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Autore: Aryuna    27/12/2008    2 recensioni
Che succederebbe se Takuto e Mitsuki riuscissero ancora a vedere gli Shinigami?
E se i due non riescono mai ad avere un attimo di pace? Piccolo squarcio della loro vita dopo la fine del manga, all'ennesimo concerto di Mitsuki.
[Vincitrice del concorso sui terzi incomodi indetto da Roro]
Genere: Commedia, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kouyama Mitsuki, Meroko
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Three is better then two






 

 

Bellissima.

Mitsuki era sempre bellissima alla fine dei concerti. Così solare e allegra che mai avresti pensato ai periodi bui e terribili che aveva dovuto passare. E ai tre anni di solitudine. Non avrei mai smesso di ringraziare Meroko e Izumi per esserle stati vicini in quel periodo.

Però…

Però magari adesso era il caso di smammare!

Perché dovevano starle sempre così appiccicati? Sembrava che dovesse morire da un momento all’altro – di nuovo – e io ne aveva abbastanza di shinigami. E non era tanto Meroko, per assurdo. Bensì Izumi. E certo, chi altro poteva odiarmi a tal punto da impedirmi ogni minimo attimo di intimità? Maledetto cane sadico…

Venni riscosso dai miei pensieri quando l’immagine di Mitsuki scese con eleganza dalle quinte del palco. Indossava jeans semplici, e una maglietta talmente tanto elaborata che io non sarei nemmeno riuscito a capire come si infilava. In compenso, su di lei stava d’incanto.

“Bravissima Mitsuki!”, la aggredì la Oshige prima di me, “anche questo concerto è stato un successo! Abbiamo fatto incassi da record”. L’altra annuì, cercando di liberarsi dalla presa di ferro della manager, e lanciando a me dolci occhiate. Ovvio, era sempre felice quando andavo ai suoi concerti. Le ricordava quando ero tornato. Che poi io andassi ad ogni suo singolo concerto era un dettaglio. Mi passai una mano sul collo, lasciando scivolare via il codino che avevo fatto ricrescere, e mi avvicinai alle due, un po’ per salvare Mitsuki, un po’ perché volevo abbracciarla anch’io.

Takuto”, mormorò lei con il fiato corto, “non… non respiro”. Alzai gli occhi al cielo. Perché lo diceva a me e non a lei? Subito dopo, mi accorsi che la manager era ubriaca. Di nuovo. Sbuffai, liberando Mitsuki dalla presa di ferro della donna, la quale mi fissò con sguardo non troppo sveglio.

Takuto! Quanto tempo!”, esclamò abbracciandomi. Roteai gli occhi. Sì, come no, ieri è davvero tanto tempo! La staccai, e lei mi guardò interdetta. “Sei rozzo, Takuto”, sbuffò, mandandomi sul volto una zaffata di ‘Eau de Sakè’. “E tu sei ubriaca”, rispose io a tono, spingendola verso i tecnici, sperando in un loro aiuto. “Sei solo un ragazzino che si crede chissà chi! Anche io sono stata una idol, che ti credi?”. La ignorai nuovamente. Ragazzino a trent’anni era decisamente restrittivo. Santo cielo, ero così vecchio rispetto a Mitsuki. Mi domandai come faceva a sopportarmi. La mano santa di Wakaoji mi liberò dal peso della Oshige ubriaca fradicia, e tornai indietro da Mitsuki, che mi aspettava sbuffante. Ecco. Si era arrabbiata. E anche se non era colpa mia, ero sicuro che se la sarebbe presa con me. Come sempre.

“Allora? Hai finito?”, domandò tutta scocciata, avviandosi verso i camerini a passo svelto. La seguii senza fatica, annuendo alla sua domanda senza ribattere. Tanto era inutile. Eravamo destinati ad essere disturbati in eterno, e lo sapevamo. Le passai un braccio sulle spalle, per calmarla, e sembrò funzionare, perché si rilassò. Cominciai a farle domande sul concerto, per distrarla, e anche questo funzionò. Si mise a raccontare di come stava per inciampare sul gradino del palco durante Smile.

