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Autore: CassandraLeben    27/12/2008    13 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi qui!
Questo capito spero vi piaccia.
Scusate se posto un po’ in ritardo ma sono venuti dei cugini dalla montagna (io di solito ci vado solo in estate lì, a quasi 5 ore di viaggio) e visto che rimanevano solo oggi, non potevo eclissarmi da qualche parte.

Comunque, questa mattina alle 4 e mezza mi sono svegliata e visto che non riuscivo a riaddormentarmi mi sono messa a scrivere. Visto che non avevo la sacra ispirazione per finire il capitolo (mancavano le ultime fatidiche dieci righe) mi sono messa a scrivere una one-shot.
Da domani comincerò a postare una serie di One-Shot su vari punti di BD.
Quello di domani sarà dal POV di Esme. Spero che lo leggiate in tante, che vi piaccia, e che magari lasciate un segno, anche piccono, del vostro passaggio XD

È in progettazione una serie breve (e questa volta sarà breve sul serio, non come questa storia) dal POV di Edward in cui descriverò la prima settimana dopo il ritorno dall’isola Esme.
Non so se qualcuno abbia già scritto qualcosa in proposito… nel caso, non era mia intenzione copiare nessuno…
Per quanto riguarda questo capitolo, spero che vi piaccia.
Scusate ma mentre scrivo sto litigando per il fatto che sono agli arresti domiciliari perenni e non per un motivo particolare.
Semplicemente, mia madre non mi lascia mai uscire la sera. Dice che, visto che è una madre single (diciamo così) ha tutta la responsabilità.
Ho 19 anni!
Mi prendo la responsabilità di me stessa , grazie, ma mi lasci uscire. Le sue paranoie e  le sue ansie se le tenga per lei. Sono già una disadattata, non serve che ci si metta anche lei a darmi una mano ad affondare nella solitudine più profonda.
Comunque, tornando al cap, presto arriverà il successivo!
Un bacio a tutte, spero di “rivedervi” presto!
Ps: grazie a tutte le 255 persone che hanno inserito questa storia tra i preferiti! E alle 12 persone che hanno commentato lo scorso cap!!!
E poi, ai miei cugini che sono venuti a trovarci e che sono convinti che qui a Milano io non possa uscire la sera perché potrei essere uccisa, vorrei dire che Milano non è la città dell’orco cattivo e che anzi, bisognerebbe piantarla con il terrorismo psicologico. Se le persone tengono la testa sulle spalle, le cose più brutte possono essere evitate. Certo, le disgrazie succedono ma certe volte i tg esagerano. Le mie zie della montagna sono terrorizzate e danno ragione a mia madre!!! Sono convinte che rischi la vita quando prendo l’autobus per andare a scuola alla mattina!!! (Delirio!!!!!!!)

A parte questo, gli auguri per l’anno prossimo aspetto a farveli dato che ho intenzione di postare al più tardi il 30!!!

Ciao e grazie a tutte!!!
Un bacione enorme, Erika

(che ha scoperto la Vodka ed è tutta felice!
 –provatela con il succo alla pesca, ma solo se avete più di 16 anni XD-)

Spero di non aver fatto molti errori di ortografia. ho scritto di fretta... Sorry!

Bella's POV

< Carlisle, l’acqua calda è quasi pronta. > Sussurrò Alice uscendo dal bagno. < Dimmi tu quando devo cominciare ad aggiungere quella fredda. >

Mio suocero, che mi accarezzava i capelli, annuì.

< Edward… >
< Sì, amore? >
< Mi aiuteresti a mettermi in piedi? Devo camminare. >
Lui mi guardò dubbioso ed io aggiunsi: < Mi fa sentire meglio. Anche l’altra volta… > ma lui mi zittì subito. Si sentiva ancora in colpa per non esserci stato la volta precedente, per lo meno all’inizio.
< Va bene, vieni. > E mi mise in piedi. Camminai per un bel po’ avanti ed indietro per la stanza tenendo le mani dietro la schiena, sui reni. Edward mi teneva, temendo che potessi inciampare.

Alla fine, stanca, mi risdraiai sul letto.

