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Autore: Aiondorf    28/04/2015    0 recensioni
Nel deserto di Gerudo, dopo moltissime decadi, un figlio maschio è nato dal ventre della Regina, il tredicesimo nell'intera storia del popolo del deserto. Rimasto fin da subito orfano di madre, il piccolo viene affidato alle cure dell'ancella Nabooru, la quale però sarà coadiuvata da due personaggi da poteri straordinari ed intenzioni poco chiare. Nelle sue mani vi è il destino di un intero popolo sempre più vicino ad una guerra civile, nonché alla propria estinzione, motivo per cui egli dovrà scoprire in fretta cosa di cui è capace, svelando al contempo antichi misteri legati al proprio popolo ed all'angusto territorio nel cui è nato.
Per appassionati e curiosi, la vita di Ganondorf in una Fanfiction originale.
Anni fa decisi di scrivere una storia che descrivesse la vita del principale antagonista di questa amata saga. Come molti sapranno però, la storia nonché la timeline di The Legend of Zelda contengono numerosi paradossi. Per questo ho dovuto aggiungere mie personali invenzioni.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ganondorf, Nabooru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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A dispetto delle difficoltà presenti tra le dune del deserto, il tragitto verso Hyrule, una volta attraversata la Gola di Bersek, un burrone profondo 150 piedi che terminava nel letto di un fiume parzialmente prosciugato, era più simile ad una passeggiata per un abitante delle sabbie. Nonostante ciò, al loro secondo giorno di viaggio, Re Ganondorf, in testa alla sua carovana composta dal suo Consiglio, più una decina di guerriere di scorta, procedeva lento e pensoso, assorto in una riflessione talmente profonda da rendere il suo volto arcigno ed oscuro.
Nessuna delle consigliere aveva osato per l'intera giornata rivolgergli la parola, temendo di incorrere nella sua ira ed impazienza. Solamente Rovan cavalcava, seppur anch'essa silente, sfoggiando un volto sereno, quasi gioioso, soddisfatto.
Purtroppo per loro, non fu lei ad essere convocata per prima.
- Kalooru! - chiamò infatti ad un tratto il Re senza nemmeno voltarsi.
Trangugiando un pesante boccone di saliva, la Consigliera scalciò con il tacco il ventre del suo cavallo, obbligando ad accelerare.
Giunta al suo fianco, il coraggio di guardarlo solamente in volto le mancò fin dal primo istante, ma Ganondorf non ebbe la minima pietà e subito si rivolse a lei con tono duro.
- Dimmi! - principiò - Hai provato piacere nel vedere una tua pari penzolare sulla forca? -
Kalooru trovò immense difficoltà nel trovare la giusta risposta. Che si trattasse di una domanda celante un'insidia?
- Allora! - ringhiò il suo signore.
- Ho pregato per lei... - titubò dunque tremando - L'ho condannata con gioia perché ti aveva tradito, ma con la sua morte le ho conferito il perdono! -
Ganondorf mugugnò allora qualcosa d'incomprensibile, dicendo in seguito - Ottima risposta! Ottima! Avete fatto un buon lavoro! -
La Consigliera si lasciò andare ad un lungo sospiro di sollievo, motivato ancor di più poi dal gesto secco del Re che le indicava di tornare al suo posto dietro di lui.
Giunse così il turno di Rovan, la quale più che avvicinarsi, trotterellò gaiamente al fianco del proprio signore.
Rivolti avanti, i loro sguardi potevano ammirare uno spettacolo mai visto da  quasi ogni Gerudo della loro generazione. Campi verdeggianti, alberi da frutto a perdita d'occhio e rivoli d'acqua che si facevano sempre più grandi, divenendo impetuosi fiumi di acqua dolce e fresca.
- Meraviglioso, vero? - Rovan fu la prima a parlare - Sarebbe bello avere almeno un piccolo appezzamento di una simile ricchezza nel nostro regno! -
- Il mio regno! - sibilò seccamente Ganondorf - Non te lo dimenticare! -
Il sorriso della nuova consigliera fresca di nomina evaporò in un batter d'occhio.
Chinò il capo - Sempre mio signore! -
Fu allora che la voce di Ganondorf si fece violenta ed irata - Davvero?! Non mi è sembrato quando sono venuto a sapere di come una consigliera del reame fosse stata condannata a morte senza il mio consenso! -
- Dovevamo agire in fretta. Evitare una rivolta! - cercò di spiegarsi l'affascinante Rovan.
- Sempre che l'impiccagione non abbia fatto altro che alimentarne una già in atto! -
Ella, compreso come ogni sua parola gli si sarebbe ritorta contro costantemente, decise di starsene zitta.
Dietro di loro, anche se ancora non erano entrate in piena sintonia con la loro nuova pari, temerono per lei.
Dopo una breve pausa però il Re le disse - Che non accada mai più! -
Rovan annuì e s'inchinò brevemente, retrocedendo lentamente, ma prima che ella fosse tornata a fianco delle altre membri della corte, la voce di Ganondorf la ammonì per un'ultima volta. Un avvertimento rigido e privo di dubbio.
- Se solo sospetterò che una sola delle tue dita possa torcerle un capello, sappi che te lo strapperò senza alcun indugio! Lascia stare mia madre! A lei penserò io stesso! -
Tornato nella propria solitudine alzò dunque il suo sguardo verso gli ultimi colli rocciosi che ancora ricordavano la durezza della sua terra. Egli guardò lassù, da dove l'odore di Nabooru era riuscito a raggiungerlo fin lì.
