Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: FAT_O    01/05/2015    3 recensioni
Dopo più di duemila anni di dominazione, la divinità ermafrodita Cambìsex può finalmente godere dei frutti del suo duro lavoro. Il continente abitato dai suoi seguaci, la Serotheia, sta conoscendo un periodo di pace e prosperità, che sembra destinato a protrarsi per un lungo tempo. Nulla lascia presagire che ben presto il continente sarà colpito da una crisi di proporzioni inimmaginabili, che porterà Cambìsex, le altre divinità e tutti i serotheiani a dover lottare per ciò che più sta loro a cuore. Le vicende degli dei si intrecciano alla lotta per la redenzione del cinico avventuriero Cole, agli sforzi del Sommo Sacerdote Vermann per salvare la sua gente e al folle viaggio del suo amico e consigliere Locknoy, con lo scopo di capire le cause della crisi e trovare per essa una soluzione. A poco a poco, le trame si dipaneranno, giungendo infine a mostrare il loro fondamentale collegamento, insieme alla risposta che un intero universo attende fin dalla sua remota origine. E a un cambiamento che non lascerà nessuno indenne.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Prologo
 
La sala sotterranea era illuminata da lampade a gas, che ne rischiaravano alcune parti, accentuando tuttavia l’oscurità delle zone in cui la luce non riusciva a penetrare. Parte della stanza era occupata da una decina di uomini, ritti in piedi, in silenzio, osservando chi con attenzione, chi con apprensione una cabina cilindrica di vetro opaco, di dimensioni sufficienti ad ospitare un uomo in piedi. Davanti alla cabina, si trovavano altri due uomini, che fissavano il piccolo assembramento di fronte a loro. Uno doveva avere all’incirca cinquant’anni, era di statura media, magro, con i capelli castani ingrigiti nella zona delle tempie. Aveva la bocca incurvata in una sorta di sorriso, o forse un ghigno. Gli occhi erano freddi, privi di emozione. L’altro uomo, invece, era sulla trentina, basso e grassoccio. I suoi acquosi occhi grigi scrutavano ciò che lo circondava, svagati, interessati apparentemente solo a dettagli di poco conto. Sembrava essere l’unico a disallinearsi dal senso di attesa che pareva permeare tutto il resto della stanza. D’un tratto, il primo uomo prese la parola, spezzando il pesante silenzio: “Fratelli, il giorno è giunto. Stiamo per sperimentare il frutto del nostro alacre operato. Dal risultato di questa prova, è superfluo che ve lo dica, dipenderà la prosecuzione delle vite di tutti noi. Percepisco la vostra impaziente, quasi ansiosa attesa. Come biasimarvi, del resto. Io stesso la condivido, e non certo in misura minore. Ma prima di procedere, vorrei ringraziare ciascuno di voi. Il lavoro di questi anni è stato faticoso, talvolta frustrante, talvolta è persino apparso privo di sbocchi. Eppure, nessuno di voi ha rinunciato, nessuno ha smesso di credere in ciò che facciamo, ed è per questo che oggi siamo qui. Per questo che ci apprestiamo a scoprire, se davvero le nostre ricerche ci abbiano permesso di sintetizzare l’immortalità.” Detto questo, l’uomo fece una pausa e scrutò rapidamente i volti dei componenti del suo uditorio. Riscontrò soddisfatto che pendevano dalle sue labbra, e proseguì: “All’inizio del nostro percorso, tante erano le domande, e non solo di carattere scientifico, che attanagliavano le nostre menti. Davvero un prodotto come il nostro poteva apparire desiderabile? Di certo, noi eravamo in grado di immaginare i limiti di un’esistenza destinata a protrarsi all’infinito. Ma la verità, miei cari signori, è che noi non rappresentiamo un campione attendibile di quella che è la vera meraviglia del nostro tempo, la mediocre, stolta umanità! Abbiamo