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Autore: Papillon_    26/04/2015    1 recensioni
“Parla quello che quando si siede sembra un orso appena uscito dal letargo.”, borbottò Kurt. Puck di fronte a loro si lasciò scappare una piccola risata, beccandosi un'occhiataccia da parte di Blaine.
“Così a Parigi non convincerai proprio nessuno.”, borbottò Blaine.
“Credi davvero che io sia il Granduca, Blaine?”, chiese Kurt, cercando i suoi occhi. Blaine li scrutò per un attimo.
“Ovvio, altrimenti non staresti qui.”
“Bene.”, soffiò Kurt, avvicinandosi piano al suo viso. “Allora smettila di darmi ordini.”
“Affondato.”, disse Puck, scoppiando poi a ridere. “Amico, di sicuro ha un bel caratterino il ragazzo qui.”
“Cosa davvero adorabile.”, borbottò Blaine, passandosi una mano tra i capelli.
“Mai quanto diventeresti adorabile tu se mi facessi un piacere.”
“Quale piacere?”, chiese Blaine dopo un po'.
“Sta' zitto.”
*
Avete mai visto la favola di Anastasia? Ottimo, immaginate che i suoi protagonisti siano un Kurt sarcastico alla ricerca della sua famiglia e un Blaine che ce la sta mettendo davvero tutta per arricchirsi. Entrambi sono alla ricerca del loro nuovo inizio, ma sono completamente ignari di come trovarlo.
O del fatto che, con molta probabilità, questo nuovo inizio ce l'hanno a portata di mano.
[AU Klaine - Anastasia!Kurt, Dimitri!Blaine]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Parte quarta -

 

Il taxi che teoricamente avrebbe dovuto portarli a casa dei Fabray era abbastanza spazioso – Kurt non faceva altro che torturarsi le mani e guardare fuori, almeno finchè Blaine non infiltrò le proprie dita tra le sue, impedendogli di continuare oltre.

“Ehy.”, gli sussurrò. “Stai tranquillo. Andrà bene.”

“Mi dimenticherò qualcosa.”, borbottò Kurt. “Dirò che lo zio Yoris era di Mosca invece che di quel paesino sperduto in mezzo alle montagne di cui non ricordo mai il nome e lei penserà che sia un impostore e-”

“Kurt.”, lo interruppe Blaine in un bisbiglio. “Ci sarò io, okay?”

Kurt lo guardò di sfuggita, sentendo il proprio cuore inondarsi di tenerezza. “Okay. Però promettimi di suggerire.”

 

***

 

La casa dei Fabray era tutt'altro che enorme – era immensa, con un giardino immacolato sulla parte davanti ornato di tulipani e una fontanella funzionante. Puck era piuttosto su di giri: fu il primo a scendere dalla macchina e a precipitarsi alla porta per poter suonare il campanello. Ad aprire venne una giovane donna che non doveva avere più di trent'anni – era davvero bellissima, con il viso arrotondato e i capelli biondi, simili al colore del grano.

Il colloquio – o il test, come preferiva chiamarlo Blaine – andò piuttosto bene. Quinn fu piuttosto sorpresa nel momento in cui osservò Kurt – disse che era in assoluto il ragazzo che aveva visto fino a quel momento che più assomigliava al Granduca, e che aveva gli occhi molto simili a quelli di Anastasia. Gli vennero fatte numerose domande, sia di storia che di circostanza, e Kurt fece del suo meglio per ricordare ogni cosa che aveva studiato. Dopo esattamente due ore e quarantasette minuti, due biscotti e una tazza di tè, Quinn dichiarò che avrebbe fatto un'ultima domanda.

“In realtà non la faccio mai.”, sussurrò con una risatina, cominciando a mescolare la sua seconda tazza di tè alla ciliegia. “Non sono sicura che tu possa rispondere, ma- non lo so, c'è qualcosa di diverso in te.”

Kurt deglutì, a quel punto, cercando gli occhi di Blaine.

“Ci fu un'aggressione a palazzo, la sera in cui tu poi scomparsi. Tua nonna ti svegliò nel cuore della notte e ti trascinò fuori dal letto; insieme scappaste da palazzo. La mia domanda è: come siete stati in grado di farlo? C'erano guardie ovunque quella notte, eppure riusciste comunque a raggiungere la stazione.”

Kurt a quel punto abbassò la testa, pensieroso. Notò con la coda dell'occhio che Puck aveva sbarrato gli occhi mentre Blaine si era portato entrambe le mani tra i ricci. Effettivamente tra i loro insegnamenti non c'era mai stato nulla riguardo a quella notte, a Kurt era stato detto che lui e sua nonna erano riusciti miracolosamente a scappare da palazzo, ma niente di più. Eppure Kurt aveva un ricordo, un ricordo vago che si mescolava a un sogno, forse, e beh – a quel punto non aveva nulla da perdere.

