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Autore: Mel_mel98    29/04/2015    6 recensioni
[“Vorrei parlare con voi, che siete ragazzi intelligenti e a mio parere maturi, del bacio. Dell'idea di bacio attraverso gli anni. Questo perché ho finito ieri sera di leggere un saggio in proposito e vorrei condividere le mie riflessioni con i miei studenti.”
Facce perplesse, sorprese, sconvolte e incuriosite si levarono come risposta a quella proposta.
E mentre la maggior parte dei ragazzi esultava per la prospettiva di una lezione forse meno noiosa del solito, alcuni non poterono fare a meno di pensare che se con tutti gli argomenti esistenti sul pianeta lui era andato a scegliere quello, la fortuna doveva essere decisamente a favore di qualcun altro, quel giorno.]
~*~*~*~
Alla domanda “Cosa hai scritto?” rispondo che non lo so esattamente.
Ho scritto una storia, questo è certo. Una storia per chi in questa società un po' fredda, muta e cristallizzata nelle vere emozioni e nei lieto fine ancora ci crede.
È una storia falsa e forse tremendamente bugiarda, al lettore il verdetto finale. Ma sfido ad ignorare quel sapore di vero che certi passaggi lasciano in bocca.
|Partecipante al “Kissing Booth Contest” indetto da Chappy_ sul Forum di EFP|
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Cercando di capire tra i banchi di scuola

 

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“C...come sarebbe a dire Bea, che l'hai baciato?!”
“Zitta, cavolo, cacchio urli?!”
Due ragazze, amiche da sempre e per sempre, come va di moda dire adesso.
Strette l'una all'altra sotto l'ombrello rosa di una delle due, ormai prossimo al cedimento.
Aspettavano il suono della campanella per poter finalmente entrare a scuola e fuggire dalla fastidiosa pioggia che, sprezzante della loro protezione, continuava a bagnare i loro capelli.


“No, fammi capire, tu vieni qui, mi racconti una cosa del genere e io dovrei anche starmene buona?”
“Sì, esattamente. Valeria, per carità, non voglio che tutto l'istituto sappia i fatti miei, quindi moderiamo i toni.”
Si scambiarono un lungo sguardo, restando in silenzio.
“Forza, li conosco quegli occhi: qual è il problema?”
“Il problema è che non l'ho baciato io. È stato lui a baciare me. E io... Ah!”- bisbigliò la ragazza, per poi coprirsi la faccia con il collo alto del maglione.
“E tu?”- fece paziente l'altra, cercando di mostrare una certa comprensione, anche se in realtà non aveva perfettamente inquadrato la situazione.
“E io non capisco, Vale... Proprio non riesco a capire.”

 


“L'ho baciata, ieri.”
Alessandro fermò i suoi pensieri su quell'ultimo concetto, stupito da quelle parole che, nonostante le cuffiette nelle orecchie, erano riuscite a raggiungerlo comunque.
“Dici sul serio?”- era seriamente sorpreso.
Erano mesi, forse, adesso che ci pensava bene, era addirittura quasi un anno che il suo amico, sporadicamente, gli parlava Beatrice. Ormai non c'era più bisogno di inserirla nella frase, era diventato il soggetto implicito di certi discorsi.
Eppure, forse proprio per via di tutto quel tempo che era passato, rimase stupito di fronte ad un'affermazione del genere.


“Ehi, Leo?! Allora? Dici sul serio o no?”- fece poi, scuotendo per la spalla l'amico, improvvisamente silenzioso.
“Se te lo dico sarà vero, no?- rispose l'altro, quasi irritato.
“Ma...?”- disse, intuendo che ci fosse dell'altro.
“Ma nulla. Proprio nulla. Cazzo Ale, ho aspettato tanto, ma alla fine sono riuscito a toppare comunque.”
Alessandro lo guardò sorridendo: “Sì, fai proprio schifo, cavolo. Mi domando perché ancora tu non ti sia buttato giù dal ponte di Empoli.”
“Vaffanculo”- disse l'altro per tutta risposta, ma ridendo sotto i baffi.
Camminavano alla velocità delle lumache, era evidente quanta voglia avessero di iniziare una nuova giornata scolastica.
Ignorando la pioggia, attraversarono il parcheggio dove avevano lasciato i motorini e si diressero verso l'entrata della fatiscente scuola che frequentavano.
Avevano ormai raggiunto la porta principale, quando Leonardo si bloccò.
“Non so più che fare, Ale. Ho sprecato un sacco di tempo per... per niente. E adesso, che faccio?”
L'altro gli rivolse un'occhiata perplessa.
Che cosa stava passando per la testa a quel ragazzo?
Lo conosceva praticamente da sempre, e sì, era sempre stato strano. Ma adesso lo era decisamente troppo.
E poi, lui non riusciva davvero a capire quale fosse il problema.
Sarà stato il sonno, o il fatto che dal canto suo Leonardo non aveva dato molti indizi per lasciargli intendere che cosa fosse andato storto.
Ma poi, era solo un bacio, no? Che importanza poteva avere?
Frequentavano la terza liceo, mica le elementari.


