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Autore: Tiger_Lily90    28/04/2015    2 recensioni
Dopo aver sconfitto Azazel, Dean può finalmente riprendere in mano la sua vita. Ma sopratutto andare a riprendersi suo fratello, confinato per sei mesi in una clinica. Sam è un ragazzo speciale e necessita delle cure del maggiore. Purtroppo per Dean, non gli riserverà l'accoglienza in cui lui sperava.
[Non è AU]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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Sono pronto, sto sono aspettando il foglio di dimissioni e poi potrò rivederlo. Porto ancora una fasciatura al braccio, fortunatamente quella alla testa l’hanno tolta, lui non avrebbe potuto sopportarla. Me ne vado lasciando un letto bagnato di lacrime per giorni, causa di una terribile notizia. Quando una settimana fa mi sono svegliato dopo l’incidente non avrei mai creduto di essere ancora vivo, subito una serie di infermieri e dottori mi hanno visitato da capo a piedi gridando al miracolo. Ero felice, dovevo ringraziare Tessa per questo, finalmente la fortuna girava dalla nostra parte. Ma non immaginavo minimamente che la mietitrice avesse lasciato me per prendere un’altra anima: quella di mio padre. Me lo dissero il giorno dopo, arrivò una dolce dottoressa dai capelli color miele di una certa età, sarebbe potuta essere mia madre, e sedendosi sul bordo del letto mi diede una carezza “Tuo padre, non ce l’ha fatta. Mi dispiace tesoro”. Avrei voluto urlare e buttare tutto all’aria, destino crudele il mio. Una vita fatta solo di sofferenze. E lei forse scorse nei miei occhi la voglia di arrendermi, di lasciar perdere tutto, “Ti sta aspettando.. devi rimetterti in forze” mi disse incoraggiandomi. Bastarono quelle poche parole per rimettermi in carreggiata pur con un lutto che gravava sulle mie spalle. Come gli avrei comunicato la notizia?
La dottoressa che mi ha seguito per tutta la settimana arriva portandomi il foglio di via “Buona fortuna tesoro” e mi concede l’ultima materna carezza prima che mi metta il borsone in spalla e riparta alla volta di Lebanon con la mia Baby in pessime condizioni, ammaccata e accartocciata dallo schianto.
 
*** 

Santa Trinità è sempre stato un posto rilassante e dalla pace assoluta. Una villa dell’Ottocento completamente restaurata dove il fascino antico si fonde alle moderne tecnologie, non per niente la retta mensile è piuttosto salata. Ma il risultato è davvero ottimo: un giardino enorme in cui perdersi, fontanelle allegre e colorate, colori pastello e tenui in ogni dove, un luogo ospitale come il personale addetto, davvero di prima qualità.
Parcheggio nel car-parking per gli ospiti e mi ravvivo i capelli guardandomi nello specchietto retrovisore. Un grosso respiro per farmi forza. Posso farcela.
La hall è accogliente e semplice, il lungo bancone in marmo lucido non è mai cambiato da che io lo ricordi. Purtroppo conosco perfettamente questo posto, ho avuto modo di tornarci più e più volte nell’arco della mia vita.
-Buon pomeriggio, la stanza di Sam Winchester. Grazie- accenno un sorriso alla ragazza, sento lo stomaco stringersi sempre di più contornato da brividi di freddo e respiro mozzato. Devo cercare di calmarmi prima di entrare.
-Primo piano stanza 25-
La sua stanza si affacciava sul laghetto sul retro, la più luminosa di tutto il piano, larga spaziosa e adatta a lui. Lo vedo seduto alla scrivania, come sempre d’altronde, i capelli sotto alle orecchie che ama tanto sono sempre curati, non è cambiato affatto. Sono sei lunghissimi mesi che non lo vedo e il mio primo impeto è quello di abbracciarlo fortissimo e stringerlo a me.
-Sam- lo chiamo. Mi avvicino posizionandomi di fronte a lui – Ehi Sammy, sono qui. Sono tornato per portarti via-
Non mi guarda, ma non mi stupisco non lo fa quasi mai. Continua a sbattere la schiena nella spalliera della sedia e cantare l’inno americano. No non canta, lui mugugna. In continuazione, da una vita. Non mi degna di uno sguardo, non mi manda un segnale, è come se non si fosse accorto di me. Ma io so che lo sta facendo perché è offeso, perché l’ho abbandonato sei mesi fa. Purtroppo non capisce che io e papà lo abbiamo fatto per il suo bene, il demone dagli occhi gialli doveva essere eliminato. Per vendicare la mamma e anche lui.
 