“So che è davvero una domanda difficile-”

“C'era un ragazzo.”, sussurrò Kurt, attirando l'attenzione di Quinn. “Un ragazzo- era molto giovane, lui- penso lavorasse per le cucine. Gli avevo parlato un paio di volte, forse. Lui aprì la parete. Uhm- voglio dire, aprì un passaggio nella parete, che sciocco.”, Kurt a quel punto ridacchiò. Sentiva gli occhi di Blaine su di sé, ma non osava guardarlo di rimando, perché aveva paura di averlo deluso. “Sono piuttosto sicuro che se non ci fosse stato quel ragazzo io e mia nonna saremmo morti quella notte.”

Quinn a quel punto prese un bel respiro. “Beh- questa notizia è- riservata ai conoscenti di corte. N-non credevo che potessi rispondere.”

“Allora?”, borbottò Puck. “E' o non è il nostro Kurt?”

“Beh...”, sussurrò Quinn con un piccolo sorriso. “Ha risposto a tutte le domande...”

Sì!”, esclamò Puck, attirando Kurt in un veloce abbraccio. “Allora, quando possiamo vedere l'Imperatrice?”

“Non così in fretta, pasticcino. L'Imperatrice- beh, lei credo sia piuttosto...stanca. Ha passato buona parte della sua vita a cercare il suo nipote perduto, e ha ricevuto così tante false speranze che non crede più quasi in nulla.”

“Ma Quinn-”, balbettò Puck. “Lui è il vero Kurt!”

Quinn alzò gli occhi al cielo. “Sai che ti dico? Che anche io penso che lui sia quello vero. Ma non è me che dovete convincere.”

Kurt si mordicchiò il labbro, il suo stomaco che si contorceva per la delusione.

“Però...”, sussurrò Quinn dopo un po'. “Potrei avere un'idea.”, disse velocemente, facendo sorridere Puck. “Stasera io e l'imperatrice andremo a vedere i balletti russi. Potrei procurarvi dei biglietti, così alla prima pausa che ci sarà le presenterete Kurt. È piuttosto semplice.”

“Questa è un'idea fottutamente geniale, piccola!”, esclamò Puck, andando verso Quinn e prendendola in braccio. Blaine avrebbe tanto voluto esultare insieme a loro, ma aveva bisogno d'aria. Non aspettò un secondo di più ed uscì dalla casa dei Fabray, dirigendosi a grandi passi verso la fontana che c'era nel giardino.

Kurt ricordava quella notte. Ricordava la notte in cui Blaine aveva trovato lui e sua nonna per caso in quella sala e aveva aiutato loro a scappare dalle guardie. Ricordava – ricordava lui, quello sguattero che lavorava nelle cucine. Ricordava Blaine. E ricordava di aver parlato con lui anche, solo che probabilmente non riusciva a capire che lui e quello sguattero fossero la stessa persona.

Kurt era davvero il Kurt che stavano cercando. Il principino perduto, l'Imperatore di tutte le Russie.

Blaine si aggrappò con entrambe le mani al bordo della fontana, cercando di regolarizzare il proprio respiro. A un certo punto sentì una mano battergli una spalla.

“Ce l'abbiamo fatta!”, esclamò Puck, abbracciandolo con un movimento fluido. Blaine si lasciò abbracciare, ancora senza fiato per ciò che aveva appena scoperto.

“Dei, Kurt è stato fottutamente bravo! Non la sapevo nemmeno io la storia di quel ragazzo.”, borbottò Puck. “Ti rendi conto, vero Blaine? Tutti i nostri sforzi stanno per essere ripagati ed io-”

“Puck.”, sussurrò Blaine, aggrappandosi alle sue spalle. “D-devo dirti una cosa. Mi ascolti?”

“Sei pallido, amico.”, soffiò Puck. “Stai bene?”

“I-io-”, rantolò Blaine. “Io non lo so.”, disse piano. E non lo sapeva davvero. Aveva compiuto quel viaggio per dare a Kurt una famiglia e per arricchirsi, ma improvvisamente si stava rendendo conto che non era per niente pronto a lasciare andare Kurt. Perché quello avrebbe dovuto fare, avrebbe dovuto dirgli addio per sempre. Non l'avrebbe mai più rivisto perché andiamo – una persona comune, un ladro, un imbroglione, poteva mai essere amico di un Imperatore?

