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Autore: kocka6277    27/04/2015    2 recensioni
La storia di un tradimento che porta due giovani uomini sull'orlo della rovina.
Dal testo "La mia vita proseguiva ma non sapevo dove andare, ero una nave senza timone, un marinaio senza bussola, completamente abbandonato a un destino che vedevo di un nero torbido e viscoso."
Due diversi punti di vista per entrare nelle viscere di un dolore che tormenta Louis e Harry ma che si trova alla base di un legame forte e indissolubile.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LOUIS POV

Il primo giorno senza Harry appariva come il più terribile degli incubi; le dense nuvole nere che ricoprivano il cielo di Londra preannunciavano una fragorosa e abbondante tempesta primaverile, ma questa non si avvicinava neppure lontanamente al tumulto che mi attanagliava stomaco e cuore dalla sera prima. Avevo buttato lui e le sue cose sul pianerottolo di quello che era il nostro appartamento a Philbeach Gardens, per poi sbattermi la porta alle spalle e rimanere immobile a fissare il vuoto per un’ora intera; era tutto finito, andato.
Da diverse settimane avevo notato che si comportava in maniera strana, a volte era così freddo e distaccato da indurmi a pensare che avesse dei seri problemi a lavoro dei quali non potesse proferire parola nemmeno a me; altre volte era pieno di attenzioni, mi ricopriva di fiori e dolci ma nei suoi occhi si celava una spessa patina di quella che ingenuamente avevo letto come sofferenza.
Provavo in tutti i modi ad aiutarlo, a cercare di capire, quando poi la verità mi piombò proprio di fronte agli occhi l’ultima settimana di aprile. Harry che canta sotto la doccia era se possibile la mia colonna sonora preferita, la voce calda e soave che non si preoccupava di stonare qualche nota, pura e perfetta; io intanto correvo da una parte all’altra della stanza perché ero di nuovo in ritardo, e la preside non tollera i ritardi degli alunni quanto quelli degli insegnanti, al terzo richiamo avrei ricevuto la lettera di licenziamento.
Ripensandoci ora, successe tutto nello spazio di un secondo, come in una scena di un film: con la mano sulla maniglia della porta di casa, venivo bloccato dal telefono di Harry, a quell’ora di mattina non poteva che essere qualcosa di urgente quindi mi precipitai a rispondere, ma dall’altra parte non mi diedero nemmeno il tempo di dire “pronto”.
Una voce profonda parlava a raffica, sconnessamente, spezzandosi di tanto in tanto “Harry, ti prego non riattaccare, lasciami parlare. So cosa pensi di questa situazione ma io non ce la faccio più..mi manchi troppo, ti penso giorno e notte e credo di..sì lo so, io ti am-”riagganciai abbastanza in fretta per non ascoltare quelle parole che mi apparivano totalmente prive di senso, posai il telefono dove l’avevo preso e, proprio nel momento in cui sentii la porta del bagno aprirsi, avevo già chiuso quella principale, sprofondando in un buco nero. Ero sospeso nel vuoto con una voragine nel petto, era come se qualcuno mi avesse strappato il cuore a mani nude e mi avesse abbandonato lì, in quello stranissimo limbo; dovetti rimanere qualche minuto poggiato al muro poiché sentivo le ginocchia sciogliersi come neve al sole, prima di essere riportato alla realtà dalla signora delle pulizie che mi diede uno scossone violento sulle spalle chiedendomi se avessi bisogno di un dottore.
Scappai senza dire una parola verso la macchina, ma poi realizzai che la metro sarebbe stata l’opzione più sicura per la mia incolumità quella mattina, così corsi alla stazione cercando di tenere la mente più occupata che potevo.
Maledissi il destino che aveva deciso di farmi programmare tutti compiti in classe quel terribile lunedì, così da lasciarmi in preda dei pensieri e del dolore; decisi che la cosa migliore da fare era far finta di niente e aspettare il momento in cui lui si sarebbe deciso a parlare, momento che, per fortuna o meno, arrivò una settimana più tardi.
 