 
Kitrel afferrò una spalla della sua nuova guida.
- Ti vedranno! -
Nabooru scansò violentemente la presa della Maestra d'Armi. Il suo cuore era addolorato. I suoi occhi dovevano vedere. Per quanto l'evidenza di come fosse cambiato quello che un tempo era stato il figlio a lei affidato fosse palese persino ai suoi, ancora ella si rifiutava di credere alle storie e strampalate teorie che ora lo vedevano nelle vesti di un aguzzino spietato, se non addirittura un demone incarnato.
Di ben altra idea erano ovviamente colei che l'avevano seguita anzi, che l'avevano rieletta nuovamente Regina di Gerudo, sebbene in maniera clandestina.
Esse discutevano infatti animatamente, seppur a voce bassa. Alcune aizzavano alla cattura del Re e dell'intera corte. Altre addirittura spingevano al massacro totale.
- Dobbiamo aspettare che la notte cali! - disse una - Quando si fermeranno per riposare, li coglieremo di sorpresa e taglieremo loro la gola! -
Con gli occhi spalancati, Nabooru si voltò in sua direzione costernata.
- Prego che le mie orecchie mi abbiano tirato un brutto scherzo! - esclamò. La guardia che aveva parlato abbassò lo sguardo, mantenendolo comunque duro e convinto sulla sua posizione.
Intervenne allora Kitrel - Devi prendere una decisione, Nabooru! Non possiamo farci scappare questa occasione! -
- Lo so bene! - l'aggredì - Ma non è spargendo sangue che risolveremo le cose. -
- E come, allora? - le domandarono alcune.
Ella si sedette accanto a loro, dando uno sguardo al cielo che lentamente andava con l'imbrunirsi. Rifletté qualche istante.
Poi, disse - Andrò io. Quando si saranno accampati! -
- Il campo sarà sorvegliato. Non sarà facile, non disarmata! - notò Kitrel.
Nabooru estrasse allora un pugnale lama corta.
- E chi dice che sarò disarmata? -
 
Una notte senza luna piovve sull'accampamento prima ancora che i suoi occupanti potessero accorgersene.
Stanche, sconvolte dalla nuova situazione ed impaurite dall'atteggiamento che il loro Re negli ultimi tempi aveva assunto, le Alte Consigliere Torja, Freja e Kalooru si addormentarono velocemente, condividendo la medesima tenda.
Non più appariscente delle altre, al centro del campo sostava la tenda di Ganondorf, sorvegliata da due guardie armate fino ai denti.
Un silenzio tombale dominava il posto. Gli unici rumori che ogni tanto si udivano erano il più delle volte generati dalle voci dei grilli, animaletti notturni quasi totalmente sconosciuti alle abitanti del deserto.
Poca luce e membra stanche. L'occasione ideale per un qualsiasi intruso per infilarsi all'insaputa di tutti all'interno dell'accampamento. Nabooru non se la lasciò scappare.
Seguita dal suo piccolo manipolo di fedelissime, ella aveva infine deciso di proseguire da sola una volta avvicinatasi alle tende. L'aria della notte era fresca, ma non gelida come quella del deserto. Per quanto fosse tesa per la concitazione, per qualche istante godette di quella splendida sensazione sulla sua pelle, concentrandosi soprattutto sul fatto che nell'aria non vi era la benché minima traccia di polveri o sabbie in grado di ferirle i polmoni.
"Un ottimo posto dove invecchiare!" pensò tra sé, non perdendo mai la propria concentrazione ed utilizzando quelle distrazioni per tenere a bada le proprie emozioni.
Accucciata dietro una delle tende, attese che la ronda, stranamente composta da una singola vedetta, attraversasse l'unico corridoio dal quale si poteva giungere al giaciglio reale.
Fortunatamente, assonnata e decisamente poco lucida, la guardia attraversò quello spazio senza notare la sagoma di Nabooru che, oramai di fronte ad una strada sgombra e libera, stranamente tardò a muoversi, facendo spazientire le sue fedeli seguaci che, a distanza di sicurezza, ne stavano osservando ogni movimento.
Notando la sua incertezza, alcune si chiesero se, per caso, la loro Regina fresca di nomina, per quel che riguardava loro, avesse scoperto un ennesimo ostacolo fino a quel momento celato ai loro occhi o se, più semplicemente, se i suoi costanti ripensamenti l'avessero portata per l'ennesima volta sul baratro del dubbio.
Purtroppo per loro, la seconda ipotesi era proprio ciò che si era trovata ad affrontare Nabooru che, potendo vedere con chiarezza nonostante l'oscurità la tenda dove stava dormendo Ganondorf, si pose una domanda che fino a quel momento era rimasta dispersa nel miasma dei suoi pensieri e della sua confusione.
Una volta giunta al cospetto del corpo dormiente di suoi figlio, cosa avrebbe fatto? Fino a quel momento si era più volte mentita , dicendosi come sarebbe riuscita a tramortirlo, bloccarlo, legarlo, renderlo inoffensivo in qualsiasi maniera per permettere alle sue accolite di prendere il controllo del campo senza torcergli un capello. Mai si era soffermata a pensare di come Ganondorf non fosse più il Mandrag fanciullo e rinsecchito che in molti duelli con le maestre di lotta finiva il più delle volte col sedere per terra. Perfino le sue oramai rinomate capacità magiche le erano, chissà per quale strana ragione, sfuggite completamente di testa. Fu solo allora che quindi si ricordò di come il Re di Gerudo, colui che aveva amato e cresciuto come se fosse stato veramente figlio suo, era un uomo possente e pericoloso, in grado di mettere paura alla belva più feroce e di rivalere con almeno cinque guerrieri lanciatisi contro all'unisono. Un uomo che aveva sgominato alla guida di un piccolo manipolo di predoni un immenso ed in apparenza infinito esercito di Blin, predatori delle dune.
