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Autore: Chiara1729    24/04/2015    0 recensioni
Appoggiai la bambola che avevo teneramente accarezzato fino a quel momento e mi alzai intenta ad uscire da quella stanza grigia e cupa. Mi avvicinai alla porta, stavo per aprirla quando sentii una voce, che mi sussurrò. Non riuscii a capire cosa dicesse ma so che dopo pochi secondi caddi, sbattendo la testa, forse per terra o forse su qualcosa di duro, iniziai a sanguinare e poi il nulla, tutto sparì, e arrivò il buio.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Andammo ad abitare insieme, l'uno Gennaio del 2003. Eravamo tanto emozionati entrambi, Jake aveva anche comprato un porta chiavi nuovo. Nella sua famiglia, la tradizione imponeva di comprarne uno per ogni nuova casa, come se fosse il simbolo di un nuovo inizio, di una nuova storia da scrivere insieme. Era semplice, con una scritta centrale,  a caratteri cubitali che mi ricordò qualcosa, che non riuscivo a rammentare, "RACED", gli chiesi cosa significasse e lui mi rispose che non ne aveva idea ma semplicemente l'aveva comprato in una bancherella in fondo alla strada da un signore con un occhio solo, sulla settantina, decrepito, vestito di stracci che gli aveva fatto pena . Quando arrivò il momento di scegliere quella che sarebbe poi diventata la nostra casa, in cui avremmo passato tutta la nostra vita, eravamo decisi sul modello di casa, ma non ve n'erano di molto economiche nei d'intorni della città. Col solo stipendio di mio marito non ci potevamo permettere più di tanto, io avevo perso il lavoro di lì a poco e pur andando in cerca non ero ancora riuscita a trovarlo. Cercammo per un po´ tutte le plausibili case che sarebbero potute diventare la nostra tana, fino a che non la vidi. Una mattina mentre tornavo dalla campagna notai una villetta a meno di una decina di kilometri dalla città; aveva un cartello appeso al cancello con su scritto "AFFITTASI" e subito ricopiai sulla mia agenda il numero sottostante e chiamai. Dall'altra parte del telefono risposero dopo pochi squilli poi sentii tossire ripetutamente, e una voce mi rispose <<"Si, chi parla?">>; era una voce gracile ed esitante che sembrava appartenesse ad una donna anziana. Le chiesi informazioni sulla casa e se saremmo potuti andare a visitarla all'interno i n quei giorni. Ci demmo appuntamento davanti alla villetta l'indomani mattina alle nove in punto. Jake restò a casa da lavoro per mezz'oretta  e mi accompagnò a visitare la casa. Arrivammo in anticipo di qualche minuito; la casa era meravigliosa ma un po´ trasandataSembrava fatta su misura per noi, affianco al cartello con l'annuncio c'era una foto della villetta: bianca, con le colonne eleganti ma antiche, i rifiniture accurate e le finestre azzurre, con un terrazzo centrale che incentrava tutta l'attenzione su di se, ricco di piante e fiori ben curati,  e contornata da un giardino ammaliante e pieno di vita che si vedeva a mala pena a causa dell'età della fotografia. Alzammo gli occhi e, come aveva già constatato il giorno prima, vedemmo che la casa non era come raffigurata affianco all'avviso. Le piante erano appassite e i loro scheletri la ricoprivano totalmente, le finestre sbiadite, le colonne inscurite  dal tempo e il giardino completamente al bando sembrava un ammasso della natura selvaggia stanca delle solite composizioni eccessivamente ordinate. Lui mi guardò e io lo feci amia volta. Alle nostre spalle compare avanzava verso di noi con l'aiuto di un bastone. <<"Siete voi i ragazzi interessati a Carmen?">> disse osservando la casa e poi voltando il viso ormai corroso dall'età verso di noi.<<"Venite, ve la mostro.">> Attraversammo il disordinato giardino ed entrammo nella villa. Era impolverata e piena di ragnatele, non vi abitava più nessuno da anni ormai. La porta si chiuse alle nostre spalle con un sonoro battito, sussultai ed allungai la mano in cerca di quella di Jake ma capitò su un tavolo cosparso di fogli, documenti e schizzi di edifici, ne presi uno in cui vi era un nome strano che mi parve noto.Ci mostrò una decina di camere tutte assolutamente identiche che ella ci descriveva come antiche e preziose e raccomandandoci di stare attenti a ogni minimo segnale semmai avessimo deciso di venire ad abitare in quella casa. Poco dopo Jake dovette andare, mi sarebbe poi passato a prendere Paul, suo fratello, dopo un'oretta. Rimasi in quella casa, alla ricerca di qualcosa, non so di cosa per la precisione, forse di qualcosa che mi colpisse, che mi convincesse che era davvero quella la casa giusta per noi. Dopo all'incirca mezz'ora mi persi fra la marea di stanze e finii in una di esse, impolverata e lasciata al suo destino. Per terra accanto a una sedia vi era una bambola, una di quelle di ceramica che le nonne e le bambine grandicelle conservano come  oro nelle loro camere. La presi in mano, e iniziai ad accarezzarle la testa; mi ricordava molto una bambola che teneva nel mobile mia nonna e che appena potevo, senza farmi scoprire andavo a prendere e ci giocavo finché la mia povera nonnina non mi veniva a cercare e a quel punto la rimettevo al suo posto e fingevo di fare dell'altro. Non sapevo perché ma non voleva mai che ci giocassi. Una volta per sbaglio mi cadde e le graffiai il viso, la nascosi e andai a casa con una scusa, sentendomi in colpa.Il giorno dopo alla nonna comparve un graffio sulla guancia, nello stesso punto in cui lo aveva la bambola che avevo fatto cadere. Lo stesso giorno la bambola sparì e con lei la nonna, le avevo voluto un gran bene e nessuno si era mai spigato dove fosse andata e forse per la vecchiaia o per la salute ormai trasandata o per la difficoltà del caso non era mai stato mandato avanti il processo e il caso si era chiuso per la mancanza di prvove. Appoggiai la bambola che avevo teneramente accarezzato fino a quel momento e mi alzai intenta ad uscire da quella stanza grigia e cupa. Mi avvicinai alla  porta, stavo per aprirla quando sentii una voce, che mi sussurrò. Non riuscii a capire cosa dicesse ma so che dopo pochi secondi caddi, sbattendo la testa, forse per terra o forse su qualcosa di duro, iniziai a sanguinare e poi il nulla, tutto sparì, e arrivò il buio.
   
 
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