“Ah, e ho visto Meroko e Izumi sopra la folla!”, esclamò tutta felice. Mi raggelai. Di nuovo. Ecco, perché quando ero io a distrarmi era una crisi, mentre quando lei decideva che doveva vedere Izumi e Meroko andava tutto bene? “Sono nel camerino?”, domandai trattenendo il mio fastidio. Lei scosse la testa, sorprendendomi. “No, sono andati via alla fine”.

Incredibile! Magari il lavoro li aveva richiamati, o avevano avuto qualche problema con quel comitato che avevano fondato per convincere gli shinigami che in realtà erano angeli. , non avevo mai amato quel comitato come adesso. Potevo finalmente avere cinque minuti da solo con Mitsuki!

Entrammo nel camerino, dove lei si mise a districare la complicata acconciatura che le stava tirando i capelli. La fissai. Ero troppo dispettoso per resistere alla tentazione di arruffarglieli. Mentre era distratta, e non guardava lo specchio, mi avvicinai lentamente, e rapidamente mischiai tra loro i boccoli scuri.

Takuto!”, si lamentò lei, alzandosi e sedendosi su un divanetto, “Smettila con queste bambinate, non sei grande per questi giochi?”. Mi fece una linguaccia, cercando di togliere una forcina incastrata. Io sbuffai, sedendomi accanto a lei e fingendomi offeso. “Mi adeguo alla tua età, mocciosa”. “, cerca di essere un po’ più maturo, vecchiaccio”, ribatté lei subito. La frecciatina mi colpì e, dato che ero un pessimo attore, se ne accorse, scoppiando a ridere. Io misi il muso, come mio solito, e subito mi venne da piangere. Ma perché le mie ghiandole lacrimali e le offese a me rivolte erano direttamente collegate? Insomma, che un ragazzo trentenne pianga per ogni cavolata è assurdo! Lei decise di ignorare la forcina, impossibile da districare, e si concentrò su di me. Io la guardai bieco, allontanandomi sul divanetto, con gli occhi ancora lucidi. La vidi sorridere – mi conosceva troppo bene – e si avvicinò, prendendomi la mano. “Non è giusto che tu ti adegui a una mocciosa”, sbuffò, gonfiando le guance in modo adorabile. Inarcai un sopracciglio, perplesso. Si avvicinò ancora, e allacciò le braccia attorno al mio collo. “Dovrei essere io a maturare”.

Oh.

Oh. Oh. Oh. Mitsuki doveva avere la febbre, non c’erano altre spiegazioni. Ero io quello intraprendente e, secondo Meroko, maniaco-pedofilo-stupratore – quest’ultima non l’ho ancora capita, ma Mitsuki annuisce quando lei mi chiama così – quindi le presi le mani, e la guardai con sospetto.

“Cosa stai facendo?”, domandai serio con tutto l’autocontrollo che avevo – pochissimo per mia sfortuna, altrimenti non piangerei per ogni cavolata – e cercando di suonare severo in qualche modo. Peccato che mi riusciva solo quando si parlava di morte, suicidi, coma e simili. Lei sembrò contraddetta. Si sedette sulle mie gambe, lasciando scivolare le braccia sul mio petto, e sbuffò infastidita.

“Che sto facendo? Semplice, tu non fai mai nulla! C’è sempre qualcuno in mezzo che ci disturba. Non riusciamo neppure a parlare della nostra giornata. Tu hai registrato un nuovo singolo e io non sono neppure ancora riuscita a sentirlo. Ecco cosa c’è!”, si sfogò tutta d’un fiato. Non potei evitare di sorridere. Era proprio una mocciosa. Non che non infastidisse anche me, ma certo non ero in crisi come lei. O forse era proprio perché era lei che era normale essere in crisi. Aveva paura di rimanere sola? Mi guardò con i grandi occhi grigi, dove lessi lo spavento. Mi pentii nuovamente, come anche tempo prima era successo, di non averle fatto sapere il prima possibile che ero ancora vivo. Adesso mi rendevo conto di quanto fossi stato crudele.

