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Autore: Biszderdrix    24/04/2015    2 recensioni
Come possiamo sapere se siamo pronti per le sfide del mondo? Come possiamo sapere se saremo all'altezza di ogni nemico? Ma soprattutto... se fossi tu stesso il tuo nemico?
L'intera saga di Dragon Ball e degli eroi che tutti amiamo riscritta dalle origini del suo stesso universo, per intrecciarsi a quella di un giovane guerriero, che porta dentro sé un potere tanto grande quanto terribile, dai suoi esordi fino alle sfide con i più grandi nemici, e la sua continua lotta contro... sé stesso.
Se non vi piace, non fatevi alcun problema a muovere critiche: ogni recensione è gradita, e se avete critiche/consigli mi farebbe piacere leggerli, siate comunque educati nel farlo.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO VENTESIMO- CHI SONO IO?

Attorno a me, il vuoto. Solo bianco, che si estende a perdita d’occhio.

«D-Dove mi trovo?»

NELLA TUA TESTA, RAGAZZO.

Chi ha parlato? Mi sembra di conoscere quella voce…

«Dove sei? FATTI VEDERE!»

IO SONO DOVE SONO SEMPRE STATO, RAGAZZO: PROPRIO QUI, INSIEME A TE.

Mi voltai, e proprio al mio fianco stava, ritta, un’ombra scura dalla forma indefinita, che inizio a muoversi, sinuosamente intorno al mio corpo, guardandomi con due occhi di un rosso intensissimo.

SAI, STARE QUI È SEMPRE STATO UNO STRAZIO. VEDERE TUTTA QUELLA GENTE DA UCCIDERE, SENZA POTER FAR NIENTE…

«Ma tu, cosa sei?»

IO? IO SONO SOLAMENTE LA PROIEZIONE DI UNA PERSONALITÁ MALVAGIA. VEDI, NON SO NEMMENO IO PERCHÉ MI TROVO DENTRO DI TE, NON È STATA UNA MIA SCELTA.

Lo guardai mentre si muoveva sinuoso come un serpente tra le mie gambe, finché non si sistemò davanti a me.

HO ASPETTATO DA UNA VITA QUESTO MOMENTO, RAGAZZO. E ORA, PUOI FINALEMENTE LIBERARMI, E INSIEME DISTRUGGEREMO TUTTO QUELLO CHE CI TROVEREMO DAVANTI: SARÁ UNO SPASSO!

Mi fece un sorriso maligno, che riconobbi all’istante: era lo stesso dell’ombra dei miei sogni.

«Sei tu che tormenti i miei sogni?»

POTREI ESSERE IO COME POTREI NON ESSERE IO, IO SONO SOLO UNA SFACCETTATURA DI PERSONALITÁ, OVVIAMENTE LA PIÙ POTENTE, AHA!

«E cosa c’è dentro di me?»

OH, DICIAMO SOLO CHE È QUALCOSA CHE NESSUN SAIYAN, NAMECCIANO, ANDROIDE O CHIUNQUE IN QUESTO O IN QUALUNQUE ALTRO UNIVERSO POTRÁ MAI EGUAGLIARE, MA CHE È MORTO TANTO TEMPO FA… DI LUI RESTO SOLO IO, LA FONTE DEL SUO POTERE!

«E… E perché sei qui?»

MA TE L’HO GIÁ DETTO RAGAZZO, NON LO SO. STA DI FATTO, CHE GRAZIE A TE STIAMO PER TORNARE, E L’UNIVERSO SI RICORDERÁ NUOVAMENTE CHI SONO, ANZI, COSA SIAMO.

Mi fece nuovamente un altro dei suoi inquietanti sorrisi, i denti aguzzi che brillavano nel vuoto di quello scenario. Aveva continuato, fino a quel momento, a muoversi intorno a me, simulando quella che doveva essere un’amichevole conversazione. Ma sapevo benissimo che non lo era.

«C-Credi che io non possa fermarti?» gli chiesi, fremente.

NON LO CREDO: NE SONO CERTO. ME LO HAI APPENA DIMOSTRATO.

«Co-Come fai ad esserne così sicuro?»

ALLORA: SE TU FOSSI STATO IN GRADO DI FERMARMI, QUESTA CONVERSAZIONE NON SAREBBE MAI AVVENUTA.

Ancora quel sorriso diabolico, che già detestavo con tutto me stesso.

«I-Io non ho mai saputo che dentro di me ci fossi tu…»    

AVREBBE CAMBIATO QUALCOSA?

Rimasi in silenzio, mentre si muoveva elegantemente alle mie spalle, poggiando poi il mento sulla destra.

SILENZIO. COME MI ASPETTAVO.

«NO! Io sarei stato in grado…»

NE SEI COSÌ SICURO? SARESTI STATO IN GRADO DI FERMARE QUESTO?