Nel frattempo mi aveva chiamata Reneè, allarmata da Charlie.
Farle capire che, per quanto lo permettesse la situazione, stavo bene, non fu semplice.
Fortunatamente Esme decise di intromettersi nella conversazione e riuscì a far in modo che mia madre mi lasciasse in pace. Sdraiata a letto, sudata e ansante, rimasi ad osservare le venature del soffitto in legno, contando le fitte che man mano si facevano più ravvicinate.
Le labbra fredde di Edward lungo il mio viso furono un sollievo a cui sinceramente non avrei saputo rinunciare.
Sebbene fosse agitato, cercava di mantenere la voce pacata mentre mi sussurrava frasi rassicuranti.
Alice invece era tutta elettrizzata.
Carlisle stava sistemando le ultime cose in bagno e lei si era seduta ai piedi del letto, una mano gelida poggiata sulla mia gamba.

< Vedrai che carina la stanza! E tutte le cose per neonato che ho comprato! E non fare quella faccia… non potevamo riutilizzare quelle di Liz, maschi o femmine che siano… > Disse notando la mia espressione sconcertata. Avevo resistito 9 mesi trattenendomi dal chiedermi se fossero maschi o femmine, non poteva rovinarmi la sorpresa proprio adesso…
Per svicolare, aggiunse: < E vestiti che ti ho comprato! Mamma mia che bellini! Te ne innamorerai! >
< Andavano bene quelli che avevo già. >
Mi guardò come se l’avessi insultata e poi, indignata, replicò: < Bella, quelli sono un ricordo di quando hai avuto Elizabeth… non vorrai mica che li ricicli. Sono già stati messi via. Comunque, adorerai il completino che ti ho preso. E sono sicuro che piacerà anche ad Edward. >
Sentii una contrazione più forte delle altre,un dolore che mi invase il corpo. Strinsi la mano di Edward e a denti stretti, trattenendo un gemito, sibilai: < Alice, sto partorendo. La pianteresti gentilmente di parlare di vestiti! >
Edward si voltò verso la sorella. In una situazione simile ma in altre circostanze, avrebbe riso ma adesso la fulminò con lo sguardo e lei si zittì istantaneamente.

Carlsile entrò in camera asciugandosi le mani con un grande asciugamano. Vedevo gli altri, bianchi immacolati, ordinatamente appoggiati sulla cassettiera. Ne sarebbero serviti parecchi…

< Allora Bella, vuoi l’epidurale? Sei pronta?  >
< Carlisle… > sussurrai con voce tremante < Non sarò mai pronta, tanto vale che lo fai e basta. >
e si avvicinò a me con quella dannata siringa luccicante. Involontariamente, mi strinsi di più ad Edward che mi avvolse un braccio intorno alle spalle.
< Girati. > Mi sussurrò gentile Carlisle. Edward mi aiutò a levarmi l’accappatoio e a mettermi a carponi. Quando sentii il freddo delle mani di Carlsile, le cui dita erano intente a cercare il punto esatto, mi irrigidii.
< Carlisle… >
< Sì? >
< Ho cambiato idea. Fa niente. >
Edward, sospettoso, cominciò a massaggiarmi le spalle.
< Sta tranquilla tesoro. Non farà male. >
< Sì, ma ho letto tutte quelle cose sulla separazione del bambino dalla madre… che psicologicamente, un parto senza dolore non ti fa accettare l’idea che il bambino sia reale… una cosa del genere. > E poi, ma questo non glielo avrei mai detto, non mi piaceva molto l’idea che Carlisle mi infilasse un ago nella spina dorsale… non me ne ero resa conto fino a quel momento.

< Carlisle. > Disse Edward sfiorando la mia schiena all’altezza delle vertebre lombari. Che posizione imbarazzante!

Io avrei voluto girarmi a pancia in su per sfuggirgli ma dato il pancione e le mani di Edward che me lo impedivano, dissi: < Carlisle, per favore, preferisco così. Alla fine, la volta scorsa, non è andata così male… >
Voltai il capo per guardarlo e la siringa luccicò minacciosa a pochi centimetri dalla mia pelle.
< Quindi, per favore, lascia tutto così com’è. Le donne hanno sempre partorito in questo modo. Non rompiamo la tradizione… >
< Carlisle, per favore, falle quella maledetta iniezione > Sibilò Edward con fare minaccioso.
< Se vuole così, non posso obbligarla. > Disse Carlisle abbassando la siringa.
Edward sbuffò e mi aiutò a rigiramri.
Alla fitta successiva gemetti ed Edward mi guardò. Stava per rimproverarmi ma si trattenne. Sospirò e mi sussurrò: < Siamo ancora in tempo. >
Sbuffai < Edward, per favore… >
< Come vuoi. > E mi sfiorò il collo con le labbra.