Domenica sera, cenetta romantica. Il momento. Aveva pianificato tutto per renderlo forse meno doloroso: rose, candele profumate, i miei piatti preferiti e persino il pacchettino di una gioielleria..che stronzo. Era tutto talmente troppo per me che non seppi più aspettare e domandai “Harry, c’è qualcosa che devi dirmi?”, dopo un lungo silenzio mi prese la mano e iniziò a parlare.
“Lou, non so esattamente da dove cominciare questo discorso..ho passato un bruttissimo periodo a lavoro, lo sai e sentivo tutte le mie certezze vacillare, tutte, compreso te. Non voglio dire che tu abbia fatto qualcosa, era solo la mia mente a percorrere un cammino totalmente in solitaria e non so cosa mi sia preso, io, mi sono messo in una situazione scomoda senza volerlo.”- gli occhi mi pizzicavano insistentemente mentre lo guardavo annaspare nelle sue parole, spiegare una terribile menzogna portata avanti per troppo tempo -“quando c’è stata quella presentazione all’azienda e sono rimasto a dormire fuori casa, beh io ho dormito da un collega e, Lou te lo giuro è stato uno stupido errore commesso per colpa dell’alcool. Lo sai che non ti farei mai niente del genere intenzionalmente..ti amo più della mia stessa vita, come potrei farti questo..”
“Come potresti farmi questo? Ti sorprenderà sapere che l’hai fatto e ti sorprenderà sapere che lo sapevo già e so anche chi è quello stronzo che ti sei portato a letto e ti giuro che aspettavo solo questo momento per vedere con quale faccia ti saresti presentato qui a raccontarmi di come mi hai tradito col mio migliore amico!”
In quel momento vedevo tutto di colori vividi e sfocati a causa della collera e delle lacrime che trattenevo perché no, non mi avrebbe visto crollare; presi in mano il mazzo di rose, lo strappai procurandomi tagli su entrambi i palmi e glielo gettai sul petto.*
Le mani mi sanguinavano ma niente era paragonabile al dolore provocato dal cuore, che in preda alle fiamme, mi esplose in mezzo alle costole; lo presi per le spalle e lo spinsi contro il muro perché sentivo il bisogno di farlo soffrire almeno quanto stavo soffrendo io ma mi mancavano le forze necessarie per fargli male davvero, quindi corsi in camera da letto e dall’armadio tirai fuori quante più cose potei e le buttai fuori dalla porta di casa. Lo vedevo piangere e gridare di calmarmi, diceva che dovevamo parlare, che avevo tutte le ragioni per essere arrabbiato ma io non ero arrabbiato, ero una bomba a orologeria che stava sul punto di scoppiare, e lo feci quando, in preda al panico, gli urlai di sparire dalla mia vita; lo spinsi verso la porta, aperta, lo guardai per un’ultima volta: la camicia sporca del mio stesso sangue, gli occhi rossi e il viso bagnato dalle lacrime.
Respirai profondamente prima di chiudere gli occhi e sbattere la porta, che si serrò mettendo fine a ogni cosa. Ero nell’oblio.
 
 
HARRY POV
 
Rimasi a fissare quella porta che mi era stata chiusa malamente davanti, per un tempo interminabilmente lungo e immobile non riuscendo a mettere a fuoco tutti i pensieri che mi ostruivano la mente.
Avrei voluto continuare a bussare e urlare per ore, avrei voluto passare la notte lì e tutti  i giorni successivi solo per dimostrargli quanto il mio amore nei suoi confronti andava effettivamente oltre ogni cosa..ma non ho fatto niente di tutto questo.
Me ne andai col mio carico di codardia sulle spalle, correvo senza meta in cerca di qualcosa o qualcuno sul quale riversare tutta la rabbia e le lacrime; entrai nel parco e mi sfogai sul primo albero che mi capitò davanti: calci, pugni, grida, schegge ovunque, il mio sangue che si univa indissolubilmente a quello di Louis, che avevo sulla camicia. Non mi importava più di niente, avrei preferito sprofondare all’istante in una voragine senza fine e non uscirne mai piuttosto che ritrovarmi a vivere senza di lui; giurai a me stesso che sarei rimasto solo per sempre perché non meritavo nessuno e nessuno meritava di essere ferito da me, una panchina e l’umidità della notte furono le mie uniche compagne.