Quando raggiunsero la loro classe al secondo piano, il prof di filosofia era già seduto alla cattedra, cosa più unica che rara. Quello non era mai puntuale, nemmeno per sbaglio.
Forse allora erano loro ad essersela presa troppo comoda e ad essere terribilmente in ritardo.
“Scusi prof, c'era traffico per le scale...”- fece Leonardo entrando, suscitando le risatine dei compagni, e persino quelle dell'insegnante.
“Sì, va bene... Avanti, entrate e mettetevi a posto!”- disse allora.
E così, era ufficialmente iniziata una nuova giornata per tutti.

 


“Oggi vorrei un attimo lasciare da parte il consueto programma per parlarvi di qualcos'altro...”- esordì il professore dopo l'appello.
Nessuno dei suoi alunni si stupì a tali parole. D'altra parte, quando mai avevano rispettato il programma con lui?
“Vorrei parlare con voi, che siete ragazzi intelligenti e a mio parere maturi, del bacio. Dell'idea di bacio attraverso gli anni. Questo perché ho finito ieri
sera di leggere un saggio in proposito e vorrei condividere le mie riflessioni con i miei studenti.”
Facce perplesse, sorprese, sconvolte e incuriosite si levarono come risposta a quella proposta.
E mentre la maggior parte dei ragazzi esultava per la prospettiva di una lezione forse meno noiosa del solito, alcuni non poterono fare a meno di pensare che se con tutti gli argomenti esistenti sul pianeta lui era andato a scegliere quello, la fortuna doveva essere decisamente a favore di qualcun altro, quel giorno.

 

Il bacio sulla bocca, che nelle fiabe era un gesto magico e nella storia è stato sempre considerato il simbolo dell'amore puro, oggi non vale più nulla.
È un atto commerciale che ha perso il suo valore simbolico.

 

Il bacio è la più alta sintesi della relazione con l’Altro o con l’Altra, la possibilità di quell’unione da cui scaturisce l’amore, e quindi la vita che continua.

 


Dai discorsi infervorati del prof lei carpiva solo qualche frase ogni tanto, e ogni volta era come un pugno allo stomaco.
Vedere il bacio come la sintesi della relazione con l'altro era come dire che la sua di relazione era completamente andata a farsi friggere. Perché lui l'aveva
baciata sì, prima di uscire da casa sua dopo due ore passate a fare matematica.
Ma lei non aveva risposto.
Nonostante arrossisse ogni volta che pensava a lui, nonostante fremesse in vista di ogni momento da spendere insieme.
Nonostante tutti i sintomi facessero presagire Amore nell'aria, lei aveva preferito non accettare quel gesto apparentemente semplice.


Lei era rimasta ferma immobile, con un'espressione indecifrabile dipinta sul volto.
E lui era stato costretto a voltarsi immediatamente e ad avviarsi verso il suo motorino, per non farle vedere quanto le sue guance fossero diventate rosse.
Era andata proprio così.
A questo pensava Leonardo nello stesso momento, riflettendo sul fatto che il bacio ormai è solo un atto commerciale senza valore.
Cavolo. Doveva davvero aver sbagliato tutto con lei. Tutto.
Ma in fondo, non aveva certo avuto cattive intenzioni: in qualche modo doveva pur mostrare ciò che credeva di sentire. Forse avrebbe dovuto aspettare ancora un po', rifletterci qualche altro giorno in più.
Ma gli pareva quasi di sentire Alessandro: “Se ci rifletti troppo, finisci per non fare quelle cose folli che in un modo o nell'altro probabilmente ti avrebbero portato al successo.”
Però questa regola nel suo caso sembrava non funzionare troppo bene.
Si costrinse a scarabocchiare il diario, piuttosto che mettersi a vagare con lo sguardo nella classe.
Non riusciva a capire, alla sua età, che importanza potesse mai avere uno stupido bacio.
Eppure erano ore che non riusciva a pensare ad altro.
Ma Beatrice era così, lo aveva presto imparato. Lei rendeva indispensabili le cose cui prima neanche facevi caso.

