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Autore: Seicaniparlassero    25/04/2015    0 recensioni
La solitudine piace a pochi, sopratutto nell' errore
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da piccola venivo sempre picchiata per motivi più o meno futili, il dramma era che a picchiarmi fosse mia madre. Anni più tardi avrei capito che i suoi erano problemi psichici, ma in quei momenti non ero ancora in grado di formulare tali pensieri, mi ero solo accorta che la mia vita seguiva una sorta di ciclo più o meno preciso, più o meno tragico di volta in volta. Un momento di calma, un alito di speranza al più presto spazzata via da un nuovo attacco d'ira; tutto poteva essere scatenato da qualcosa accaduto durante la giornata o semplicemente nella sua mente. Un giorno mia madre decise che doveva camminarmi addosso con i suoi tacci nuovi, se un motivo ci fosse o meno non mi è dato saperlo visto che i ricordi di quei momenti e quelli ad esso successivi mi tornano alla mente solo come flash, immagini sfocate, scene di un film che non ricordo di aver visto. Starle vicino mi costava non poca fatica, dovevo cercare di non piangere, di non urlare, quello che non riuscivo a nascondere malgrado il mio impegno era un tremore diffuso, ero terrorizzata . Mio padre era capace di dirle a malapena " guardala, la spaventi, non vedi che trema a starti vicino ?" L' ennesima ovvietà che al momento mi sembrava però come una delle migliori difese potessi permettermi, e tale effettivamente si rivelava. Queste parole scontate e insignificanti non mi hanno mai sottratto al mio destino, a un sorriso vero seguivano urla strazianti, quanti lividi i nostri conoscenti avranno ignorato perché mia madre faceva un lavoro rispettabile, ottima posizione, vestiti costosi, discorsi sufficientemente vuoti e falsi. In quei momenti, nei momenti di buio cercavo di scappare in qualsiasi modo, piangendo invocavo il signore, un dio che non mi ha mai risposto e che a breve avrei bollato come inesistente, non solo Lui, il Dio dei cattolici, la mia fantasia si forzava di immaginare altre forze sovrannaturali che avrebbero potuto aiutarmi ma nessuna mi si è mai manifestata. Avevo otto anni quando mia madre trovò una ricevuta di pagamento di una camera d' albergo per mio padre e un' altra donna, Paulina se non erro. Da quel momento la mia vita non di certo felice perse qualsiasi connotazione infantile per divenire pura lotta alla sopravvivenza. Io sapevo che mio padre tradiva mia madre eppure lui era l' unico che con le sue ovvietà cercava di difendermi,soprattutto l' unico a non picchiarmi; non volendo divenni sua complice in un gioco immense volte più grande di me. Monika, si chiamava così, aveva un figlio della mia età e mio padre mi portava con sè per farmi giocare con lui, non ho idea del perché ad un uomo di cinquant'anni possa sembrare una buona idea condividere il suo tradimento con una bambina di otto anni, probabilmente non riusciva a sopportarne il peso da solo e vilmente cercava conforto, la solitudine piace a pochi, soprattutto nel' errore. L' estate dei miei otto anni la ricordo a malapena, ricordo le urla di mia madre, le pasticche che ingoiava come caramelle, le notti passate in balcone ad aspettare mio padre fino all' alba, le sue minacce, i vestiti strappati, i miei primi attacchi di panico, una notte passata a farle la guardia perché non andasse in camera di mio padre per ucciderlo come gli aveva promesso, dei coltelli lanciati con le peggiori intenzioni. Nonostante tutto mio padre rimase a casa, continuava a tradire mia madre e tenermi come complice, le scene si ripetevano identiche giorno per giorno, si rincorrevano in casa, sbattendo porte e abbattendo tutto ciò che intralciava la loro fuga o rincorsa, io cercavo di fermare mia madre, inevitabilmente finivo per prendere botte non destinate a me. A otto anni per la prima volta ebbi il desiderio di togliermi la vita, ero da sola a casa con mia madre, mio padre era uscito per cercare di non pensare, lei era in camera dalla mattina a causa dei farmaci e io ero impotente, impotente dinanzi a quello sfacelo che era la mia vita, non potevo aiutare i miei genitori e nemmeno me stessa, piangevo da ore in una stanza vuota, andai in cucina e presi