"Give me all your
love
Cause for all we know
We might be dead by tomorrow.
So let's love fully
Let's love loud
Let's love now
Cause soon enough we'll
die"
La notizia della prematura
dipartita del Professor Fermi, docente di Botanica, fu accolta con “estremo
dolore” dal consiglio didattico della facoltà di Biologia, oltre che da tutta
la popolazione studentesca.
Il professor Augusto Fermi era ancora giovane, non era neppure vicino ai 50, un
uomo affabile e disponibile, appassionato alla sua materia e insolitamente
gentile con i suoi alunni. Bocciare un studente rappresentava sempre un dolore,
ma consapevole dell’importanza del suo ruolo, egli non si sottraeva all’
ingrato compito quando necessario.
Questo almeno è quello che avreste sentito dire, se
aveste chiesto di lui, subito dopo la sua morte.
La
verità è che il professor Augusto Fermi era uno stronzo con la s maiuscola.
Sempre incazzato, viveva nel terrore che gli studenti delle ultime file lo
stessero prendendo in giro. Paranoico fino all’osso, si legava al dito tutto e
ricordava i volti dei presunti maleducati all’esame. Le bocciature sembravano
dargli nuovo vigore e non si limitava a rispedire a casa il malcapitato, ma si
accertava che oltre ad un libretto spoglio portasse con sé anche una bella dose
di umiliazione. In tanti aspettavano solo che andasse in pensione per
riprendere i libri in mano e discutere finalmente la tesi. Qualche audace
suggerì che forse Fermi era schiattato perché all’ultima sessione di esami avevano
studiato tutti e non essendo riuscito a bocciare, come di consueto, l’80% degli
esaminati, avrebbe avuto una crisi.
Nessuno osava dire ad alta voce quello che l’intera università pensava. Il
Karma doveva aver fatto una visitina al suo studio al terzo piano, interno C,
dove “Il diavolo verde” come lo chiamavano tutti, aveva tirato le cuoia.
Neppure tra i colleghi c’era una sincera sofferenza per il recente lutto.
Certo, ai funerali che ci sarebbero stati due giorni dopo, avreste visto gli
assistenti Cataldi e Russo in lacrime, ma nessuno seppe mai dell’agitata
telefonata tra i due, in piena notte, nella quale si discuteva sul come poter
condividere la cattedra e diventare professori associati.
Anche il dolore della ex moglie del professore, Marina
Rospi, era molto più contenuto di quanto si potesse pensare. Gli alimenti che
ogni mese le mandava l’ex consorte erano una piacevole aggiunta alle sue
finanze, ma era convinta che fossero il giusto compenso per quei mesi terribili
che aveva passato con lui. Era sempre stato un uomo brusco e fondamentalmente
cattivo, eppure lei da giovane perse la testa. Era il periodo in cui nei film
Hollywoodiani andava forte la parte del bello e dannato, e sebbene Augusto non
fosse il più bello tra i suoi conoscenti, era di sicuro il più affascinante.
Marina scoprì solo dopo quanto la vita coniugale con un uomo così tanto dannato sarebbe stata difficile, e
dopo pochi mesi fece le valigie e se ne andò verso nuove mete e nuovi amori.
Erano passati venticinque anni da quando lo aveva lasciato incredulo sul divano
di casa, e mai una volta se ne era pentita.
Se ci fosse stata una classifica degli uomini più
disprezzati del mondo ad Augusto Fermi sarebbe spettata sicuramente una
posizione nella top ten. Eppure la Chiesa, in quel primo pomeriggio di Giugno,
era gremita di persone in lacrime.
Alcuni si lasciavano semplicemente trasportare dall’ atmosfera, altri si
sforzavano di pensare ad un ricordo triste così da apparire preda di
un’emozione autentica. La sua segretaria, in seconda fila, si focalizzò sul
finale di un film che aveva visto il giorno prima, quello dei due ragazzini
malati di cancro che vanno in viaggio in Europa e poi, alla fine,
proprio lui che sembrava stare meglio muore. Il rettore
dell’Università invece cercò di ricordarsi quanto era bello giocare con Freddie, il cane che aveva da bambino, erano passati secoli
da quando il povero bastardino era stato investito, il rettore aveva quindi
avuto decenni per abituarsi all’ idea, ed infatti non mirava ad un pianto disperato
come quello della Professoressa Esposito due posti più in là, ma ad un semplice
arrossamento degli occhi, che lo avrebbe reso più umano durante il suo
discorso.
In questo sforzo collettivo c’era una sola reale emozione di dispiacere. Non
proveniva dai membri della famiglia Fermi, né dal corpo docente e neanche dai
vecchi compagni di scuola di Augusto, ma da Celeste, studentessa di Biologia
del terzo anno. Celeste non aveva bisogno di pensare a qualcosa di deprimente,
era sinceramente affranta per la morte del professore. Tutti la conoscevano
come una ragazza dolce e gentile, sempre pronta a passare gli appunti a qualche
amico in difficoltà. Perciò i suoi compagni non si stupirono della sua
espressione triste e del silenzio durante la funzione. Quando cominciò a
singhiozzare sommessamente però, le compagne di corso cominciarono a
preoccuparsi.
« Celeste, ma che hai?» Chiese
una.
« Lasciala stare» s’intromise
l’altra « gli aveva chiesto la tesi».
La prima annuì perplessa, perché nessuno sano di mente avrebbe mai chiesto la
tesi a Fermi, poi entrambe ripresero a fingere di prestare attenzione alle
parole del prete.