“Puck-”

“Quinn mi porta a comprare dei vestiti!”, gridò improvvisamente Kurt, avvicinandosi verso Blaine e Puck. Senza poter fare niente per impedirlo, Blaine si ritrovò con Kurt ancorato al suo corpo, le braccia avvolte attorno al suo collo. “Ce l'ho fatta, Blaine.”, sussurrò lì, e Blaine non poteva farci niente. Lo strinse, lo strinse perché era contento per lui anche se al contempo avrebbe voluto strapparsi via il cuore. Immerse una mano nei suoi capelli.

“Ce l'hai fatta.”, disse piano vicino al suo orecchio. Non si mossero per un tempo che parve infinito, almeno finchè Kurt non alzò leggermente la testa per immergere gli occhi in quelli di Blaine.

“Ci vieni in giro per Parigi con me, vero? Hai voglia?”, gli chiese in un sussurro. Blaine ridacchiò.

“Certo che ci vengo.”, disse quasi immediatamente. “Non potrei mai lasciarti abbinare colori improbabili.”

Kurt lo spinse via leggermente. “Ehy! Io sono bravo ad abbinare i colori.”

“Certo, come no.”

Era buffo il fatto che si stessero punzecchiando pur rimanendo abbracciati. Kurt si morse leggermente il labbro inferiore.

“Blaine?”

Sono io, Kurt. Quel bambino che ti ha salvato, quello che ti parlava delle rose. Sono io, sono io, sono qui, ti prego prova a ricordare, ti prego apri gli occhi e ricordati di me-

“...dimmi.”

Kurt sbattè velocemente le palpebre, e alla fine si staccò. “N-no, nulla. Sono solo felice che stasera andiamo a fare compere.”

Blaine gli sorrise dolcemente, e sperò che almeno quello, il suo sorriso, Kurt se lo potesse ricordare.

 

***

 

Parigi quella sera era un brulichio di luci e giovani coppie che camminavano per le strade. Kurt continuava a fare domande e sorridere, perché quella per lui era una città fatta si sogni – era il suo sogno, visto che per così tanto tempo aveva sognato di andarci. Blaine gli stava sempre vicino e cercava di concentrarsi sui fiumi di parole che diceva, ma la verità era che spesso si soffermava sulla curva del suo sorriso, o il luccichio che assumevano i suoi occhi – e semplicemente si perdeva in quelle piccole cose che sapeva che c'erano ma che non aveva mai osservato abbastanza prima.

Entrarono in una delle botique più costose di tutta Parigi, sotto consiglio di Quinn. Offrì di pagare lei il vestito a Kurt visto che sapeva che né Puck né Blaine potevano permettersi nulla del genere. Kurt venne servito da un giovane ragazzo che dal momento in cui aveva scoperto che quella nel suo negozio era la cugina di primo grado dell'Imperatrice non faceva altro che balbettare ed agitarsi. Finì per consigliare a Kurt un paio di pantaloni rossi e una camicia che era troppo grande, e quando uscì dal camerino per farsi vedere da Blaine, Quinn represse a stento una smorfia.

“Beh-”, borbottò il commesso con accento tipicamente francese, “”Non gli sta pvoprio così male-”

“Per carità.”, lo interruppe Blaine, alzandosi dalla poltrona in cui era quasi scomparso. “Da qui in poi ci pensiamo noi, va bene?”, chiese al ragazzo, facendogli segno di allontanarsi. Kurt gli sorrise grato, e nel giro di qualche minuto e senza capire il perché si ritrovarono da soli, in quel piccolo camerino. Blaine non faceva altro che passare le dita su ogni vestito che c'era, Kurt che lo guardava con il cuore che batteva forte nella gola.

“Tu lo hai già scelto il tuo vestito?”, chiese in un sussurro Kurt a un certo punto. Blaine annuì.

“E' molto semplice e discreto. Ti piacerà.”, gli promise Blaine. “Uh, eccolo qui, finalmente.”, borbottò, tirando fuori da quello che aveva tutta l'aria di essere uno dei vestiti più eleganti che c'era in quel negozio. “Per te invece ho pensato a qualcosa di particolare, ma non troppo eccessivo.”, soffiò, avvicinandosi a Kurt per mostrargli il completo. Era davvero bellissimo, e Kurt sperava solo di esserne all'altezza. “Dobbiamo fare in modo che l'Imperatrice rimanga letteralmente- affascinata da te.”

Kurt ridacchiò, accarezzando con le dita la stoffa del vestito. “Beh, credo che proprio di essere costretto a fidarmi di te.”

Blaine gli sorrise dolcemente. “Pensavo di abbinarlo a una camicia e cravatta bianche. E poi sul petto appunteremo una rosa.”