Si portò davanti a me, prendendo le distanze. Il fumo nero di cui era composta iniziò ad espandersi e a cambiare forma, fino a schiarirsi definitivamente, mostrando davanti a me tre figure umane: tre figure umane non casuali.

Davanti a me c’erano i miei famigliari: mia madre, mio padre, mia sorella. Tutti con uno sorriso orgoglioso sulla loro faccia.

Volli correre ad abbracciarli, ma mi sentii bloccato sul posto. E la gioia si trasformò nuovamente in paura, quando una figura, che ricordava un insetto, comparve alle loro spalle.

Non feci in tempo ad avvisarli, che Cell li uccise tutti e tre, assorbendoli, in quattro e quattro otto.

«Bene bene. Sembra che manchi proprio tu per completare la mia collezione.» disse, poi, avvicinandosi.

«Non potevi, non puoi e non potrai-» FARE NULLA PER FERMARMI.

La metamorfosi era stata così improvvisa che per un attimo sussultai: al posto di Cell era tornata lei, quell’ombra orripilante.

TI È CHIARO ORA RAGAZZO? TU SEI UN DEBOLE.

Chinai la testa, rifiutandomi di guardarla negli occhi. Che avesse ragione?

SEI DESTINATO SOLAMENTE A SOFFRIRE, PER LA TUA INCAPACITÁ. SEMPRE CHE TU NON DECIDA DI COLLABORARE CON ME.

No, mai.

«Io… Io… IO NON TI AIUTERÒ MAI!»

SCIOCCO, OLTRE CHE DEBOLE.

«Non mi avrai mai così facilmente! Tu non farai soffrire nessuno finché sarai qui dentro!»

OH, INVECE SOFFRIRANNO IN MOLTI: RICORDATI CHE IL DOLORE E LA SOFFERENZA NON SI LIMITANO SOLAMENTE ALLA CARNE…

«SMETTILA!»

POTRAI ANCHE FAR FINTA DI NON SENTIRMI, IO SARÒ SEMPRE QUI, E QUANDO AVRÒ UN’ALTRA OCCASIONE, USCIRÒ. NON È FINITA QUI, RAGAZZO MIO…

Non volevo più avere niente a che fare con lei. Volevo sparisse, ad ogni costo.

«Stai… ZITTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!»

ͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻ

«HMPF!»

Mi svegliai di soprassalto, sentendomi impossibilitato a gridare.

Mi accorsi che ero in un lettino da ospedale, attaccato a diverse flebo e ad un respiratore, quella cosa che aveva contenuto il mio grido.

«Calmati piccolo mio, calmati!»

Sentii una voce familiare e rassicurante al mio fianco, due mani affettuose mi tenevano giù il braccio destro: mi voltai e la vidi, per una mia grande ed immedista gioia.

Nonna Amy era lì al mio fianco, e mi guardava con aria preoccupata, che poi divenne sollevata non appena mi calmai.

«Riposa, piccolo mio, sei stato in coma per quasi una settimana.»

Come? In coma? Com’è possibile?

«Pamela!»

Sussultai a sentire quel nome: ed il mio cuore sobbalzò, non appena la vidi entrare in fretta e furia nella stanza. Si voltò a guardarmi, gli occhi che immediatamente si riempirono di lacrime.

«Ciao Daniel…»

Provai ad alzare la mano sinistra, per quanto potessi, per rispondere al saluto. Alla fine fu lei a lanciarsi su di me, senza curarsi dei tubi e dei cavi, stringendomi in un abbraccio.

«Ho temuto che avessimo perso anche te…» disse, mentre sentivo le sue lacrime bagnarmi il collo.

«Vai ad avvisare gli altri, svelta!»

«Subito, nonna Amy!»

E corse nuovamente fuori dalla stanza, in fretta e furia.

Mi voltai verso nonna Amy, che mi guardò con fare rassicurante, poi disse: «Siamo alla Capsule Corporation, piccolo mio. I gentilissimi signori Briefs e tutti i tuoi amici hanno voluto tenerti sott’occhio regolarmente. Sono stati giorni difficili, e ci sono diverse cose da raccontarti… ma ora riposati, finché non arrivano tutti.»

Continuai a guardarla negli occhi: in quel momento fu più dell’angelo che era sempre stata con me e con Kira. Strinsi, con le poche forze che avevo, la sua mano.

Mi guardai intorno: ero in una larga stanza ospedaliera, evidentemente nella grande infermeria della Capsule Corporation. Al mio fianco c’erano diversi monitor che monitoravano i miei segni vitali. C’era anche una finestra, dalla quale si poteva ammirare l’immenso giardino della struttura, decorato dai fiori coltivati dalla signora Briefs, e da cui entrava il canto di svariati uccellini.

Passarono diversi minuti, in cui la sola compagnia era il sorriso della nonna e i beep del monitor che mostrava il mio battito cardiaco.

Tutta l’atmosfera andò in frantumi nel momento in cui Pamela fece ritorno: «Si, ci stiamo tutti, e anche comodamente! Entrate pure!»