All’alba del nuovo giorno fu un poliziotto a darmi il buongiorno scacciandomi da quella che sarebbe potuta benissimo diventare la mia nuova casa; mi sentivo terribilmente sporco, macchiato di colpe visibili e indelebili, vedevo gli occhi incuranti delle persone su di me e li avvertivo come condanne sempre più pesanti per l’orribile crimine che avevo commesso. Mi trascinai stancamente fino alla mia vecchia casa, la faccia che fece mia madre nel vedermi fu indescrivibile, forse aveva davvero pensato per un momento che suo figlio fosse diventato un assassino, la abbracciai per tranquillizzarla e corsi nella mia vecchia camera per levarmi di dosso ogni cosa e gettarmi finalmente sotto una doccia bollente che speravo avrebbe lavato via anche la pelle.
Invece sentivo il senso di colpa crescere lentamente e farsi sempre più invadente nel mio sistema linfatico, sapevo che non mi avrebbe abbandonato facilmente, forse sarebbe durato perfino in eterno, almeno finché lui non sarebbe stato disposto a rivedermi.
 
 
 
LOUIS POV
 
Era passato un mese da quando il mio cuore aveva smesso di funzionare correttamente, un mese da quando avevo smesso di ascoltare i bisogni del mio corpo, un mese da quando Harry e Zayn, i miei punti cardine, erano spariti dalla mia vita e io mi sentivo un essere totalmente abbandonato all’apatia e completamente privo di essenza. Mi trascinavo a lavoro ogni mattina per non sparire nell’inconsistenza di quelle che altrimenti sarebbero state le mie giornate vuote: di pomeriggio aprivo il salotto di casa a qualche studente che necessitava ripetizioni e la sera lavoravo in un affollato bar del centro; cercavo di mantenermi occupato ogni minuto perché sapevo che in quell’appartamento avrei perso anche la testa, l’ultima cosa che mi rimaneva.
 
 
HARRY POV
 
Guardavo il mare davanti a me e non sentivo niente; avevo sempre amato quel paesaggio e avevo imparato a farlo ancora di più quando avevo scoperto nei suoi colori il viso di Louis.
La sfumatura di quegli occhi la ritrovavi nell’orizzonte di una giornata senza nuvole, il connubio perfetto tra cielo e mare, la sabbia dorata aveva il profumo della sua pelle e la brezza era fatta dei suoi tocchi gentili sulla mia schiena.
Adesso niente aveva più senso, il mare mi ricordava solo l’immensa distesa delle mie bugie; il cielo era cosparso di nuvole minacciose, il dolore che gli avevo procurato; il vento, tagliente, mi provocava fitte lancinanti nel petto.

La mia vita proseguiva ma non sapevo dove andare, ero una nave senza timone, un marinaio senza bussola, completamente abbandonato a un destino che vedevo di un nero torbido e viscoso.
Avevo perso l’interesse per ogni cosa, nemmeno la musica mi dava più alcun conforto; le giornate si sviluppavano tutte allo stesso modo, le persone intorno a me correvano, vivevano, si amavano e io ero lì, a fissare il nulla e a cercare il mio sole che fino a qualche tempo prima era Louis e, adesso che non faceva più parte della mia storia, era stato sostituito da una notte costante.
Avevo deciso di partire per ricominciare, magari in un paese oltreoceano dove nessuno mi conosceva e nessuno avrebbe mai scoperto il mio passato decisamente poco glorioso; avrei scelto sicuramente Los Angeles, la città che realizza tutti i sogni (o quasi) che magari avrebbe dato una nuova vita anche al più miserabile degli esemplari come il sottoscritto. Per quanto ci si sforzi, il fumo non si riesce a catturare e così anche quella fuga mi sfuggì dalle mani in un secondo, per quanto fosse allettante le mie radici erano a Londra, ma soprattutto lì ci sarebbe rimasto per sempre il mio cuore.
 
