminò con lo
sguardo e lei si zittì istantaneamente.
Carlsile entrò in camera
asciugandosi le mani con un
grande asciugamano. Vedevo gli altri, bianchi immacolati, ordinatamente
appoggiati sulla cassettiera. Ne sarebbero serviti parecchi…
< Allora Bella, vuoi
l’epidurale? Sei pronta? >
< Carlisle… > sussurrai con voce tremante
<
Non sarò mai pronta, tanto vale che lo fai e basta. >
e si avvicinò a me con quella dannata siringa
luccicante. Involontariamente, mi strinsi di più ad Edward
che mi avvolse un
braccio intorno alle spalle.
< Girati. > Mi sussurrò gentile Carlisle.
Edward
mi aiutò a levarmi l’accappatoio e a mettermi a
carponi. Quando sentii il
freddo delle mani di Carlsile, le cui dita erano intente a cercare il
punto
esatto, mi irrigidii.
< Carlisle… >
< Sì? >
< Ho cambiato idea. Fa niente. >
Edward, sospettoso, cominciò a massaggiarmi le spalle.
< Sta tranquilla tesoro. Non farà male. >
< Sì, ma ho letto tutte quelle cose sulla
separazione del bambino dalla madre… che psicologicamente,
un parto senza
dolore non ti fa accettare l’idea che il bambino sia
reale… una cosa del
genere. > E poi, ma questo non glielo avrei mai detto, non mi
piaceva molto
l’idea che Carlisle mi infilasse un ago nella spina
dorsale… non me ne ero resa
conto fino a quel momento.
< Carlisle. > Disse
Edward sfiorando la mia
schiena all’altezza delle vertebre lombari. Che posizione
imbarazzante!
Io avrei voluto girarmi a pancia in
su per sfuggirgli
ma dato il pancione e le mani di Edward che me lo impedivano, dissi:
<
Carlisle, per favore, preferisco così. Alla fine, la volta
scorsa, non è andata
così male… >
Voltai il capo per guardarlo e la siringa luccicò
minacciosa a pochi centimetri dalla mia pelle.
< Quindi, per favore, lascia tutto così
com’è. Le
donne hanno sempre partorito in questo modo. Non rompiamo la
tradizione… >
< Carlisle, per favore, falle quella maledetta
iniezione > Sibilò Edward con fare minaccioso.
< Se vuole così, non posso obbligarla. > Disse
Carlisle abbassando la siringa.
Edward sbuffò e mi aiutò a rigiramri.
Alla fitta successiva gemetti ed Edward mi guardò. Stava
per rimproverarmi ma si trattenne. Sospirò e mi
sussurrò: < Siamo ancora in
tempo. >
Sbuffai < Edward, per favore… >
< Come vuoi. > E mi sfiorò il collo con le
labbra.
< Edward, che ore sono? > Sussurrai con la testa
poggiata alla sua.
< Sono le dieci e mezza… >
< Senti, vai a mettere Liz a dormire. Sono certa
che Emmett la starà facendo giocare. >
< Veramente, quel cretino le ha detto che presto
conoscerà i suoi fratellini e lei ora è
iper-agitata. >
Mentre parlava, una contrazione più forte delle
precedenti mi fece serrare gli occhi e i denti, nonché
stringermi alla mano di
Edward.
Lui mi baciò la fronte e poi aggiunse: < Jasper
è
di sopra, nel tentativo di calmarla, ma se vuoi lo faccio scendere e
venire da
te. >
< No, non preoccuparti… > sussurrai quando il
dolore se ne fu andato, lasciando solo una sorta di intorpidimento.
Socchiusi gli occhi e mi accorsi di Esme che stava
entrando in bagno. Aveva indosso degli abiti diversi da prima. E come
lei,
anche Carlisle.
< Adesso andrò a cambiarmi anche io. Stai qui
tranquilla un secondo? >
< Vai anche a controllare Elizabeth. >
< Bella, a lei ci stanno pensando gli altri. Tu
occupati di loro. > E mi accarezzò il pancione che,
dentro l’acqua, sembrava
anche più grande.
Quando tornò, mi trovò accasciata sul marmo, le
mani
strette intorno ai bordi della vasca.
