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Autore: Rajal    28/04/2015    1 recensioni
Un detective,un virus. Lotta costante tra soppravvivere e non venire mangiato. Gli zombie hanno avuto la meglio,ma non contro di lui,non contro Andrea. Si salverà o finirà come tutti?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Le strade erano illuminate da timidi lampioni,che formavano una luce soffusa,di un giallo opaco. Ero in una stradina laterale,poco illuminata. Non ero solo,qualcuno mi aveva seguito. Da casa mia fino qui,una distanza di circa cinque isolati. Si era nascosto,eppure lo sentivo. Aveva il respiro affannoso,come se avesse corso,puzzava,o forse erano i cassonetti affiancati al muro,comunque alleggiava un acree odore di sudore e marciume. Indossava un paio di semplici scarpe da ginnastica,lo intuivo dallo scricchiolio morbido della suola sul terreno. Passi strascicati dietro di me,un breve rantolo e poi un lungo silenzio,accompagnato solamente dal vento che scompigliava i miei capelli. Mi voltai. Un uomo ricurvo stava proprio davanti al viottolo,una mano in tasca e l'altra che penzolava lungo il fianco,la testa china a guardarsi i piedi. La sua carnagione era pallida,come quella dei malati,con la luce fioca si vedeva poco,non avevo la certezza di ciò che vedevo. L'uomo cominció ad avanzare,barcollando ogni tanto,io attesi. Se mai mi avesse agredito,sarei stato pronto,nella cintola dei pantaloni avevo la mia pistola,pronto ad usarla se ci fosse stato bisogno.
L'uomo stava a un metro da me,alzò la testa e mi guardò. Era un uomo di mezz'etò,occhi scuri e capelli neri,corti.
"...Mi aiuti..." disse crollando a terra.
Lo caricai sulle spalle,puzzava d'alcool e di fumo,forse era uno dei tanti ubriaconi del quartiere e gli era venuto un semplice mancamento,ma visto che l'LRV (Laboratorio Ricerca Virus) aveva messo in circolazione un nuovo Virus,e ne avevano perso il controllo,non potevo permettermi di lasciare indietro certe persone,presi la mia decisione e lo portai all'ospedale,per un controllo.
L'ospedale era abbastanza vicino,non avevo soldi con me,quindi non potevo prende un Taxi,feci tutta la strada a piedi,con l'uomo in schiena.
Tre isolati. Di notte,o meglio,di mattina presto. Erano passate le cinque del mattino,in lontananza si vedeva spuntare timidamente il sole,dietro alle case ed i condomini. Tre maledetti isolati. L'uomo iniziava a pesare,ma non potevo lasciare un uomo,presumibilmente malato,in mezzo ad un marciapiede isolato. Presi una boccata d'aria. L'aria fresca entrò nei miei polmoni gonfiandomeli e facendomi assaporare l'aria fresca del mattino. Mi feci forza e proseguì.
Arrivai. Dopo mezz'ora di camminata raggiunsi l'ospedale. Spalancai le porte con una gomitata. "Serve un medico!" dissi mentre mi avvicinavo,a grandi passi.
"Che succede buon uomo?" disse infilandosi gli occhiali da vista e guardando arcigno l'uomo che giaceva inerme sulla mia spalla.
Gli spiegai tutto,non proprio tutto tutto,il fatto che ero un detective mandato a svolgere uno stupido compito su un Virus del cavolo non glielo dissi,raccontai
solo di come mai quest'uomo si trovava lì,in quel ospedale malconcio.
Il dottore mi guardava,affascinato,stupito e forse anche un pó spaventato.
"Per il momento portiamolo in una camera libera,mi segua" disse avvicinandosi ad una porta e aprendola.
Era una stanza ampia,bianca,ben arieggiata,tre grandi finestre dominavano il muro di fronte alla porta e sui due lati liberi della stanza c'erano i letti,ne trovammo uno libero. Mi avvicinai,ci posai sopra il corpo e mi spostai di qualche passo,il medico si avvicinò,armato di stetoscopio. "Il battito cardiaco é regolare,non ha niente che non vada,peró deve restare qui per eventuali disagi" disse il medico posandomi una mano sulla spalla. "Certo dottore,verró domani con un mandato della polizia per interrogare l'uomo" dissi aprendo il lungo cappotto,sfilando il distintivo dalla tasca e mostrandoglielo.
"Certo detective..." lesse il nome scritto sulla tessera,stringendo le palpebre a fessurra "...detective Giuffré."
Il tragitto per tornare a casa era lungo e noioso. Ormai ero immerso nei pensieri di quella mattina così bizzarra,che si compensavano a quelli del giorno prima. Non smettevo di pensare a quell'uomo e al compito che l'LRV mi aveva assegnato,o meglio,ci aveva assegnato. Si esatto,non ero solo io a dover svolgere questo assurdo compito,avevo anche due assistenti, stupidi come capre,ma pur sempre utili.
