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Autore: Romanova    27/04/2015    1 recensioni
La volontaria del Distretto Dodici si troverà a fare una scelta difficile, perchè Peeta è spacciato, ma lei deve andare avanti a combattere.
Con un insospettabile alleato.
{Catoniss dedicata a JackLoveCatonissForever, come promesso}
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cato, Katniss Everdeen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Si sono trascinati a fatica fino alla Cornucopia e ci sono saliti sopra: la situazione negli ultimi due giorni è precipitata velocemente: Peeta si è ammalato e le sue condizioni si sono aggravate, Katniss ha dovuto fare una fatica incredibile per ricordare i consigli di sua madre sui veleni, antidoti e altre nozioni che non ha mai imparato appieno e ora odia ancora di più perché non riesce a richiamarle alla memoria.
Mellark sembra in grado di stare in piedi, ma Cato, silenzioso e coperto di sangue, gli compare alle spalle e inizia a stritolarne il collo in una morsa ferrea mormorando qualcosa sul voler morire, riducendosi a implorare una morte indolore perché a guardarlo sembra davvero svuotato da ogni forza che non sia  la disperazione pura e semplice, provato oltre i limiti che l’uomo non dovrebbe violare mai.
Ovviamente l’arciera ha già incoccato da diversi secondi la freccia, l’impennaggio le solletica gentilmente il labbro screpolato  ma il cervello non vuole saperne di connettersi e il suo rivale non agisce contro di lei.
Nel frattempo il sangue e il fango, misti a una pioggia sicuramente artificiale contribuiscono a rendere scivolosa la superficie metallica su cui i tre poggiano i piedi.
Il volto del panettiere ha uno spasmo e la bocca gli si distorce diventando segno d’un dolore interno forte e non ignorabile, il sangue gli cola dal naso e le guance si gonfiano e il vomito gli sfugge dalle labbra macchiando il loro avversario, che ora piange silenziosamente ignorando l’odore acre sparso nell’aria.
Gli ibridi sotto di loro ruggiscono in attesa di un pasto.
La freccia parte, precisa e inesorabile, conficcandosi in un occhio del ragazzo del dodici che viene spinto di sotto dal giovane del due, che però nel farlo si sbilancia e resta aggrappato alla coda dell’oggetto metallico.
E’ spacciato, l’istinto l’ha fatta agire al posto del suo cuore scegliendo l’avversario con meno possibilità di sopravvivere.
Le pare di muoversi in un mare di melassa mentre guarda una scena terribile come la fine di Peeta.
Osserva per una manciata di secondi in cui il cervello le si disconnette la caduta di Cato.
Sono questi i momenti in cui Katniss Everdeen si odia maggiormente: quelli in cui le lacrime le pungono gli occhi, quelli in cui il respiro le si azzera e sopraggiunge l’adrenalina a guidarla verso una scelta dagli esiti nefasti .
Scatta in avanti anche se sa di non essere abbastanza forte, scatta in avanti disobbedendo a ogni legge della logica e del buon senso che le suggeriva una facile vittoria.
E’ pur sempre un’umana, sola e abbandonata a sé stessa ragazzina di diciotto anni.
Punta un piede sulla base liscia della Cornucopia, in un punto della coda in pendenza e porge una bretella del suo zaino zuppo al coetaneo.
“Tirati su, maledizione!” ringhia iniziando a fare del suo meglio per ignorare la palese stupidità dei suoi gesti.
“Sono spacciato, Ragazza in Fiamme, lasciami qui”.
Una voce pacata, un mormorio gentile come un gorgoglio di ruscello .
“Col cazzo! Tu hai cercato me per tutti i maledetti giochi e ora sono qui! Non so nemmeno perché lo faccio e…” sbuffa, è paonazza per lo sforzo e il suo corpo grida pietà con ogni singola fibra, le dita le sanguinano persino “Se io, Katniss Everdeen, dico che torneremo a casa lo faremo! Sono la Ragazza in Fiamme e …” altra pausa, ha bisogno di fiato pregando che la follia le suggerisca le giuste parole  mentre sente meno fatica, probabilmente Cato ha puntato i piedi contro il metallo tentando di tirarsi su “NON TI LASCIO MORIRE!” sbraita e quando sente il corpo massiccio del diciottenne precipitarle addosso per poco non scoppia a piangere anch’ella.
Lo stare insieme è la loro unica speranza, ormai il ragazzo del Due è coinvolto nel suo personale finale di quegli strani giochi.
Sono soli, si sentono piccoli e sconvolti, tremano sotto la pioggia.
Lo stringe, lo stritola forte e lui ricambia, hanno bisogno entrambi di qualcosa di solido a cui aggrapparsi per arrivare alla fine e cosa c’è di meglio di un corpo in carne e ossa?
Hanno creato con un’immane sciocchezza un legame dalla portata che non possono nemmeno immaginare: sono vivi, hanno dato uno spettacolo che sperano sia sufficiente per gli Strateghi e sanno di aver creato un maledetto caos nella Capitale, sanno che la gente ama quel genere di cose ma hanno ancora la mente troppo offuscata dal sollievo per riflettere lucidamente.
Singhiozzano senza preoccuparsi di nulla per diversi minuti.
Si sono smarriti in quell’Arena, ora sono persone diverse e devono capire fino a che punto sono cambiati.
“Due idioti, ecco cosa siamo” mormora il biondo con il viso nei capelli dell’altra “Suvvia, chi pensava a questo finale?”balbetta asciugandosi le lacrime con voce strozzata, da nevrastenico.
La pioggia si interrompe.
Si staccano respirando forte, sono stanchi e deboli.
“Dovremo morire, Ragazza in Fiamme?”
“Non ditemi che il grande guerriero del due ha paura.”
   
 
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