Inconsciamente la sua mano calò a stringere l'impugnatura della lama che si era portata con sé. Un pensiero la sfiorò, ma con forza ella lo ricacciò via da sé.
Non poteva farlo. Come agire allora? Ganondorf era giovane e nel pieno della sua maturità, lei invece era in là con gli anni, la giovinezza l'aveva abbandonata da tempo e le forze in parte si erano allontanate da lei. Il Re non si sarebbe mai arreso e, nonostante si sarebbe trovato di fronte la sua madre adottiva, egli avrebbe combattuto, come giusto, per non permettere a nessuno di prenderlo in ostaggio.
Le membra di Nabooru si afflosciarono d'improvviso. Ciò che stava per fare era giusto? Veramente ella aveva perso fiducia e speranza in colui cui molte, un intero regno per essere precisi, avevano affidato la propria? E se si fosse lasciata prendere da timori immotivati, seguendo discorsi folli di puritane ribelli troppo attaccate alle tradizioni?
Contro ogni previsione si trovò sul punto di mollare, di tornare indietro, magari di andarsene persino in esilio senza dire nulla a nessuno. Chissà, magari sarebbe andata ad est, dove le antiche mappe custodite nell'archivio segnalavano cascate impetuose alimentanti cristallini corsi d'acqua dove le leggende narravano di uomini pesci in grado di respirare sott'acqua? Forse sarebbe invecchiata là, in un mondo fertile e totalmente diverso dal suo di origine. Forse avrebbe anche incontrato un qualcuno con cui vivere gli ultimi decenni della sua vita, avere dei figli suoi se natura ancora le avrebbe concesso.
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Poi, il pensiero di Yuna, una vecchia amica che l'aveva più volte difesa quando si trovava ancora sul trono di Reggente, una fidata alleata penzolare appesa per una corda attorno al collo, tramutò ogni sua fantasia in un incubo.
"L'ordine giunge dal Re" quelle parole risuonarono forti nella sua memoria.
"Come hai potuto, Mandrag!" pianse dentro di sé, tornando a palpare l'elsa intarsiata del pugnale "Quante volte sei corso festante da Yuna a chiederle di raccontarti una storia? Quante volte ti sei messo sulle sue deboli ginocchia ascoltandola ammaliato? Come hai potuto ucciderla così, senza nemmeno udirla, sentire le sue ragioni?"
Negli anfratti della sua tristezza cominciò a sorgere una rabbia malsana. Tutto ciò però le avrebbe dato la forza di fare ciò che mai avrebbe desiderato? No, la risposta fu certa.
La spalla, in tutto quel nervosismo, cominciò a dolerle. Una vecchia ferita di guerra che si era rimarginata a fatica. A volte, durante le notti più fredde, dolori lancinanti  la colpivano non permettendole di dormire, costringendola a fare uso di una pianta medicinale sciolta in acqua rattrappita che esalava fumi stordenti, in grado di lenire le sue sofferenze.
Se ne portava sempre una boccetta con sé...
I suoi occhi si spalancarono.
"Ma certo!" pensò all'improvviso "C'è ancora un'alternativa..."
I suoi ricordi erano piombati a diversi anni prima, quando le guaritrici del regno le avevano fatto conoscere quella pianta chiamata Nors. A quando, non ascoltando le indicazioni delle esperte, colta da un dolore troppo forte per riuscire a pensare in maniera lucida, aveva aspirato una dose eccessiva di fumi, piombando in un sonno lungo tre giorni, dal quale rischiò addirittura di non risvegliarsi.
Rilucente di una nuova speranza, sgattaiolò per il corridoio delimitato a destra e a manca dalle tende delle guardie. Senza far alcun rumore, aggirò poi la stoffa di quella del Re, stando ben attenta a non attirare l'attenzione delle due guardie poste davanti all'entrata.
Sperando che nessuno avesse udito i leggeri movimenti del suo corpo ancora esile ed agile, estrasse la boccetta di Nors che sempre si portava con sé legata con uno spago alla fondina del pugnale. Strappatasi un lembo di veste, la imbevette di pozione vuotando completamente la boccetta. I fumi erano talmente forti che i suoi sensi si annebbiarono da subito.
Stando attenta a non assuefarsi, estrasse poi il pugnale conficcandolo nella stoffa della tenda, strappandola delicatamente. Il corpo disteso ed addormentato del Re si fece già visibile ai suoi occhi.
Balzò all'interno, rotolando su sé stessa per attutire la sua caduta sul terreno. Nessuno si mosse. Tutto rimase come prima. Ella non era stata udita.
Carponi si accostò al corpo di Ganondorf, tenendo il fazzoletto impregnato ben stretto nella sua mano. Il suo torace si gonfiava e si sgonfiava ritmicamente.
Osservarlo dormire era surreale. Il suo volto solitamente sempre segnato dalla serietà che si addice ai reali, in quel momento pareva comporsi di una pace perpetua. Nel sonno, ancora qualcosa del suo passato infantile continuava a permanere in lui, come se la parte più luminosa di lui fosse stata conquistata dall'ombra, senza però da questa esserne distrutta.
Nabooru digrignò i denti cercando di dare alla sua mano la forza necessaria per portare a termine il proprio compito, ma così facendo, inavvertitamente, dalla sua gola fuoriuscì come un mugugno.