Dietro di lei entrarono veramente tutti: vidi poi, improvvisamente, anche l’enorme figura di C-16.

«HNGHHH- HNGHHHH!» provai a gridare, agitandomi alla vista di un nemico.

«Ehi calmati, fenomeno, è dalla nostra parte adesso! Oltretutto, credo sia anche il caso di toglierti questo…» disse Bulma, mentre iniziò ad armeggiare con i vari cavi che si collegavano a me.

«Ecco! Come nuovo!» disse, levandomi il respiratore.

Per un attimo, tornare a respirare normalmente mi venne difficoltoso, poi ripresi, normalmente.

«Evidentemente… mi sono perso… parecchie cose…» dissi, ansimando.

Poi mi voltai verso Goku e Gohan: vidi che ENTRAMBI erano trasformati in super saiyan. Capii immediatamente cosa fosse successo.

«Ehi Gohan… dovrei provarla anch’io quella tinta lì… credo mi starebbe bene, eh-eh…» gli dissi, facendogli l’occhiolino, ricevendo un sorriso carico d’affetto in risposta.

«Ehi, su con la vita! Anch’io ho fatto qualche giorno a letto e poi ero subito in piedi!» mi disse Goku, scherzosamente.

«Ok… a parte… che ci hai incasinati tutti… tu non avevi un respiratore… sentivi tutti… e sei un cazzo di alieno.» gli risposi, sogghignando.

«Vedo che nemmeno in queste condizioni ti dai un limite, eh amico?» mi disse Crilin, che poi si rivolse a Karin «Maestro Karin, li avete dei senzu?»

«Si, dovrei averne dietro qualcuno… Jirobei?»

Il samurai porse a Crilin un sacchetto dal quale l’ex monaco estrasse un fagiolo, che poi mi mise in bocca.

«Ora che sei sveglio puoi mangiarlo tranquillamente.» mi disse.

Fu come una scossa: il fagiolo mi restituì immediatamente le energia, e i miei muscoli furono tutti un fremito, finché le flebo non uscirono da sole quando li flettei.

«Molto meglio…» dissi.

«Quindi forse questo è il momento di affrontare le questioni serie.» disse Piccolo.

In quel momento, mi sentii nuovamente privo di qualunque energia: mi tornò tutto alla mente, dall’arrivo dei cyborg al viaggio verso Pepper Town, fino a…

Non volli andare oltre: sentivo già le lacrime che mi pervadevano gli occhi. Nonna Amy mi poggiò la mano sulla spalla, accarezzandola piano, comprendendo il mio dolore.

«Daniel, non riusciamo a sentirci anche un po’ in colpa, avevamo controllato qualche giorno prima e Cell non si era fatto vivo da quelle parti, eppure…»

«Non è colpa vostra. Non è colpa di nessuno. Se non di un pazzo scatenato e le sue aberranti creazioni.»

Mi ricordai poi che c’era anche C-16 nella stanza: «Scusa, ma…»

«Nessuna offesa. Io non nutro astio verso il mio creatore o qualunque altra cosa, non posso comprendere le tue reazioni. Ma io rispetto la natura e tutto ciò che è innocente: e tu sei un innocente.»

Lo guardai, quasi sbalordito, cercando poi conferma al mio stupore negli sguardi degli altri.

«Beh… grazie, C-16.»

In tutta risposta, l’androide sorrise.

Tornai a guardare Piccolo, che non aveva ancora effettivamente detto nulla, ma sembrava in procinto di dire parecchie cose.

«Daniel, come sai, io mi sono ricongiunto al Supremo, e con lui anche le sue memorie e le sue conoscenze. Ma prima di farti rivelazioni che possono essere devastanti, è giusto che tu sappia come sei finito qui…»

«Beh, mi ricordo di avere ritrovato la catasta di vestiti della mia famiglia nel bunker, di essere corso nella radura, e che ad un tratto le voci si sono intensificate  e mi sono sentito travolto dall’energia…»

«Ti ho trovato io, fortunatamente.» mi voltai verso Pamela «Anch’io ho avuto i tuoi stessi dubbi, e mi sono fiondata giusto qualche attimo dopo di te, prima che… scusa Piccolo, continua tu…»

Il namecciano riprese: «Da dove eravamo noi, quella che tu definisci una semplice esplosione di energia, ci è sembrata più un’ondata, che ha ricoperto l’intero pianeta, e ti ha portato in un istante a diventare l’essere più potente mai visto… anche più potente di Broly e Cell…»

«Aspetta un attimo, scusa se ti interrompo ancora, ma chi è Broly?»

«Beh» disse Goku, mentre si massaggiava il retro della testa, come imbarazzato «In questi giorni sono successe parecchie cose!»

Mi raccontarono brevemente della “piccola” vicissitudine avuta con il super saiyan leggendario: cosa che mi fece lievemente accapponare la pelle.

«Comunque, ancora non siamo arrivati al punto, Daniel.» disse nuovamente Piccolo, più deciso, questa volta.