 
LOUIS POV
 
La solitudine non mi spaventava più, era diventata parte di me; il silenzio era la colonna sonora delle mie giornate, aveva sostituito repentinamente la fresca risata dell’uomo che amavo, che nonostante tutto avrei riaccolto a casa se si fosse presentato di fronte alla mia porta.
Sono sempre stato un debole, una persona alla continua ricerca di un qualcosa che non arrivava mai, una persona piena di sogni infranti e cicatrici invisibili lungo il corpo; quando ho trovato Harry avevo diciotto anni, da quel momento tutto aveva preso una piega diversa, ero una persona migliore, senza angoli scuri nel cuore.
A trent’anni, cacciandolo, avevo rinunciato alla parte più bella di me facendo riemergere dalle profondità dell’oceano tutte le mie insicurezze e quello che mi aveva sempre caratterizzato: uno sguardo perennemente spento e l’aria di chi è sulla Terra ma non è mai connesso col mondo.
Mi guardavo allo specchio e vedevo solo cinquantaquattro chili di niente, tatuaggi pallidi come la mia pelle ridotti a stupidi disegni privi di significato, un paio di occhi infossati e capelli ormai troppo lunghi per essere lasciati sciolti. Quello che avevo davanti mi faceva venire mal di stomaco, era un me stesso che non riconoscevo più e che mi sorrideva sghembo con un’aria di sfida, era come se mi dicesse “vuoi spingerti ancora oltre?”; mi diedi uno schiaffo sulla gota sinistra perché non era in quel modo che sarebbe dovuta andare, non potevo mollare tutto, non così.
Dovevo reagire e dovevo farlo in fretta, lasciarmi morire non sarebbe stata la soluzione ma solo un ulteriore danno a chi mi amava veramente; quelle riflessioni mi risuonavano in testa e non riuscivo a farle tacere, l’unico modo forse era dare loro ascolto.
 
Il sole tiepido mi accarezzava dolcemente il viso facendomi chiudere gli occhi un momento, assaporai appieno quell’istante di calore che mi aveva colpito il cuore; per la prima volta mi trovavo a non fissare il cemento freddo del marciapiede ma ad alzare lo sguardo sui meravigliosi alberi che fanno da cornice alla via di casa: i primi boccioli sui rami ancora semi spogli erano senza dubbio il mio tassello mancante.
E’ risaputo che la primavera segna la rinascita e mai come quel giorno mi sentivo pronto a rinascere dalle mie ceneri grigie, ormai sepolte e dimenticate in un angolo remoto della mia anima.
 
 
HARRY POV
 
Non sapere era la cosa che mi faceva più male in assoluto, non sapevo se dopo tutto questo tempo lui avesse superato la cosa o se stesse esattamente come me, non sapevo se avesse trovato qualcun altro con cui condividere la vita, non sapevo niente.
Più volte ero passato davanti quella che era la nostra casa, osservavo quanto più mi era possibile per cercare di capire qualcosa o magari scorgerlo appena, invece ogni volta vedevo solo le finestre chiuse e le tende tirate giù, per quanto ne sapevo poteva aver cambiato addirittura casa.
Ma quel giorno, sperando di non incappare in incontri sconvenienti ed imbarazzanti, mi decisi a raccogliere un po’ di coraggio e a scendere dalla macchina, impietrendomi davanti le scale d’ingresso; la portiera, Mary, mi notò da dentro e corse subito fuori a salutarmi, stringendomi in un abbraccio. Ci ritrovammo a parlare per un buon quarto d’ora di tutto e di niente, di me, di Louis; smisi involontariamente di respirare quando appresi le sue condizioni e giuro che sentii il cuore stringersi fino a ridursi alla misura di una noce, non volevo, non potevo credere che la causa di tutto quel male fossi effettivamente io.
Sicuramente apprendere finalmente quale fosse la situazione mi spinse al secondo atto di coraggio della mattinata: consegnare a Mary una lettera da recapitare a Louis, di certo l’avrebbe stracciata o bruciata ma almeno avrebbe saputo che io esistevo ancora, che ero ancora lì per lui e che sarei rimasto lì sempre.
 