I suoi occhi divennero neri, ma
lui, facendo finta di
niente, si inginocchiò al mio fianco e sciolse lentamente la
presa delle mie
mani dal marmo della vasca. Stringere le mie dita intorno alle sue fu
esattamente la stessa cosa che stringerle intorno al marmo. Erano
fredde e dure
ugualmente, sebbene quelle di Edward erano piegate ad accogliere le
mie...
Guardai l’acqua e la vidi striata di sangue.
Carlsisle, che era inginocchiato davanti a me, mi
sussurrò: < Sei già a buon punto. Vedrai
che andrà tutto bene. > E mi
accarezzò la gamba.
Cercai di rilassarmi godendomi
l’idromassaggio ma non
era semplice. Inoltre, ogni mezz’ora, Alice aggiornava mia
madre e mio padre.
Fosse stato per me, li avrei avvisati solo a parto terminato.
Ad un certo punto suonò il cellulare, cogliendo Alice
di sorpresa. Il che mi preoccupò.
Rispose, fece una faccia scocciata, e poi poggiò il
telefonino contro il mio orecchio.
< Pronto, Bells, ti
disturbo? >
< Jake? > Ansimai
mentre Edward mi asciugava il
sudore dalla fronte. < Jake, è successo qualcosa?
>
< No, non preoccuparti. Tu invece? Ho parlato con
Charlie… stanno nascendo? >
< Charlie sa che tu sai? > Domandai, e ormai
annaspavo per l’ansia.
< Ehm, sì, non te lo avevo detto? Comunque, io e la
tua amica succiasangue siamo andati a trovarlo insieme,
l’ultima volta. Ma come
stai? Sono già nati? >
< No. Senti, posso chiamarti… Ah! > uno spasmo
involontario. Non ricordavo facesse così male…
Edward mi sfilò il telefonino e disse qualcosa a Jake.
Quando me lo ripassò, Javob pareva alquanto a disagio.
< Beh, senti, allora
ti richiamo quando hai… ehm… finito…
cioè, mi chiamerà Alice. Mi raccomando,
fatti forza. Beh, allora… > < Ok Jake, ci
sentiamo dopo.scusa ma, al
momento, è una frase critica. > Gli sibilai tra i
denti. Lui ridacchiò e poi
aggiunse, prima di salutarmi: < Ti verrò a trovare
presto. Il tuo
succiasangue mi ha dato il permesso. Ti voglio bene Bells. Speriamo
siano due
femmine e che non assomiglino al padre! > e poi
riattaccò, dopo avermi
augurato ancora una volta buona fortuna.
Edward emise un piccolo ringhio ma non ci feci caso.
Quando arrivò una contrazione particolarmente forte, per
sbaglio lasciai cadere
il cellulare ultimo modello di Alice. Lei lo raccolse senza dirmi
niente.
Dopo circa due ore Edward mi
bisbigliò: < Si è
addormentata finalmente, la piccola peste, in braccio a
Rose… >
< Ah, bene… > sospirai ansante.
Fino a quel momento, non avevo ancora gridato ma
temevo che, nella fase del travaglio vero e proprio, le mie urla si
sarebbero
sentite.
Chiusi gli occhi e rimasi ad ascoltare, cercando di
respirare regolarmente.
Percepivo solo il mio cuore, i nostri respiri, l’acqua
calda che andava a sostituire quella troppo fredda della vasca in un
ricambio
continuo e l’idromassaggio.
< Edward… mi metteresti su la tua musica? >
domandai inquieta. Neanche un minuto dopo, senza che mio marito si
fosse spostato
dal mio fianco, qualcuno accese un piccolo stereo portatile e la musica
invase
l’ambiente.
Ormai le contrazioni erano
ravvicinate.
< Bene, è in travaglio. > sentenziò
la voce
professionale di Carlisle.
E da quel momento mandai a quel paese le buone
maniere. Con il passare del tempo (e l’aumentare del dolore)
ricordai paroleche
si addicevano di più ad un liceo maschile in una periferia
degradata di qualche
immensa città che non ad una sala parto ma nessuno parve
curarsene.