Tornai a casa che erano le sette del mattino. Ero stanco e infreddolito. L'unica cosa che volevo in quel momento era una maledettissima doccia bollente.
Presi dalla tasca il mazzo di chiavi e aprii la porta. Vivevo da solo. L'unica compagnia che avevo era quella del mio cane, Birillo.
Entrai in casa lasciando cadere,sbadatamente,il cappotto su una sedia in soggiorno, cercai di togliermi goffamente le scarpe,rischiando di rompermi l'osso del collo a causa dell'esagerata euforia del mio cane.
Dopo essermi, retoricamente,rilassato accarezzai la testolina di Birillo e mi avviai in bagno,desideroso di una doccia. Aprii l'acqua bollente,presi un asciugamano e lo posai sul lavandino, tolsi gli indumenti ed entrai nella doccia.
Sotto lo scroscio dell'acqua calda i pensieri vorticavano caotici.Mescolandosi l'uno con l'altro. Era da poco che avevo 'litigato' con la mia ragazza ed era da poco che mi avevano appioppato quel compito assurdo su quel virus ignoto,la mia vita era tutto un caos,eppure la mia paga era discreta,abbastanza da permettermi di tirare avanti in un piccolo appartamento che io definivo il mio bugigattolo.
Finii di fare la doccia. Finalmente mi sentivo rilassato. Ma ero consapevole che sarebbe durato ancora per poco.
Di li a poco sarei dovuto tornare in quell'ospedale malconcio,assieme ai miei due assistenti a interrogare quell'uomo. Squilló il telefono di casa. Mi avvicinai e alzai la cornetta. "Pronto?" dissi mentre mi asciugavo i capelli con l'asciugamano "Andrea,sono Marco. A che ora dobbiamo andare all'ospedale?" Riflettei un attimo,cercando di ricordarmi gli orari delle visite "per le nove,viene ...anche lei?" chiesi cambiando tono di voce "bhé certo,che domande,anche lei é la tua assistente. Va bhé ci vediamo in ospedale alle nove." E riagganció.
Mi sedetti sul divano,continuando ad asciugarmi i capelli con l'asciugamano ormai fradicio. Presi il telecomando del televisore e lo accesi. Feci un giro di tutti i canali sbuffando appena arrivavo ai canali di politica. Dopo una decina di minuti trovai un canale molto interesante,e alzai il volume. Parlavano dei diversi tipi di virus nel mondo e delle possibili cure,interessante e utile per trovare una soluzione al lavoro che dovevo portare a compimento.
Iniziai a sbadigliare per la stanchezza. Mi voltai a guardare l'orologio. Erano le otto del mattino,tra un ora sarei dovuto tornare in ospedale...con quei due. Mi alzai di scatto dal divano e riportai l'asciugamano in bagno. Mi guardai allo specchio.
I miei occhi scuri erano svampiti, forse per la stanchezza, forse per la vecchiaia,o peggio,per tutti e due. Presi un elastico dal cassetto e mi legai i capelli in una semplice coda, sistemandoli alla ben che meglio.
Alle nove in punto suonó il campanello. Presi la cornetta del citofono. "Salite." riposi la cornetta mentre aprivo la porta.
Il primo ad entrare era Marco,come sempre. Un metro e ottanta di stupidità e, stranamente,di simpatia. E poi... entró "lei". "Alta" un metro e sessanta, o giù di lì, sempre arrogante e stronza,eppure aveva qualcosa nel suo sguardo che mi catturava. Ma non siamo qui a parlar di loro!
"Finisco di prepararmi e andiamo" andai a prendere una maglietta a maniche corte nera,attillata. "Giuffré,non serve che ti vesti da festa,dobbiamo solo andare ad interrogare un uomo,ricordatelo." " Certo marco, ma non posso venir via mezzo nudo,non ti pare?!" Ecco cosa intendo per stupidità.
Misi la maglietta e ci avviammo verso la porta dell'appartamento. Diedi un occhiata dietro,verso il letto,maledicendo il momento in cui avevo accettato questo lavoro,ed uscii assieme a Marco e ...a "lei".
"Hai chiamato il taxi vero?" chiese Marco mentre io lo guardavo dal basso all'alto. Nel giro di due minuti arrivò il Taxi,che prontamente avevo chiamato prima che arrivassero a rompere. "Dove devo portare i signori?" Disse l'autista schiarendosi la voce "Ci porti all'ospedale." dissi guardando fuori dal finestrino della vettura.
Il paesaggio scorreva lento,numerosi edifici scorrevano uno dietro all'altro come in una lunga serie di caselline del domino. Eravamo quasi arrivati,davanti al Taxi si ergeva alto e "possente" un edificio bianco sporco, era squallido come luogo e soprattutto come struttura. "Bene ci lasci pure qui,possiamo proseguire anche a piedi" dissi porgendogli i soldi della corsa. L'uomo alzó il capo e sorrise "vi auguro una buona giornata" disse, mentre chiudevo la porta alle mie spalle.
   
 
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