 
LOUIS POV
 
Se avessi potuto rivolgere uno sguardo al me stesso di un anno prima, avrei visto solo un uomo ridotto all’ombra di se stesso; ero tornato finalmente a vivere ed era una sensazione bellissima. Londra mi sembrava più splendente che mai, le giornate erano quasi sempre piene di luce e passeggiare nel parco mi riempiva di una gioia che non provavo da secoli. Avevo lasciato il lavoro al bar perché ormai riuscivo a godermi le mie serate a casa, avevo persino trovato la forza di sistemare tutto. Tenevo ancora alcune cose di Harry in giro, i pezzi di antiquariato che aveva preso a Piccadilly, la Polaroid, il suo piccolo gioiello che però non si era mai venuto a riprendere, i suoi libri di cucina, tutto il resto l’avevo riposto in alcuni scatoloni perché lì dentro c’era anche parte di me e non avevo avuto la forza per buttare via tutto. 
Questi i pensieri che mi accompagnavano mentre tornavo a casa dopo una estenuante giornata a scuola tra lezioni e consigli di classe, la valigetta in una mano e il take-away cinese nell’altra.
“Ancora qui Mary?”- la piccola donna sulla sessantina era intenta ad innaffiare le piante sulle scale della palazzina.
“Il lavoro di una portiera non finisce mai, caro mio”
“Sì ma sono le sette di sera, August starà morendo di fame”- scherzare tra noi era ormai abitudine quotidiana.
“Aaah uomini, siete tutti uguali! Oh Louis, c’è della posta per te, ecco tieni. Buona cena tesoro”
“Grazie Mary, a domani”.
 
Dopo cena mi decisi a guardare la posta: altre bollette da pagare, una cartolina di Lottie da Atene e..no, non era possibile. Giravo tra le dita una busta ingiallita senza francobollo, “A Louis” scritto incertamente con una calligrafia che conoscevo fin troppo bene; pensai a uno stupido scherzo, una coincidenza. Ormai cos’avevo da perdere comunque? La aprii e ne tirai fuori due fogli scritti nervosamente, iniziai a leggere:
“Ciao Lou,
non ho idea di come iniziare questa lettera, è solo l’ ennesima di una lunga serie che è finita nel caminetto. Chiederti come stai sarebbe solo inutile a questo punto perché se ti conosco tanto quanto credo, non avrai passato un periodo rose e fiori, ma non l’ho fatto nemmeno io puoi starne certo. La vita senza te non è degna di essere definita tale, mi manchi come l’aria e ogni giorno è solo un altro incubo dal quale non riesco a svegliarmi; sarei un idiota se dicessi di non convivere con un senso di colpa costante, mi sta logorando l’anima, Louis, non so che fare. Potrei riempire il foglio dicendo che mi dispiace ma non sarebbe mai abbastanza per avere il tuo perdono, non me lo merito. 
Sai, ho cambiato lavoro e non vedo né sento Zayn da quando mi hai mandato via, questo dovrebbe confermarti che quanto ti dicevo era vero, è stato uno stupido errore dettato dall’alcool.
Siamo stati insieme per nove anni, come hai potuto solo pensare che sarei stato capace di mandare tutto all’aria per una cosa da niente? 
 
Mamma continua a chiedere di te, sono stato con lei per i primi tempi, mi riempie di insulti perché dice che non ti merito e okay, ha ragione..però sono qui col cuore in mano, te lo posso giurare sulla mia vita. Preferirei morire domani piuttosto che mentirti sull’amore che sento per te, è la cosa più vera che io abbia mai provato, il mio cuore batte per te, SOLO PER TE, Louis lo vuoi capire? Sei il mio universo, l’unica cosa che ha sempre contato. Io..io sopravvivo grazie alla speranza che un giorno mi darai la possibilità almeno di guardarti negli occhi un’ultima volta, poi potrò stare in pace. Dammi questa occasione, ti sto supplicando, lascia pure perdere tutti i pensieri sconclusionati che ho scritto finora e ascolta solo questa richiesta. 
Ti amo come il primo giorno, per sempre tuo
Harry.”
Solo il caos provato un anno prima era paragonabile a quello che sentivo nella testa e nel cuore in quel momento. Harry era piombato di nuovo nella mia vita e inaspettatamente, come un fulmine a ciel sereno, mi aveva colpito in pieno lasciandomi sotto shock. Ero impietrito sulla poltrona, aveva avuto il coraggio di tornare e di scusarsi con una dannatissima lettera; forse avrei preferito che non si fosse preso nemmeno la briga di sprecare inchiostro e carta. Appallottolai la lettera e la lanciai rabbioso contro la parete del salotto, adesso avevo solo bisogno di dormire.
 