Era il due Novembre 1983, dormivo tranquillo quando mio padre mi scosse bruscamente svegliandomi di soprassalto. “Dean svegliati, la casa sta bruciando, devi uscire subito”, mi precipitai fuori con i piedini nudi. Mi ricordo ancora la paura assalirmi e bruciarmi dentro che scontrava con i piedi congelati e rattrappiti.
“Dean, porta tuo fratello in salvo”mio padre mi porse un fagotto avvolto in una copertina di lana che subito presi allontanandomi dalla casa. Mi accorsi che era viola in viso e non respirava più. Fortunatamente arrivarono in quel momento le ambulanze e mi precipitai a chiedere aiuto piangendo e porgendo il bimbo in mano ai paramedici.  Avevo solo quattro anni. Che male avrei mai potuto fare al mondo per meritarmi una simile punizione? Da quel momento ebbe inizio il nostro calvario.
Mamma era morta in circostanze misteriose. Arsa viva appesa al soffitto, il corpo non fu mai ritrovato ma papà la vide, non stava sognando! Sam era rimasto troppo a lungo nella stanza avvolto da fumo denso, il poco afflusso di ossigeno al cervello lo fece entrare in coma per circa due settimane. Ci dissero, o meglio, dissero a mio padre vista la mia tenera età, che le funzioni intellettive di Sam erano state compromesse. Fu come un pugno nello stomaco per lui, io non capii la diagnosi ma ricordo bene il suo volto straziato già dalla morte di mia madre diventare ancora più cupo. Lo vidi invecchiare di dieci anni nel giro di un giorno e modificare il suo carattere in peggio. Divenne quasi tirannico, i momenti di dolcezza erano centellinati e quasi tutti per Sam. Lui cresceva ma sembrava non cambiare di una virgola, a un anno ancora non parlava, non camminava, non faceva nulla. Finchè la profezia si avverò e i medici diagnosticarono un “Disturbo multi sistemico dello sviluppo”.
“Mi sta dicendo che mio figlio è autistico dottore?” mio padre mi strinse la mano come se fossi l’unica cosa che gli era rimasto. “Esistono molte forme di autismo signor Winchester, e noi non amiamo definirle come tali. Ognuna ha delle sue caratteristiche precise” lo lasciò cosi, con una diagnosi che pesava un macigno, un figlio che non sapeva rispondere agli stimoli e un altro traumatizzato dalla vita.
 
