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Autore: risakoizumi    02/05/2015    6 recensioni
La mia breve vita è stata un susseguirsi di momenti di gioia e infelicità.
La sofferenza è quella che ricordo meglio e che è stata al centro delle mie giornate per lungo tempo.
Una volta ero soltanto l’ex ragazza di Sam dal cuore spezzato e che nessuno sopportava.
Adesso mi sento una persona diversa.
Sono più forte, sento che niente può distruggermi. Sono padrona della mia vita. La triste e collerica ragazza di La Push si è trasformata in una persona nuova.
Osservo il ragazzo che sta in piedi accanto a me. I suoi occhi sembrano sorridermi, come sempre.
"Sei pronta?" mi chiede, prendendomi per mano.
"Sì". Ricambio la sua stretta sicura e familiare.
Il momento è arrivato, ma non ho paura. Santo cielo, sono Leah Clearwater! Dovrebbero essere loro ad avere paura di me!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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In ritardo, come sempre, ecco il capitolo e, come sempre di nuovo, chiedo scusa :(
Non è uno dei miei capitoli preferiti :P
Buona lettura!



<< Bellezza, che cosa fai tutta sola? >>.
Un uomo sulla trentina mi sta abbordando. Non posso crederci, queste cose capitano sempre nei film alle ragazze sfigate che si ubriacano al bancone di un bar – come me in questo momento, in effetti. Sono in una cittadina sperduta e sto cercando di affogare i miei dispiaceri nell’alcol senza successo: sono persino più lucida di prima. Continuo a girovagare da una città all’altra da un bel po’ ormai, senza uno scopo preciso. Forse dovrei tornare a casa. Osservo il tizio: è un ragazzo con occhi e capelli marroni, molto carino. Questa è la parte in cui io gli dico che non sono interessata. E se invece lo fossi? Per un attimo mi attraversa l’idea di lasciarmi sedurre da lui, ma l’accantono subito. Non sono questo genere di ragazza: non devo perdere di vista chi sono solo perché sono stata ferita di nuovo.
<< Non sono interessata >> affermo, appoggiando il mio bicchiere vuoto sul bancone.
<< Perché una ragazza bella come te dovrebbe ubriacarsi? >> chiede il tizio.
<< Non sono affari tuoi >>.
L’uomo si siede accanto a me e mi guarda con un luccichio negli occhi.
<< Sei stata scaricata? >>.
<< Non ho voglia di fare conversazione >>.
<< Se hai bisogno di un po’ di “consolazione”, mi offro volontario >>.
<< Ho detto che non sono interessata, va a importunare qualcun altro >>.
Mi accorgo che sta per mettermi una mano sulla coscia, così gli afferro il braccio e glielo piego dietro la schiena. Il bel viso dell’uomo si contorce per il dolore e mi guarda impaurito.
<< Torna da dove sei venuto >> gli dico, minacciosa. Cerca di liberarsi ma non ci riesce.
<< Che succede qua? >>. Si avvicina un uomo grande e grosso.
<< Il mio amico ed io stiamo discutendo >> dico, sorridendo falsamente, mentre il mio “amico” inizia a sudare.
<< Dovete discutere fuori se non vi dispiace >>.
<< In realtà mi dispiace ehm … >> leggo il nome sulla targhetta appesa al suo petto << Eugene >>.
<< Non costringermi a usare le maniere forti, sei una ragazza >>.
<< Credi che essendo una ragazza sia innocua? >> chiedo, offesa.
<< Non voglio farti del male >>.
<< Ti assicuro che sarai tu quello che si farà male >>.
<< Esci dal locale >>.
<< Non mi sposterò da qua, Eugene. Che razza di nome è per un buttafuori? >> lo prendo in giro.
<< Ok, fine del divertimento >>. Eugene si fa avanti, grosso come una montagna e tende la mano per afferrarmi, ma io la blocco: non si sposta di un millimetro. Usa anche l’altra mano e allora sono costretta a lasciare il mio ostaggio. Spingo Eugene all’indietro e questo barcolla leggermente. Nel frattempo il mio amico seduttore, che si trova dietro di me, mi afferra per tenermi ferma.
