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Autore: odiocolleraevendetta    25/04/2015    0 recensioni
Celeste si ritrova costretta a scrivere un articolo per il blog della scuola, una sorta di Gossip Girl, gestito esclusivamente dagli studenti e sconosciuto a qualsiasi professore.
Aurora, la sua amica fidata ma non per questo affidabile, la convince ad avvicinarsi al mondo dei Magnifici per ottenere più informazioni.
Lorenzo Neri rappresenta la chiave d’accesso a quella ristretta cerchia, ma una cosa non si spiega: perché anche Lorenzo sembra nutrire un certo interesse per Celeste?
C’erano quindi ben due gradini sociali che separavano Celeste l’Anonima da Lorenzo il Magnifico. Ma soprattutto Celeste sapeva che lei con uno come lui non avrebbe dovuto avere niente a che fare, se non per errore. Dunque, si era verificato questo scomodo incidente di percorso, che aveva trascinato irrimediabilmente Celeste nell'incomprensibile mondo dei Magnifici.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Prologo

 


La cosa bella dell’essere completamente anonimi è che puoi passare per i corridoi senza che la gente ti squadri dalla testa ai piedi, pronta a notare ogni tua minima imperfezione. Siamo nel bel mezzo del mese di novembre, c’è un pallido sole che illumina il paesino di Farreo e Celeste si è svegliata con un orribile brufolo sulla fronte. La cosa sarebbe davvero imbarazzante, se foste una di quelle ragazze carine o, ancora peggio, una di quelle popolari. Ma se siete una ragazza totalmente insignificante come la nostra protagonista, allora non c’è da preoccuparsi, perché vi assicuro che a nessuno importa un accidenti del vostro foruncolo, o dei vostri capelli crespi, o delle calze verdi che si intravedono sotto i pantaloni.
Ebbene, se fino ad allora Celeste Bianchi si era ritenuta fortunata ad essere una presenza insignificante nel Liceo Classico “Ugo Foscolo”, quel giorno, anche il suo unico vantaggio - più che altro per autoconvinzione - si era smaterializzato. Il motivo era davvero affascinante, da un certo punto di vista. Un metro e ottantadue, sorriso pressoché perfetto e l’immancabile sguardo di ghiaccio: signore e signori, il sopracitato motivo portava il nome di Lorenzo Neri. Un gran bel motivo, quindi. Ed era questo che Celeste non si spiegava. Di certo non si piangeva addosso per l’inequità di Madre Natura, ma aveva piuttosto chiaro in mente la struttura piramidale del liceo. Al vertice c’erano i Magnifici, belli, popolari e conosciuti da chiunque nel raggio di chilometri. I Servitori venivano subito dopo: nulla di speciale, solo un branco di babbei convinti di poter arrivare alla vetta facendo i lecchini, ma comunque abbastanza conosciuti nel liceo. I Normali erano quelli con una discreta vita sociale, mentre gli Anonimi si confondevano con la tappezzeria. Ed infine gli Emarginati, che erano persino più conosciuti degli Anonimi per la loro sfigataggine. C’erano quindi ben due gradini sociali che separavano Celeste l’Anonima da Lorenzo il Magnifico. Ma soprattutto Celeste sapeva che lei con uno come lui non avrebbe dovuto avere niente a che fare, se non per errore. Dunque, si era verificato questo scomodo incidente di percorso, che aveva trascinato irrimediabilmente Celeste nell’incomprensibile mondo dei Magnifici.