«Il Supremo e tuo padre lo sapevano, in parte anche il tuo maestro Muten. Dentro di te…» si fermò per qualche istante, come se non sapesse come andare avanti: in quel momento prese un profondo respiro.

«Dentro di te» proseguì «è sigillato un demone dalla forza incontrollabile: non conosciamo chi sia, cosa sia, o da dove venga, ma è una forza senza paragoni, e che il Supremo temeva tu non fossi in grado di controllare. Ora, la sua forza è stata liberata, anche solo per qualche istante, e ti ha portato vicino alla morte: per questo non voglio che tu partecipi al Cell Game.»

«Al che?»    

Mi raccontarono quindi di tutto quello che era successo dopo che lasciai l’isola: da Cell, di come avesse raggiunto la sua forma perfetta e di come, solo per dimostrare di essere il più forte, avesse deciso di indire una specie di torneo. A Vegeta e a Trunks che erano stati vicini a fermarlo, avendo superato il limite del super saiyan. Ora tutti sti stavano allenando per il torneo, anche Goku e Gohan, a modo loro, cercando di allenare la loro trasformazione mantenendola anche nella vita quotidiana.

«Una cosa però, Piccolo… perché Cell voleva assorbire la mia famiglia?»

Il namecciano sospirò, poi riprese: «Una parte del suo piano era assorbire tuo padre per acquisire conoscenze di robotica complete ed avanzate, che assieme a quelle del dottor Gelo gli avrebbero permesso di crearsi da solo e senza troppo sforzo un esercito personale di androidi, con i quali avrebbe dominato l’universo…»

«E l’altra parte del piano?»

Piccolo sospirò nuovamente, e proseguì: «Gli servivano cellule Hatwa per rafforzare le proprie e diventare immune praticamente ad ogni fattore naturale che potesse indebolirlo, permettendogli quindi di potersi spostare tra i pianeti senza problemi di adattamento.»

Lo guardai, sospettoso.

«E… cosa sarebbe un hatwa?»

«Noi, piccolo mio.»

Mi voltai verso mia nonna, improvvisamente scioccato. «COSA?!»

«Calmati… io, te, Pamela, i tuoi genitori, i suoi, i miei… siamo tutti degli hatwa.»

Mi guardai in giro, sbigottito.

«E COSA DIAVOLO SAREBBE UN HATWA?»

«Un “cazzo di alieno”, per un terrestre, almeno.» disse Vegeta, sogghignando, dal suo angolino. Tutta la stanza lo fulminò con lo sguardo.

«Andate tutti al diavolo! La prossima volta impara a non fare l’insolente con il principe dei saiyan!» sbottò.

«Di questo tuo atteggiamento ne riparleremo, da soli, bambinone!» lo sgridò Bulma, facendolo sbuffare, oltre che vistosamente arrossire.

Ma di Vegeta, in quel momento, me ne fregava ben poco.

«Q-Quindi…»

«Si.» disse Piccolo «La tua famiglia discende da un gruppo di extraterrestri superstiti, atterrati sulla Terra con un atterraggio di fortuna, provenienti da una società tecnologicamente e culturalmente avanzata. Questo lo so grazie al Supremo, che li accolse, quasi duecento anni fa, su questo pianeta. La cosa però, più dolorosa, è che nessuno della tua razza può essere riportato in vita: un Hatwa già dalla nascita instaura un legame così profondo con la natura che lo circonda, che al momento della sua morte il suo spirito si lega ad essa in maniera indissolubile.»

Sprofondai nel cuscino, guardando Piccolo, sconcertato.

«A-Anche tu?» chiesi a Pamela.

Il suo cenno di assenso non fece che farmi sprofondare ancora di più nello sconforto.

Poi, guardai la mio polso destro: il braccialetto era ancora lì, dove era sempre stato: lo staccai, ed iniziai ad esaminarlo, pieno di dubbi e domande in testa.

Una, però, mi uscì quasi spontaneamente dalla bocca: «Scusa Piccolo, ma perché non posso partecipare alla lotta contro Cell?»

«Questo posso spiegarlo io…» disse, improvvisamente, Trunks.

Mi voltai a guardarlo, mentre prendeva un profondo respiro.

«Ti ho raccontato che i cyborg hanno praticamente ucciso tutti nel mio tempo, giusto? Beh…» si prese una piccola pausa «Non è del tutto esatto.»

Mi chiesi cos’altro bollisse in pentola, questa volta. «Vai avanti.» gli dissi.

«Vedi, quando i cyborg del mio tempo hanno ucciso tuo padre tu… tu ti sei, ecco, trasformato. In una specie di mostro dalla potenza incontrollabile: tanto che non sapevi più distinguere gli amici dai nemici. Eri sul punto di distruggerli entrambi, quando hai iniziato ad attaccare anche noi: con uno sforzo sovrumano siamo stati costretti ad ucciderti, prima che i cyborg iniziassero la loro opera di sterminio.»