Le palpebre del Re si aprirono lentamente, mentre le sue pupille, al contrario, s'indirizzarono in uno scatto su di lei.
- Tu... - sussurrò inebetito Ganondorf.
Nabooru lo guardò tristemente.
- Mi dispiace! - e la sua mano cadde pesantemente sulla sua bocca chiudendone anche il naso.
Non ci volle molto. La resistenza fu meno che vana. La dose di pozione assorbita dalla stoffa esalava una dosa talmente ingenti di fumi soporiferi che il Re cadde in un coma profondo dopo nemmeno qualche suo breve respiro.
La pozione aveva agito in fretta. I polmoni rallentarono i loro respiri. Il cuore divenne pressoché impercettibile al tatto.
Indifeso ed immobilizzato, Ganondorf non sarebbe più stato una minaccia almeno per qualche ora, forse perfino qualche giorno. Ciò però non significava che la parte più difficile del piano fosse terminata lì.
Uscita dal pertugio che lei stessa si era creata, portandosi due dita alle labbra fece riecheggiare un perentorio fischio in direzione delle sue alleate. Per Kitrel non ci fu bisogno di alcuna indicazione per decidere. Il suo urlo scatenò le poche, ma furenti guardie che avevano deciso d'intraprendere quella spedizione disperata.
Colta alla sprovvista, la guardia di Ganondorf , stanca per il lungo viaggio e per la mancanza di sonno, non ebbe nemmeno il tempo di prendere posizione che subito le sue assalitrici stesero, alcune perfino uccisero, una dopo l'altra coloro che fino a qualche giorno prima erano stimate compagne di vita e di camerata.
In breve avrebbero preso il controllo della situazione, preso in ostaggio la Corte per riportarla indietro alla Città di Arenaria. Già alcune di loro degustavano il sapore della rivalsa, il ritorno alla tradizione e la fine di un regno nato sotto il segno del sangue e della rivoluzione, seppur silenziosa ed accettata.
Nabooru osservava i loro volti. Concepiva il loro stesso fervore, le loro spinte emozioni.
Alcune di loro avevano già ghermito e legato le quattro Alte Consigliere. A lunghe falcate ella decise di raggiungerle e di esprimere loro ogni singolo aspetto del loro piano.
Quando però ella si fece loro prossima, i suoi occhi videro come i loro corpi, le loro bocche spalancate ed i loro occhi si erano come immobilizzati. Alleate e nemiche, guerriere e politiche, parevano essere caduti in una sorta di sonno vegliardo, uno stato di congelamento che non permetteva loro di muoversi, parlare e forse nemmeno pensare.
Solo poco più tardi Nabooru si accorse di come, non solamente coloro che come lei erano lì presenti, ma anche lo spazio circostante, i piccoli animali e la forza del vento, si erano arrestati, vittima di una stregoneria che, lo comprese immediatamente, non poteva giungere che da un'unica mano; quella di Ganondorf.
- Affinché tu non diventa vittima del tuo stesso regno, devi diventare immune a qualsiasi veleno, droga e pozione che possa annebbiare la tua mente ed uccidere il tuo corpo! -
Puntuale giunse infatti la sua voce. Ella si voltò verso la tenda oramai vuota, sovrastata dal possente Re di Gerudo vestito della sua nera armatura.
- Ricordi? - le domandò - Fu una delle tue prime lezioni. Una delle poche che ascoltai attentamente e che decisi di mettere in pratica fin da bambino! Non c'è ora nessuna sostanza che cresca o venga coltivata nel deserto di cui non sia assuefatto. Nors compreso! -
Togliendosi un bracciale mostrò dunque numerosi morsi di serpente e reazioni a piante urticanti.
Arresasi all'evidenza dei fatti, la sua madre adottiva puntò il dito contro le statue di carne immobilizzate.
- Sei... sei stato tu? -
Ganondorf annuì sorridente.
- Come? Te... te lo hanno insegnato le due streghe? -
- Ci sono cose che nemmeno loro riuscirebbero a fare... che forse nemmeno conoscono! - affermò l'altro orgogliosamente - Esse mi hanno insegnato ad utilizzare le mie capacità per piegare lo spazio al mio volere, ma vi sono altre vie per il Mana. Vie antiche e potenti, in grado di piegare anche il tessuto del tempo! Ogni volta che lo faccio ogni mia energia decade velocemente, costringendomi a riposare per diversi minuti, a volte persino ore. Però ho trovato giusto rischiare ora, anche se solo per farci una chiacchierata dopo tanto, tantissimo tempo! -
- E di cosa vorresti parlare... di Yuna? Dei profani entrati anzi, fatti entrare festanti tra i nostri confini? -
- Tu vedi le cose da un punto di vista sbagliato, madre! - le rispose Ganondorf con un tono troppo accondiscendente per il suo stile - Profani entrati tra le nostre mura? Se non sbaglio è stato grazie al loro aiuto che abbiamo sgominato i Blin! -
Nabooru sentì il sangue ribollirle nelle vene - Un esercito di belve assoldato da tu stesso per distruggere le nostre tribù! -
Il Re scattò azzerando la distanza che li divideva in meno di un istante.