Alice fece ripartire il CD diverse volte prima che
Edward mi sussurrasse all’orecchio: < Ok. Sei
abbastanza dilatata. Manca
poco. >
Dato che le contrazioni erano talmente vicine e
talmente lunghe da non lasciarmi neanche il tempo di rilassarmi o anche
solo
respirare decentemente, annuii e sussurrai: < Per fortuna, non
ce la faccio
più! >
< Allora… > disse per tenermi occupata e non
farmi pensare al dolore < Che
nomi gli diamo? >
Intanto mi accarezzava.
Ne avevamo parlato, alcune volte,
ma non era stato
deciso ancora niente.
Ed invece, eccoci qui senza aver
deciso ancora niente.
O per lo meno, senza averlo deciso insieme…
< Edward, scegli tu, questa volta tocca a te. >
< No, dai, dimmi a cosa pensavi… >
Lasciai passare la fitta successiva e mi sforzai di
dire, anzi quasi gridare, alcuni dei nomi che avevo scelto…
< Melanie e Eryn se
sono femminucce, Alexander e Thomas
se sono maschietti. Tu invece? Quali hai scelto alla fine? >
< Mah, se femminucce Eryn e Melanie, se maschietti
Alexander e Thomas. >
< Edward, ti prego! Non vale, sei sleale! >
< No, ho solo tanta esperienza. Quasi cento anni. Ho
imparato come ottenere quello che voglio. Ed è giusto che
sia tu a scegliere i
nomi dei bambini. >
< Non vale. Carlisle! vero che non vale? >
< Non tiratemi in ballo, non voglio saperne. Cerca
di stare calma. Edward, non farla arrabbiare. >
< Bella, per favore, non fare così. >
< Edward, è colpa tua. >
Ma non mi ascoltava più. Trasognato, sussurrò:
<
Che nomi particolari… >
A denti stretti sussurrai: < Melanie… le prime tre
lettere sono l’acronimo di Mary, Elena, Lilian. Le prime due
di Eryn invece di
Esme e
Reneé. >
< Ti sei fatta dire i secondi nomi di Alice, Esme e
Rosalie? > mi chiese sorpreso.
< Sì. Se saranno dei maschietti, beh, mi piacevano.
Né Emmett ne Jasper o Carlisle hanno secondi nomi e, amore,
non arrabbiarti, ma
Anthony a me non piace tanto… >
Rise e mi baciò i capelli poi aggiunse: < Hai
notato quanto Alexander, o meglioAlex assomigli ad Alec? >
Arrossiie lui disse: < Beccata. >
Chinai il capo e ammisi: <
Ok, mi hai beccata. >
< Allora, facciamo
così. Se maschi Li chiamiamo
Alec e Anthony. >
< Antony? > domandai sbigottita.
< Alec? > Fece lui imitando il mio tono di voce.
< Affare fatto. >
< Perfetto. Comunque, non era il caso di mascherare
il nome che avevi scelto. Alec ci ha aiutato tantissimo. Sono
d’accordo con la
tua scelta. >
< Ma non ti piace Thomas. > Protestai a mezza
voce.
< Non è vero. Però, mi piacerebbe che, se
possibile, nostro figlio porti il mio nome… Visto che
chiamarlo Edward è un po’
eccessivo, direi che Anthony sarebbe un buon
compromesso. In fondo, eri tu che volevi che scegliessi io i nomi. Non
avevi posto dei limiti alla scelta... >
< Sì, direi di sì. >
Com'era all'antica... Però aveva ragione. Secondo alcuni
infatti Elizabeth e Isabella in realtà sarebbero due
varianti di uno stesso nome. Se una dei nostri figli si chiamava come
me, era giusto che se fosse nato un maschietto si fosse chiamato come
il papà.
Un attimo dopo, mi ricordai di cosa
stesse succedendo perché
mi ritrovai ad urlare a pieni polmoni.
Quando mi riappoggiai alla vasca, Edward mi chiese:
< Tesoro? >
< Aiahhh! >
< Ok, ok, stai calma! >
< Edward!!! Io sono calma! >
Continuai ad urlare a lungo, fino a consumare tutta l’aria
che avevo nei polmoni.
Ogni volta che Carlisle mi diceva di spingere, io ci
provavo ma mi pareva non riuscire mai a concludere nulla.