Deglutii fortemente: ucciso, dai miei stessi amici. Dopo che avevo tentato di ucciderli a mia volta.

Una potenza incontrollabile: esattamente come aveva detto quell’ombra.

Chinai la testa e ripresi a smanettare con il braccialetto.

«Per favore, potreste uscire tutti? Tutti quanti.»

«Daniel…» provò a dissuadermi una preoccupata Pamela.

«TUTTI QUANTI.» dissi con fermezza, senza alzare gli occhi verso nessuno.

Non appena la stanza fu vuota, guardai per qualche istante fuori dalla finestra, i pensieri che si intrecciavano a velocità incredibile. Poi, guardai nuovamente il braccialetto: cosa simboleggiava per me ora? Anche quello che aveva detto papà, era tutto fondato su delle bugie. Il grande potenziale? Balle, solo un demone da contenere. Un futuro grande guerriero? Stronzate, solo un mostro da tenere in gabbia.

“Mi hanno mentito. Le persone per le quali ho dato tutto ciò che potevo. Mi hanno mentito.”

Posai poi lentamente la testa sul cuscino, fissando il soffitto.

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Mi sedetti lentamente sul prato del cimitero di Pepper Town: si trovava alla periferia dall’alta parte della città.

Ero stato dimesso da un paio di giorni, ero andato a stare nell’appartamento di mia nonna. Ma soprattutto, oggi era il giorno in cui il sadico gioco di Cell sarebbe iniziato: non era nemmeno troppo distante da qui arrivare alla periferia di Central City, solo qualche minuto di volo veloce.

Mi sedetti di fronte alla tomba che riportava quei tre nomi, mai così difficili da leggere, e delle didascalie:

“Kira Ryder (15/3/749- 15/5/767), una fiamma splendente, spentasi troppo presto”

Mia sorella, che per me era più delle canotte e dei palloni da basket lasciati sulla tomba: era la compagna di tanti battibecchi, litigi, ma anche di tanti momenti di gioia, complicità. Mi ricordo quando per poco non spezzai il collo di uno dei quei maledetti giornalisti, che alla notizia della morte di una sportiva si erano mobilitati in massa. Erano venuti fino alla porta dell’appartamento di nonna Amy.

Mi ricordo anche chi fu il pirla che mi provocò: un cazzo di disadattato con i baffetti, piccolo e magro, evidentemente anche un represso, che mi chiese come fosse vivere all’ombra di una sorella così talentuosa.

«Provate a chiedere a Cell, se ora è abbastanza forte da poter giocare lui al posto di mia sorella.» dissi, prima di scaraventarlo giù dalle scale con un semplice buffetto. Quella dimostrazione di potenza fu più che necessaria, allora.

Guardai poi, il nome immediatamente successivo:

“Lynda Nagasaki Ryder (4/12/723- 15/5/767),  moglie e madre devota.”

Mamma, tu eri più di questo: eri molto di più. Mi manca il tuo sorriso, le tue parole dolci, le tue sgridate, il tuo canticchiare mentre cucinavi, i tuoi abbracci, i tuoi incoraggiamenti…

Sentii ancora una volta le lacrime formarsi nei miei occhi.

Nel mentre, li sentivo combattere: Gohan era diventato improvvisamente fortissimo. Ma in quel momento, non mi importava: fatelo fuori, non mi interessa come, anzi, non mi interessa più niente.

Il mio sguardo cadde poi sull’ultimo nome inciso sull’enorme lapide:

“Damon Ryder (3/8/721- 15/5/767), brillante scienziato e padre devoto, una luce che ci illuminerà sempre”

A quella didascalia mancava la dicitura “valido guerriero e saggio maestro”, ma era già fin troppo vera. Anche se avrei aggiunto volentieri la dicitura “bugiardo”.

“Perché mi hai mentito papà?”

In quel momento notai come l’aura di Cell si fosse indebolita per poi aumentare nuovamente all’improvviso, per poi sparire assieme a quella di Goku.

Poi il mio pensiero ritornò sulla tomba, e su quel nome.

“Perché non mi hai mai voluto dire la verità papà? Non ti fidavi di me? Era tutto falso?”

CERTO CHE LO ERA, RAGAZZO.

“No, lasciami stare…”

COME POSSO LASCIARTI STARE? IO SONO SEMPRE QUI. E GUARDA, CELL È TORNATO.

“Come?”

POVERO DANIEL, COSÌ IMPEGNATO A DISPERARSI CHE NEMMENO TI ACCORGI DI COSA STA SUCCEDENDO LAGGIÙ: HA PROVATO A FARSI ESPLODERE, MA È TORNATO! GOKU, PURTROPPO, NO…

“No… non Goku… non ancora!”

OH SI! E SENTI BENE, ANCHE TRUNKS ORA! OH, VEGETA È PIUTTOSTO ARRABBIATO… DICI CHE CELL LA DOVREBBE PAGARE?