Kurt annuì. “V-va bene.”, disse, piuttosto stupito del fatto che Blaine fosse così bravo quando si parlava di vestiti. Abbassò lo sguardo per non fare notare il rossore delle sue guance a Blaine, ma improvvisamente due dita furono sotto il suo mento per sollevargli il viso.

“Ehy. Nessuno potrebbe indossare questo vestito se non tu.”

Kurt deglutì. “Fatico a crederci. Ma grazie.”

Blaine alzò gli occhi al cielo. “Beh, vedremo alla fine chi avrà ragione.”

 

***

 

Kurt stava percorrendo uno degli innumerevoli corridoi che dovevano portarlo nel bagno in cui si sarebbe preparato per quella notte, quando Blaine lo afferrò improvvisamente per i fianchi facendolo sussultare.

“Ma- Blaine!”

“Dammi dieci minuti del tuo tempo.”, sussurrò Blaine prendendolo per mano e allontanandolo dal corridoio. Kurt si morse il labbro inferiore.

“Blaine- faremo tardi! Devo andare a prepararmi per stasera-”

“Non ci metteremo molto, promesso.”

E Blaine era così, quando diceva una cosa andava fatta e Kurt si ritrovò ad inseguirlo sopra un taxi per le vie di Parigi, il sole che a ovest stava tramontando dietro le piccole e colorate case di quella città così moderna e nuova per Kurt. Blaine non disse niente, né fece domande per pretendere risposte. Portò semplicemente Kurt dove lo voleva portare dal primo momento – e quando entrambi si trovarono sulla Torre Eiffel, lì in quel puntino dell'universo da cui si vedeva tutta Parigi, il cuore di Kurt cominciò a fare delle cose molto strane, insieme ai suoi occhi che si riempirono di lacrime.

“Blaine.”, soffiò Kurt, aggrappandosi alla grata che indicava il punto in cui cominciava il vuoto. “Blaine, è-”

“Meraviglioso, lo so.”, soffiò Blaine, avvicinandosi a lui. “Non potevi perderti tutto questo.”

Kurt era praticamente senza fiato. Non sapeva come poteva vivere ancora senza fiato, ma sta di fatto che lo stava facendo. Blaine lo aveva portato lì sopra come senza dirgli niente, solo – lo aveva strappato via dal mondo e gli aveva detto di prendere un bel respiro e lasciarsi andare, ed era esattamente quello che Kurt stava facendo. Kurt si asciugò bruscamente una lacrima, e per qualche assurda ragione ruotò il capo verso Blaine e si soffermò ad osservare le sue labbra carnose e rosa scuro, e fu la prima volta in tutta la sua vita disastrosa che Kurt si rese conto di voler baciare qualcuno. Non gli importava niente che fosse un ragazzo, non gli importava niente che fosse Blaine, la stessa persona che lo aveva dannare come pochi altri e che coglieva ogni occasione per fare battute e scherzare; non gli importava niente che fra meno di una manciata di ore avrebbe scoperto tutto quel viaggio fin dove lo avrebbe portato, e non gli importava che, anche se in piccola percentuale, lui avrebbe potuto essere un Imperatore. Non gli importava proprio più niente, quando Parigi era lì ai suoi piedi, a portata di mano, e gli occhi di Blaine brillavano come se avessero inghiottito il sole e le stelle e tutte le luci che avevano attorno. Kurt nemmeno sapeva cos'era un bacio, ma era piuttosto sicuro di volere che il suo primo lo avesse proprio Blaine.

Effettivamente inclinò la testa, e si ritrovò a stringere le palpebre. Ma poi non si mosse – non sapeva come muoversi e non voleva fare brutte figure, quindi si fermò. Blaine lo guardava soltanto, un dolce sorriso sul volto che diceva tutto come niente.

“Sai che dicono che Parigi è la città dell'amore.”, sussurrò Blaine a un certo punto. Il cuore di Kurt precipitò nello stomaco e si sentì uno sciocco, perché era dannatamente ovvio che Blaine e Puck avessero voluto raggiungere Parigi perché quella città offriva loro milioni di opportunità per trovare una bella ragazza da sposare. E Kurt – lui era solo uno stupido ragazzino che sognava troppo in grande.

“Sì, devo averlo sentito dire.”, borbottò Kurt, scrollando una spalla. Sentì Blaine ridacchiare.

“Se deve succedere qualcosa tra due persone, succede qui.”, borbottò poi Blaine. Kurt non capiva assolutamente dove volesse arrivare, così tenne lo sguardo basso e si limitò ad osservare le macchine che viaggiavano per le vie di Parigi.