Quando le contrazioni si fecere più ravvicinate e, secondo Carlisle, ero abbastanza dilatata, Esme, che mi aveva aiutata a levarmi i vestiti e mi aveva avvolta in un enorme accappatoio, mi aiutò a raggiungere la vasca. Edward mi sorreggeva. Percorsi quei pochi metri, Edward mi prese in braccio e mi fece scivolare delicatamente nella vasca. L’acqua calda fu un piacevole sollievo ai muscoli indolenziti del mio corpo.
< Edward, che ore sono? > Sussurrai con la testa poggiata alla sua.
< Sono le dieci e mezza… >
< Senti, vai a mettere Liz a dormire. Sono certa che Emmett la starà facendo giocare. >
< Veramente, quel cretino le ha detto che presto conoscerà i suoi fratellini e lei ora è iper-agitata. >
Mentre parlava, una contrazione più forte delle precedenti mi fece serrare gli occhi e i denti, nonché stringermi alla mano di Edward.
Lui mi baciò la fronte e poi aggiunse: < Jasper è di sopra, nel tentativo di calmarla, ma se vuoi lo faccio scendere e venire da te. >
< No, non preoccuparti… > sussurrai quando il dolore se ne fu andato, lasciando solo una sorta di intorpidimento.
Socchiusi gli occhi e mi accorsi di Esme che stava entrando in bagno. Aveva indosso degli abiti diversi da prima. E come lei, anche Carlisle.
< Adesso andrò a cambiarmi anche io. Stai qui tranquilla un secondo? >
< Vai anche a controllare Elizabeth. >
< Bella, a lei ci stanno pensando gli altri. Tu occupati di loro. > E mi accarezzò il pancione che, dentro l’acqua, sembrava anche più grande.
Quando tornò, mi trovò accasciata sul marmo, le mani strette intorno ai bordi della vasca.

I suoi occhi divennero neri, ma lui, facendo finta di niente, si inginocchiò al mio fianco e sciolse lentamente la presa delle mie mani dal marmo della vasca. Stringere le mie dita intorno alle sue fu esattamente la stessa cosa che stringerle intorno al marmo. Erano fredde e dure ugualmente, sebbene quelle di Edward erano piegate ad accogliere le mie...
Guardai l’acqua e la vidi striata di sangue.
Carlsisle, che era inginocchiato davanti a me, mi sussurrò: < Sei già a buon punto. Vedrai che andrà tutto bene. > E mi accarezzò la gamba.

Cercai di rilassarmi godendomi l’idromassaggio ma non era semplice. Inoltre, ogni mezz’ora, Alice aggiornava mia madre e mio padre. Fosse stato per me, li avrei avvisati solo a parto terminato.
Ad un certo punto suonò il cellulare, cogliendo Alice di sorpresa. Il che mi preoccupò.
Rispose, fece una faccia scocciata, e poi poggiò il telefonino contro il mio orecchio.

< Pronto, Bells, ti disturbo? >

< Jake? > Ansimai mentre Edward mi asciugava il sudore dalla fronte. < Jake, è successo qualcosa? >
< No, non preoccuparti. Tu invece? Ho parlato con Charlie… stanno nascendo? >
< Charlie sa che tu sai? > Domandai, e ormai annaspavo per l’ansia.
< Ehm, sì, non te lo avevo detto? Comunque, io e la tua amica succiasangue siamo andati a trovarlo insieme, l’ultima volta. Ma come stai? Sono già nati? >
< No. Senti, posso chiamarti… Ah! > uno spasmo involontario. Non ricordavo facesse così male…
Edward mi sfilò il telefonino e disse qualcosa a Jake. Quando me lo ripassò, Javob pareva alquanto a disagio. < Beh, senti, allora ti richiamo quando hai… ehm… finito… cioè, mi chiamerà Alice. Mi raccomando, fatti forza. Beh, allora… > < Ok Jake, ci sentiamo dopo.scusa ma, al momento, è una frase critica. > Gli sibilai tra i denti. Lui ridacchiò e poi aggiunse, prima di salutarmi: < Ti verrò a trovare presto. Il tuo succiasangue mi ha dato il permesso. Ti voglio bene Bells. Speriamo siano due femmine e che non assomiglino al padre! > e poi riattaccò, dopo avermi augurato ancora una volta buona fortuna.
Edward emise un piccolo ringhio ma non ci feci caso. Quando arrivò una contrazione particolarmente forte, per sbaglio lasciai cadere il cellulare ultimo modello di Alice. Lei lo raccolse senza dirmi niente.

