Premessa. Questa storia si ispira al prompt “Peeta/figli
– il primo fiocco di neve” lasciatomi da Giraffetta. La
prima parte della storia è ambientata durante l’infanzia di Peeta, quando il
nostro ragazzo del Pane ha all’incirca tre anni e mezzo. La seconda parte della
storia è ambientata nel periodo post-epilogo, con Peeta adulto e padre di due
bambini.
Il Primo Fiocco di Neve
Dondolava.
Goffo, silenzioso, come ipnotizzato.
Dondolava, cercando di imitare la danza aggraziata dei
fiocchi di neve che volteggiavano attorno a lui e ai suoi fratelli.
Oscillava rapito, muovendosi a fatica nel cappotto
invernale che un tempo era stato di Jonah. A Peeta - che aveva solo tre anni e
mezzo - stava ancora grande, ma era comodo e caldo. Soffice come quelle codine
bianche che percorrevano il cielo all’incontrario per venire a sedersi sul suo
berretto.
Il bimbo osservò affascinato i primi fiocchi che
riuscirono a raggiungerlo. Il suo papà diceva spesso che la neve nasceva dalle
dita degli angeli. Danzava per far sorridere i bambini e si adagiava a fiocchi
su ciglia e punte di nasini per fare una carezza ai più piccoli.
“Da grande voglio fare il fiocco di neve” aveva detto un giorno
Peeta, tirando la manica di Jonah per attirare la sua attenzione. Il fratello
maggiore aveva riso e il suo sguardo si era fatto ancor più vispo del solito.
“Ma che! Ti muovi troppo buffo! Devi camminare piano, per
fare un fiocco di neve: così” rispose il mezzano dei fratelli Mellark,
allontanando le braccia dal corpo e dondolando verso Peeta. Il minore cercò di
copiare i suoi movimenti, ma piccolo com’era riusciva a malapena a oscillare
senza cadere a terra; sollevò le braccia e agitò le mani paffute per imitare la
neve che scendeva.
Jonah rise di nuovo, divertito dalla goffaggine infantile
del fratellino.
“Sembri un pupazzo di neve!” lo prese in giro, stritolandolo
in un abbraccio per fargli perdere l’equilibrio. Peeta sorrise, aggrappandosi
al fratello per non cadere. “E adesso ti mangio il naso, perché è una carota!”
Ridacchiarono entrambi, mentre Jonah fingeva di mordere
il volto del fratellino e Peeta cercava di spingerlo via. Da quel giorno, il minore dei Mellark aveva
incominciato a esercitarsi con costanza nell’imitare i movimenti eleganti dei
fiocchi di neve. Si metteva a dondolare ogni volta che usciva a giocare con i
fratelli, e il suo oscillare impacciato faceva sempre ridere Jonah e Jared, che
ogni tanto cercavano di imitarlo.
Lo fecero anche quel pomeriggio, spostando il peso da un
piede all’altro e irrigidendo le braccia lungo i fianchi. Peeta si mise a
ridere e si sbilanciò, rischiando di cadere a terra. Jared si affrettò ad
afferrarlo un po’ bruscamente per il braccio, riuscendo a evitare l’incidente.
“Siete pronti?” domandò poi, tornando a guardare in alto.
I fratelli minori annuirono: ogni anno, con l’arrivo della
prima neve, Jared e Jonah istituivano una sorta di gara. A turno, sceglievano un
batuffolo bianco fra quelli in procinto di raggiungerli e lo indicavano agli
altri due Mellark. Per loro era quello il primo fiocco di neve della stagione,
non importava quanti ne fossero già caduti. Il bambino che riusciva a prenderlo
al volo – se con le mani, il naso o tirando fuori la lingua, non aveva
importanza – avrebbe avuto l’onore di scegliere la prima fetta di torta durante
la merenda. Inoltre, il fiocco di neve gli avrebbe portato fortuna per il resto
dell’anno.
“Via!” esclamò Jared, mettendosi a braccia conserte ed
esaminando il corpo di ballo nevoso che sorvolava le loro teste. Trascorse un
minuto, prima che il ragazzino si decidesse a indicare uno dei fiocchi.
“Quello lì!” annunciò, puntando l’indice contro un
batuffolo poco distante dalla sua testa. Subito, Jonah e Peeta tesero le mani
per cercare di afferrarlo. Il fiocco si era ormai confuso con gli altri e i tre
fratelli faticarono per riuscire a distinguerlo nella manciata di pallini
bianchi tutti uguali.
“È quello!” gridò all’improvviso Jonah, indicando un
punto imprecisato sopra il berretto di Peeta. Il minore dei tre guardò sorpreso
verso l’alto e tese le mani. Il fiocco dondolò per un po’, come incerto se
sedersi o meno, ma alla fine si depositò sul naso del piccolo. Peeta sorrise,
appoggiandoci sopra l’indice. Starnutì, sorpreso dal contatto freddo con la
neve, ma non riuscì a fare a meno di mettersi a saltellare, raggiante per la
sua vittoria.
“Non è giusto!” si lamentò un imbronciato Jonah,
spettinandogli i capelli da sopra il cappello. “Pupazzetto fortunello!”
Fece cadere il berretto al fratellino, ma Peeta non ci
badò; rise e si chinò a terra per recuperarlo, lottando contro i rigonfiamenti
del giubbotto troppo spesso.
Mentre se lo sistemava nuovamente in testa rabbrividì,
avvertendo ancora una volta il contatto freddo con la neve. Quella sensazione,
tuttavia, gli piacque. Era come una carezza, la carezza di un angelo. E lo
rendeva fortunato, più di Jonah e Jared, anche se loro erano più grandi,
dondolavano meglio e potevano scegliere il primo fiocco di neve della stagione.