Kurt pensò che forse Blaine aveva bisogno di una mano. “E cosa dovrebbe succedere?”, chiese in un sussurro, ruotando il capo verso di lui. Blaine immerse gli occhi in quelli di Kurt, mordicchiandosi poi il labbro inferiore.

“Non lo so. Tutto come niente.”, mormorò, sorridendo appena. E forse era quello il momento. Non che Kurt sapesse riconoscere i momenti giusti per un bacio, ma quello ci assomigliava parecchio, così si avvicinò per la seconda volta. Ma poi il campanile di una dannatissima chiesa lì accanto ricordò loro che erano in ritardo, e Kurt si separò con un sospiro.

“Forse dovremmo andare.”

“Forse. Sarebbe meglio.”

“Altrimenti ti danno la colpa per il ritardo.”

“Tanto farei in modo che la colpa ricada su di te.”, borbottò Kurt ridacchiando, avviandosi verso l'ascensore. Poco prima di salirci sopra, Blaine lo bloccò avvolgendo le dita attorno al suo polso.

“Indossa questa stanotte.”, soffiò, porgendogli una rosa di colore bianco. Kurt l'osservò con attenzione; non aveva idea del perché, ma aveva come l'impressione di averla già vissuta quella scena, una scena in cui parlava con qualcuno di una rosa bianca. Non sapeva quando, né se fosse vera, ma ebbe la sensazione che Blaine avesse la capacità di tenerlo al sicuro.

E Blaine avrebbe tanto voluto urlargli Sono proprio qui, perché non ricordi ma non poteva farlo, non così. Lasciò che Kurt raccogliesse quella rosa, e poi lo accompagnò a casa di Quinn, dove si dovevano preparare.

 

***

 

“Blaine.”, borbottò Puck, saltellando sul posto. “Me la sto ufficialmente facendo sotto.”

“Piantala, Puck.”

Puck sospirò. “Perchè ci mettono così tanto?”

“Lo sai che le donne ci mettono vite a prepararsi.”

“Kurt non è una donna.”

“No. Ma il suo tempo di preparazione equivale a quello di una donna, devi ammetterlo.”

Puck a quel punto si sedette sulla panchina che c'era di fronte al teatro. Blaine alzò una gamba e ci appoggiò sopra un singolo piede, ruotando il capo per osservare le macchine che andavano e venivano per le vie di quella immensa città.

“Lui è quello vero, Puck.”, sussurrò a un certo punto, senza cercare la sua faccia. Sentì gli occhi di Puck su di se.

“Come, scusa?”

“Kurt.”, il nome gli scivolò via dalle labbra come se fosse qualcosa di immensamente prezioso e fragile. “E' davvero il principino perduto. Il ragazzo di cui ha parlato per rispondere alla domanda di Quinn, quello che ha salvato lui e sua nonna. Ero io.”

Puck a quel punto si fece piccolo piccolo contro lo schienale della panchina – Blaine lo vide sorridere, come se fosse in pace.

“Blaine, è- è fantastico.”, borbottò. “Voglio dire, abbiamo davvero aiutato qualcuno a ritrovare la sua famiglia.”, disse con calma. “Glielo hai detto?”

“Ancora no.”

Che cosa?!”, domandò Puck. “Stai scherzando? Ha il diritto di saperlo!”, sbottò, alzandosi in piedi. “Si può sapere che aspetti? Tu glielo devi dire-”

“Dirmi cosa?”, chiese improvvisamente una voce da dietro di loro. Puck e Blaine si voltarono all'unisono, trovandosi davanti Kurt – e Blaine, beh, Blaine non aveva mai pensato che un cuore potesse fare così male.

Perchè Kurt era bello da togliere il respiro.

Il vestito che aveva scelto era blu scuro, come le notti senza stelle. La stoffa non era semplice, però; c'erano degli inserti speciali che permettevano alla giacca e al pantalone di brillare. Non troppo come avrebbe fatto una gemma, ma quel poco che bastava per rendere i movimenti di Kurt fluidi e meravigliosi. E lì, sul petto, appuntata dove c'era la tasca, la rosa bianca che gli aveva dato Blaine.

“Dirti quanto tu sia bello.”, soffiò Blaine, guardandolo incantato per qualche istante. Kurt sorrise e sbattè le ciglia abbassando la testa, e solo dopo Blaine allungò un braccio per posare saldamente la mano dietro la schiena di Kurt. Cominciarono a salire le scale insieme, dirigendosi verso il teatro.