Dopo circa due ore Edward mi bisbigliò: < Si è addormentata finalmente, la piccola peste, in braccio a Rose… >
< Ah, bene… > sospirai ansante.
Fino a quel momento, non avevo ancora gridato ma temevo che, nella fase del travaglio vero e proprio, le mie urla si sarebbero sentite.
Chiusi gli occhi e rimasi ad ascoltare, cercando di respirare regolarmente.
Percepivo solo il mio cuore, i nostri respiri, l’acqua calda che andava a sostituire quella troppo fredda della vasca in un ricambio continuo e l’idromassaggio.
< Edward… mi metteresti su la tua musica? > domandai inquieta. Neanche un minuto dopo, senza che mio marito si fosse spostato dal mio fianco, qualcuno accese un piccolo stereo portatile e la musica invase l’ambiente.

Ormai le contrazioni erano ravvicinate.
< Bene, è in travaglio. > sentenziò la voce professionale di Carlisle.
E da quel momento mandai a quel paese le buone maniere. Con il passare del tempo (e l’aumentare del dolore) ricordai paroleche si addicevano di più ad un liceo maschile in una periferia degradata di qualche immensa città che non ad una sala parto ma nessuno parve curarsene.
Alice fece ripartire il CD diverse volte prima che Edward mi sussurrasse all’orecchio: < Ok. Sei abbastanza dilatata. Manca poco. >
Dato che le contrazioni erano talmente vicine e talmente lunghe da non lasciarmi neanche il tempo di rilassarmi o anche solo respirare decentemente, annuii e sussurrai: < Per fortuna, non ce la faccio più! >
< Allora… > disse per tenermi occupata e non farmi pensare al dolore < Che nomi gli diamo? > 
Intanto mi accarezzava.

Ne avevamo parlato, alcune volte, ma non era stato deciso ancora niente.

Ed invece, eccoci qui senza aver deciso ancora niente. O per lo meno, senza averlo deciso insieme…
< Edward, scegli tu, questa volta tocca a te. >
< No, dai, dimmi a cosa pensavi… >
Lasciai passare la fitta successiva e mi sforzai di dire, anzi quasi gridare, alcuni dei nomi che avevo scelto… < Melanie e Eryn se sono femminucce, Alexander e Thomas se sono maschietti. Tu invece? Quali hai scelto alla fine? >
< Mah, se femminucce Eryn e Melanie, se maschietti Alexander e Thomas. >
< Edward, ti prego! Non vale, sei sleale! >
< No, ho solo tanta esperienza. Quasi cento anni. Ho imparato come ottenere quello che voglio. Ed è giusto che sia tu a scegliere i nomi dei bambini. >
< Non vale. Carlisle! vero che non vale? >
< Non tiratemi in ballo, non voglio saperne. Cerca di stare calma. Edward, non farla arrabbiare. >
< Bella, per favore, non fare così. >
< Edward, è colpa tua. >
Ma non mi ascoltava più. Trasognato, sussurrò: < Che nomi particolari… >
A denti stretti sussurrai: < Melanie… le prime tre lettere sono l’acronimo di Mary, Elena, Lilian. Le prime due di Eryn invece di Esme  e Reneé. >
< Ti sei fatta dire i secondi nomi di Alice, Esme e Rosalie? > mi chiese sorpreso.
< Sì. Se saranno dei maschietti, beh, mi piacevano. Né Emmett ne Jasper o Carlisle hanno secondi nomi e, amore, non arrabbiarti, ma Anthony a me non piace tanto… >
Rise e mi baciò i capelli poi aggiunse: < Hai notato quanto Alexander, o meglioAlex assomigli ad Alec? >
Arrossiie lui disse: < Beccata. >

Chinai il capo e ammisi: < Ok, mi hai beccata. >

< Allora, facciamo così. Se maschi Li chiamiamo Alec e Anthony. >
< Antony? > domandai sbigottita.
< Alec? > Fece lui imitando il mio tono di voce.
< Affare fatto. >
< Perfetto. Comunque, non era il caso di mascherare il nome che avevi scelto. Alec ci ha aiutato tantissimo. Sono d’accordo con la tua scelta. >
< Ma non ti piace Thomas. > Protestai a mezza voce.
< Non è vero. Però, mi piacerebbe che, se possibile, nostro figlio porti il mio nome… Visto che chiamarlo Edward è un po’ eccessivo, direi che Anthony sarebbe un buon
compromesso. In fondo, eri tu che volevi che scegliessi io i nomi. Non avevi posto dei limiti alla scelta... >
< Sì, direi di sì. > 
Com'era all'antica... Però aveva ragione. Secondo alcuni infatti Elizabeth e Isabella in realtà sarebbero due varianti di uno stesso nome. Se una dei nostri figli si chiamava come me, era giusto che se fosse nato un maschietto si fosse chiamato come il papà.