, ora siamo soli”, sussurrai carezzandole una guancia, lei sorrise, allacciando nuovamente le braccia attorno al mio collo. La strinsi a me, e lei emise un gridolino di protesta per la mia poca delicatezza, prima di sfiorare con il suo respiro le mie labbra.

“Ci diamo da fare”.

“ARGH!”, urlammo entrambi. Mitsuki scattò in piedi, mentre io caddi direttamente dal divano – a forza di allontanarmi ero arrivato sul pizzo.

I-Izumi”, balbettò Mitsuki – l’unica persona che riuscivo a vedere dalla mia posizione scomposta – rossa come un pomodoro, “pensavo foste andati via”. Ringhiai, scattando in piedi e additando il mio peggior nemico.

Izumi, vai all’Inferno!”. Il biondo mi sorrise, il suo solito sorriso da sadico. “Takkun, sono appena venuto da lì e già mi rimandi indietro?”. Scorsi dietro di lui Meroko, evidentemente imbarazzata per il suo partner, il quale non provava il minimo senso di colpa. Mitsuki cominciò a cercare di districare la pettinatura davanti allo specchio, ignorandoci, e Meroko la seguì per aiutarla. Ecco. Di nuovo arrabbiata. E stavolta non sarebbe stato così facile calmarla.

“Ero tornato per fare i complimenti a Mikki”, si giustificò Izumi, mentre la ragazza sorrideva per ringraziarlo. Perché lei non riusciva ad arrabbiarsi con Izumi. Ma con me ci sarebbe riuscita benissimo.

Izumi, buttati sotto a un treno e sparisci!”, urlai scocciato. Ok, ammetto che avrei dovuto pensarci prima di dire una frase simile. Non l’avevo fatto apposta. Peccato che Izumi si pietrificò, prima di fissarmi con un ghigno sul volto.

Ops.

“E dimmi, Takkun”, cominciò – già mi preparavo a piangere –, “come va il lavoro? Immagino che avrai già fatto un disco”. “Ehm…”. “Oppure sei incapace come cantante come lo eri quando eri shinigami?”. “Non toccare quel tasto!”, strillai già con le lacrime agli occhi. Lui sorrise, continuando crudelmente la sua vendetta. Scoppiai in lacrime isteriche sul tavolo. Poi, sentii la sedia su cui stava seduta Mitsuki strisciare sul pavimento, e alzai gli occhi bagnati su di lei. Mi stava fulminando. Era furibonda. Aveva finito di sciogliere i capelli, grazie all’aiuto di Meroko, e teneva il cappotto sul braccio.

“Io me ne vado”, esordì, avviandosi alla porta. Spalancai gli occhi incredulo. “Mi-Mitsuki, aspetta!”. “Ciao Mikki!”, urlò Izumi sopra di me, sovrastando la mia voce. Mitsuki aprì la porta, si volto a guardarmi e mi fece la linguaccia.

Eichi non avrebbe mai detto una cosa così cattiva ad Izumi! Ti odio!”, e uscì, sbattendo la porta. Rimasi a fissarla spiazzato. Di. Nuovo. Quel. Maledetto.

“Maledizione, maledizione, maledizione!”, urlai, mentre Izumi se la svignava con Meroko.

 



“Dovresti smetterla di infastidirli in quel modo”, sbuffò Meroko, osservando il cielo stellato sopra di loro. Izumi sorrise, il suo solito sorriso.

“Oh no. E’ troppo divertente”.
























































Vincitrice del concorso indetto da Roro! Terzi Incomodi
  
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