 

Dal posto che era stato assegnato loro, Blaine e Kurt potevano vedere l'Imperatrice perfettamente. Kurt afferrò tra le mani il piccolo binocolo che Blaine gli aveva procurato – che teoricamente sarebbe dovuto servire per osservare i balletti – e lo puntò su quella che doveva essere sua nonna, una donna davvero molto bella ed elegante.

“Mette i brividi.”, sussurrò Blaine.

“Non così tanto.”, disse Kurt di rimando. “E' solo...intimidatoria, credo.”

Kurt sistemò il binocolo e accartocciò le dita sul proprio grembo, cominciando a giocherellarci, almeno finchè Blaine non prese una sua mano tra le sue in modo dolce e rassicurante.

“Andrà tutto bene.”, gli disse vicino all'orecchio. “Rilassati. Sei pronto, lo sai. E io sono proprio qui accanto a te.”

Kurt solitamente avrebbe fatto una battuta, ma non in quel momento. Si voltò semplicemente e concesse a Blaine un sorriso piccolo ma dolce, mentre qualcosa di enorme gli si scioglieva al livello dello stomaco.

“Va bene.”, disse soltanto.

 

***

 

Tra la pausa che ci fu tra il primo e il secondo tempo, Kurt e Blaine si alzarono e si diressero come concordato con Quinn nella piccola sala privata dalla quale zia e nipote stavano seguendo lo spettacolo. Imboccarono un piccolo corridoio, dopodichè Blaine fece per bussare alla porta che trovarono, ma si interruppe quando vide che Kurt stava tornando indietro.

“Kurt!”, lo chiamò, un vago sorriso divertito sul volto. “Kurt, torna qui.”

“Non ce la faccio, okay?”, borbottò Kurt. “Mi vedrà e andrà a chiamare le guardie perché si chiederà come abbia anche solo potuto pensare di essere suo nipote-”

“Kurt.”, sussurrò Blaine, avvolgendogli le braccia attorno ai fianchi. Era qualcosa che non aveva mai fatto prima, e Kurt si ritrovò con la gola secca, senza niente da dire. “...sei arrivato fin qui. È stato...è stato il viaggio più pazzo, insano ed esilarante della mia vita, e in un paio di occasioni avrei voluto strangolarti, te lo giuro. Ma- ce l'hai fatta, okay? Non puoi arrenderti ora. Dietro quella porta potrebbe esserci il tuo nuovo inizio. Non sei curioso di scoprirlo?”

Kurt si leccò le labbra e sorrise leggermente. “S-sì.”

“Okay.”, disse Blaine. “Allora coraggio.”

Blaine prese per mano Kurt e lo trascinò di fronte alla porta, ma prima di bussare questa volta fu interrotto dalla sua voce.

“Blaine?”

Blaine si voltò verso di lui, gli occhi enormi e pieni di luce. “Sì?”

“I-io-”, borbottò Kurt, incapace di continuare. Voleva dirgli che aveva cambiato tutto. Voleva dirgli che non faceva altro che pensare a lui, che sulla Torre Eiffel lo aveva voluto baciare, e che con molta probabilità lo desiderava anche adesso, e lo aveva desiderato già sulla nave, e magari anche prima, quel giorno in cui gli aveva insegnato ad andare in bicicletta. O forse lo voleva da sempre, non riusciva a riconoscerlo. Forse – forse lo amava, anche se era tutto un disastro. E glielo voleva dire, anche se non sapeva come, e anche se lo avrebbe perso.

“Sì?”, insistè Blaine, inclinando la testa.

“Nulla.”, sputò fuori Kurt. “Solo- volevo- ringraziarti. Ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me. Lo so che spesso sono stato uno stronzetto arrogante, e che la maggior parte delle volte ti insultavo solo perché respiravi, ma la verità è...”, Kurt respirò a fondo, a quel punto. “E' che io ti ammiro. Ti ammiro...davvero molto.”

Blaine lasciò andare il respiro, e Kurt ebbe la vaga idea di averlo deluso. Ma non era assolutamente possibile, quindi scacciò immediatamente quel pensiero dalla testa.

“Kurt, io-”

“Sì?”, chiese Kurt in un sussurro, mordicchiandosi il labbro inferiore.

“I-io- lo so che ne abbiamo passate tante, e che mi sono comportato da stronzo anche io, ma la verità è che...che-”

“Sì?”, insistè Kurt, aggrappandosi alla giaccia di Blaine, al livello del suo avambraccio. Blaine deglutì.

“Che ti ammiro moltissimo anch'io.”, sussurrò.

Oh.”, soffiò Kurt, sentendo il cuore precipitare nello stomaco. Blaine gli accarezzò lievemente una spalla, e lui gli concesse un sorriso.