Gli faccio una carezza, un dito che appena sfiora la sua pelle candida. Brutta, bruttissima mossa. Comincia ad agitarsi nella sedia dondolandosi più forte e muovendo freneticamente le mani, le apre e chiude a scatti cominciando a parlare.
-Sammy non va. No. No. Sammy sta qui- si alza fissando il pavimento, si gratta la testa freneticamente e in quel momento ho paura, è già successo. Cerco di calmarlo tenendogli le mani per evitare il peggio, non è un ragazzo aggressivo tutt’altro. È sempre stato  placido se nessuno disturbava le sue routine, piuttosto un autolesionista, se qualcosa lo infastidisce troppo comincia a farsi del male fisico andando in escandescenza.
Fortunatamente la signora Taylor entra attirata dai ruggiti (si, potrebbe essere la parola giusta) di mio fratello ristabilendo la calma. Si posiziona davanti a lui bloccandogli con fermezza i polsi:- Sam sta qui con Grace ok? Adesso ti lascio andare e scendiamo nel parco se ti calmi, va bene Sam?-
Lentamente si calma e lei gli lascia andare i polsi, rincomincia a mugugnare l’inno americano intercalato da schiocchi di dita –Sammy resta qui. Sammy resta qui- ripete ogni tanto. Si sta rivolgendo a me, mio fratello è furbo altrochè! Mi sta facendo capire che vince sempre lui, che sa ottenere tutto ciò che vuole, compreso entrare nelle grazie di Grace e scroccarle una caramella ogni tanto.
-Dean sei impazzito? Conosci la prassi. Non puoi piombare qui dopo sei lunghissimi mesi e riprendertelo cosi, dal nulla. Sai a quale shock va incontro? Perché non mi hai avvisato, ti avrei fatto preparare una brandina nella sua stanza-
La signora Grace è l’unica che conosce la nostra vera storia, anche a lei è toccata una sorte simile alla nostra, a causa del demone dagli occhi gialli. Ha creduto alle nostre parole e ci ha chiesto di vendicare la sua povera bambina, in compenso si sarebbe occupata personalmente di Sam tutte le volte che ci fosse stato bisogno. Infatti Sam la riconosce come un parente, quasi la madre che non ha mai avuto, l’età coincide. Scendiamo le scale -Sam ha il terrore degli ascensori- e ci dirigiamo verso la parte centrale del parco, quella con la fontana più grande che zampilla. Sam ci precede, ogni tanto controlla con la coda dell’occhio di averci dietro e va a sedersi in una sedia di fronte alla fontana. Non siede mai nel bordo grande perché ogni tanto arrivano gli schizzi e odia bagnarsi. Come odia sporcarsi o qualunque altra cosa intacchi il suo corpo. Comincia a imitare lo scrosciare dell’acqua e sembra rilassato, spalle al sole che tramonta e la sua tutrice di fronte a lui. Ha tutto ciò che serve, e io non sembro una di quelle cose.
Grace mi tiene una mano:- Non temere. Ha un estremo bisogno di te. In questo periodo chiedeva spesso di te, a suo modo ovviamente. Ma mi mandava segnali forti e chiari. Sembrava che si sforzasse con tutto se stesso per chiedermi dove fossi. Andava alla finestra e diceva “La macchina non c’è”, si aspettava di vederti arrivare con l’Impala ma tu non arrivavi mai. Ora è solo momentaneamente destabilizzato, dopo tutto questo tempo senza te con una precisa routine è difficile vederti piombare qui e includere anche te nelle sue attività. Stai un po qui con noi ok? E quando sarà pronto lo porterai via.-
-Grazie Grace. Davvero non so come ringraziarti. Però in cambio ti porto ottime notizie, Azazel è stato sconfitto definitivamente, non potrà arrecare più nessun danno-
Gli occhi della donna si riempiono di lacrime e gratitudine, mi stringe in un abbraccio confortante:- Grazie al Cielo. Dean non so proprio come ringraziarti. Dovrò ringraziare personalmente anche tuo padre-
-Papà…- le parole muoiono in gola e non riesco a continuare. Lei capisce al volo e piccole lacrime iniziano a rigarle il volto.
-Andrà tutto bene. Vedrai. Ora asciughiamoci le lacrime, Sam ogni tanto ci fissa e se capisce che qualcosa non va lo sai che si agita a sua volta.-
 
Cala la sera e il mio letto viene sistemato accanto a quello di Sam. Grace mi ha supportato per tutto il tempo, cercando di farmi interagire con mio fratello al posto suo. Mi ha dato diverse dritte, ora che è poco più che ventenne le cose sono diverse da quando era bambino. È un po meno capriccioso e apprende molto di più anche se apparentemente non sembra. Ha imparato a sopportare anche il contatto fisico se non è eccessivo.
-Stà a guardare- mi sussurra prima di rivolgersi a lui – Sam è arrivata la sera e Dean deve andare via. Salutalo dai-
Interrompe la sua lettura quotidiana dell’elenco telefonico e si alza in piedi. – No no no. Dean stà qui. Dean sta qui. No no no. Dean stà qui. Sam bravo- sembra leggermente su di giri, anzi sembra stia imponendo il suo pensiero.
-Hai visto?- mi fa l’occhiolino – Allora può dormire nel letto vicino a te?-
Resta per un attimo zitto sfregandosi le mani tra loro, sogghina contento- Si- e rincomincia a canticchiare “Dan sta qui” sulla base dell’Inno.
La notte la trascorro tranquillamente, Sam si è addirittura lasciato accarezzare una mano e io sono contento cosi. Non so ancora quando gli dirò di papà ma per il momento me lo voglio godere, così tranquillo e senza aggiungere ulteriori traumi al suo stato mentale. Sono stato fortunato in fondo, ci sono persone che nemmeno sanno articolare le parole, Sam sa addirittura leggere e ha una forte passione per la numerologia e l’occulto. Si, leggeva il diario di papà da piccolo e un libro su come scacciare i vari demoni o creature paranormali. L’ha imparato tutto a memoria e credo se lo ricordi ancora. Ho sempre avuto l’impressione che ci fosse un Sammy desideroso di aiuto “li dentro” un Sam intrappolato in una gabbia infernale da cui non sa come uscire. E Lucifero è li, che manomette il suo cervello impedendogli di rivelarsi per come è realmente. Se potessi lanciargli la chiave lui sarebbe come tutti, anzi forse più fastidioso perché lo immagino un saputello con le velleità di andare in qualche prestigiosa università, Stanford magari. Ovviamente è solo un mio pensiero per sopravvivere al dolore di vederlo cosi. Avere un fratello e non riuscire a comunicare con lui è una cosa terribile, ma lo amo. Lo amo più di me stesso e incondizionatamente, mi sono sempre occupato di lui, l’ho cresciuto nonostante le mille complessità del caso. Papà non sempre riusciva psicologicamente a stare molto tempo a casa perchè vederlo per ore fare la stessa identica cosa lo faceva uscire “fuori di testa” e allora andava a cacciare, lasciandoci soli fin dalla più tenera età.
 