                                                                      *   *   *


Avevo avuto modo di pensare tantissimo alle parole di Harry, le avevo lette talmente tante volte da averle ormai imparate a memoria.
Stavo lentamente ritornando nel buio fitto del labirinto in cui mi ero andato a impelagare decidendo di aprire quella busta quattro mesi prima; alla fine ero tornato a casa perché solo l’appoggio della mia famiglia avrebbe potuto aiutarmi in quel momento.
 
Mary mi recapitava la posta lì ogni settimana e un giorno, tra le altre, ricevetti la sua seconda lettera; le parole erano pressappoco sempre le stesse: continue richieste di perdono, dichiarazioni d’amore, chiacchiere futili che però riempivano il mio cuore; continuavo ad essere trafitto, ma i mille aghi che cercavano di trapassarmi la carne mi ricordavano solo quanto ancora fosse forte il sentimento che provavo nei suoi confronti.
 
 
HARRY POV
 
Stavo lentamente perdendo la speranza, nessuna risposta da Louis.
Iniziavo a credere di essere solamente uno stupido ricordo, una foto ingiallita e mangiucchiata dal tempo, uno fra tanti..non volevo che finisse così, avevo commesso degli errori irreparabili ma meritavo almeno una parola, un addio concreto. I suoi silenzi mi facevano così male che andare avanti sembrava sempre più un’utopia, scacciavo i pensieri peggiori e mi rifugiavo nella stupida illusione di un futuro prossimo decisamente migliore del mio presente, un futuro dove anche Louis sarebbe stato solo un ricordo e io sarei stato in grado di lasciarmi tutto alle spalle, per ricominciare concretamente.
 
 
LOUIS POV
 
Pensavo a lui continuamente, le mie ossa sporgenti, i miei occhi, le mie mani, ogni parte, ogni fibra del mio corpo sentiva la mancanza del suo calore. Non sapevo per quanto ancora sarei riuscito a resistere senza vederlo, mettevo piede fuori casa solo perché speravo con tutto me stesso di trovarmelo davanti per caso, dentro un negozio, su un vagone della metro, sotto la mia finestra con un mazzo di orchidee.
Era tutto vuoto, io ero vuoto, arido, forse stavo davvero arrivando al capolinea? Tutti questi pensieri mi gettavano nello sconforto più totale, ma se dovevo andarmene, a quel punto avrei preferito farlo così, senza farmi vedere in quello stato pietoso; ero sfilacciato come i pezzi della mia anima senza forma, uno straccio di tessuto sporco e logoro.
 
Avevo parlato con mia madre e se non fosse stato per lei non sarei mai giunto alla conclusione più saggia, deporre le armi. Mi stavo comportando da idiota, preferivo stare male, consumarmi lentamente piuttosto che buttare via tutto il mio orgoglio e dare all’amore della mia vita, che apparentemente mi stava davvero offrendo il suo cuore e la sua vita, un’ultima possibilità. Nelle poche righe che ero riuscito a scrivere, avevo racchiuso tutta la mia speranza, tutto il mio amore, tutto quello che restava di me; avevo chiuso distrattamente la busta, mi rimaneva solo che aspettare.
 
