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Autore: Astral    28/12/2008    2 recensioni
24 Dicembre 1978.
Evitò di leggere la prima pagina del giornale. Era inutile.
Per un alcolizzato non c’è nulla di meglio del sapore agrodolce del whisky. Per un vile niente è più indispensabile della propria fonte di disperazione.
Tutti fragili, come ali di falena che si accartocciano contro la fiamma tentatrice. Nonostante tutto suggerisca di fuggire, il calore, la luce accecante, non riesce a sottrarsene.
“Ti senti bene figliolo?E’Natale, che ci fai qui da solo?”.

Flashfiction partecipante al concorso "Last Christmas", organizzato dal Collection of Starlight.
Genere: Drammatico, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Jasper Hale, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lost in Christmas







Lost in Christmas è una breve flashfic ambientata in un lontano giorno di Vigilia, scritta per il contest "Last Christmas" indetto da Alexluna sul forum Collection of Starlight, a cui vanno tutti i miei ossequi ù.ù

Il contest prevedeva che il personaggio protagonista venisse svelato alla fine, tuttavia per facilità e praticità di ricerca nella registrazione qui su EFP, l'ho evidenziato comunque tra le indicazioni.
Approfitto per fare, anche se in ritardo, a tutti gli auguri di Buone Feste.
Un bacio, Angie.


La neve continuava a scendere pateticamente soffice, fiocco dopo fiocco.

Le ciglia chiare rimasero immobili, bagnandosi, rivolte verso l’alto.
Frivole risate distolsero la sua attenzione, guidandola su un gruppetto di ragazzine che arrossì fingendo velocemente di guardare altrove.
Solo una, forse più sfrontata delle altre, osservò  le labbra piene e violacee per il freddo piegarsi in un sorrisetto sardonico.
Le mani affusolate del ragazzo  afferrarono con forza eccessiva il bavero del giubbotto di pelle,  portandoselo fin sopra il naso. Prima che un brivido istintivo abbandonasse definitivamente la ragazza, era già sparito tra la folla accalcata attorno alle vetrine in cerca degli ultimi regali.
Camminava in fretta,  tentando di mantenersi possibilmente in luoghi affollati.
Il cellulare suonò  per l’ennesima volta nella tasca posteriore dei pantaloni. Lo lasciò squillare, ignorando gli sguardi curiosi dei passanti più vicini. Sapeva benissimo chi fosse, ed era altrettanto sicuro di non voler sentire la sua voce. Non in quel momento.
Strinse i denti immaginando la famiglia stretta attorno a quel dannato aggeggio che inoltrava chiamate a vuoto da ore. Non aveva bisogno di sforzarsi per vederli discutere, imprecare, giustificare e poi nuovamente imprecare. Ognuno accanto ai propri compagni.
Annusare l’aria in quella strada piena di umani lo ubriacava, sentiva il sangue pulsare più forte nelle vene. Il battito dei cuori rimbombava in modo assordante nelle orecchie sensibili, confondendosi al suono di risate, di un pianoforte strimpellato in un appartamento vicino. Lo scoppiettio delle castagne dentro un calderone di strada scandiva gli attimi in modo deciso in quella bolgia chiassosa.
Una folata improvvisa gli sollevò addosso un foglio spiegazzato di giornale.
24 Dicembre 1978.
Evitò di leggere la prima pagina del giornale. Era inutile.
Per un alcolizzato non c’è nulla di meglio del sapore agrodolce del whisky. Per un vile niente è più indispensabile della propria fonte di disperazione. Tutti  fragili, come ali di falena che si accartocciano contro la fiamma tentatrice. Nonostante tutto suggerisca  di fuggire, il calore, la luce accecante, non riesce a sottrarsene.
Le dita artigliarono il muro, sbriciolandone il laterizio già malandato. Aveva appena svoltato l’angolo di una via. Isolata. Buia. Silenziosa. Ancora per poco.
Lasciando il bavero che fino allora aveva trattenuto, l’altra mano corse alla gola. Avvertiva  il veleno arderla, addensandosi sotto la lingua. Un monito. Come la luce di quella maledetta candela.
Le gambe si piegarono fino a toccare l’asfalto innevato. La voce di un coro poco lontano segnò il trionfo sarcastico di quella notte, tanto da indurlo ad un risolino amaro quanto isterico.
“Ti senti bene figliolo?E’Natale, che ci fai qui da solo?”.
 
Le spalle erano curve contro il muro, le gambe rannicchiate contro il torace in posizione fetale.
Le dita seguitavano a disegnare ghirigori sul braccio dell’uomo riverso accanto. La pelle già bluastra per la temperatura che con la notte era inevitabilmente scesa.
Le campane della Chiesa più vicina suonarono la Mezzanotte.
Una smorfia arcuò le labbra ancora sporche di sangue.
“Buon anniversario, Jasper”.
Chissà se Alice quei suoi centoquindici anni da vampiro li avrebbe ancora  festeggiati.
 
   
 
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