-Buongiorno Sammy- sono già in piedi da un pezzo e lo svegli dolcemente per evitare che si innervosisca.
-Ciao Dean- mi dice. Quasi scoppio a piangere. Non ho avuto la fortuna molte volte di essere salutato da lui. Sarà particolarmente felice della mia presenza.
-Buon giorno ometto!- la signora Tyler entra in stanza con un’assistente – Lavati che poi Amelia ti cambia-
-No- gorgoglia – Deeeaan. Oggi Deeeann- canticchia come suo solito.
-Va bene Sam. Vai a lavarti allora. Poi sceglierai con Dean i vestiti da indossare oggi. Ricordati che stamattina sei di turno in guardiola con Marcus. Cosi fai vedere a Dean quanto sei bravo lavorando- ride.
Vedo nei suoi occhi una scintilla di orgoglio e sfrega i polpastrelli contro il pollice velocemente:- Si. Sammy aiuta Marcus. Sammy da i numeri. Troppo bravo-
-Si ma non montarti la testa. A dopo signori- ci saluta Grace con i suoi modi amorevoli.  
Dopo aver cambiato un bestione di quasi due metri e con due spalle che sembra un armadio ci dirigiamo a fare colazione e poi al lavoro. Sam ridacchia fissandosi le unghie. È orgoglioso del servizio prestato alla Patria, non è che sia un veterano di guerra ma è felice di dare un minuscolo contributo. Il suo è un lavoro di prestigio… Mi piace un po canzonarlo per questo, povero il mio Sammy.
Il suo compito sta nel comunicare velocemente numeri di telefono e indirizzi di persone che chiedono aiuto telefonicamente. È una specie di elenco telefonico vivente e la sua memoria è talmente ampia che ricorda i numeri di telefono di tutta la regione. Lo lascio li con la promessa di fare un giro in giardino.
Faccio un paio di telefonate di lavoro e poi la vedo. Bellissima nel suo vestito leggero blu sta leggendo un libro sulla panchina all’ombra. I capelli legati da un nastrino nero le danno un’aria sbarazzina e classica allo stesso tempo. La osservo per capire quale tipo di problema possa avere, visto che la clinica si occupa di diverse tipologie di pazienti, ma apparentemente sembra nessuno. Non è scortata, è sola, questo è buon segno vuol dire che non è pericolosa. Solleva lo sguardo sentendosi osservata, sostiene il contatto visivo e mi sorride.
-Ciao, sei nuovo?- mi chiede, spostandosi da un lato per invitarmi a sedere.
Mi avvicino, è un posto molto sicuro questo e lei non sembra avere cattive intenzioni.
-No sono qui per trascorrere qualche giorno con mio fratello Sam-
-Ah “Sammy da i numeri”? Ci conosciamo, è molto simpatico-
Eccola li, doveva essere un po svitata. Mio fratello non poteva essere simpatico. Abbozzo un sorriso poco convinto e lei se ne accorse.
-Guarda che dico sul serio. Giochiamo spesso a scacchi in sala ricreativa. È un maledettissimo genio, mi batte sempre e si beffa di me- chiude il libro con un tonfo e lo ripone nella borsa appesa al lato della panchina.
Mi stà simpatica questa ragazza, sono sempre più curioso di capire perché è qui.
-è un amante dei giochi di logica. Non lo batti facilmente.- mi gratto la testa nervosamente.
-Ti va di fare una passeggiata nel roseto stasera?- mi risponde a bruciapelo.
-Ehm… sai.. devo stare con mio fratello.. non saprei- devo uscire da quella situazione sfavorevole. Non vorrei creare dei traumi a nessuno qui dentro. Di storie di abbandono ne ho fin troppe alle spalle.
-Ehi! Non ti sto chiedendo un appuntamento romantico. È solo che qui dentro non ci sono molte persone con cui si possa articolare un discorso. Trascorriammo un’oretta in compagnia nulla di più, non voglio portarti all’altare-
Mi sembra un discorso logico. Forse mi sono comportato da coglione…
-Sono bipolare non scema. Ho capito che non ti fidavi di me e sembrava volessi controllare la cartella clinica per capire se da un momento all’altro avrei tentato di ucciderti-
Togliamo il forse, mi sono comportato da emerito coglione!
-Va bene, scusami….-
-Annie. Annmarie a dire il vero ma tutti mi chiamano Annie.- mi risponde tendendomi la piccola mano curata.
-Allora a stasera Annie- le stringo la mano e corro a riprendere Sam.
 