La musica non bastava a coprire le mie grida.
Ad un certo punto infatti sentii Edward digrignare i
denti.
Sudata ed ansimante poggiai il capo
sulla sua spalla e
lo chinai in modo da guardarlo negli occhi.
< Che
c’è? > Gli domandai afona. Lui mi carezzo
la guancia e poi disse:< Bella,scusami un secondo. >
Lo guardai alzarsi ed aprire la porta. Mi stupii però
di vedere Liz in camera nostra.
Teneva in mano il suo peluche Emmett e per mano l’Emmett
vero.
La leggera camicia da notte ondeggiò leggermente quando
l’aria provocata dall’apertura
della porta la investì.
Vidi che stava piangendo.
< Mammi? mammi? >
< La mamma non può adesso. > Le disse Edward
prendendola in braccio e dandole un bacio sulla guancia. <
Tesoro, adesso
torna a dormire. > poi sibilò qualcosa ad Emmett e
Rosalie che però
scrollarono le spalle. Rose entrò in bagno per salutarmi. Si
inginocchiò al mio
fianco e, accarezzandomi, mi sussurrò: < Era talmente
agitata da aver fatto
saltare i nervi persino a Jasper. >
< Si è svegliata da molto? >
< No… da quando hai iniziato a gridare, circa
mezz’ora
fa. Senti, perché non la lasci venire qui, così
si tranquillizza se ti parla.
>
< Va bene… > e trattenni un grido tra i denti.
Edward, contrariato, portò la bambina nel bagno. Esme
mi aveva poggiato un enorme asciugamano addosso ma alla bambina non
sfuggirono
le macchie di sangue su di esso, e il colore rossastro che aveva
assunto l’acqua.
Con la mano l’accarezzai.
< Mammi? >
< Va tutto bene tesoro. Ora torna a dormire… >
< Mamma, ma se va tutto bene, pechè urli? >
< Perché i tuoi fratellini sono pigri e non mi
vogliono aiutare. Senti, perché adesso non vai di la con gli
zii? >
< No, voglio stare qui con te… > Quello che
disse dopo non lo sentii.
Chiusi gli occhi ed urlai, incapace di trattenere il
dolore ancora a lungo.
Quando li riaprii, né lei né Edward erano
più in
vista.
Un attimo dopo, lui tornò.
< Non voglio che ti veda in
queste condizioni. È importante
che non serbi un ricordo traumatico del parto… >
Annuii senza forze. < Adesso è di sopra con Jasper.
Si è un po’ spaventata, ma adesso Rose le sta
spiegando che va tutto bene.
Non credo che riuscirà a metterla a letto ma almeno se
ne starà tranquilla. >
< Che ore sono? >
< Le due e quaranta. > Oddio, era tardissimo per
lei. Non riuscii però a preoccuparmi molto di quello dato
che le ondate di
dolore tornarono, precise come un orologio svizzero. Mi strinsi ancora
di più
ad Edward.
< Ahhaaaa! > Lo sentii irrigidirsi al mio
fianco. Sorpeso dall’intensità del grido.
Qualche urlo dopo,
(il tempo aveva perso momentaneamente il suo significato)
Carlisle,
chino su di me, sussurrò: < Edward, pronto? Vedo la
testa… >
Alice, che era rimasta in silenzio fino a quel
momento, guardò Esme ed Entrambe annuirono. La mora si
avvicinò e disse: <
Edward, sto io con lei. Tu pensa ai bambini. >
Edward, che non trovava la voce, si limitò ad annuire
e da andò da Carlisle.
Stavo talmente male da non riuscire nemmeno a vergognarmi.
Inoltre Edward pareva più in ansia per questo parto che non
per la nascita
della primogenita.
Lo potevo capire… Dato che Alice non riusciva a
vederli, erano tutti preoccupati per loro.
I nostri piccoli gemelli.
Edward aveva insistito per farmi
partorire in ospedale
ma alla fine, dopo non so quanti tentativi di farlo ragionare da parte
mia e di
Carlisle, aveva ceduto. Non mi andava di tenere una parrucca in sala
parto. E poi,
se i bimbi non fossero stati del tutto umani? Magari non si sarebbe
visto dalle
ecografie. Se si fossero messi a mordere l’ostetrica per
succhiarle il sangue,
cosa avremmo potuto dire? “scusate hanno gusti
particolari.”