- Chiami ancora nostre tribù mere accozzaglie di traditrici che avrebbero fatto di tutto pur di sventrarti? Quello che ho fatto è stato semplicemente portare l'ordine in un regno oramai allo sfascio, disseminato dalla zizzania e della sete di potere, dalla cupidigia! -
Tutt'altro che impressionata dalla sua stazza svettante, Nabooru allora gli disse ancora - Per questo hai ucciso Yuna! -
Ganondorf fu sul punto di dirle la verità, di affermare la propria estraneità ad una esecuzione che nemmeno aveva pianificato nella propria mente. Si accorse però allora di come egli stesso fosse stato ingenuo. Egli sapeva con esattezza chi aveva fatto passare quell'ordine sotto il suo nome, di come il suo potere fosse stato facilmente scavalcato sotto il suo naso.
Che cosa avrebbe comportato lo scagionarsi, anche se di fronte alla sua stessa madre adottiva? Perdere così la propria credibilità, far comprendere come egli non fosse veramente nel pieno controllo delle proprie azioni, dei fatti avvenuti all'interno dei suoi domini?
Dopo molto tempo, sentì una strana fitta fargli sussultare il cuore. Il dolore sordo dello sconforto.
- Yuna... - sussurrò - Yuna mi ha tradito! Ha tradito tutti noi! -
- Lei ti voleva bene e tu... -
- Lei ha cercato di detronizzarmi, di riportare il regno nel caos! - la fermò in un urlo, in realtà addolorato dalle sue stesse menzogne - Che cosa sarebbe accaduto se il suo piano fosse giunto in porto? Te lo dico io! Ci sarebbe stata una guerra civile. Le tribù si sarebbero rivoltate l'una contro l'altra ancora una volta e chi infine avrebbe vinto si sarebbe ritrovata facile preda dei predatori delle dune! -
Nabooru si scostò da lui in lacrime nel ricordo dell'amica scomparsa, ma soprattutto perché ella era stata sua complice e ciò stava a significare che anch'ella, prima o poi, probabilmente sarebbe finita vittima del figlio divenuto un mostro, un dittatore.
Ganondorf allungò il braccio sperando che Nabooru potesse afferrargli la mano.
- Vieni con me, madre! Sii tu la mia Maestra d'Armi, il mio braccio destro contro questa inutile e stupida sommossa! -
Ella invece sussurrò - Il suo piano... -
I suoi occhi arrossati si elevarono verso quelli del Re - Non era il suo piano! - disse con voce nuovamente ferma - Era il nostro! -
Così come il tempo e lo spazio, anche i respiri di Ganondorf d'improvviso si era fermati. La sua mente si oscurò. Le sue percezioni si allargarono, lasciando emergere un qualcosa che da tempo albergava dentro di lui, permettendogli di spezzare le proprie catene.
Gli eventi tornarono a scorrere imperterriti. Le guerriere erano tornare a scambiarsi colpi su colpi, mentre le alte consigliere si dimenavano urlanti legate alle proprie aguzzine.
Fu questione di un attimo. Con semplici gesti delle braccia lanciati nel vuoto, le alleate di Nabooru furono sballottate con violenza al terreno, sconquassate da fendenti invisibili. Il loro sangue scorse velocemente sul terreno. A mano a mano ognuna finiva vittima della sua stregoneria letale. Anche Kitrel, nonostante un vano tentativo di difendersi, infine si trovò trafitta dalla sua stessa sciabola strappatale di mano.
Nabooru non poté fare altro che ad assistere a quel massacro, il che portò i propri sentimenti ad ottenebrarsi, lasciando per la prima volta dopo molti anni che il suo desiderio di vendetta fluisse copioso tra le sue emozioni.
Completamente dimenticatasi di ogni suo dubbio ed ogni suo attaccamento, ella estrasse il pugnale dalla fondina legata alla cinta, sguainandola in un grido strozzato nei confronti di Ganondorf, di Mandrag suo figlio.
Costui osservò la scena in ogni suo singolo particolare. I suoi occhi avevano perso il loro colore naturale, facendo spazio ad un giallo malaticcio e colmo di rancore. La sua bocca piegata in un ghigno macabro, con i denti digrignati e lasciati in bella mostra. Un volto orribile, irriconoscibile a chiunque.
La sua mano si aprì. Nabooru, accecata dall'ira, non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene. Ciò avvenne infatti solamente quando, nonostante ogni suo muscolo e tendine fosse lanciato verso il suo bersaglio vivente, il suo corpo smise di avanzare e cominciò a retrocedere come attirato da una forza sconosciuta. Confusa, ella voltò indietro il proprio sguardo, il quale fu inghiottito da un vortice oscuro, il cui fondo o destinazione le furono ignoti.
Incapace di divincolarsi da quel poter attrattivo invisibile, ella fu divorata da quel varco apparso nel vuoto che poco dopo si richiuse in un lampo di tenebra.
Gli occhi di Ganondorf si rivolsero verso l'alto. Le forze gli mancarono, sentendosi svenire. I suoi sensi però rimasero lucidi o, almeno, in parte. Con le consigliere ancora stordite e tremanti per gli ultimi eventi accaduti, solo Rovan, apparentemente illesa e quasi compiaciuta dallo spettacolo che si parava di fronte, accorse in suo aiuto, senza però mostrar alcuna fretta nelle sue movenze. Solo allora, la sconosciuta Alta Consigliera fresca di nomina rivelò la vera identità. Anzi, le sue identità.
Trasfiguratasi in un groviglio di carni e ossa sparpagliate, dal suo corpo perfetto si rigenerarono le figure di Kotake e Koume, le due streghe maestre d'infanzia del Re.
Costui, poggiato a fatica su una delle sue ginocchia, sussurrò loro - Stavo... stavo per ucciderla! -
Kotake gli appoggiò una mano su di una spalla, cercando di percepirne il Mana.