“No… non da te…”

MA COME? PREFERISCI SOFFRIRE? IO TI POSSO DARE IL POTERE, NELLA TUA DISPERAZIONE… PER VENDICARTI.

In quel momento sentii in me nuove emozioni: sentimenti malvagi, violenti, sadici. E mi piacevano.

CELL LA DEVE PAGARE…

“Si…” pensai, mentre mi mettevo inconsapevolmente in volo.

NOI LO FAREMO SOFFRIRE…

“Si… deve morire…” pensai, mentre sentivo l’energia iniziare a ricoprire il mio corpo.

SAI COSA DEVI FARE…

Lasciai che ogni pensiero malvagio mi pervadesse la mente.

LIBERAMI!

Fu in quel momento, che con un grido, persi completamente coscienza delle mie azioni: ma mi accorsi che stavo comunque volando ad una grandissima velocità, mentre il mio corpo pareva mutare.

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Cell si ergeva su Gohan e su Vegeta, sofferenti.

«Ora, per voi è veramente giunta la fin- cos’è?!» disse, voltandosi all’improvviso.

Tutti i guerrieri Z si voltarono verso la direzione da cui proveniva un’aura gigantesca, che si avvicinava a grande velocità.

«Oh no…» disse Piccolo.

«Ragazzi, m-ma è… m-ma è…» disse Crilin, che teneva tra le braccia un’esanime  C-18, balbettando.

«IL GIOVANE RYDER! Finalmente, due piccioni con una fava!» disse Cell, ostentando soddisfazione.

All’improvviso, l’aura di Daniel raggiunse il campo di battaglia, e al suo atterraggio generò una gigantesca onda d’urto. Cell diede le spalle a Gohan e Vegeta, al che il giovane mezzo saiyan, ancora nella sua forma di super saiyan di secondo livello, tentò di caricare un ki-blast per prendere alle spalle Cell, ma Vegeta lo fermò, trattenendolo.

«Fermati Gohan… sarebbe inutile… approfittiamone per recuperare le forze.»

Cell intanto, fissava il polverone che si era creato all’atterraggio di quello che doveva essere Daniel Ryder.

«Ce ne hai messo di tempo, ragazzino. Sai, mi dispiace non averti assorbito prima, guardando come sei diventato potente. Ma ucciderti sarà comunque un piacere immenso.» disse, tenendo incrociate le braccia.
In quel momento la polvere si abbassò, e tutti poterono finalmente vedere il neo entrato in campo: a prima vista tutti riconobbero Daniel Ryder, dalla tuta e dal taglio di capelli, me c’erano cose completamente differenti.

La sua muscolatura era nettamente più sviluppata del normale, cosa innaturale; ma soprattutto, sul suo viso al posto del naso c’erano due fessure strette e allungate. La sua pelle era grigiastra.

Quando poi aprì gli occhi, fu evidente che qualcosa non andava in Daniel: gli occhi erano di un giallo intenso, con due fessure al posto delle pupille. Era gli occhi di un rettile.

Cell fu per qualche istante sconcertato: «E-E tu cosa diavolo sei?»

In tutta risposta, la creatura si esibì in un sorriso inquietante, che mostrò una lunga fila di denti aguzzi in una smorfia terrificante.

«P-Piccolo, ma… cos’è quella cosa?» chiese uno sconcertato Yamcha.

«Quello è Daniel…» rispose freddamente il namecciano.

«Ma non è possibile, guardalo in faccia!» disse Tensing.

Piccolo si girò, il viso corrugato dalla tensione: «Fidatevi se vi dico che quello è Daniel: e fidatevi anche quando vi dico che, in questo momento, la minaccia principale è lui.»

Gli sguardi sconcertati del gruppo si spostarono verso il campo di battaglia, dove Cell continuava a fissare il nuovo arrivato.

«Non dici nulla, eh? Eppure dovresti essere una gran lingua lunga.» disse, provocatorio.

La creatura lo guardò. Poi piegò la testa all’indietro e ruggì: un ruggito profondo, gutturale, che nulla aveva di umano.

«Allora fai sul serio… avanti allora!» disse Cell, prima di lanciarsi a tutta velocità sulla creatura, che rimase immobile.

Almeno, rimase immobile finché Cell non fu lì per colpirla: in quel momento sparì, per riapparire sopra la testa dell’androide, e con un calcio sbattè la testa di Cell a terra, con una forza e una rapidità impressionante, tanto che la terra tremò.

Cell non fece in tempo a reagire che si vide nuovamente afferrato per la testa e scaraventato lontano con forza.

La creatura si proiettò immediatamente dall’altra parte per colpirlo, ma Cell fu rapido nel rimettersi, arrestò il suo volo e con una rapida capriola aerea fu davanti al mostro. Lo colpì con una potente ondata di ki.

Quando poi anche l’onda sparì, della creatura non c’era traccia.