<< Toglimi le mani di dosso! >>. Lo prendo dalla gabbia toracica e, facendogli fare una capovolta sopra di me, lo schianto contro il pavimento. Non si alza più. Eugene si avventa su di me ma non riesce a prendermi. Inizia a cercare di colpirmi ma anche quello non gli riesce e il suo viso diventa rosso per la rabbia. Alla fine, quando è sfinito, gli do un pugno e cade a terra. Mi accorgo che mi stanno guardando tutti in quel piccolo locale.
<< Vi è piaciuto lo spettacolo? Qualcun altro vuole farsi avanti? >> chiedo, a voce alta. La porta del bar si apre improvvisamente e si fa avanti una figura incappucciata.
<< Io >>.
Le mie labbra si piegano in un sorriso. << E’ da un po’ che non ci vediamo >>.
***
Qualche settimana prima
Alexander
 
<< Alex, ci sei? >>.
<< Sì >>.
<< Allora dobbiamo andare da questa parte, giusto? >>.
Annuisco ma non riesco a concentrarmi. Sto per incontrare mia moglie. Sto per incontrare mia moglie. Me lo ripeto più volte per concentrarmi. Non so perché sono distratto. Sono felice, molto felice. La donna a cui ho dedicato quasi tutta la mia vita è viva, devo concentrarmi su di lei. Siamo arrivati ad Atlanta poco fa e ci stiamo aggirando diffidenti per la città: stiamo raggiungendo il luogo dell’incontro e siamo in anticipo di circa un’ora. Tutti i miei amici sono qui, così come mio padre e Clara. Non riesco ancora a credere che quei due mi abbiano potuto nascondere qualcosa di così importante, non li ho ancora perdonati. Non riesco nemmeno a credere che mia moglie non abbia confidato i problemi che stava avendo a me. Noi ci siamo sempre detti tutto, abbiamo vissuto come una sola mente e un solo corpo, il nostro rapporto è sempre stato basato sulla fiducia reciproca. Mi ha mentito e, nonostante l’abbia fatto per me, sono molto arrabbiato e deluso. Ho forse cinque anni? La nostra differenza di età non è mai stata un problema, eppure adesso mi sorge il dubbio che per lei, forse, lo fosse. Non sono forse un uomo? Non sono forse in grado di proteggere mia moglie? O di badare a me stesso?
<< Di qua >> dico, indicando una strada poco affollata.
Il viaggio non è stato per niente piacevole: ho cercato di ignorare mio padre e Clara e i miei amici si sono sentiti in dovere di tirarmi su di morale. Voglio loro un gran bene ma non riescono a non essere invadenti. Inoltre non sono io quello che dovrebbe essere consolato, anzi, io sono contento perché sto per rivedere la donna che amo … anche se dentro di me ci sono dei sentimenti contrastanti che mi turbano. Una parte di me esulta, l'altra sanguina e la mia mente torna a quella straordinaria ragazza che mi ha detto addio qualche giorno fa.
Leah Clearwater: ho cercato di non pensare a lei ma non è stato facile. Il suo “Ciao, Alexander. Grazie per avermi seguito” è rimasto impresso nella mia mente. Era così triste, anche se cercava di non darlo a vedere. Le ho spezzato il cuore: come potrà mai perdonarmi? Come potrò mai io stesso perdonarmi? Come ho potuto farle una cosa del genere? Leah è entrata nella mia miserabile esistenza e ha sconvolto tutto.
Non so cosa mi abbia spinto a tornare a casa: avrei potuto continuare a bighellonare in giro per il mondo, sperando di trovare qualcosa per cui valesse la pena vivere. Che senso aveva la mia esistenza se la persona alla quale l'avevo dedicata era morta? Non riuscivo a sentire nulla. Ma sono tornato a casa e poi, una sera, eccola lì: Leah mi ha salvato da alcuni succhiasangue e qualcosa è scattato dentro di me. Quella ragazza aveva destato il mio interesse, non potevo lasciarmela sfuggire. Se non fossi tornato indietro non l'avrei mai incontrata: lei avrebbe proseguito con la sua fuga dalla sua casa e io sarei stato ancora a spendere la mia vita a non far nulla.