“Ora vado.”, borbottò Blaine. “Buona fortuna, vedrai che andrà tutto bene.”

 

Nel chiudere la porta, Blaine non si era reso conto che la spinta che le aveva dato non era sufficiente a far scattare la serratura, e questa finì piano piano per riaprirsi, dando a Kurt la possibilità di ascoltare la conversazione all'interno della stanza.

Ora che Blaine aveva la possibilità di vedere l'Imperatrice da vicino poteva ammettere che era ancora più inquietante di quanto poco prima avesse ammesso. Fece a Quinn un occhiolino, il segnale che avevano concordato, dopodichè si inginocchiò di fronte ad Anastasia e le prese una mano per baciarne il dorso.

“Vostra Altezza.”, esordì, con voce melliflua e solenne. “Sono Blaine Anderson, e vengo da molto lontano per portarvi vostro nipote. Il principino perduto.”

L'Imperatrice allargò impercettibilmente gli occhi, studiando Blaine in tutta la sua figura. “Avevo detto a Quinn di comunicare che ho smesso di cercare mio nipote.”, borbottò, lanciando un'occhiata stanca alla cugina. “Mi dispiace giovanotto, ma temo dovrai andartene.”

“No, ma vede-”, continuò Blaine, prendendo un respiro profondo. “Voi dovete dare a questo ragazzo una possibilità.”

“Giovanotto, ho dato così tante possibilità nella mia vita e ho visto così tanti ragazzi che dicevano di essere mio nipote da bastarmi fino al giorno in cui me ne andrò. Davvero, sono stanca. Torna a guardare i balletti insieme a questo ragazzo.”

Quinn mise sulla spalla di Blaine una mano. “Blaine.”, sussurrò. “Ci hai provato. Lascia stare, ti accompagno alla porta.”

Blaine non poteva credere che finisse tutto così. Avevano viaggiato tanto e Kurt – dei, Kurt aveva finalmente trovato la sua famiglia, non poteva arrendersi così facilmente. Quinn si allontanò credendo di accompagnare Blaine fuori; lui fece per seguirla, ma non appena lei fu lontana abbastanza Blaine serrò le tende dietro di sé e tornò a sedersi vicino all'Imperatrice.

“Sconsiderato.”, soffiò lei, spalancando gli occhi. “Chiamo le guardie, non scherzo-”

“Vostra Altezza, vi prego. Voi dovete vedere questo ragazzo, lui...lui è davvero suo nipote.”

“Hai idea di quante volte abbia sentito questa frase?”, sussurrò Anastasia, strofinandosi la fronte con le dita perfettamente curate. “Ti prego, vattene. Ho passato tutta la vita ad essere presa in giro e ad avere speranza, sono stanca di essere forte. Voglio godermi gli ultimi anni della mia vita in pace.”

“Vostra Maestà, perdonatemi se insisto, ma veniamo dalla Russia-”

“Alcune persone sono arrivate da Timbuctù, persino, lo sai?”, borbottò lei, alzandosi in piedi per potersi allontanare. Scostò le tende che Blaine aveva chiuso e raggiunse la piccola stanza che precedeva l'uscita.

“Vi prego Vostra Altezza, aspettate-”

“Blaine Anderson, giusto?”, soffiò lei, voltandosi all'improvviso per puntare gli occhi in quelli di Blaine. “Ma certo, ho sentito parlare di te. Tu sei il ragazzo che a San Pietroburgo faceva delle audizioni per trovare un ragazzo che assomigliasse a mio nipote.”, disse, il tono di voce piatto. Blaine deglutì, affranto.

“I-io...”

“Sono davvero stanca di essere presa in giro, Blaine.”, lo interruppe lei. “Per voi giovanotti tutto questo è uno stupido scherzo. Non sei stato l'unico, sai? Lo fanno tutti per il denaro che io ho promesso. Ma ora basta. È della mia famiglia che stiamo parlando, e del ricordo che ho del bellissimo nipotino. E non permetterò più a nessuno di rovinarlo, tanto meno ai furfanti come te.”

“Vostra Altezza-”

“Fuori.”, sussurrò lei, indicandogli la porta. Nel giro di qualche istante, due guardie ben piazzate afferrarono Blaine per le braccia e lo accompagnarono fuori da quella piccola stanza, Blaine che dal canto suo cercava di dimenarsi e spiegare all'Imperatrice che era stato tutto un malinteso perché davvero, non poteva finire così.

Stava ancora gridando, quando quelle due guardie gli sbatterono la porta in faccia. Blaine cominciò a bussare furiosamente contro il legno, ma dovette fermarsi quando si rese conto che non sarebbe cambiato niente. Si voltò, il cuore che era pesante come un macigno che smise di battere quando incontrò gli occhi pieni di lacrime di Kurt.