Quello che non sapevano è che Celeste non era
preoccupata del destino della sua laurea, né dalla sfida di cercare un nuovo
relatore. Continuava a sfiorare la sua mano destra, per qualche motivo più
calda dell’altra ed ebbe l’istinto irrefrenabile di portarsela al petto, ma
resistette e piuttosto che ascoltare il discorso del rettore, chiuse gli occhi
e tornò con la mente al 2 Febbraio scorso.
In quel giorno di quattro mesi prima, Celeste aveva preso il coraggio a due
mani e aveva deciso di andare al terzo piano dell’edificio di Biologia, interno
C e chiedere al professore Fermi di seguirla come relatore. Tutti gliel’avevano
sconsigliato, ma Celeste aveva una sincera passione per la Botanica e non
capiva per quale motivo tutti avessero il terrore di quel professore che non
faceva altro che il suo lavoro. In più aveva già in testa l’argomento, avrebbe
parlato dell’ Euphorbia milii,
meglio conosciuta come la “Spina di Cristo”, una pianta che l’affascinava non
solo per la leggenda che la circondava, quella di essere stata utilizzata per
creare la corona di spine posta sulla fronte di Gesù (ora sapeva bene che non
sarebbe stato possibile, i climi caldi della regione mediorientale non ne
avrebbero mai consentito lo sviluppo), ma perché era colorata e pericolosa con
il suo stelo costellato di spuntoni.
Quando entrò nello studio, inaspettatamente verde e luminoso, Celeste sentì
riaffiorare gli avvertimenti di amici e parenti. Il temuto professor Fermi era
dietro la scrivania con il suo classico cipiglio e l’aria annoiata. Neppure
ascoltò le idee che la ragazza aveva per la tesi, non era molto abituato a
ricevere questo tipo di richieste.
Per un secondo, mentre spegneva il sigaro nel
posacenere, si accorse della luce negli occhi di quella ragazza un po’ strana
che aveva di fronte. Mai in tutta la sua carriera uno studente aveva parlato
delle sue piante con così tanto trasporto, spesso lui stesso era stato sul
punto di buttare tutto all’aria e insegnare qualcos’altro, qualcosa che non
prevedesse catalogare e analizzare esseri inanimati. Non ci era mai riuscito
perché era da sempre destinato ad essere vicino a quel mondo bizzarro, colorato
e altrettanto crudele che riguardava i vegetali. Per la prima volta in tutta la
sua carriera, Augusto sentì dentro di sé la felicità di essere al posto giusto
nel momento giusto e con la persona giusta. Quella ragazzina proveniva dal suo
stesso mondo e sembrava capirlo. Cominciò finalmente a prestarle ascolto,
interruppe spesso il suo monologo con domande attinenti. Si sorrisero e lui le
promise di mandarle presto del materiale utile.
Gli incontri cadevano ogni settimana, sempre di Martedì, e andavano avanti per
ore. All’inizio discutevano solo dell’argomento della tesi, parlavano di come
strutturare il lavoro, dove trovare documentazione utile, poi la discussione si
aprì a temi totalmente diversi, giunsero persino a parlare della catalogazione
dei crostacei. Augusto non aveva mai sorriso tanto come durante quelle ore il
Martedì pomeriggio. Le aspettava tutta la settimana. Celeste, dal canto suo,
scriveva con diligenza i capitoli assegnati ed era così felice di aver trovato
un docente appassionato come lei.
Proprio la settimana prima della morte del professore,
mentre Celeste discuteva sull’agricoltura biologica, Augusto istintivamente
stese il braccio e le sfiorò la mano, cogliendola impreparata. Lei non la
ritirò, rimase immobile incerta sul da farsi e piacevolmente disorientata da
quel gesto così umano. Rimasero per molto tempo in quella posizione e
continuarono a discutere come se niente fosse stato, come se non stesse
succedendo qualcosa di straordinario a pochi centimetri dai loro nasi. Fu
Celeste allora ad aumentare la pressione della mano e stringere quella del suo
insegnante. Si guardarono in silenzio, intensamente, per un secondo che sembrò
non finire mai. Poi un cellulare suonò e tornarono ad assumere un atteggiamento
formale. Si salutarono con la promessa di rivedersi sette giorni dopo, alla
stessa ora, per correggere un nuovo, come sempre impeccabile, capitolo della
tesi.
Quel Martedì mattina però, Augusto avvertì un pizzicore al braccio sinistro,
una cosa da niente. Dopo un momento di incertezza si rimise al lavoro. Quando
arrivò il dolore vero e proprio, come un vuoto al petto, capì che sarebbe morto
lì, al terzo piano, interno C. Ebbe un momento di totale disperazione, poi
sempre accovacciato a terra alzò lo sguardo, vide il crocifisso sulla parete e
si soffermò sulla corona di spine, fu allora che sentì un calore piacevole alla
mano sinistra, la pressione di un angelo che sembrava volerlo confortare in
quel momento di paura.
Nessuno seppe spiegarsi il sorriso sulle labbra del
professor Fermi quando fu trovato il suo corpo, ore dopo, in quell’ufficio al
terzo piano.
Ma
nessuno si preoccupò troppo di comprenderne il motivo.
Note:
Questa storia prende parte alla sfida "Una idea, più storie"
indetta dal gruppo Facebook "EFP recensioni,consigli e discussioni".
Io, Liz
Briel e Balder Moon
abbiamo avuto la seguente consegna:
"Storia
che tratti la morte di una persona. Lo scenario lo potete scegliere, in quale
modo morire. Nella storia ci devono essere presenti i sentimenti della persona
che muore oppure di qualcuno che le voleva bene".
Se vi
va, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione!
Alla prossima.