Invece ci siamo incontrati. Chissà se rimpiange quel giorno: se non mi avesse mai conosciuto non avrebbe sofferto di nuovo. Con la sua lingua tagliente, i modi da maschiaccio, la forza di un essere immortale e la sua particolare bellezza ha conquistato subito non solo me, ma anche mio padre e i miei amici. Credo che non sia stata apprezzata abbastanza nel posto da cui viene. Giorno dopo giorno è diventata per me sempre più importante senza che io me ne accorgessi: uscivo ogni sera con una ragazza diversa alla ricerca di qualcosa che avevo già trovato. E' una donna forte e coraggiosa. Non dimenticherò mai quel giorno in cui finalmente mi ha raccontato di Sam e poi si è addormentata sulla mia spalla, fiduciosa. Credo che sia stato quello il momento in cui mi sono reso conto che stavo iniziando ad amarla: mi sono stupito io stesso di riuscire a provare ancora qualcosa del genere. Inizialmente mi sono sentito in colpa: stavo forse dimenticando Emma? Poi, a Natale, ho capito che l’amicizia non mi bastava più e ho fatto il salto nel vuoto.
Sapevo che Leah aveva amato Sam per tanto tempo, ma speravo che lei avesse iniziato a provare per me quello che io provavo per lei e, quando non mi ha respinto, ho capito che era così. Ho accettato il fatto che mia moglie era morta: non l’avrei mai dimenticata, ma ero sicuro che avrebbe voluto che andassi avanti con la mia vita ed era quello che stavo finalmente facendo.
Tuttavia tutto quello che stava nascendo tra Leah e me, qualcosa di più profondo di quanto avessi immaginato, è stato spazzato via nel momento in cui ho scoperto che Emma era viva. Non rimpiango nemmeno un momento di quelli che ho passato con Leah; tuttavia non riesco a immaginare una vita in cui mia moglie sia viva e in cui io non sia al suo fianco: per lei ho rinunciato alla mia umanità. Come potrebbe essere possibile per me non stare con lei? D’altronde quanto è difficile lasciare andare qualcuno che si ama?
<< Dovrebbe essere questo >> dice Edgar, indicando un palazzo alto e fatiscente.
<< Sì >> dico, annuendo. Ci avviciniamo ancora ma ci guardiamo tra di noi: avvertiamo la presenza di esseri viventi in quella struttura. Non facciamo che qualche passo quando due uomini e una donna si lanciano da delle finestre del secondo piano e atterrano accovacciati davanti a noi. Si alzano con aria minacciosa; sono vestiti tutti di nero. La donna è piuttosto bassa, ha i capelli viola scuro, corti, e ha in bocca una gomma da masticare. E’ molto carina. Per un attimo mi viene in mente l’orribile ciocca viola nei capelli di Leah. I due uomini, invece, sono alti, magri e si assomigliano molto.
<< Siete in anticipo >> dice la donna, guardandoci a uno a uno. Ha la voce e l’aria di una dura. E’ messa al centro e i due uomini sono ai suoi lati. Quando i loro sguardi si soffermano su Clara fanno una smorfia di disgusto, ma non sembran0 stupiti di vederla tra noi. Dall’odore abbiamo la conferma: sono dei licantropi.
<< In queste particolari circostanze nessuno arriva mai in ritardo >> sbotto, facendomi avanti.
La donna fa un sorrisino, guardandomi e masticando.
<< Benvenuto, Alexander Harvey >> dice. << Sei più carino di presenza >>.
Di presenza? Dove mi avrebbe già visto? Serro i denti. << Ci è stato inviato un messaggio da alcuni ricattatori. Suppongo che siate voi >>.
<< Perspicace >> mi prende in giro.
<< Emma è qui? >> chiedo.
<< Sì >>.
Sono un po’ agitato ma cerco di non darlo a vedere.
<< Che cosa volete da noi? >>.
<< Seguiteci >> dice la donna, voltandosi per entrare dentro l’edificio. I due uomini la seguono.