Un attimo dopo, mi ricordai di cosa stesse succedendo perché mi ritrovai ad urlare a pieni polmoni.
Quando mi riappoggiai alla vasca, Edward mi chiese:
< Tesoro? >
< Aiahhh! >
< Ok, ok, stai calma! >
< Edward!!! Io sono calma! >
Continuai ad urlare a lungo, fino a consumare tutta l’aria che avevo nei polmoni.
Ogni volta che Carlisle mi diceva di spingere, io ci provavo ma mi pareva non riuscire mai a concludere nulla.
La musica non bastava a coprire le mie grida.
Ad un certo punto infatti sentii Edward digrignare i denti.

Sudata ed ansimante poggiai il capo sulla sua spalla e lo chinai in modo da guardarlo negli occhi.

< Che c’è? > Gli domandai afona. Lui mi carezzo la guancia e poi disse:< Bella,scusami un secondo. >
Lo guardai alzarsi ed aprire la porta. Mi stupii però di vedere Liz in camera nostra.
Teneva in mano il suo peluche Emmett e per mano l’Emmett vero.
La leggera camicia da notte ondeggiò leggermente quando l’aria provocata dall’apertura della porta la investì.
Vidi che stava piangendo.
< Mammi? mammi? >
< La mamma non può adesso. > Le disse Edward prendendola in braccio e dandole un bacio sulla guancia. < Tesoro, adesso torna a dormire. > poi sibilò qualcosa ad Emmett e Rosalie che però scrollarono le spalle. Rose entrò in bagno per salutarmi. Si inginocchiò al mio fianco e, accarezzandomi, mi sussurrò: < Era talmente agitata da aver fatto saltare i nervi persino a Jasper. >
< Si è svegliata da molto? >
< No… da quando hai iniziato a gridare, circa mezz’ora fa. Senti, perché non la lasci venire qui, così si tranquillizza se ti parla. >
< Va bene… > e trattenni un grido tra i denti.
Edward, contrariato, portò la bambina nel bagno. Esme mi aveva poggiato un enorme asciugamano addosso ma alla bambina non sfuggirono le macchie di sangue su di esso, e il colore rossastro che aveva assunto l’acqua.
Con la mano l’accarezzai.
< Mammi? >
< Va tutto bene tesoro. Ora torna a dormire… >
< Mamma, ma se va tutto bene, pechè urli? >
< Perché i tuoi fratellini sono pigri e non mi vogliono aiutare. Senti, perché adesso non vai di la con gli zii? >
< No, voglio stare qui con te… > Quello che disse dopo non lo sentii.
Chiusi gli occhi ed urlai, incapace di trattenere il dolore ancora a lungo.
Quando li riaprii, né lei né Edward erano più in vista.
Un attimo dopo, lui tornò.

< Non voglio che ti veda in queste condizioni. È importante che non serbi un ricordo traumatico del parto… >
Annuii senza forze. < Adesso è di sopra con Jasper. Si è un po’ spaventata, ma adesso Rose le sta spiegando che va tutto bene.
Non credo che riuscirà a metterla a letto ma almeno se ne starà tranquilla. >
< Che ore sono? >
< Le due e quaranta. > Oddio, era tardissimo per lei. Non riuscii però a preoccuparmi molto di quello dato che le ondate di dolore tornarono, precise come un orologio svizzero. Mi strinsi ancora di più ad Edward.
< Ahhaaaa! > Lo sentii irrigidirsi al mio fianco. Sorpeso dall’intensità del grido.
Qualche urlo dopo,  (il tempo aveva perso momentaneamente il suo significato) Carlisle, chino su di me, sussurrò: < Edward, pronto? Vedo la testa… >
Alice, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, guardò Esme ed Entrambe annuirono. La mora si avvicinò e disse: < Edward, sto io con lei. Tu pensa ai bambini. >
Edward, che non trovava la voce, si limitò ad annuire e da andò da Carlisle.
Stavo talmente male da non riuscire nemmeno a vergognarmi. Inoltre Edward pareva più in ansia per questo parto che non per la nascita della primogenita.
Lo potevo capire… Dato che Alice non riusciva a vederli, erano tutti preoccupati per loro.
I nostri piccoli gemelli.