“...Kurt-”

“Audizioni.”, soffiò Kurt, aggrottando la fronte. Non era una domanda, e Kurt aveva detto quella parola accartocciata con il tono di voce più piccolo e ferito che Blaine avesse mai sentito. “Tu- tu davvero facevi delle audizioni per trovare qualcuno che assomigliasse a Kurt.”

Oh-

Kurt aveva sentito tutto. Aveva sentito ogni minima cosa. E adesso-

“Kurt, ascoltami-”

“Lo hai fatto per i soldi.”, sussurrò Kurt, portandosi entrambe le mani sulla bocca e cercando di respirare a fondo. “Non- non te ne importava niente di me, volevi solo la ricompensa.”

“Kurt per favore, non- non è vero. Ti giuro che non è vero-”

Kurt fece un passo indietro quando Blaine tentò di avvicinarsi. “...hai rovinato tutto, Blaine. Tutto.”, soffiò, tenendosi una mano sullo stomaco. “E- e i vestiti, la rosa. Quello stupido viaggio sulla torre- n-non hanno significato niente per te? Lo facevi solo per tenermi buono così sarei rimasto?”

Blaine fece un passo verso di lui, le mani che praticamente tremavano. “No! Dio no Kurt- c-certo che hanno significato qualcosa per me, certo, io-”

“Sei una persona orribile.”, mormorò Kurt, una lacrima che cadeva dal suo occhio destro. “E- e io mi sento così stupido perché mi fidavo di te, mi fidavo davvero, e credevo che volessi aiutarmi-”

Blaine si ancorò alle tue braccia. “Ma volevo aiutarti!”, gridò Blaine. “Lo volevo, ti giuro che volevo io...s-senti, all'inizio è partita così, va bene? Volevo quei dannati soldi, e tu eri esattamente il ragazzo che stavo cercando. E mi dispiace. Ma poi è cambiato tutto. Te lo giuro Kurt, è cambiato tutto, i soldi sono diventati insignificanti e volevo solo che tu fossi felice-”

Kurt lo spinse via. Forte, con entrambe le mani aperte sul suo petto. “N-non toccarmi.”, disse, asciugandosi bruscamente una lacrima. “Non mi toccare più.”

“Kurt-”, sussurrò Blaine, lasciando cadere mollemente le braccia. “Kurt, per favore-

“Hai distrutto il mio sogno.”, biascicò Kurt, stringendo il proprio petto con le braccia. “Fin da piccolo ho sempre desiderato ritrovare la mia famiglia, e tu- tu hai fatto la cosa più brutta che qualcuno possa fare. Hai preso il mio sogno e lo hai sbriciolato con le tue mani, Blaine.”

Blaine stava cercando disperatamente il modo di respirare, ma non ci riusciva. Il respiro gli si bloccava nella gola, e non sapeva cosa fare. Kurt a quel punto si passò una mano tra i capelli e si voltò cominciando a correre, ma Blaine lo rincorse tra la gente.

“Kurt aspetta-”, gridò. “Kurt, ascoltami! Il ragazzo di cui hai parlato da Quinn-”, borbottò, riuscendo finalmente ad ancorarsi al braccio di Kurt, “Ti ricordi? Quel ragazzo ero-”

“Non m'importa niente di quello che hai da dire, Blaine.”, sussurrò Kurt, guardandolo dritto negli occhi. “Come a te non è mai importato niente di nessuno che non sia tu.”

“Ti sbagli.”, sussurrò Blaine. Kurt fece per andare via, ma Blaine lo trattene con entrambe le braccia. “Ti sbagli, a te ci tengo, ci tengo tanto-”

E poi arrivò. Forte, sulla guancia sinistra. Qualcosa che effettivamente Blaine sapeva di aver meritato.

Kurt gli diede una sberla. Una sberla in pieno viso, che lo fece sbilanciare all'indietro e perdere l'equilibrio. E quando Blaine si rialzò in piedi, Kurt aveva già sceso le scale e si era già infilato in un taxi.

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Mi auguro davvero che la narrazione non vi stia sembrando troppo veloce, è che in un certo senso le cose vanno così, un momento prima Kurt si fida di Blaine e un momento dopo gli crolla il mondo addosso. Mi dispiace per l'angst, non so perché ma quest'ultimo pezzettino mi ha davvero distrutta, e sapevo di doverlo scrivere prima o poi!
A prestissimo con la quinta e ultima parte. Abbiate fede <3
 
Je <3
   
 
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