Guardo i visi dei miei compagni di viaggio e poi ci incamminiamo dietro di loro. L’edificio dentro è pulito, nonostante l’aspetto esteriore. E’ pomeriggio e la luce entra dalle numerose finestre. Non si vede nessun altro in giro, ma avverto la presenza di parecchi licantropi. Seguiamo il trio per le scale fino ad arrivare al sesto piano. Veniamo condotti dentro a una grande stanza dove troviamo un lunghissimo tavolo e lì, seduti a quel tavolo, ci sono otto licantropi. I tre licantropi che ci hanno accolto si posizionano dietro una giovane donna dai lunghi capelli neri e lisci che sta seduta a capotavola, come se fossero delle guardie. Tutti i licantropi in quella stanza ci fissano. La donna dai capelli neri si alza e allarga le braccia come per darci il benvenuto. Ha un sorriso benevolo stampato in volto.
<< Benvenuti >>. Fa una pausa. << E’ un piacere fare la vostra conoscenza >>.
E’ altissima, con dei penetranti occhi verdi e dei lineamenti troppo marcati perché possa essere definita bella, ma è sicuramente affascinante.
<< Beth, quel ragazzo sarebbe Alexander? >> chiede, indicandomi.
La donna con i capelli viola risponde di sì.
<< Eccellente. Quella è la sorella succhiasangue. Quell’altro è il padre del ragazzo e quelli sono gli altri membri del branco? >>.
<< Esatto. Clara, Thomas, Beatrix, Edgar, Max e William >> dice sicura Beth, indicandoci con il dito.
Nessuno di noi mostra il minimo segno di stupore.
Mio padre si fa avanti. << Chi siete? >>.
<< Oh, Thomas, non riesci a capire le nostre intenzioni nei vostri confronti? >> chiede Karen.
<< Cerchi di farci spaventare facendoci capire che conosci i nostri doni? >> sbotta William.
<< Lungi da me l’idea di spaventarvi. Volevo solo confermare quello che so su di voi >> dice, con tono innocente, continuando a sorridere. << In ogni caso, sono proprio una maleducata, non vi ho ancora detto il mio nome. Mi chiamo Karen e sono il capo di questo branco. Desiderate una tazza di tè? Qualcosa da mangiare? Non so se possiamo trovare qualcosa per la succhiasangue. Beth, gli ostaggi dell’altro giorno … >>.
<< Non siamo venuti qui per sorseggiare tè e mangiare pasticcini o persone >> la interrompo.
Karen scoppia a ridere. << Che ragazzo impaziente. Bene, vi dirò subito il motivo per cui vi abbiamo invitati nella nostra dimora >>.
Invitati, eh. << Se è così che vuoi chiamare il tuo ricatto >> borbotto.
<< Mi sembrate alquanto diffidenti. Sedete al nostro tavolo e conosciamoci meglio >>.
<< E’ difficile fidarsi di qualcuno che prende in ostaggio tua moglie >> ribatto.
<< Stiamo meglio in piedi >> aggiunge Thomas.
<< Bene, come desiderate. Veniamo al dunque: circa un mese fa eravamo in Europa, in Francia >>.
<< Oh, eravate a fare una gita, informazione interessante >> dico, sarcastico.
<< Stai zitto, ragazzino >> ringhia Beth.
<< Lascialo stare, è solo un ragazzo impudente >> afferma Karen, con sufficienza.
Mio padre mi mette una mano sul braccio. << Ascoltiamo cosa hanno da dirci >>.
Annuisco. Ha capito che sto per perdere la pazienza: devo calmarmi.
<< Stavo dicendo che eravamo in Francia >> riprende Karen. << Quando ci siamo imbattuti in Emma. Sembrava una fuggitiva. Così l’abbiamo fermata per saperne di più. Lei ha cercato di scappare da noi ma senza riuscirci. Le abbiamo chiesto chi fosse e da chi stesse fuggendo ma non ha voluto rispondere. La cosa che ci ha incuriosito parecchio è che Beth, che ha il dono di “vedere” tutto quello che una persona ha mai visto nella sua vita semplicemente toccandola, non è riuscita a vedere niente in lei. Ci è sembrato molto strano. Allora James >>, Karen indica un licantropo seduto al tavolo, un ragazzo magro dai lineamenti asiatici, << che riesce a capire che doni abbia una persona, ha affermato che Emma era uno scudo. A questo punto è intervenuto Nikolai, che al momento non è qui, e ha annullato il potere di Emma – sì, avete capito bene, lui riesce ad annullare qualsiasi potere conoscendo quale sia – e così finalmente Beth è riuscita a “vedere”: abbiamo scoperto che Emma non è uno scudo qualsiasi. Abbiamo capito subito quanto fosse preziosa, che cosa avrebbe significato per tutti noi. Inoltre stava scappando dai Volturi per tornare da voi, un gruppo di licantropi molto dotato e abbiamo valutato i vantaggi di avervi come nostri alleati. Sappiamo molte cose su di voi >>.