Edward aveva insistito per farmi partorire in ospedale ma alla fine, dopo non so quanti tentativi di farlo ragionare da parte mia e di Carlisle, aveva ceduto. Non mi andava di tenere una parrucca in sala parto. E poi, se i bimbi non fossero stati del tutto umani? Magari non si sarebbe visto dalle ecografie. Se si fossero messi a mordere l’ostetrica per succhiarle il sangue, cosa avremmo potuto dire? “scusate hanno gusti particolari.”
No, era meglio restare a casa…

< Eccolo, lo vedo! > Disse Edward emozionato. < Bella, tesoro, ancora un ultimo sforzo. >
Seguendo le istruzioni di Carlsile, ed imprecando come una scaricatrice di porto, mi ritrovai a spingere finché non mi sentii come svuotata.
Subito dopo un suono forte riempii le mie orecchie. Delle urla potenti, a pieni polmoni.
< Brava Bella. > mi sussurrò Alice mentre piangevo di stanchezza. Mi sforzai di alzare il capo e, nell’acqua rossa di sangue, vidi le mani di Edward e Carlisle armeggiare davanti a me. Intravidi delle forbici enormi e decisi che era meglio chiudere gli occhi.
Un attimo dopo Edward fu vicino a me.

< Bella, è una femminuccia! > La voce gli tremava.

< Oddio, Edward, dammela… > E un secondo dopo qualcosa di caldo, liscio e bagnato, mi venne appoggiato sul petto nudo, tra i seni. Come sua sorella maggiore al momento della nascita, anche lei tremava. La mia piccola Melanie…
Pochi minuti dopo ricominciai ad urlare ed Esme mi prese la bambina dalle braccia.
< Bella, non preoccuparti. Il secondo gemello è sempre più facile da far nascere. Vedo già la testa. > mi disse Carlisle già pronto ad accogliere nel mondo l’altro bambino.

In un ultimo urlo, cercai di metterci tutta la mia forza.

La mia voce stanca venne sopraffatta da una che veniva usata per la prima volta. La prima aria che passava per i polmoni diede al piccolo la forza di urlare più forte di me, come aveva fatto la sorella pochi minuti prima.
Quando mi resi conto che finalmente erano nati, mi abbandonai alle mani di Alice che mi scostò i capelli bagnati di sudore dalla fronte e me la sfiorò con le labbra.

< Bella, è finita. > sussurrò al mio orecchio.

Poi Edward mi mise la creaturina piccola e bagnata di sangue sul petto e, pieno di orgoglio e gioia, mi bisbigliò: < Maschietto. >
Non sapevo se stessi piangendo o ridendo ma mi ritrovai con il capo contro il suo petto mentre stringevo il mio bambino. L’odore del sangue era forte e gli occhi di tutti i
presenti erano divenuti neri. Ma Edward pareva non curarsi della sete.
Esme gli passò la bambina ed io mi sporsi per baciarle la fronte. Lei era già stata lavata e avvolta dentro a delle copertine. Il fratellino tremava di freddo tra le mie braccia. Lo strinsi di più a me per trasmettergli calore e poi sfiorai anche la sua testolina con le labbra.

In quel momento scattò un flash ed io imprecai.
< Alice! > sussurrammo in coro. Lei nascose la macchina dietro la schiena e poi sorrise.
< Vado a dire a Liz che fra poco conoscerà i gemellini. > E poi sparì dietro la porta del bagno.
Esme mi sfilò il bambino dalle braccia ma io cercai di trattenerlo.
< Bella, dai, devo lavarlo… e mettergli qualcosa addosso. Prenderà freddo. >
E a quel punto le mie braccia si rilassarono, lasciando che lei prendesse il mio bambino. Il mio Alec Anthony.

Chiusi gli occhi mentre Edward faceva scendere l’acqua piena di sangue, svuotando la vasca, e lavava il mio corpo con dolcezza con una spugna e il gettito caldo della doccia.
Per fortuna questa volta non mi avevano spostato in camera. In confronto alla volta precedente, questo parto non era stato doloroso come pensavo. Evidentemente, due figli non significavano dolore per due…

Per fortuna…

E mentre pensavo a questo, cullata dalle urla assordanti dei miei due gemellini e dalle mani attente di Edward e Carlsile,
mi lasciai prendere dal sonno, stanca, sfinita, felice…

  
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