Tornò a oscillare a destra e a sinistra, sorridendo
incantato alla pioggia di codine bianche che continuavano a scendere.
Magari, un giorno, la sua fortuna gli avrebbe insegnato a
dondolare bene come loro.
Forse un giorno sarebbe stato lui a scegliere il primo
fiocco di neve della stagione.
*
Dondolava.
Goffo, silenzioso, come ipnotizzato.
Dondolava, cercando di imitare la danza aggraziata dei
fiocchi di neve che volteggiavano attorno a lui e ai suoi figli.
Il freddo lo intorpidiva, rendendo la gamba funzionante
tanto insensibile quanto quella mancante; Peeta, tuttavia, non si lasciò
scoraggiare. Continuò a dondolare, ridendo delle esclamazioni divertite di
Rowan, che aveva allacciato le braccia attorno al suo collo per non cadere.
“Sei un fiocco di neve” mormorò l’uomo, posando un bacio
sulla fronte del figlioletto.
“Un fiocco di neve!” ripeté allegro il piccolo,
sollevando una mano per cercare di afferrare qualche batuffolo di neve.
Di fianco a loro, Haley era impegnata a fabbricare il
corpo di un pupazzo, parlottando fra sé e sé.
“Sarà il pupazzo più bello di sempre, papà!” esclamò la
ragazzina dopo un po’, appiattendo la neve con le mani. “E non si scioglierà
mai, nemmeno in estate!”
Peeta sorrise alle sue parole.
“Che pupazzetto fortunello…” osservò poi, facendo
scendere Rowan per permettergli di aiutare la sorella. Un barlume di malinconia
s’insinuò nei suoi occhi, simile ai fiocchi di neve sciolti che avevano
incominciato ad ornare i suoi capelli.
Un tempo, ricordò, conosceva un pupazzo fortunato. Era
piccolo e paffuto come quello che stava costruendo sua figlia e aveva due
fratelli che lo strapazzavano spesso, proprio come stavano facendo in quel
momento Haley e Rowan.
Quel pupazzo, un giorno, era riuscito a impossessarsi del
primo fiocco di neve. E da quel momento in poi la fortuna l’aveva protetto,
permettendogli di non sciogliersi mai del tutto. La sorte, tuttavia, non era
stata a favore dei suoi fratelli. Jared e Jonah si erano dissolti diversi anni
prima, così come faceva la neve ogni anno, svanendo con l’arrivo della
primavera.
Una fitta di malinconia più intensa della precedente andò
a depositarsi sul petto di Peeta, lenta e aggraziata come un fiocco di neve. Questa,
però, faceva male.
“Siete pronti?” esclamò a quel punto l’uomo,
inginocchiandosi di fronte ai figli.
Haley e Rowan persero subito interesse nel pupazzo;
presero il padre per mano e si allontanarono verso lo spiazzo di prato dietro
casa, dondolando ad ogni passo.
Peeta e i due bambini guardarono in alto, sorridendo di
quella danza elegante a cui tutti e tre avevano sognato di poter partecipare almeno
una volta.“È il fiocco di zio Jared o quello di zio
Jonah quello che cerchiamo quest’anno?” chiese Haley, aggrottando le
sopracciglia per poter distinguere meglio i piccoli ballerini bianchi: Peeta
aveva spiegato ai due bambini che i fiocchi di neve nascevano dalle dita degli
angeli. Erano le carezze inviate loro dalle persone che li vegliavano
dall’altro, per aiutarli a ricordare che non sarebbero mai stati soli.
Peeta sorrise alla figlia.
“Nessuno dei due” rivelò, tornando a guardare verso
l’alto. “Quest’anno cerchiamo il fiocco di zia Prim.”
Indicò un codino bianco che volteggiava di fronte a lui,
proprio all’altezza del suo naso.
“Eccolo qui.”
I bambini cercarono subito di afferrarlo, sollevandosi
sulle punte dei piedi.
Peeta li lasciò fare, sorridendo dei loro gridolini
divertiti.
Si allontanò verso il pupazzo di neve lasciato a metà e
riprese a ondeggiare, con lo stesso impaccio di quando era piccolo.
E sorrise fra le lacrime, immaginando di avere di nuovo
tre anni e due fratelli maggiori che lo imitavano ridendo, dondolandosi per il
cortile.
Sorrise, sentendosi cadere come un fiocco; un goffo
fiocco di neve.
Note finali.
Ormai sanno tutti che non me la cavo molto a scrivere su
Peeta, ma il prompt che mi aveva lasciato mi era
piaciuto davvero molto e ci tenevo a tentare di utilizzarlo. La storia è molto
banale, e quasi sicuramente l’idea della neve sarà già stata utilizzata mille
volte in questo fandom come in altri, ma alla fin
fine l’idea dei bimbi che giocano nella neve è un qualcosa che mi intenerisce
sempre molto. E Peeta pupazzetto che dondola guardando i fiocci
di neve ce lo vedevo troppo ** Nella prima parte della storia compaiono
anche i suoi fratelli, Jared e Jonah. I nomi dei due bambini li ho presi in
prestito da AlessiaDettaAlex
(che ha scelto di chiamare Jared il maggiore dei Mellark) e Alaska__ (che ha scelto Jonah come nome
per il mezzano dei fratelli). Ringrazio tutte e due per il prestito, siete
state gentilissime! Haley e Rowan, invece, sono i nomi che ho scelto per i
piccoli di casa Mellark e che avevo già utilizzato in altre storie.