Per un attimo, l’androide fu convinto di avercela fatta. Finché non avvertì un forte calore al suo fianco: realizzò troppo tardi che si trovava dietro di lui, e che lo stava per scagliare via, caricando un ki blast direttamente sulla sua pelle.

«Non è poss- ahhhhhhhhhh!»

Cell fu ancora scaraventato lontano, e la creatura, emettendo continuamente strani versi animaleschi, gli fu nuovamente addosso caricando un pugno. Cell glielo parò, ed inizio a colpire a sua volta.

Con grande sorpresa di tutti, la creatura li schivò tutti, tenendo le braccia conserte. Finché non decise di fermare un pugno dell’androide nel suo palmo.

Cell guardò per qualche istante il suo avversario.

«N-Non è possibile… I-Io s-sono l’essere p-perfetto…»

Sul viso che una volta doveva essere quello di Daniel Ryder, comparve nuovamente un sorriso carico di malvagia soddisfazione, ogni dente affilato brillava alla luce delle aure dei due combattenti.

Fu allora che Cell fu nuovamente colpito, per la seconda volta in quella giornata, da un forte pugno allo stomaco. Ma questa volta, non finì li. L’androide fu colpito da una ginocchiata che lo rimise in piedi, dopo diche iniziò una serie di colpi ben assestati lungo tutto il suo corpo: dopo una serie di schiaffi, la creatura eseguì una verticale, colpendolo con ripetuti calci al visto e al torace.

Una volta compiuta una rotazione completa, si proiettò dietro di lui e con entrambe le mani afferrò le due protuberanze sulla testa dell’androide, e le strappò con violenza, passando poi alle ali; infine, prima che Cell potesse reagire, lo afferrò per i polsi, e spingendo con i piedi sulla schiena dell’androide, gli strappò via entrambe le braccia, causando la fuoriuscita di parecchio sangue bluastro.

Cell ansimava, pur consapevole che gli sarebbero ricresciute quasi immediatamente. La creatura, allora, lo scaglio ancora via con un calcio rotante, lanciando un ki blast che colpì Cell alla schiena, causando una gigantesca esplosione nel momento in cui l’androide toccò terra. Poi, la creatura gettò da una parte le braccia mozzate dell’androide, e iniziò a camminare lentamente verso il punto in cui era atterrato.

«N-Non è possibile…» disse uno stupefatto Vegeta «Lo ha umiliato!»

Anche Gohan, così come tutti gli altri erano stupefatti: il giovane saiyan non aveva comunque recuperato molta energia in quel breve lasso di tempo, il braccio gli doleva ancora per il colpo parato a Cell, per difendere Vegeta. Ma forse, non c’era più bisogno di preoccuparsi.

L’androide, dal canto suo, era sconcertato: doveva assolutamente cercare di prendere tempo, per poter elaborare una strategia. Quella creatura era decisamente troppo forte se affrontata a viso aperto, e probabilmente non aveva ancora mostrato il suo lato peggiore.

In preda ai pensieri, si sentii afferrato per il collo, e sollevato.

Vide il volto della creatura, piegato ancora nel suo sorriso sadico. La sua mano stringeva attorno al collo, e purtroppo, a dispetto degli altri androidi, la sua composizione organica rendeva fondamentale la respirazione.

La mano sinistra della creatura stretta attorno al suo collo, la mano destra invece inizio a brillare: il ki assunse la forma di un globo scuro, carico di potenza.

Cell non poteva concepire come potesse essere arrivata la fine: il processo di rigenerazione era ormai completo, ma anche se aveva di nuovo le braccia e le sue forze, si rese conto di non poter far nulla contro quel mostro.

Fu in quel momento però, che cambiarono le carte in tavola.

«RAAAAAAAAAURGHHHHHHHHH!» ruggì con forza la creatura che una volta era Daniel Ryder.

La presa sul collo di Cell si allentò, finché non lo lasciò definitivamente andare. L’aura della creatura crebbe improvvisamente: la sfera scura sparì dalla sua mano, che andò con l’altra a coprire i suoi occhi, mentre il suo ruggito si faceva sempre più intenso, e l’aura cresceva in potenza ed intensità.

«Cosa sta succedendo adesso?» disse Crilin, coprendosi gli occhi.

Piccolo fissava la creatura, quasi stupefatto.

«Piccolo, riesci a capire cosa sta accadendo laggiù?» chiese Yamcha.

Il namecciano si prese una pausa, prima di rispondere, con un tono quasi speranzoso: «Si sta ribellando. Daniel si sta ribellando.»

Fu in quel momento che ci fu una vera e propria esplosione di energia, per cui tutti dovettero chiudere i loro occhi. Quando poi tutto terminò, dove c’era la creatura ora c’era quel ragazzo che tutti conoscevano come Daniel Ryder, che cadde a terra, svenuto.

«Oh, finalmente ti riconosco, moccioso!» disse Cell, rialzandosi «Debole e inerme come dovevi rimanere…»

La rabbia dell’androide era evidente: allungò la sua mano, iniziando a caricare un potente ki blast che lo avrebbe disintegrato.