<< Emma è riuscita a scappare dai Volturi? Come ha fatto? >> chiedo.
 << Sarà lei stessa a raccontarvelo, adesso non abbiamo tempo per queste sciocchezze >>.
<< Volete usare Emma. Volete usare tutti noi >> li accusa William.
<< Non vogliamo usarvi, vogliamo solo che combattiate con noi >>.
<< Combattere contro chi? >> chiede Beatrix.
Karen fa il giro del tavolo per avvicinarsi a noi; i suoi lunghi capelli lisci ondeggiano dietro di lei. Sembra una guerriera. Anche lei è vestita tutta di nero.
<< Noi tutti in questa stanza abbiamo un nemico comune >>.
I licantropi seduti al tavolo sembrano immobili.
<< Quale nemico? >> chiedo.
<< Sapete benissimo chi è il nostro nemico. Anzi, chi sono i nostri nemici: i Volturi. Inoltre non sono nemici solo dei licantropi, ma anche di molti succhiasangue >>. Lo sguardo di Karen si sofferma su Clara.
<< Che i Volturi si siano divertiti a sterminare la nostra specie non è una novità >> dico.
Karen mi guarda. << E questo ti sta bene? A tutti voi sta bene vivere in attesa che la loro caccia al licantropo ricominci? Ti sta bene che abbiano catturato tua moglie e che l’abbiano tenuta prigioniera per tutti questi anni? >>.
<< Non mi sta bene neanche essere ricattato da te >>.
<< Non vedo cosa potremmo fare >> aggiunge Edgar.
Karen lo guarda. << Quello che io … che noi non vogliamo fare è aspettare che loro ci eliminino dalla faccia della Terra. Noi non riconosciamo la loro autorità, sono degli arroganti impostori che credono di comandare il mondo e le nostre vite >>.
Le sue parole sono piene di rancore.
<< Sapete quanti anni ho? >> continua. << Ho ottocento anni. Quanti secoli dovrò ancora passare a nascondermi? >>.
<< Che cosa vorresti fare? >> chiede Clara. E’ la prima volta che parla.
<< Io voglio spodestarli >>.
La fisso come se fosse una pazza delirante.
<< Dieci anni fa ho incontrato Beth, il mio braccio destro >> continua.
Beth continua impassibile a masticare la sua gomma, guardandoci con arroganza.
<< Come me, anche lei aveva perso molto a causa dei Volturi. Abbiamo scoperto di avere lo stesso desiderio: un mondo senza Volturi. Quello che prima era solo un sogno ha iniziato a prendere forma col passare degli anni. Molti licantropi talentuosi erano d’accordo con il nostro pensiero e si sono uniti a noi. E’ questo che facciamo: reclutiamo licantropi >>.
<< Come pensate di sconfiggere un intero esercito di vampiri dotati di straordinari poteri? >> chiede Thomas.
<< E’ una follia >> sussurra Beatrix.
<< Sapete meglio di me che loro non sono gli unici ad avere dei doni. Anche tra di noi c’è molto talento >>. Karen si sofferma su di me. << Vero, Alex? >>.
<< Non riuscirete mai a sconfiggerli >> dico.
<< Ti sbagli. Possibile che non comprendi? Emma è colei che ci farà vincere questa guerra. Immaginate che lei ci avvolga tutti con il suo scudo. Ognuno di noi potrebbe avere tutti i poteri degli altri. Chi potrebbe mai sconfiggerci? >>.
<< Emma non riesce a tenere così tante persone sotto lo scudo >>.
<< Riuscirà a tenerne quanti ne bastano >> ribatte Karen, categorica. I suoi occhi brillano, sembra una fanatica ribelle.
<< E se noi non volessimo avere niente a che fare con questa vostra guerra? >> chiede Thomas.
<< Bè, in tal caso … >> Karen fissa freddamente mio padre che fa una smorfia. Non è necessario avere il suo dono per capire le conseguenze di un nostro rifiuto.