il coltello più grande che potei trovare, cercai il modo meno doloroso per morire in silenzio, non pensavo, la mia mente era vuota, il dolore aveva inghiottito ogni briciolo di raziocinio, cercai di tagliarmi, di pugnalarmi persino, invece di riuscire nel mio intento dovetti imparare che non avevo il coraggio di farlo, ero inutile e incapace anche nel darmi la morte, riprovai più volte nel corso degli anni,ma, forse segnata da questa prima esperienza non riuscii mai più a compiere il gesto che mi avrebbe liberato da tutto quel male. Le parole non valgono uno solo di quegli attimi che tutt' ora mi lasciano senza fiato, la mia mente si è data da fare al meglio per dimenticare tutto ma quel poco che ricordo un po' mi terrorizza ancora. La mente poco stabile di mia madre si perse nella nebbia, la sua coscienza già prima appesa a un filo di lana scomparve e dovettero portarla in casa di cura, se così si chiama, più di una, usciva sempre troppo presto e a casa decideva di prendere tutti gli psicofarmaci che poteva, quante cene, quanti pranzi e quante ore di sonno ho perso... L' ultima casa di cura a quanto ricordo era a San Benedetto, era sorvegliata eppure riuscì a scappare e fu ritrovata dai carabinieri in una qualche stazione. In prima media mio padre se ne andò di casa, la situazione era insostenibile eppure fino a quel momento l' aveva sopportata per usufruire dei soldi di mia madre, l' unica cosa che era in grado di non far mancare a me e a lui. Io continuai a vederlo nei week end e a casa continuavo a sopportare o meglio cercare di sopravvivere a mia madre farmacodipendente e mentalmente instabile, da lui sopportavo lei che di certo non era migliore di mia madre. Mio padre decise che la cosa migliore che potesse fare era di quella di portarmi in vacanza con lui e lei, andammo in Croazia è quello che accadde non lo raccontai a nessuno, mi ritrovai a farmi urlare in faccia da lei peggio di come mi accadeva a casa, delle scenate spaventose, di certo il mio destino non era quello di essere felice. Tornata a casa rimasi semplicemente in silenzio,un silenzio inutile e soffocante. Rimanevo in silenzio anche quando mia madre mi prometteva di notte di uscire per andarsi a suicidare, dopo un po' iniziai a rimenere indifferente a quelle minacce, anzi, una parte di me sapeva che morta lei avrei trovato pace, ma il mio lato più pragmatico sapeva che senza i suoi soldi per me non c' era futuro o nessuno migliore di quello che mi si prospettava se lei fosse rimasta in vita. Mio padre era scappato, lo odiavo, e allo stesso tempo vedevo in lui l' unica mia ancora di salvezza, l' uomo che per qualche ora mi permetteva di allontanarmi dall' inferno che era a mia casa. Mia madre mi odiava, le avevo tenuta nascosta la verità e non cercava di nasconderlo. La scuola era l' unica cosa che le interessava, io dovevo riuscire, per evitare di diventare come mio padre, nonostante tutti i miei sforzi non mi veniva riconosciuto nulla anzi, le grida non mancavano e con esse le botte a cui ormai ero avvezza. Non cercavo neanche aiuto fra gli adulti che conoscevo, ero rassegnata all'idea che quella sarebbe stata la mia vita per sempre, mio padre non aveva parenti e quelli di mia madre decisero che era giusto odiarmi come faceva anche lei, io dovevo solo cercare di aiutarla,perché lei, poverina, era in seria difficoltà. Mio nonno un giorno mi disse che mio padre era solo una bestia e che dovevo rendermene conto da ciò che aveva fatto a mi madre, come se io in quella situazione non fossi coinvolta, anzi ne fossi l' artefice. I momenti di infanzia vera che ricordo sono legati a un' altra famiglia, e forse dire un'altra è sbagliato, io posso davvero dire di averne mai avuto una? Mia madre lavorava sempre e almeno ebbe coscienza di non abbandonarmi a me stessa, dai miei tre mesi ebbi una tata, la mia tata. A lei devo ogni momento di felicità e tranquillità legato agli anni della mia infanzia, trovai una famiglia vera , senza tragedie e capace di amare come ogni vera famiglia dovrebbe essere in grado di fare. La mia infinita riconoscenza non sarà mai abbastanza per avermi salvato e preservato dal vedere più brutti momenti di quelli che posso ricordare. 
   
 
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