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Autore: Sonomi    30/04/2015    8 recensioni
-Ma per ora sei qui, e lo sarai ancora per tanto tempo. Perciò veglia su di me come solo tu sai fare-
Alec sorrise.
-Amami, come solo tu sai fare-
[Malec]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che piacere tornare con una FF, anche se piccolissima. Non so da dove mi sia uscita, è messa "un po' così", ma mi è uscita e ho pensato che sarebbe stato carino condividerla con voi. :) Che dire, spero vi piaccia e che non risulti banale. E' pure corta, ma mi sono sentita bene nello scriverla. Ho inserito in questa Shot anche una passione personale, riguardante la lingua coreana. :)
Spero di leggere la vostra opinione. :3

 

Come solo tu sai fare
 

Ci sono volte in cui la vita sembra prendere una piega inaspettata, e la strana monotonia che ci si è abituati a vivere viene uccisa con violenza, spazzata via da un feroce uragano. 
Ci sono volte in cui le parole non bastano a spiegare il tumulto in cui l’anima si trova, che freme e a volte piange, senza mai farsi vedere.
Ci sono volte in cui manca il respiro, il cuore batte e la testa smette di pensare; rare, questo è vero, ma non meno importanti. 
Tutte queste “volte” Alexander le aveva provate in un solo istante, quando aveva incrociato gli occhi di Magnus Bane, e nel giro di pochi secondi aveva capito che la sua vita avrebbe cambiato strada immediatamente, saltando tutti gli incroci e andando dritta a un solo punto: il cuore dello stregone.
Quelli erano i pensieri dello shadowhunter mentre guardava il fidanzato dormire sul divano, abbandonato a un sonno appagante, le ciglia scure che creavano ombre sugli zigomi color caramello. Alexander era seduto sulla poltrona, a poca distanza da Magnus, con un calice di vino in mano e una coperta appoggiata sulle gambe; il fuoco del camino scoppiettava leggermente, il calore scaldava i muri a tal punto che Alexander poteva facilmente vedere la neve dicembrina sciogliersi all’istante non appena entrava in contatto con i vetri della finestra. Amava quel mese, l’aria fredda e pungente ma impregnata di quello spirito che solo l’imminente arrivo del Natale sapeva portare. Amava vedere sua sorella Isabelle comportarsi come una bambina e saltellare per negozi trascinandosi dietro un povero Simon che di compere non ne voleva sapere niente; amava prendere in giro Jace, perché ogni anno non sapeva mai che regalo fare a Clary e arrivava quasi sull’orlo di una crisi di nervi. Ma la cosa che amava di più era vedere come gli occhi di Magnus si accendessero di entusiasmo e dolcezza a ogni lucina, a ogni albero di Natale, a ogni bambino che correva per le strade innevate di New York con un regalo in mano. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, lui non era il tipo, ma avrebbe voluto sempre vedere quella luce negli occhi dello stregone. 
Alexander sospirò, e guardò Magnus fare una leggera smorfia mentre cambiava lato su cui dormire. I piedi gli uscivano dal divano, penzolando dal bracciolo, e il cacciatore scommise che a breve sarebbero apparsi due calzini dal nulla, ‘per magia’, perché Magnus era capace di far comparire le cose anche senza rendersene conto. Ricordava ancora quando una notte si era ritrovato un’anatra in camera solo perché il fidanzato sognava di metterla nel letto di Jace. Alec ridacchiò a quel pensiero.
Quelle erano tutte piccolezze che non facevano che accrescere il suo amore. Ancora ricordava come si sentiva quando Magnus era solo un nome dentro la sua testa, un’informazione, un nascosto da evitare; come viveva, dedito al suo parabatai e alla protezione della famiglia; come si odiasse, nel profondo, e non riuscisse ad ammettere a se stesso la sua natura. Se di ‘natura diversa’ si potesse parlare. Ora aveva capito quanto quel pensiero fosse stupido. Ora aveva capito quanto il suo cuore potesse amare, e mai ci avrebbe rinunciato.