No, era meglio restare a casa…
< Eccolo, lo vedo! >
Disse Edward emozionato. <
Bella, tesoro, ancora un ultimo sforzo. >
Seguendo le istruzioni di Carlsile, ed imprecando come
una scaricatrice di porto, mi ritrovai a spingere finché non
mi sentii come
svuotata.
Subito dopo un suono forte riempii le mie orecchie. Delle
urla potenti, a pieni polmoni.
< Brava Bella. > mi sussurrò Alice mentre
piangevo di stanchezza. Mi sforzai di alzare il capo e,
nell’acqua rossa di
sangue, vidi le mani di Edward e Carlisle armeggiare davanti a me.
Intravidi delle
forbici enormi e decisi che era meglio chiudere gli occhi.
Un attimo dopo Edward fu vicino a me.
< Bella, è una
femminuccia! > La voce gli
tremava.
< Oddio, Edward,
dammela… > E un secondo dopo
qualcosa di caldo, liscio e bagnato, mi venne appoggiato sul petto
nudo, tra i
seni. Come sua sorella maggiore al momento della nascita, anche lei
tremava. La
mia piccola Melanie…
Pochi minuti dopo ricominciai ad urlare ed Esme mi
prese la bambina dalle braccia.
< Bella, non preoccuparti. Il secondo gemello è
sempre più facile da far nascere. Vedo già la
testa. > mi disse Carlisle già
pronto ad accogliere nel mondo l’altro bambino.
In un ultimo urlo, cercai di
metterci tutta la mia
forza.
La mia voce stanca venne
sopraffatta da una che veniva
usata per la prima volta. La prima aria che passava per i polmoni diede
al
piccolo la forza di urlare più forte di me, come aveva fatto
la sorella pochi
minuti prima.
Quando mi resi conto che finalmente erano nati, mi
abbandonai alle mani di Alice che mi scostò i capelli
bagnati di sudore dalla
fronte e me la sfiorò con le labbra.
< Bella, è
finita. > sussurrò al mio orecchio.
Poi Edward mi mise la creaturina
piccola e bagnata di
sangue sul petto e, pieno di orgoglio e gioia, mi bisbigliò:
< Maschietto. >
Non sapevo se stessi piangendo o ridendo ma mi
ritrovai con il capo contro il suo petto mentre stringevo il mio
bambino. L’odore
del sangue era forte e gli occhi di tutti i
presenti erano divenuti neri. Ma Edward
pareva non curarsi della sete.
Esme gli passò la bambina ed io mi sporsi per baciarle
la fronte. Lei era già stata lavata e avvolta dentro a delle
copertine. Il fratellino
tremava di freddo tra le mie braccia. Lo strinsi di più a me
per trasmettergli
calore e poi sfiorai anche la sua testolina con le labbra.
In quel momento scattò
un flash ed io imprecai.
< Alice! > sussurrammo in coro. Lei nascose la
macchina dietro la schiena e poi sorrise.
< Vado a dire a Liz che fra poco conoscerà i
gemellini.
> E poi sparì dietro la porta del bagno.
Esme mi sfilò il bambino dalle braccia ma io cercai di
trattenerlo.
< Bella, dai, devo lavarlo… e mettergli qualcosa
addosso. Prenderà freddo. >
E a quel punto le mie braccia si rilassarono,
lasciando che lei prendesse il mio bambino. Il mio Alec Anthony.
Chiusi gli occhi mentre Edward
faceva scendere l’acqua
piena di sangue, svuotando la vasca, e lavava il mio corpo con dolcezza
con una
spugna e il gettito caldo della doccia.
Per fortuna questa volta non mi avevano spostato in
camera. In confronto alla volta precedente, questo parto non era stato
doloroso
come pensavo. Evidentemente, due figli non significavano dolore per
due…
Per fortuna…
E mentre pensavo a questo, cullata
dalle urla
assordanti dei miei due gemellini e dalle mani attente di Edward e
Carlsile,
mi lasciai prendere dal sonno, stanca, sfinita, felice…