Tutto cominciò in una fredda e piovosa gornata di novembre, perché si sa, le storie d’amore devono iniziare sempre con un scenario romantico e magico come quello che offre solo l’autunno, con le strade tappezzate da foglie che vanno dal rosso bruno al giallo, il tichettio della pioggia di sottofondo, il vento che scompiglia leggermente i capelli...
— Porca troia! — esclamò con estrema eleganza Celeste, raccogliendo il suo cellulare dall’asfalto bagnato. Mai tentare di messaggiare sotto la pioggia con l’ombrello in mano, nemmeno se devi rispondere alla tua cotta, sempre che quest’ultimi ti calcoli o sappia della tua esistenza. In quel momento, il cellulare - fortunatamente ancora integro e funzionante - vibrò, e Celeste ebbe il timore di conoscere già il contenuto.
“Muoviti. Stiamo per iniziare.”
La sua migliore amica Aurora, carina e amabile, la perfetta protagonista per una storia d’amore. Ma, ahimé, quell’idiota di Lorenzo decise di inceppare il suo cammino con quello di Celeste. Ma torniamo a noi. Celeste correva, per quando le fosse consentito con lo zaino sulle spalle, cercando di non scivolare e allo stesso tempo di non rovesciare al contrario l’ombrellino ripieghevole. Quindi correva con una velocità sostenuta: in altre parole, camminava saltellando. Ma quello era il minore dei mali, considerando ciò che l’aspettava una volta arrivata.
Giunse alla sua amata scuola, un edificio piuttosto malridotto, con graffiti sui muri che risalivano probabilmente al 1968, ma che quantomeno rendevano il posto meno deprimente. Non si preoccupò di darsi una sistemata, dopotutto lei era una ragazza anonima, ed entro così com’era, con il giubbotto bagnato - chissà a cosa serviva l’ombrello -, i capelli disordinati e le scarpe inzuppate che producevano un rumore imbarazzante ad ogni suo passo.
Già, è tutto molto romantico ed è proprio quel giorno che doveva succedere.
— Scusi il ritardo. — farfugliò col fiatone, cercando con lo sguardo la sua amica. La trovò al penultimo banco vicino alla finestra, perciò percorse l’intera aula col suo ombrello gocciolante e si sedette avendo intenzione di non guardare nessuno in faccia per un po’.
“Che figuraccia” fu l’unico commento di Aurora, in conforto a Celeste.
— Appena in tempo, Bianchi. — disse la professoressa di scienze, la Ferretti, con un tono apparentemente provocatorio. — Devi giustificare l’assenza di ieri vero?
— No. — rispose seccamente Celeste, e subito dopo se ne pentì.
— Come no? — Difatti, la professoressa s’inacidì e la guardò in attesa di spiegazioni, come se lei conoscesse la soluzione a tutti i mali del mondo.
A quel punto intervennero gli altri compagni, in difesa della povera fanciulla ingiustamente accusata: — Prof, ieri Celeste era presente!
La Ferretti lanciò uno sguardo confuso e smarrito alla classe. — Ah, questi registri elettronici, che pessima invenzione! — si lamentò cominciando a picchiettare le sue piccole dita sulla tastiera del computer.
Quel giorno Aurora si era seduta davanti al banco dei maschi. Dovete sapere che, andando in un liceo classico, il genere maschile era molto ridotto, quindi i pochi maschi presenti si raggruppavano nell’ultima fila, come un branco di cavernicoli. L’anno precedente, per il basso numero di studenti sopravvissuti al ginnasio, la sezione B era stata smistata nelle altre tre sezioni. Così la I C da diciotto alunni era passata a ventiquattro, con sei nuovi arrivati, tra cui Lorenzo.
Alessia, vicina di casa di Celeste e alunna della I A, la invidiava da morire perché aveva avuto un culo stratosferico a beccarsi un figo come quello. Cazzo, non è da stupro? Celeste aveva liquidato la faccenda con un “Figo o non figo, non mi calcola comunque” e Alessia era partita con i suoi infallibili metodi di conquista che Celeste dovrebbe assolutamente provare se non voleva rimanere zitella a vita. Celeste immaginò che la insultasse in modo involontario e che cercasse, in fondo in fondo, di darle una mano con la sua inesistente vita sentimentale. Ad ogni modo, non apprezzò e declinò gentilmente la sua proposta come insegnante di seduzione.