Ma anche questo Alexander non lo avrebbe mai detto ad alta voce. 
-Sono esattamente settantasei minuti che mi fissi, guanciotte dolci-
Il sussurro di Magnus fece sobbalzare Alec, e lo stregone, ancora con gli occhi chiusi, liberò un sorriso divertito. Gli occhi verde da gatto si socchiusero e il cacciatore riuscì a leggervi dentro un sano divertimento.
-E sono esattamente settantasei minuti che so che non stavi dormendo-
Magnus non rispose, né si mosse dal divano. Rimase sdraiato, il volto verso Alec, e continuò a fissarlo negli occhi, a guardare la sua figura elegante seduta sulla poltrona. Sembrava una statua di perfetto marmo, la perfezione messa a sua disposizione.
-Sai che cosa significa “saranghae”, Magnus?-
Lo stregone alzò un sopracciglio e dissenti con il capo, mentre Alec prendeva un sorso di vino dal calice. 
-E’ una parola coreana. Il suo significato è profondo, anche se come in tutte le altre lingue del mondo viene spesso a perdere d’effetto-
Magnus si mise a sedere e appoggiò un braccio alla spalliera del divano. I capelli neri erano tutti scomposti e Alec ebbe un moto di tenerezza a guardalo.
-Cosa significa?-
-C’è chi dice che significhi “ti amerò fino alla morte”, chi solo “ti amo”, ma tutto ruota intorno a questo: l’amore-
Magnus sorrise, mentre Alexander si alzava dalla poltrona e andava a mettersi accanto al fidanzato. Sfiorò con le dita bianche i suoi capelli scuri e se ne attorcigliò una ciocca intorno all’indice. Stavano diventando lunghi. 
-Cosa vorresti dirmi con questo, fiorellino?- sussurrò lo stregone e Alec sorrise.
-Che ti amerò per davvero fino alla morte. Che se io ti dico ‘saranghae’ lo faccio perché lo penso sul serio. Che respirerò la tua stessa aria finché potrò e che accarezzerò i tuoi capelli finché l’Angelo me lo permetterà. Raccoglierò le tue lacrime, se mai ce ne sarà bisogno. Ricorderò i tuoi sorrisi. Ascolterò i tuoi problemi. Ti porgerò una mano se cadrai e non riuscirai ad alzarti da solo. Sarò il tuo sostegno per qualunque cosa-
Magnus spalancò leggermente la bocca, gli occhi strabuzzati dalla sorpresa perché davvero, un discorso del genere così dal nulla non se lo sarebbe mai aspettato. Alec, al suo fianco, aveva una solennità in volto che appariva meravigliosa, e lo stregone poteva sentire chiaramente le lacrime spingere ai bordi degli occhi. Non piangeva mai, ma l’amore faceva fare cose inaspettate. Sorrise, e accarezzò la guancia pallida di Alexander con le punte delle dita. 
-Cosa ho fatto per meritarmi un angelo?- sussurrò, e il cacciatore arrossì impercettibilmente.
-Io sono tutto fuorché un angelo, Magnus- 
-Tu sei il mio angelo personale. Un miracolo che mi è stato donato, forse senza meritarmelo-. Magnus deglutì. -Un angelo che mi verrà portato via-
Alec abbassò lo sguardo e afferrò la mano del fidanzato, pelle chiara fusa con quella più scura. Non affrontavano quell’argomento da tanto, cercavano di evitarlo in tutti i modi, ma il fantasma della morte aleggiava su di loro come una presenza scomoda. Alec era ancora giovanissimo, ma la vita da cacciatore era probabilmente una delle meno sicure e questo Magnus lo sapeva bene.
-Il fatto che un giorno io me ne andrò non mi impedirà di vegliare su di te- sussurrò Alec. -Da lassù ti sarò sempre vicino-
-Allora si che sarai davvero il mio angelo-
Il moro rise, gli occhi blu si illuminarono, e Magnus strinse di più quelle dita portandosele alle labbra. Le baciò dolcemente, per poi lasciarsi scivolare fino ad abbandonare la testa sul grembo del fidanzato.
-Ma per ora sei qui, e lo sarai ancora per tanto tempo. Perciò veglia su di me come solo tu sai fare-
Alec sorrise.
-Amami, come solo tu sai fare-
  
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