 


Beatrice si portò una mano alla tempia, sospirando esasperata.
Ormai erano quasi cinque ore che sopportava le risatine della sua compagna di banco.
“Allora, la pianti? Com'è che ancora non ti è andata a traverso la saliva, a forza di sbellicarti alle mie spalle?!”- sibilò, e l'altra non poté fare a meno di ridere ancora.
Beatrice sospirò nuovamente. Ma perché diavolo le aveva raccontato del bacio? Gemma non era come Valeria, era l'ultima persona che avrebbe dimostrato un po' di clemenza per la sua situazione.
Capelli corti, addosso sempre tute e scarpe da ginnastica. Il classico maschiaccio all'apparenza, a cui l'argomento amore, in tutte le sue sfaccettature, aveva sempre suscitato la ridarella, più o meno come il solletico.
“Sei veramente un fenomeno, Bea”- fece la compagna, tra un appunto di matematica e l'altro.
“Sì, ho capito... Ma ora basta, non ne posso più!”
Gemma la guardò per un attimo di sottecchi, per tornare poi al suo quaderno.
“Che c'è adesso? Perché mi guardi così?”- sbuffò l'amica, in pensiero per l'ennesima presa di giro che sentiva imminente sopra di lei.
“Niente...”- fece l'altra, senza alzare la testa.
“Dai... forza, sparami l'ultima, che tra poco è l'ora e per farti beffe di me e delle mie disavventure devi aspettare domattina...”
In fondo, non era mai stata davvero arrabbiata con lei. Anzi, in un certo senso le era grata: se non avesse dovuto pensare a come difendersi dalle sue frecciatine durante quelle ore, sicuramente sarebbe sprofondata tra i suoi pensieri e non ne sarebbe più riemersa.
Le succedeva sempre, quando qualcosa non andava.
E ogni volta, sembrava che Gemma fosse lì pronta per tirarla su.


“Com'è stato?”
Sentì come un sussurro, appena percettibile.
“Cosa?”- fece lei.
“Quel bacio, dico... com'è stato?”- ripeté Gemma, rossa in viso come mai prima, abbandonando per una volta il suo lato mascolino.
Beatrice rimase lì, fissa a guardarla come faceva con i professori quando all'interrogazione le chiedevano proprio l'unica cosa che non sapeva spiegare.
Non c'aveva pensato, a com'era stato.
“Io... non lo so. Bello, credo.”- disse, avvampando immediatamente anche lei, rendendosi conto di quanto fosse ridicola.
La compagna di banco rimase in silenzio, pensierosa.
“Bello? Che vuol dire bello?”
“Ma che ne so io, Gemma... Più che bello lo definirei... strano, ok? È stato il mio primo bacio e beh sì, è stato strano. Non è stata una cosa brutta, anzi, ma in quel momento non ho pensato a niente e... boh, sono rimasta lì, impalata come un baccalà finché lui non ha girato i tacchi e non se n'è andato. È stato strano.”- finì, sprofondando tra il mare di fogli sparsi sul banco.
L'altra sorrise, dandole una pacca sulla spalla.
“Non te lo aspettavi, vero?”
“No, per niente... a dir la verità ormai lo sai, avevo perso ogni speranza, avevo lasciato perdere.”
“Io non credo che tu debba lasciare perdere. Guardalo, guardati: credi sia davvero possibile dimenticare e basta? Certe volte, Bea, o ci si butta o ci si butta, non puoi lasciare che la tua vita resti una noia assoluta per sempre!”
“E... bentornata alla solita Gemma!”- fece di rimando Beatrice, alzando gli occhi al cielo, ma era davvero colpita da quelle parole.
“Però dai, questo te lo concedo: avrei dato qualsiasi cosa per vivere una situazione del genere!”
Beatrice rimase a bocca aperta.
“Ah sì eh... senti senti...”- fece sorniona.
E in quel preciso istante la campanella segnò la fine delle lezioni.