- Sei molto debole, Patriarca! - esclamò poi - I varchi di passaggio non sono facili da generare! Dove l'hai spedita? -
Trafelato, egli tornò in posizione eretta, rispondendole - Dove nessuno potrà nuocerle e... dove ella non potrà fare altro che pensare ai suoi errori! -
Ripeté poi - Ma stavo per ucciderla... o meglio, quella cosa dentro di me stava per farlo! Sta tornando all'attacco! Sta cercando di prendere il contro del mio corpo... della mia mente! -
I suoi occhi imploranti di aiuto si posarono sulle due streghe.
- Non ti resta molto tempo, mio Signore! - disse Koume - Il Demone che si è impossessato di te è forte, è antico, ancestrale! Sai bene cosa devi fare. La tua unica speranza di salvezza! -
Annuendo lievemente con il capo, la mente indebolita di Ganondorf fu vittima dei propri ricordi.
 
- Ne siete sicure? -
La voce di Ganondorf aveva risuonato nelle intense vibrazioni della paura.
- Non c'è altra spiegazione! - confermò Koume - I nostri oracoli non hanno mai preso un abbaglio! -
Il Re si lasciò cadere sul trono che da più di un anno si era guadagnato con diritto, scosso e terrorizzato.
- Che cos'è con esattezza? -
- Uno spirito errante - si fece avanti Kotake - Nel deserto ce ne sono molti. Alcuni docili ed inermi, altri invece molto pericolosi ed affamati di anime... perché questo fanno: s'impossessano di un corpo per divorarne lo spirito e, come sappiamo, la tua è talmente ricolma di Mana che attirerebbe qualsiasi di queste emanazioni! -
- Probabilmente lo spirito di Ganon, un suo frammento, era rimasto ancorato al Medaglione. Non appena lo hai afferrato, esso è passato dentro di te! -
Per quanto incredibile al solo udire, Ganondorf dentro di sé non poté che confermare una simile pazzia. Erano i suoi sensi ed i suoi sentimenti a dirglielo. Era quello che sentiva dentro, nascosto da qualche parte negli anfratti del suo spirito. Un parassita che strisciava nei suoi lembi, nutrendosi delle sue energie, del suo corpo, in una crescita costante che ogni giorno non faceva che soffocarlo sempre più.
Ben sapendo che la risposta non gli sarebbe piaciuta per niente, si trovò comunque a chiedere - Che cosa posso fare per... -
- Per estirparlo? - lo anticipò Kotake - Nulla. Non esiste niente in questo mondo che possa salvarti. Il potere di questo essere, di questo parassita, va al di là persino del nostro! Non sappiamo chi o cosa sia con esattezza, ma Ganon dentro di sé ospitava un potere decisamente più terrificante persino del suo stesso aspetto. -
Fu come una coltellata al cuore per Ganondorf. Di tutte le possibilità più orride che la sua mente si era trovata ad infliggersi, quella di essere un malato terminale, con un tempo già determinato che ogni giorno si assottigliava sempre di più, decisamente gli era sfuggita o, intelligentemente, l'aveva evitata.
Improvvisamente, nella sua disperazione, Kotake tornò a farsi sentire.
- Se però esistesse un rimedio... come dire... esterno al nostro mondo? -
Spalancando gli occhi, il Re si voltò verso di lei - Che intendi dire? -
- Credo che tu abbia già capito il fine del mio discorso. La Triforza, Ganondorf! Il Lascito Divino! L'oggetto fatto di puro Mana che le Dee donarono al mondo, in grado di dare un infinito potere al suo possessore, in grado di esaudire il suo desiderio più grande! -
- Avevate detto che era solo una leggenda! - sbottò il Re già incredulo.
- Forse... - rispose Koume - Ma se così non fosse? -
Scocciato dal fatto che il suo destino in quel momento fosse appeso ad una mera fantasia, ad un mito, Ganondorf non riuscì a desistere dall'ascoltare.
- Più il tuo Dominio si allarga, più scopriamo manufatti e lasciti ancestrali. Tutti indirizzano verso un'unica cosa: la Triforza! - spiegò Kotake - Se essa esistesse veramente, solo in luogo si potrebbe ritrovare: nel Sacro Reame. Il primo luogo che le Dee crearono e nel quale i primi esseri viventi passarono la loro infanzia, per poi esserne per sempre divisi a causa della loro cupidigia e sete di potere! -
Sbuffando, il re annuì - I Contrabbandieri Oscuri! Ho capito di cosa stai parlando... -
Rivoltosi alla luce del sole crepuscolare che lentamente andava scemando dall'alto e largo finestrone che sostava su una delle pareti della Sala di Corte. Egli si immedesimò in essa. Da poco era divenuto il Re del suo Regno, riportando l'ordine e la giustizia, sebbene a modo suo e con enormi sacrifici. Quanto tempo sarebbe però durato? In quanto tempo la cosa che si era impossessato di lui lo avrebbe completamente conquistato?
Le due streghe lo affiancarono, sibilandogli - Ciò che hai dentro non ti ucciderà! Farà peggio. Estirperà e consumerà il tuo spirito e tu non esisterai più. Per quanto sia un mito, nostro signore, devi tentare perché null'altro sarà in grado di salvarti! -
- E il mio Regno? - chiese lui - Tanti sono i problemi da risolvere e molte le ribellioni da sedare! Ci vorranno anni per riuscire a sistemare i miei domini ed ogni mio singolo minuto speso per tale causa! -
- Non se decidi di inasprire i tuoi metodi, far conoscere la tua durezza. Non sarebbe la prima volta e in molte comprenderebbero! - lo consigliò Kotake.