Dunque, erano seduti di fronte allo strafigo in questione e Celeste, inspiegabilmente, si sentiva in imbarazzo. 
— Perché questo cambio di posto? — domandò ad Aurora, tentando inutilmente di sistemarsi i capelli. Sbuffò, raccogliendoli tutti da un lato.
— Miss Mondo Duemilaecredici ha insistito perché potesse sedersi al nostro banco e copiare tranquillamente matematica. — spiegò, a bassa voce. In effetti il loro posto era l’ideale per le persone che non avevano fatto i compiti. Non tanto per la posizione, che era in seconda fila, bensì per la presenza di Marco, ragazzo goffo e decisamente fuori forma, e Luca, il giullare della classe alto un metro e novanta, nella fila davanti, che copriva perfettamente dalla visuale della prof qualsiasi essere dietro di loro.
La Ferretti aveva cominciato a distribuire dei fogli e Celeste capì che era il loro compito solo quando glielo piazzò davanti alla faccia.
— Sette. — disse Aurora con tono piuttosto deluso.
— Otto. — sussurò Celeste, poi si voltò verso Giulio, per sapere il suo voto. Le mimò con le labbra un sette e mezzo; sorrise. Lui sbuffò scocciato.
C’era una specie di patto, fra di loro. Un po’ per divertimento, un po’ per invogliarsi a studiare di più, avevano creato questa sorta di gioco. Ad ogni compito, chi prendeva il voto più basso avrebbe dovuto rivelare all’altro un segreto mai confessato. E quella volta sarebbe toccato a Giulio.
Durante l’ora Celeste afferrò solo qualche parola di quello che diceva la Ferreri. Le importava ben poco, in realtà, perché Scienze non era mai stata una delle sue materie preferite. Proprio quando pensava che la lezione non sarebbe più finita e che avrebbero continuato a parlare degli invertebrati per il resto della vita, il suono della campanella la graziò da tale destino.
Si alzò, consapevole che la Galli sarebbe arrivata sufficientemente in ritardo e inconsapevole che qualcuno la osservava, e si diresse verso Giulio che la guardò triste.
— Te ne ho detto uno già per il compito di inglese, li ho esauriti! — cominciò, cercando di intenerirla. Celeste scacciò le sue giustificazioni con un gesto della mano.
Un patto è un patto. — disse, sorridendo. — L’hai detto anche tu, no?
Il ragazzo borbottò qualcosa di incomprensibile, poi, affranto, disse: — Da piccolo — Sembrava gli costasse una fatica disumana pronunciare ogni singola parola. — mi chiamavano “patata”, perché... Beh, ero piuttosto paffuto, ecco. — concluse, incrociando le braccia al petto, segno che la conversazione era chiusa e che Celeste non avrebbe dovuto commentare.
Ovviamente Celeste commentò. — Patata? — In effetti era difficile immaginarlo come un bambino paffuto. A quanto ne sapeva giocava a calcio sin da piccolo ed era per questo che ora aveva un bel fisico. — Che carino! Sarà il tuo nuovo soprannome!
Luca Greco rientrò in classe - quando diamine era uscito? - correndo e gridò a tutti di sedersi perché stava arrivando la Galli, professoressa di italiano. Celeste abbandonò quindi la sua nuova fonte di divertimento, Giulio o Patata, come preferite, e corse al suo posto. Calò un silenzio improvviso, a quel punto Luca gridò: — Fregati! La Galli non c’è e ci lasciano liberi...
L’intera classe scoppiò in un urlo euforico.
— ... se non facciamo casino. — continuò, quasi inutilmente, Luca.
Celeste si stava preparando per prendere per il culo Giulio, quando qualcuno le scostò i capelli. Si girò verso la fonte del fastidio.
E diamine. Perbacco. Accipicchia. Cazzo.
Lorenzo Neri la stava guardando.

 
  Sì, sì, è la tipica storiella del figo e della sfigata. È un cliché, ne sono consapevole, e mi scuso per la mia mancata originalità.
In ogni caso, spero che la storia piaccia a qualcuno nonostanza la sua banalità.
   
 
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