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Autore: Sherlocked221b    26/04/2015    1 recensioni
Dopo una giornata di estenuante lavoro, John non vedeva l'ora di tornare a casa e di godersi un pò di pace e tranquillità a casa loro, sulla poltrona.
Beh, tranquillità è una parola forse esagerata: al 221b di Baker Street non c'era mai stata un'atmosfera di quiete e mai ci sarebbe stata, ma John non avrebbe voluto diversamente.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo una giornata di  estenuante lavoro,  John non vedeva l'ora di tornare a casa e  di godersi un pò di pace e tranquillità a casa sua, sulla sua poltrona.
Beh, tranquillità era una parola forse esagerata: al 221b di Baker Street non c'era mai stata un'atmosfera di quiete e mai ci sarebbe stata, ma John non avrebbe voluto diversamente.
Appena messo piede in quell'appartamento si era reso conto di aver trovato il posto che faceva per lui.
Quelle quattro mura avevano accolto l'ex soldato e l'avevano risollevato dal brutto periodo che aveva attraversato: la guerra l'aveva segnato dentro in maniera indelebile e per guarire (nemmeno totalmente) ci erano voluti anni e anni.
 Lì aveva trascorso il periodo più bello della sua vita, aveva passato i momenti più indimenticabili e le avventure più emozionanti, ma anche pericolose.
John, nonostante tutte le difficoltà e lo scetticismo su colui che sarebbe dovuto diventare il suo coinquilino ( che è poi diventato il suo migliore amico),  in cuor suo aveva ammesso che in tutta la sua vita non aveva mai trovato un posto che come il 221b si addicesse alla descrizione che aveva lui di "casa".
 Era come se l'appartamento avesse sempre rispecchiato il suo stato d'animo e tutt'ora lo rispecchiava.

Perso nei suoi pensieri non si era reso conto di essere arrivato davanti alla porta del suo appartamento: a portarlo alla realtà era stato il peso che sulle sue braccia esercitavano le due borse della spesa.

 "John non abbiam più thè"
 "Dobbiam pagare le bollette"
 "Abbiamo finito il latte"


Abbiamo. Dobbiamo.

Sherlock non era mai stato il tipo che faceva caso a sottigliezze come quei due verbi al plurale.
Per Sherlock gli unici dettagli che contavano si trovavano nei discorsi dei sospettati e sulle scene del crimine.
John ,al contrario, era fin troppo sentimentale e sensibile.
 Queste parole non potevano semplicemente scivolargli addosso come nulla fosse: gli entravano nella mente ed era in grado di torturarsi il cervello per ore e ore pensando a quelle frasi.
Quando Sherlock lo includeva nel discorso,  quando parlava di loro come un "noi" a John faceva incredibilmente piacere. Si sentiva parte di un "qualcosa", del loro mondo: John e Sherlock, Sherlock e John e niente altro poteva importare, il resto perdeva significato e questo, benché il consulting detective non avesse mai proferito parola al riguardo, doveva per forza far piacere anche a lui, poiché ovunque andasse era sempre alla ricerca di John per qualsiasi cosa, anche solo per parlare.
John non trovava pace nemmeno nel suo studio.
Ogni mattina, appena arrivava  si sedeva comodo e subito il suo cellulare iniziava a vibrare: era sempre e comunque Sherlock che gli scriveva sia perché si annoiava da solo , sia per comunicargli eventuali passi avanti nella risoluzione di un caso.
In realtà a Sherlock importava di John più di quanto lui stesso volesse ammettere e anche più di quanto lo stesso John potesse immaginare, ma questo lui non lo sapeva.

 Nel mentre si perdeva nei suoi pensieri,  John aveva trovato le chiavi, era salito su per le scale ed era entrato in salotto, posando le borse sul tavolo della cucina stranamente immacolato.
Era incredibile vedere l'appartamento così ordinato, Sherlock con tutti i suoi casi da risolvere e la noia da combattere lasciava sempre l'appartamento nel caos più totale.
 Mise l'acqua a bollire e prese il thè dalla busta della spesa.

 "Earl Grey, bravo John. Mi raccomando, fai in modo che..."
 "Si Sherlock -rispondeva il dottore- , in modo che il profumo di bergamotto si senta, ma non troppo. Oramai dopo anni di convivenza ho capito come ti piace bere il thè"
E Sherlock aveva risposto "Sarei perso senza il mio blogger"
Allora John sorridendo gli porgeva la tazza di thè e in silenzio entrambi si godevano un attimo di tranquillità  domestica.

 Dio, quanto amava quei momenti.

Il thè era pronto, aveva preso due tazze quando all'improvviso bussarono alla porta.

Andò ad aprire ed era la signora Hudson, quell'adorabile vecchietta -mi raccomando, non era la loro serva- che era stata loro complice in qualche loro caso.
"John caro! Ti ho sentito arrivare!"
 "Signora Hudson, che piacere: venga venga, ho appena fatto il thè: ne vuole una tazza?"
Così dicendo riaprì la credenza e ne tirò fuori la terza tazza per la signora e la riempì.
La signora aggrottò la fronte e disse: "John caro..perchè tre tazze? Aspetti visite?"
E John rispose:" Oh no. Siamo io, lei e ..."
Ma John non finì la frase, perchè all'improvviso si sentì male e dovette correre a sdraiarsi per non rischiare di svenire sul colpo.
La realtà l’aveva colpito di nuovo come un macigno.

 "Oh John..anche se non posso capire cosa provi tu in questo momento so benissimo che è una cosa difficile da metabolizzare"
 La signora Hudson lo coprì con una coperta e se ne andò: oramai sapeva come comportarsi quando John passava momenti come quello.
Doveva lasciarlo solo e lui si sarebbe placato, piano piano.
 A volte ci voleva tutta la notte.

Lapsus.
A John capitavano spesso, nonostante Sherlock fosse morto da cinque anni.
Sentiva la sua voce che lo rimproverava, sentiva quando lo chiamava nel cuore della notte per comunicargli che aveva risolto un caso.
Sentiva la sua presenza ovunque.
Delle volte gli capitava anche di preparare ancora il thè per due, come questa volta.

 John si svegliava ancora di soprassalto la notte, gli incubi erano tornati.

Sentiva ancora Sherlock che lo svegliava alle tre di mattina per farsi medicare e John pazientemente scendeva, si lamentava con Sherlock per come poco si curava della propria salute e minacciava di non curarlo più, ma entrambi sapevano che non sarebbe mai successo.
John aveva provato a rifarsi una vita, ma niente, nessuno poteva sostituire il voto incolmabile che aveva lasciato Sherlock.

 Nessun amico, nessuna donna, niente.
 Sherlock gli mancava come l'aria e tutti intorno a lui se ne erano accorti e provavano a tirarlo su di morale.
Tutti sapevano quando John tenesse a Sherlock e sapevano che la cosa era reciproca.
Quei due erano nati per incontrarsi e lo stesso destino che li aveva uniti aveva deciso di dividerli.

Grazie ad alcune persone che erano ancora al suo fianco, John era riuscito  a raggiungere uno stato di "apatia".
Non sentiva più niente.

Sherlock, che lo rimproverava sempre per il suo sentimentalismo e romanticismo sarebbe stato fiero di lui ora: non provava più nulla, nessuna emozione. Non piangeva più.

Intanto la pioggia scrosciante si abbatteva sulle finestre.
La tazza di thè vuota sul tavolino, proprio come l'appartamento.
Vuoto come l'anima di John.
   
 
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