<< Potrei iniziare dalla vostra cara Emma >> mormora Karen, minacciosa.
<< Non ci faremo uccidere da voi senza combattere >> sbotto.
<< Voi avete talento, ma vi garantisco che contro di noi perdereste >>.
<< Facci capire: o vi aiutiamo o ci ucciderete tutti? >> chiedo.
<< Non è così terribile come sembra, se ci pensate bene anche voi vorreste porre fine al dominio assoluto dei Volturi. Stiamo tutti dalla stessa parte >>.
<< Non mi piace partecipare a una causa solo perché mi minacciano >>.
<< La minaccia è solo un incentivo. In fondo, dentro di voi, anche voi sapete che abbiamo ragione. Vi voglio tutti nel mio branco, inclusa la succhiasangue >>.
<< Non ci avete ancora detto dov’è Emma >> dice mio padre.
<< E’ in questo edificio >>.
<< Vogliamo vederla >> aggiungo.
<< La vedrete quando ci avrete assicurato che vi unirete a noi >>.
<< Non ci uniremo a voi fin quando non l’avremo vista >> ribatto.
<< Forse non avete ancora capito che non siete voi a comandare. Potrei far uccidere Emma proprio adesso >>.
<< Come hai detto prima, lei ti serve, non credo che la uccideresti >>.
<< Potrei sempre mutilarla. O potrei uccidere uno di voi >>.
<< Devi solo provarci >> dico, in un ringhio, avvicinandomi leggermente.
<< Calma, calma >> interviene mio padre, mettendosi tra me e Karen. I licantropi di Karen sono in allerta. << Nessuno ucciderà nessuno. Karen, possiamo chiederti di darci qualche minuto per parlare? >>.
Karen fa un cenno di assenso ma ha un’espressione contrariata.
Usciamo dalla stanza, scendiamo le scale e torniamo fuori.
<< Possono ascoltarci anche da qui >> borbotto, lanciando un’occhiataccia verso l’edificio dal quale siamo appena usciti. Siamo lontani dalla strada principale, è un posto abbastanza isolato: i licantropi hanno scelto bene il loro quartier generale.
<< Parleremo pianissimo >> dice mio padre, sussurrando. Sono sicuro che non sia udibile ad orecchie umane. Ci sentiranno comunque?
<< Clara, che te ne pare? >> chiede, poi.
<< Ci sono molte scie di licantropo ma non sono riuscita a distinguere quella di mia sorella >>.
<< Nemmeno io, ma so che stanno dicendo la verità >>.
<< Hanno dei doni particolari, magari riescono a conquistare la tua fiducia senza doversi impegnare troppo >> dico.
<< Voi cosa ne pensate? >> chiede mio padre agli altri.
<< Secondo me dovremmo accettare. Non abbiamo altra scelta >> afferma William.
<< Dovremmo fare una guerra contro i Volturi? >> esclama Max.
Beatrix stringe la mano di Edgar.
<< Papà, non c’è un modo per liberare Emma – ammesso che davvero sia qui – e per non dover combattere con loro? >>.
<< Non credo che ci lasceranno andare e io non voglio che combattiamo contro questi licantropi, non sappiamo quanto siano forti. Hai sentito Karen? Pare che abbiano degli ottimi doni. Quante probabilità ci sono che riusciamo a sconfiggerli uscendone indenni e liberando Emma? >>.
<< Quante probabilità ci sono che non ci uccideranno loro ma lo faranno i Volturi? >> ribatto.
Mio padre si avvicina a me, guardandomi con i suoi occhi azzurri. << Alex, non abbiamo altra scelta. Intanto accettiamo e poi cercheremo di tirarcene fuori in qualche modo, se possibile >>. Mio padre mi dice queste parole quasi solo con il labiale. Poi si rivolge agli altri. << Tuttavia voi siete liberi di scegliere cosa fare. Non voglio prendere la decisione per tutti >>.
<< Thomas, io sono con te >> dice subito Edgar.
<< Se abbiamo deciso di venire fin qui è perché noi siamo una famiglia e la famiglia non si abbandona mai nel momento del bisogno. Sono con te anche io >> afferma Beatrix.
<< Lo stesso vale per me >> mormora Max.