«Sai, questo tuo giochetto mi ha decisamente fatto arrabbiare… magari vi faccio fuori tutti… così, per farvi vedere che con me non si scherza… e voglio proprio iniziare da te, mostriciattolo mutaforma…»

In quel momento il colpo partì, creando un gigantesco cratere davanti all’androide. Ma poco prima che il colpo potesse partire, il corpo di Daniel era sparito improvvisamente, e si trovava ora tra le braccia di Piccolo.

Cell si girò di scatto, evidentemente arrabbiato: «Ancora non vi è chiaro, eh? Ostentate coraggio ed eroismo, ma siete tutti già morti!»

Fu allora che Gohan non poté più trattenersi: «CELL! Non è ancora finita tra noi!»

L’androide lo guardò, la sua scocciatura era evidente.

«E SIA! Con questa però, potete anche dire addio al vostro schifoso pianeta!» disse, iniziando a caricare una kamehameha potentissima.

Gohan fece lo stesso, sforzandosi di farlo con una mano sola. La cosa, sorprendentemente, gli riuscii.

«Questa è per mio padre, bastardo…» disse, prima che lui e l’androide lanciassero i rispettivi attacchi.

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Mi risvegliai di soprassalto, guardando il cielo azzurro.

Mi ricordavo di Cell, di come lo stessi per fare fuori, finché non ho più voluto farmi dominare da quel mostro, e poi fu nuovamente il vuoto.

«Ti sei ripreso, finalmente!»

Quella voce, non la sentivo da parecchi anni ormai: mi voltai, per vedere Dende in ginocchio al mio fianco.

«Ti ricordi di me?»

«Si Dende, ma… che ci fai qui?»

«Dende è il nostro nuovo Supremo: bentornato a palazzo, Daniel.» mi voltai, nel riascoltare quella voce amica.

«Ciao Popo!»

Lui continuo a sorridermi, amichevolmente.

«Ehi ragazzi, si è svegliato!» riconobbi immediatamente la voce di Crilin.

Il gruppo si aggregò vicino a me, i volti sorridenti.

«Ragazzi, ma… dov’è Cell?» chiesi.

«Gohan lo ha sconfitto definitivamente! Tutto è successo dopo che…»

Crilin esitò: notai che anche i volti degli altri si erano fatti più cupi.

«“Dopo che” cosa, Crilin?»

Fu allora che intervenne Piccolo: mi raccontò tutto, per filo e per segno. Il mio arrivo, il mio aspetto, la mia potenza: ma, soprattutto, la mia brutalità.

In quel momento mi alzai di scatto in piedi: mi sentii pervaso dalla paura.

Quel mostro dentro me aveva ragione, non potevo fermarlo. Ora si era come assopito, ma chissà quando avrebbe deciso di fare il suo ritorno. Dovevo sparire, allontanarmi da tutto e da tutti…

«Daniel, cosa stai…» disse Yamcha, cercando di mettere una mano sulla mia spalla, preoccupato dalla mia improvvisa agitazione.

«Stammi lontano!» gridai scansandomi.

«Ehi, rilassati, siamo al sicuro…» disse Crilin.

«No! Vicino a me non lo siete!»

«Ma sei impazzito?» disse nuovamente Crilin.

In quel momento il panico aveva ormai preso possesso del mio intero essere. Nel prendere le distanze da loro, notai anche la presenza della bionda C-18, nascosta tra le colonne, anch’ella con uno sguardo incredulo in volto. Ma non ci badai più di qualche istante, tanto mi bastò per raggiungere il bordo del palazzo.

«STATEMI LONTANO!» dissi, prima di spiccare il volo a tutta velocità, verso dove non lo so: in quel momento non ero nemmeno sicuro di chi o cosa fossi diventato.

Ma non avrei permesso a niente di fare del male ai miei amici, anche se questo significava uscire dalle loro vite.

Le lacrime scendevano sulle mie guance e si disperdevano nell’aria, mentre volavo tra le nuvole, in un cielo che improvvisamente si era fatto più scuro.


NOTE DELL’AUTORE
Capitolo decisamente forte, eh? Il mondo di Daniel è stato completamente ribaltato… e ora si ritrova a gestire un altro, enorme problema.

Scrivere questo capitolo è stato per me un momento di grande emozione: la storia da qui prenderà una svolta decisiva.

D’ora in avanti ci saranno molti aggiornamenti “a sorpresa”. Non lo faccio per dispetto, mi sono posto una piccola scadenza e la storia è quasi finita, ma in quanto a capitoli pubblicati sono molto indietro rispetto a quelli già scritti.

Ogni tipo di recensione è gradita, anche se la storia non vi è piace e avete dei suggerimenti o critiche da esporre.

Dragon Ball è proprietà di Akira Toriyama.

Alla prossima!
   
 
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