Sam è tranquillo. Mangia la sua (poca) porzione di pasta da solo anche se ogni tanto si distrae togliendo fuori una piccola macchinina che fa camminare lungo la sua parte di tavolo. Sono grossi passi avanti, quando era un bambino aveva bisogno di essere imboccato.
-Allora sei contento che sia tornato? Tra poco torniamo a casa Sam-
Scruto i suoi movimenti, diventano poco più rudi e veloci. Ancora non gli va l’idea di cambiare ambiente. I cambiamenti creano un nuovo tipo di adattamento che comporta una serie di esercizi psicologici che lui non è in grado di fare in poco tempo come tutti. A tutto ciò si aggiunge il fatto che abbiamo dovuto girare molti motel a causa del lavoro di papà, che suscitavano forti crisi a Sam sempre irrequieto e sull’orlo dell’autolesionismo.
 
-Eccoci arrivati- papà parcheggiò l’Impala e ci condusse dentro l’ennesimo motel.
-Questa sarà la nostra nuova casa Sam, vivremmo qui per qualche giorno- gli spiegai con calma. Avevo poco più di dodici anni e lui otto. Lo feci sedere nel divano ma in un attimo cominciò a contorcersi a terra come un serpentello. Gridava e si grattava la testa, sempre più forte fino a scorticarsi la cute riempiendosi di sangue che non fece altro che aumentare la sua crisi aggiungendosi la paura al disagio. La corsa in ospedale fu immediata, lo sedarono e lo medicarono. Non si curano dei pazienti li e ogni motivo è buono per somministrare una generosa dose di calmanti senza trovare una soluzione alternativa. Dal quel giorno chiesi a papà di restare a casa con Sam.Non volevo mai più vederlo in un letto d’ospedale attaccato ad una flebo. Papà continuò la sua ricerca di Azazel e per diversi periodi si allontanava da casa, Sam ne soffrì molto.
 