<< Non c’è bisogno che chiediate il mio parere: farei qualsiasi cosa per mia sorella >> dice infine Clara.
Mio padre annuisce. << Allora siamo d’accordo >>.
Rientriamo dentro –incontriamo qualche licantropo che ci osserva mentre camminiamo - saliamo di nuovo le scale fino ad arrivare alla stanza di prima. Karen è nella stessa identica posizione in cui l’abbiamo lasciata.
<< Allora? >>.
E’ mio padre a parlare. << Combatteremo con voi >>.
Le labbra di Karen si piegano in un sorriso. << Saggia decisione >>.
Cerco di rimanere impassibile ma sono molto, molto contrariato. Voglio vedere mia moglie, voglio sapere cosa le è successo negli ultimi anni e come è finita tra questi pazzi. La mia pazienza è finita.
Sto per parlare quando Karen mi anticipa. << Adesso vi mostrerò che la vostra amica è qui >>.
<< Sarà meglio per te che stia bene >> mormoro, minaccioso.
<< Ragazzo, faresti bene a calmare il tuo temperamento >> mi minaccia Beth.
<< Da questa parte >> dice Karen, sorridendo.
Karen ci fa strada, seguita da Beth e dai due uomini che la seguono da quando siamo arrivati qui. Usiamo di nuovo le scale: stavolta scendiamo giù, fin sotto l’edificio. E’ illuminato a stento ma ci vediamo tutti bene. Arriviamo in un lungo corridoio all’inizio del quale si trova un ragazzo lentigginoso seduto su una sedia. Sta leggendo un fumetto. Ovviamente è un licantropo.
<< Karen >>.
<< Jim >>.
Proseguiamo mentre lui continua a leggere, incurante. Ci sono diverse stanze, ma al posto delle porte ci sono delle sbarre come quelle delle celle di una prigione. In alcune di queste ci sono delle persone. Arriviamo alla fine del lungo corridoio e ci fermiamo in corrispondenza dell’ultima stanza a destra. Qui c’è una spessa porta di acciaio. Karen la apre e mi rendo conto di essere agitato. Non c’è nessuno dentro. E’ una stanza spoglia.
La guardiamo tutti con diffidenza.
<< Jim >> mormora lei.
<< Agli ordini, capo >> risponde il ragazzo che leggeva i fumetti all’inizio del corridoio.
Subito dopo, nella stanza che prima era spoglia, compaiono dei mobili e insieme a questi due persone: un uomo grande e grosso in piedi e una ragazza seduta sul letto. Riconosco subito l’odore, non lo percepivo da anni ormai.
Non so cosa sia successo, forse quel ragazzino lentigginoso ha qualche strano potere. Non mi importa di niente in questo momento, se non di quella ragazza bionda e con gli occhi azzurri il cui viso conosco meglio del mio: in un istante rivivo tutto quello che ho passato negli ultimi anni e mi sento in un modo indescrivibile. Rivivo i nostri litigi, la sua morte, il suo corpo senza vita tra le mia braccia, il dolore straziante, la rabbia e il vuoto. Lei incontra il mio sguardo, le sue labbra si piegano in un sorriso e inizia a piangere.
Emma sta bene.
Mi inginocchio davanti a lei e le accarezzo il viso con una mano. Emma mette la mano sulla mia e mi rendo conto di quanto mi sia mancato il suo tocco: è come se fossi tornato a casa dopo tanto tempo. Deglutisco, cercando di sciogliere il nodo che ho in gola. E’ davvero viva. Per tutto questo tempo è stata viva e io … io non ho potuto fare nulla per lei. Mi abbraccia, singhiozzando.
<< Oh, Alex. Perdonami >>. Piange sulla mia spalla e io la stringo forte a me. Le mani quasi mi tremano per l’emozione. E’ come stringere un fantasma, sembra tutto surreale.
<< Ssh. Non sforzarti >> le dico, baciandola sulla testa. In questo momento non c’è spazio per la collera.
<< Ecco qui, avete la prova che io mantengo la mia parola >> dice Karen, soddisfatta.
Si avvicinano anche gli altri per abbracciare e salutare mia moglie, così la lascio momentaneamente andare, ma senza toglierle gli occhi di dosso. E se fosse solo una visione? Se quel Jim avesse qualche strano potere per farci vedere quello che vogliamo?