                                                                  *   *   *
 
La sua risposta non era mai arrivata ma potevo giurare di averla sentita nel vento che quella mattina mi aveva caricato di un coraggio improvviso e inaspettato.
L’agitazione mi aveva ormai preso in ostaggio e, senza neanche accorgermene, ero uscito dalla sala insegnanti come un razzo, sicuramente destando occhiate sorprese nei colleghi, abituati alla mia solita apatia mascherata da una calma apparente.
Correvo giù per le scale, fuori in strada, non mi importava niente di nessuno, per quanto mi riguardava sarebbe potuta anche scoppiare la guerra in quell’istante, ma la mia personale missione era un’altra. Ripresi fiato solamente quando misi piede nella metro, mentre mentalmente pregavo che non fosse troppo tardi, perché se avessi avuto la consapevolezza che fosse stato troppo presto, mi sarei appostato lì finché il momento non sarebbe arrivato. Ripresi la mia folle corsa verso l’Hyde Park Corner, per poi proseguire lungo il grande viale alberato ridotto a una distesa di fango dalla pioggia insistente del giorno prima, ma neanche di questo mi importava.
Mi fermai di botto a cento metri dal mio traguardo perché insieme al corpo, anche il mio cuore si era fermato; avrei riconosciuto i suoi capelli tra milioni, così come le sue spalle leggermente ricurve.
Era immobile Harry, seduto a gambe incrociate al centro del nostro posto, con una grande macchina fotografica tra le mani. Il Bandstand era la cornice perfetta per quel quadro che avevo di fronte agli occhi; lui era di spalle, avevo ancora qualche secondo per prendere fiato e coraggio e affrontarlo ma il mio istinto prese il sopravvento, e in un attimo mi ritrovai al suo cospetto. Balzò in piedi con uno scatto innaturale, gli occhi spalancati come la bocca, sulla quale mi avventai senza dire una parola; accadde tutto nel giro di mezzo secondo. Come pensavo, non mi aveva respinto, anzi aveva risposto a quel bacio con una forza inaspettata; le nostre anime stavano combattendo, riversavano in quel contatto tutta la rabbia, l’amore, la delusione, la speranza di quei cinquecentosessantatre lunghissimi giorni. Questo connubio imperfetto di emozioni per poco non fece scoppiare il mio cuore ma fece scoppiare i miei occhi in un pianto liberatorio, liberatorio perché finalmente ero in grado di espellere tutte quelle lacrime che a causa del mio orgoglio erano rimaste lì per troppo tempo.
“Lou non piangere, ti prego. Guardami..” - quelle parole mi risuonarono dentro come un’eco, ma non potei far altro che staccarmi da lui e finalmente guardarlo negli occhi. Quel verde era esattamente come lo ricordavo, capace di riflettere l’anima di chi ci si perdeva dentro e a volte quella del suo possessore stesso. Le nuvole però erano arrivate ad incupire anche quella liquidità smeraldina, notai le lacrime che si facevano spazio prepotenti, tutto quello che mi uscì fu un poco convinto “Mi dispiace tanto” non sapevo nemmeno per cosa mi stavo scusando. Per aver pianto? Perché stavo per farlo piangere? Perché nonostante le sue lettere io non avevo fatto proprio niente, arrivando a rispondergli solo dopo un tempo infinito?
Non sopportavo più quella situazione, non sopportavo il suo sguardo compassionevole su di me, sentivo solo il fortissimo bisogno di andarmene ma i miei piedi non sembravano aver ricevuto il comando, erano piantati su quella piattaforma ottagonale, la testa bassa e la sua mano che raggiungeva piano la mia.
“Vogliamo camminare un po’?”- lo chiese col tono più pacato e sincero del mondo, non ricordavo più per quante notti il ricordo della sua voce mi aveva coccolato fino a farmi addormentare; invece di rispondere mi accasciai a terra incrociando distrattamente le gambe e invitandolo con lo sguardo a fare lo stesso.
La fredda pioggia di novembre** aveva cominciato a battere piano sulla tettoia, al di sotto della quale c’eravamo noi: Harry appoggiato alla colonna e io seduto tra le sue gambe, completamente abbandonato al calore del suo corpo e al profumo dei suoi capelli, l’incavo del suo collo occupato dal mio volto, quello era sempre stato il suo posto. Ancora una volta ero inerme di fronte a lui, incapace di dire o fare qualunque cosa.
 