- E coloro che invece non la farebbero? - domandò Ganondorf innalzando un sopracciglio.
- Beh... - continuò la strega - Vorrà dire che conosceranno cosa significa mettersi contro il Re di Gerudo! -
Il tredicesimo patriarca attese qualche secondo, prendendosi una pausa di riflessione. I suoi occhi seguirono l'ultimo spicchio di sole oscurarsi ad occidente, consegnando il cielo ed il suo regno all'abbraccio della notte.
Infine, prese la sua decisione e domandò - Che cosa mi potete dire del Regno di Hyrule? -
 
Il feretro bianco, intonso di fiori profumati e scritte provenienti da ogni singolo suddito fedele alla Regina, percorse il lungo vialone che dal castello della cittadella conduceva al borgo ed infine alla zona meridionale della città, al di fuori delle mura, dove un'enorme pira funeraria era stata accatastata dai sacerdoti.
Triste in volto, ma privo di lacrime, Re Daphnes accompagnò per un'ultima volta quella che era stata una degna e fedele sposa, amata da tutti in particolare da lui. Al suo fianco, la piccola figlia Zelda, indossante una lunga veste nera ed un diadema di diamanti che incorniciava il suo capo dorato facendone risaltare le orecchie affilate.
Urla di dolore e grida di tristezza riecheggiavano tra le sterminate fila di sudditi, mentre il plotone di ancelle reali cospargeva dietro al feretro petali di Keanos, una rosa blu tipica della Piana di Hyrule, la preferita dalla Regina, intonando una nenia di addio.
L'intero esercito, o quello che ne era rimasto, era stato richiamato da ogni zona del Regno e vestito in divisa cerimoniale, con alabarde e scudi abbassati, nonché con le bandiere della famiglia reale abbassate a mezz'asta.
Nessuno aveva deciso di mancare ad un appuntamento che aveva aperto una grossa breccia nel cuore di tutti. Pochi tra loro però, in particolare all'interno della corte più ristretta del Re, non avevano avuto il tempo di metabolizzare il lutto, dato che erano stati insigniti di un compito assai importante ed epocale. Il più noto ed importante tra di essi era di certo il Lord Ciambellano, Mynard, il quale si era visto assegnare decisamente la parte più gravosa di tale compito: ottenere informazioni su colui che, l'indomani, avrebbe chiesto udienza al Re di Hyrule. Il tredicesimo patriarca di Gerudo, Ganondorf di Dragmire.
Hyrule e Gerudo non avevano più avuto contatti da ben nove secoli, quando un disperato tentativo di riunione era finito in un disastroso fallimento che per poco non aveva fatto esplodere una nuova guerra sui verdi prati della Piana.
La richiesta d'aiuto proveniente del deserto era stata accolta con immensa sorpresa dalla corte e dal loro Regnante, ma quasi inaspettatamente il loro assenso era giunto celere e convinto. In realtà, per quanto nella popolazione, alla notizia che buona parte dell'esercito era stato mandato in aiuto di un popolo lontano e dimenticato lasciando sguarnite numerose regioni, si fosse posta ansiose domande in merito a ciò, all'interno della nobiltà invece nessun dubbio si era presentato, cancellato da una gelida certezza condivisa da tutti. In poco tempo, Hyrule avrebbe perso ogni cosa. L'esercito era in rovina, composto per lo più da anziani ufficiali e soldati poco addestrati. Città e villaggi erano oramai preda di furfanti e ladroni. I campi si erano fatti sempre più improduttivi, uccisi dal gelo durante l'inverno, dilaniati dalle locuste in primavera ed estate. I rapporti commerciali con le altre popolazioni si erano estinti decenni e decenni prima, portando così sempre più il popolo sull'orlo dell'inedia e della disperazione.
Senza un aiuto esterno, come sarebbe potuto sopravvivere il Regno?
Nonostante tutto ciò, questo non stava a significare che il riallacciare dei rapporti diplomatici con le Gerudo andasse giù al Re ed ai suoi fedelissimi. Tutti infatti conoscevano il carattere indomito del popolo delle guerriere del deserto e sapevano bene come da loro avrebbero ottenuto qualcosa solamente elargendo enormi sacrifici.
Per questo Re Daphnes IV aveva messo in allarme le poche rimaste tra le sue spie, nonché il capo del suo governo, il Lord Ciambellano, affinché si potesse conoscere qualcosa di più su i loro nuovi, possibili, alleati.
Voci dal nord avevano portato strani racconti, di come le tribù delle Gerudo, unite, ma in realtà da sempre divise da una rivalità interna, avevano giurato fedeltà al Trono sotto un'unica bandiera ed un'unica voce. Che cosa aveva portato quelle donne talmente amanti dell'indipendenza e della libertà a raggrupparsi con così tanta facilità? Che cosa di terribile era accaduto nelle aride terre al di là della Piana, nella regione più estrema della Provincia di Eldin?
Queste erano state le domande che il Re e la sua Corte si erano posti, affidando il compito di trovarvi una risposta al vecchio Mynard che, nonostante i suoi acciacchi dovuti all'età, giorni prima si era messo in viaggio verso settentrione, alla guida di un piccolo manipolo di soldati e di spie.
Trafelato, quel giorno era giunto nell'esatto momento in cui il Re, abbandonato il corteo, mentre gli ausiliari sacerdotali ponevano il feretro al centro della pira, si era da poco seduto sul proprio regale seggio, rabbuiato e con il volto nascosto in una delle sue mani.