 


Con una lentezza sovrumana rimise tutti i libri nello zaino, mentre attorno a lui infuriava il caos più totale.
Saluti, baci, abbracci. Giacchetti lanciati da una parte all'altra della classe, sedie spostate, qualche risata.
Da solo, si avviò verso le scale, immerso nella calca di gente che spingeva per uscire.
Cercò di pensare a tutti i suoi impegni, provò a stilare una lista di tutto ciò che avrebbe dovuto fare il pomeriggio e che sicuramente alla fine avrebbe deciso di ignorare.
Portare il motorino dal meccanico, prima dell'allenamento.
Fare un salto al negozio di elettronica dopo, per comprare le cuffie a sua sorella.
Una volta a casa, i compiti per il giorno successivo. Italiano, inglese e... matematica.


Niente da fare, sembrava tutto inutile. Il suo cervello, qualsiasi strada decidesse di intraprendere, non perdeva occasione di ricordarglielo.
Di ricordargli il suo fallimento.
Perché di questo si era trattato. Un tremendo, orrendo e pesante fallimento.
Non aveva mai dato troppo rilievo ai baci, e adesso erano il suo rompicapo più grande.
Le immagini correvano da sole nel suo cervello, senza più nessun senso logico.
Rivedeva la scena finale di quel film romantico visto qualche sabato prima. Vedeva il protagonista e la protagonista guardarsi negli occhi, avvicinarsi lentamente e in una frazione di secondo annullare la breve distanza rimasta fra di loro.
E come intrappolato nel suo stesso sogno si rese conto di non essere più in grado di camminare.
Era fermo, immobile.
Sentiva una strana pressione su di sé, sul petto. Questo tormento mi sta uccidendo, non poté fare a meno di pensare.
Aprì gli occhi, anche se non ricordava neppure il momento esatto in cui li aveva chiusi.
E lei era lì, leggermente sulla punta dei piedi, con le mani sul suo piumino, i capelli lunghi a toccargli la fronte
Ma soprattutto, con le labbra talmente vicine alle sue da sfiorarle e poi toccarle dolcemente.

 


Non aveva la minima idea di dove fosse andata a pescare tutto quel coraggio, tutto quello spirito di iniziativa.
Eppure quando lo aveva visto fermo nell'atrio in attesa di raggiungere il portone non aveva saputo resistere.
Sarà stato banale, infantile, insensato. Ma aveva avvertito il bisogno di quel bacio mancato, che lei stessa aveva rifiutato. Non perché simbolo di una società che non la rispecchiava, non perché lo considerasse un gesto troppo affrettato o avventato.
Semplicemente, per paura.


E adesso, quello paralizzato era Leonardo, che aveva quasi perso anche la capacità di respirare.
Non riusciva a capire, per quanto si sforzasse.
Ma qualcosa gli diceva che quel momento era esattamente quello di cui aveva bisogno.
Quando perse il contatto con la bocca di Beatrice, istintivamente si spinse in avanti, fino a raggiungerla di nuovo.
E così, nonostante lei fosse l'incarnazione della timidezza, e il motto di lui fosse “Fatti gli affari tuoi”, rimasero lì, nel bel mezzo del liceo nell'ora in cui escono la maggior parte delle classi.
L'amore è strano, entrambi avevano avuto modo di sperimentarlo.
Non ha niente a che rivedere con quello delle soap opera alla televisione.
Eppure, quel bacio aveva un che di fiabesco, un che magico e cinematografico.


“Non capisco...”- sussurrò lui.

“Certe volte non c'è bisogno di capire, non credi?”- sorrise lei.

 





Informazioni di servizio!

Questa storia -la mia prima originale, wow!- ha partecipato al contest Kissing Booth - Il chiosco dei baci di Chappy_, e nel caso voleste avventurarvi in altre storie "sbaciucchiose" vi lascio il link del forum di EFP dove si è svolto il contest proprio qua sotto.
-> http://freeforumzone.leonardo.it/d/11014714/Kissing-Booth-Il-chiosco-dei-baci-Multifandom-Originali-Edite-Inedite-/discussione.aspx/1


Inoltre ci tengo tanto a farvi notare il banner della storia che è così bello per il semplice fatto che beh, non l'ho fatto io XD
Tutto il merito va ad Aturiel, che probabilmente non smeterò mai di ringraziare per le sue creazioni, e di cui vi lascio il link alla sua pagina di autore nel caso volesse importunarla e/o complimentarvi con lei e/o recensire una delle sue storie già che ci siete.
-> http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=523229

Sì, prima o poi imparerò a mettere i link in maniera più decente di così.
Fino a quel giorno...
Arrivederci!
Sempre vostra,
Mel

 

   
 
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