Sono passati due giorni, con Sam va sempre meglio per fortuna. Ormai non può fare a meno di me, come un tempo. Mi sta sempre attaccato e comincia a raccontarmi le azioni che fa e talvolta perché le fa. Sempre in termini semplicistici si intende, ma per me sono passi da gigante. Lo proteggo come se fosse un bimbo, tanto che a volte è lui stesso a fuggire da me sentendosi oppresso. Ma non posso farci nulla, mi sento in colpa e in debito con lui, io e papà lo abbiamo lasciato qui più di una volta per occuparci di grosse cacce ma mai per sei mesi. Ora che il male è stato scongiurato avrò tutta la vita per dedicarmi completamente a lui.
-Scendiamo in giardino? Ti và?- gli chiedo mentre lui ritira le pedine della dama. 
-Si sii siiii. Va beneeee- mi risponde facendo le scale vocali. Da quando è qui canta molto più spesso. Come al solito mi fa strada stando avanti di qualche passo e controllando che io ci sia. Nell’ingresso principale trovo Annie che parla al telefono, le faccio un cenno in direzione della grande fontana e lei annuisce.
Faccio sedere Sam nella sua sedia preferita e mi sdraio nel grosso bordo della fontana con gli occhiali da sole. Lui si guarda intorno e inizia a sussurrare parole incomprensibili schioccando le dita. Si sta innervosendo e non capisco perché. Mi avvicino per sentire meglio e si ritrae.
-Demone occhi neri. Papà ti da la caccia. Demone occhi neri- ripete spaventato. Striscia le mani nei pantaloni e le sfrega tra loro. Mi rendo conto che si riferisce a me. Non uso spesso gli occhiali da sole e sicuramente la vista degli occhiali totalmente neri ha fatto riaffiorare brutti ricordi. È capitato qualche volta che ci attaccassero per strada o nelle stanze d’albergo e lui ricorda ogni singolo avvenimento. Li tolgo subito e sembra calmarsi.
-Ciao a tutti- Annie arriva trafelata – Ciao “Sammy da i numeri”- si rivolge a lui che ridacchia.
-5 a 0- le risponde.
-Lo so. Sei troppo bravo giocando a scacchi, sbruffone. Ogni tanto puoi anche farmi vincere-
Lui è divertito, batte le mani e ripete che Sammy è bravo con gli scacchi.
Dopo qualche chiacchiera all’improvviso Annie mi schiocca un grosso bacio sulla guancia. Cosi, dal nulla.
Sam si agita dondolandosi fortissimo nella sedia e graffiandosi le cosce attraverso il pantalone “Non si fa” continua a ripetere “non si fa, non si fa”, mugugna e si agita. Vedo Grace mandarmi segnali a distanza. Devo saper gestire la situazione da solo in previsione del ritorno a casa. Allora chiedo a Annie gentilmente di allontanarsi e mi piego su di lui tenendogli i polsi immobilizzati.
-Sam calmati. Non è successo nulla. Sam.. Per favore calmati o torniamo in stanza- mi ci sono voluti qualche tentativo più del dovuto per riuscire a calmarlo ma alla fine mi da retta. A quel punto si avvicia Grace.
-Bravo Dean,ottimo lavoro. Tieni Sam. Ma non ci fare l’abitudine- gli porge una caramella alla fragola che quasi le straccia dalla mano per poi morderla a piccoli pezzi, come gli è stato insegnato.
-Ma non capisco perché ha reagito cosi. Conosceva Annie, hanno anche parolato prima-
- Davvero non l’hai capito? Sam è gelosissimo di te. E si è sentito ancora più tradito dal fatto che fosse la sua compagna-di-giochi-da-tavolo a “rapirti”-
Stupido di un Sam, nessuno mi porterà mai via da te!
-Sammy nessuno mi porterà via. Sono qui per te- Gli poso la mano sopra la sua e lui rimane a fissarla finche non la tolgo. Posso ritenermi fortunato che non si sia ritratto. Mi ha perdonato!
-A casa- borbotta poco dopo. Continua la sua nenia accompagnandola da una danza con le mani che fluttuano nell’aria.
-Come hai detto Sammy- non credo alle mie orecchie.
-A casa- ripete a voce più alta ridacchiando per conto suo.
È finalmente giunta l’ora. Si sente pronto per tornare a casa e rincominciare la nostra vita insieme, senza nessun’ombra che ci minaccia. Solo io e il mio Sammy, o almeno spero. Quella sera, senza essere visto da Sam vado a scusarmi con Annie e spiegarle la situazione, lei capisce al volo. È molto dolce e comprensiva. Passiamo l’ultima notte nella clinica Santa Trinità e la mattina presto, dopo aver salutato Grace, accompagno Sam alla macchina. Non so ancora quando gli dirò di papà, un passo alla volta, per il momento lo porto via con me, con la promessa di non abbandonarlo mai più.



ATTENZIONE SPOILER. Si, il tiolo l'ho palesemente copiato dall'ultimo episodio della decima stagione che deve ancora andare in onda. Ma appena l'ho saputo mi è subito balenata in mente questa scena.

***
Le informazioni sull'autismo le ho prese una parte dai libri dell'università e un po da internet. Spero di non aver offeso la sensibilità di nessuno, ho voluto rendere il tutto tragicomico e allegerire la tensione il più possibile. Fatemi sapere che ne pensate <3 un abbraccio. -Lily-   

 
  
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