Egli attese che il feretro prendesse fuoco dopo che la pira fu accesa dalle sacerdotesse di Hylia. Aspettò che il cuore del suo Signore desse l'ultimo saluto alla sua sposa. Poi, quando la prima ed unica lacrima scese sulla gota del Re, sancendo quel doloroso momento, infine Mynard gli si fece vicino.
- Che notizie da Eldin? -
La domanda del Re, già conscio del suo arrivo, lo spiazzò. Per quanto si trovasse al funerale della sua amata, già la sua mente si era rivolta fredda agli eventi che sarebbero accorsi di lì a poche ore.
Schiarendosi la voce, il Lord Ciambellano gli rispose - Sconcertanti, mio Re! Sconcertanti! -
Alzato il capo dalla sua mano, il Daphnes porse lui tutte le sue attenzioni in un velato sguardo interrogativo.
Mynard continuò - Come ci aspettavamo, il Regno di Gerudo ha subito numerosi cambiamenti, esattamente come la loro ambasciatrice ci aveva proferito durante la sua visita. Ma ciò che ella non ci ha riferito nel nostro breve incontro è che al comando del suo popolo non c'è una donna, ma un Re! -
- Un uomo? - esclamò il monarca a bassa voce - Ma com'è possibile? Un predone? Un colpo di stato? -
- Non lo sappiamo ancora con certezza, mio Signore, ma l'ho visto con i miei stessi occhi... così come ciò di cui è capace! -
- Che intendi dire? -
Mynard, ripensando a ciò che aveva visto a diverse leghe dalla propria casa, prese un lungo respiro, cercando di tenere a freno un nervosismo che ancora non lo aveva del tutto abbandonato.
- Uno stregone, mio Re! - rispose dunque - Un uomo dotato di poteri inimmaginabili. Un uomo che, a quanto pare, non sta bene alla totalità del suo popolo, tanto che ho assistito ad un attentato alla sua vita, il quale però è stato sgominato dalla sua sola ed unica mano! Una cosa bel al di là dell'incredibile, mio Re! Una cosa spaventosa... -
Uditolo, Re Daphnes sospirò pesantemente, tornando a rivolgersi verso la pira incendiata su cui il corpo della moglie lentamente si stava dissolvendo. Una fitta aggredì il suo spirito.
- Mio Signore! - Mynard cercò di attirare nuovamente la sua attenzione.
- Dimmi... -
- Credo... credo di essermi sbagliato quando le ho detto di accettare senza alcun indugio tale alleanza! Credo... credo che non dobbiamo avere nulla a che fare con questo personaggio! -
Il Lord Ciambellano si morse il labbro, pensando attentamente ciò che le sue stesse labbra avevano appena pronunciato. Il Re però non si smosse minimamente.
- Hai visto i campi a nord della città? - gli domandò poi.
Nonostante non ne capisse il senso, Mynard gli rispose con un cenno.
- Brutto spettacolo, vero? - riprese dunque Daphnes - Pochi frutti della terra. La maggior parte non commestibili, mentre i pochi ancora buoni dilaniati dagli insetti ed i parassiti! -
Domandò poi ancora - Di blin invece? Ne hai visto qualcuno? -
Il Lord Ciambellano chiuse gli occhi, sperando di non ricordare il tremendo incontro che, tre giorni prima, lo aveva visto affrontare, insieme alla sua scorta, una piccola orda di boblin di foresta, la quale era riuscita ad uccidere uno dei loro cavalli per cibarsi delle sue carni. Fortunatamente, i soldati erano riusciti ad atterrarne alcuni ed a metterne in fuga i compagni. Indenne, egli però non avrebbe più scordato un simile incontro, abituato com'era a vivere tra le sicure, sempre che ancora si potessero ancora chiamare così, mura della sua città.
Non ci fu così bisogno di rispondere. La sua espressione aveva già fatto abbastanza.
Il Re allora gli disse - Vedi! Ora sai perché non posso e non voglio rifiutare questa grande opportunità! -
Pose il suo sguardo sul volto ingenuo e dolce della figlia, segnato da lacrime silenziose, eppure urlanti dentro ognuna di loro.
- Stregone o no - continuò - Costui che sto per incontrare è comunque un uomo forte ed è prerogativa degli uomini forti non avere segreti! So bene che un'alleanza potrebbe toglierci parte della nostra secolare indipendenza, ma guarda ciò che hai davanti. Osserva i volti smagriti ed infossati dei miei sudditi. Per quanto ancora essi pazienteranno? Quanto ancora potrò dormire sonni tranquilli prima che un furfante s'introduca nella mia stanza per assassinarmi? Per quanto potrò... -
Gli occhi azzurri di Zelda bloccarono per un istante le sue parole.
Terminò infine - ... potrò immaginare un futuro roseo per il Regno di mia figlia? -
Mentre la pira, oramai ridotta a tizzoni inceneriti e vicini allo spegnersi, aveva già consumato le spoglie della Regina di fronte al silenzio sconcertato e rispettoso della platea, il Re infine si alzò dal proprio posto, trascinandosi dietro il proprio mantello funereo.
- Che sia alleanza! Che ci sia un accordo! - disse nei rimandi del capo del suo governo - Non sarò colui che, per paura della propria ombra, ha dato il colpo di grazia al proprio regno ed al proprio popolo! -
Mynard lo vide dunque ad allontanarsi, chinando il capo in una preghiera.
- Che Hylia vegli su di noi ed i nostri posteri! - 
   
 
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