Finita la pioggia mi risvegliai da quel torpore celestiale che aveva fermato completamente il tempo, credevo che non mi sarei più ripreso da quella sensazione di pace che si era dilagata in tutto il mio corpo e nella mente; alzai il volto per guardarlo, era bello da togliere il fiato, aveva gli occhi chiusi e le braccia ancora a stringermi, allungai il collo per andargli a sfiorare la guancia con la punta del naso.
Mi regalò un altro minuto di calore per poi alzarsi e prendermi per mano, finalmente quelle fossette si svelarono solo per me, sorrisi di riflesso e mi lasciai trascinare in una corsa a ritroso nel viale che avevo percorso poco prima, da solo. Ridevamo mentre il fango ricopriva scarpe e pantaloni, la sua immutata innocenza fanciullesca riusciva a contagiare persino una scorza dura come me, che non avevo mai smesso di sciogliermi al suo cospetto, come se fosse sempre la prima volta.
Poco prima della fine del viale ci fermammo per prendere fiato, Harry si era accovacciato sulle ginocchia, non era mai stato un grande atleta in effetti, risi; forse non prese bene la mia risata perché lo vidi intingere le dita nel fango e venire a passo deciso verso di me. Presi ad indietreggiare scuotendo la testa con un’espressione idiota:
“No no no no no, tu non mi toccherai con questa roba”
“Dici?” - avevo sempre perso a qualsiasi cosa con lui, e persi anche stavolta perché il suo indice raggiunse il mio naso e lo cosparse con una striscia di fango denso. Cantilenai qualche insulto e iniziai a colpirlo piano sul petto, continuando con le mie lamentele; lui rideva.
“Sei bellissimo”- disse prima di prendere il mio viso tra le sue mani e baciarmi, senza lasciarmi alcuna via di scampo, senza permettermi di ragionare o capire cosa stesse succedendo.
Per un interminabile secondo il mio cervello smise di funzionare e il mio cuore di battere, mi aveva rapito con un contatto, aveva creato le vertigini nel mio stomaco; tornato cosciente, risposi finalmente a quel bacio, perdendo completamente il controllo e la stabilità nelle ginocchia.
Sorrisi sulle sue labbra e mi aggrappai a lui con forza, la mia ancora. Il tempo si era fermato così tante volte quel pomeriggio, che ormai mi convinsi che saremmo rimasti così per sempre, questo pensiero mi scaldò l’anima e l’accese di nuove speranze.
Vivere senza Harry era stato come vivere perennemente in apnea e ora, il primo profumo che mi aveva riportato a respirare e che avrei conservato per sempre, era proprio il suo.
 
Passammo i due giorni successivi a casa nostra, andando dal letto, alla cucina, al divano per poi ricominciare da capo; una volta Harry mi aveva detto che eravamo due anime destinate a stare insieme per sempre o a vivere insoddisfatte per il resto della vita poiché ci saremmo cercati all’infinito, iniziavo a credere che avesse ragione perché era esattamente quello che ci era successo. Ci eravamo lasciati senza mai allontanarci veramente, destinando le nostre vite all’incompletezza e incorniciandole con un peso sul cuore e un cratere nello stomaco.
 
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*si tratta di una scena ripresa dal telefilm Queer as Folk
 
** “the cold novembre rain” è parte di un verso della canzone “November Rain” dei Guns n’ Roses ( https://www.youtube.com/watch?v=8SbUC-UaAxE )


Salve gente!
Eccomi con una nuova OS per me molto speciale perché sancisce la definitiva chiusura della mia long, è stato bello averla qui ma è arrivato il momento di dirle addio.. *sigh*
Bene, questa storia nasce grazie a uno dei miei deliri nel quale ho scritto il finale di una storia di cui però non ho mai scritto l'inizio (sono strana e complicata, lo so), comunque mi ero così affezionata a quella parte che non potevo vederla lì abbandonata in un file anonimo..così ho deciso di cucirle addosso una trama che la calzasse a pennello, o almeno ci ho provato :)
Ringraziamenti super speciali a:
- Flavia che ormai ringrazio in ogni circostanza perché beh è sempre con me e senza lei credo che non riuscirei a combinare un tubo qui..inoltre è merito suo se abbiamo un titolo per questa storia *clapclap* e anche al suo alter ego, Taylor Swift. Comunque boh davvero posso riempire la pagina di cuoricini per te? 
- Denise che con la sua verve mi ha fatto capire che la prima versione di questa storia faceva letteralmente ca***e ed è quindi merito suo se l'ho ritoccata altre tremila volte. Colgo l'occasione per dirti che mi mancano tantissimo i tuoi abbracci e i tuoi capelli profumati :'(
- alla bellissima musica che mi ha accompagnata anche in questo viaggio: La voce del silenzio (Mina) e E fuori è buio (Tiziano Ferro)
- agli altrettanto bellissimi lettori che sono arrivati fin qui a leggere queste righe colme di nonsense e pazzie, mi auguro davvero che la storia sia stata all'altezza delle vostre aspettative!
Spero di tornare presto con un'altra OS o chissà, con l'inizio di un cammino completamente nuovo. 
Un grandissimo abbraccio,
Carlotta :3
 
  
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