guardato in faccia la realtà, giungendo all’unica risposta accettabile: gli uomini sono stupidi, e questo ci renderà ricchi.” Tra gli scienziati davanti a lui vi fu qualche risatina, poi tutto tacque nuovamente. L’uomo riprese, con un tono di voce più basso: “E perciò, giunti a questo punto, direi che non resta altro che procedere con l’esperimento, se voi tutti siete d’accordo.” Vi furono vigorosi cenni d’assenso da parte dell’uditorio. Le labbra dell’uomo che aveva parlato si incurvarono in un ampio sorriso, che tuttavia non si estese ai suoi occhi. Poi lo scienziato, rivolto all’uomo accanto a lui, disse con tono autoritario: “Lenny, entra nella cabina.” L’altro, che fino a quel momento era parso non ascoltare nulla di ciò che veniva detto, sentendosi chiamato in causa, come inconsapevole del palese disprezzo dell’altro nei suoi confronti, rispose con una voce nasale ma tonante: “Sì, Clev!” Le due parole parvero rimbombare in tutta la stanza, mentre Lenny entrava nella cabina. Clevidon si rivolse nuovamente a lui: “Adesso chiuderò la porta. Una volta dentro, dovrai togliere tutti i vestiti, piegarli e appoggiarli da una parte. Dopo un po’, vedrai del fumo colorato riempirla, ma non devi avere paura. Non ti farà del male. Per nessuna ragione devi aprire la porta. Quando sarà tutto finito, sarò io ad aprirla. E’ tutto chiaro?” L’altro rispose annuendo vigorosamente: “Sì Clev!” Clevidon sospirò, quindi fece scorrere la porta della cabina fino a sigillarla. Poi si volse verso un angolo della stanza, immerso nell’ombra e disse con tono imperioso: “Accendi la caldaia.” Dall’ombra uscì un automa di forma umanoide, il cui corpo metallico era stato coperto di stoffa per dare l’impressione che indossasse degli abiti. Sul capo portava una parrucca di boccoli biondi, ad esso saldamente incollati. Aveva occhi di vetro illuminati da bagliori azzurri, una bocca stilizzata incurvata verso l’alto da cui uscivano dei piccoli coni metallici simili a canini e al posto del naso una sorta di breve proboscide di gomma. Nell’insieme appariva piuttosto grottesco, a tratti inquietante. Tuttavia, era opinione comune che automi come quello fossero molto utili, e quindi se ne accettava il curioso aspetto fisico. La macchina si avvicinò alla piccola caldaia a carbone situata dietro la cabina e la accese. Sopra la caldaia, c’era una bacinella posta alla base di un tubo che conduceva verso l’alto, per poi sbucare nel soffitto dell’abitacolo. All’interno della bacinella, si trovava il prodotto di anni e anni di lavoro: il liquido che, se tutto avesse funzionato secondo le previsioni, avrebbe reso Lenny, cavia dell’esperimento, immortale. Il liquido andava vaporizzato perché tutto il corpo potesse essere sottoposto alla sua azione. Mentre il carbone bruciava, avvicinando sempre più il momento in cui sarebbe stato chiaro se l’esperimento fosse andato a buon fine o meno, gli scienziati si erano lentamente avvicinati alla cabina. La tensione era palpabile. Poi, d’improvviso, dalla cabina si sentì uscire un suono sordo e potente. Prima che potessero interrogarsi sulla sua causa, tutti i presenti sentirono che l’aria smetteva di affluire ai loro polmoni. I loro volti si riempirono di panico e sconcerto, mentre le mani correvano istintivamente alla gola. Senza mai capire cosa fosse accaduto, gli scienziati si accasciarono al suolo, privi di sensi. Nel giro di pochi minuti, erano tutti morti. Fuori dalla cabina, solo una cosa si muoveva ancora. L’automa, rimasto apparentemente indenne, si chinò ad osservare i corpi morti dei suoi padroni. Poi si alzò di scatto, e si avviò verso l’uscita senza mai voltarsi indietro.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: FAT_O