<< E’ davvero lei? >> chiedo, diffidente.
<< Perché non dovrebbe esserlo? Non riesci nemmeno a riconoscere tua moglie ormai? >> chiede Beth con tono sarcastico. Emma mi lancia uno sguardo preoccupato.
<< Qual è il dono di quel ragazzo? Jim? >>.
<< Perché ti interessa saperlo? >> chiede Karen.
<< Se tutto questo fosse una visione causata da quel Jim? >>.
Karen sorride. << Jim non riesce a farti vedere quello che vuole, piuttosto riesce a non farti vedere quello che non vuole. Aveva nascosto tua moglie e il suo guardiano – Nikolai – per precauzione; nessuno avrebbe potuto vederli a parte lui, nemmeno io. Adesso ha annullato l’illusione e riusciamo a vederli. Tutto qui >>.
<< Papà, dice la verità? >>.
<< Sembrerebbe di sì >> risponde mio padre.
L’uomo alto e robusto che era con Emma ci guarda con un sorriso.
<< Alex, sono io >> dice Emma, fissandomi negli occhi. No, non può essere un’illusione.
<< I Volturi non l’hanno trattata molto bene. Ormai si è ripresa. Inoltre si è affaticata cercando di ostacolare Nikolai che ha il potere di bloccare qualsiasi dono e cercando di combattere contro il dono di Beth per non farci arrivare a voi. Quando le abbiamo detto che ti avremmo ucciso se ci avesse ostacolati ancora o se fosse scappata, ha smesso di opporre resistenza >> ammette Karen, tranquilla.
Scopro i denti in un ringhio. Sono furioso. Sto per trasformarmi ma non ci riesco. E’ come se ci fosse un muro che non riesco a superare.
<< Alex, sono fin troppo paziente con te. Nikolai ha bloccato la tua imminente trasformazione. Sono molto delusa, credevo fossi più maturo >>.
<< Karen, è solo un bamboccio. Sei sicura che abbiamo bisogno di lui? >> dice Beth, ridacchiando.
<< Voi non toccherete nessuno dei miei >> mormora Emma.
<< Alex >> mio padre mi mette una mano sulla spalla. << Adesso è il momento di pensare a tua moglie >>.
<< E ai Volturi >> aggiunge Karen. << Abbiamo un accordo. Faccio preparare le vostre stanze, starete qui al momento. Abbiamo molte cose di cui discutere >>.
Facciamo tutti un segno di assenso.
<< Beth, fai salire tutti di sopra quando avranno finito di parlare. Avranno molte cose da dirsi >>.
Karen fa per uscire dalla stanza, ma poi ci ripensa. << A proposito, vi informo che abbiamo degli ottimi segugi >>. Dopo questo avvertimento esce dalla stanza e se ne va, così restiamo con Beth, i due licantropi di cui non conosco il nome e Nikolai che sta in un angolo della stanza e ci osserva.
<< Benvenuti nel nostro branco. Non fare passi falsi, vi tengo d’occhio >> dice Beth, uscendo dalla stanza e restando nel corridoio, con i suoi due scagnozzi. Nikolai, invece, non si muove.
Mi avvicino a mia moglie che, in piedi, sta parlando con Clara. Si azzittiscono entrambe appena mi avvicino: mi metto di fronte a Emma e le prendo la mano.
<< Mi sei mancato >> mormora mia moglie.
<< Non posso credere che tu sia qui >>. Le bacio la mano, stringendola più forte.
<< Credevo che non ti avrei più rivisto. Mi dispiace così tanto >>.
<< Invece siamo qui, insieme >>.
<< Ho tante cose da dirti >>.
<< Anche io. Abbiamo tanto tempo, l’abbiamo sempre avuto. Un’eternità insieme, ricordi? >>.
Emma annuisce. << Ti amo >>.
<< Ti amo anche io >> rispondo, sicuro.
E’ solo per un attimo, un istante, ma mentre le dico queste parole, come ho fatto altre migliaia di volte, mi succede una cosa strana: l’espressione di Leah Clearwater dopo che le ho detto che la amavo passa davanti ai miei occhi e, per questo istante, c’è spazio solo per il dolore.


 
   
 
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