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Autore: Jessica Kill    02/05/2015    5 recensioni
Gerard non aveva mai visto Frank piangere.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve. Sono ricomparsa dopo circa un anno ma non è un problema, perchè tanto io qui praticamente non esisto. Va benissimo così.
Il motivo per cui sto postando questa cosa è perchè non mi piace, e vorrei sapere dov'è che ho sbagliato. Magari non ricorrete agli insulti.
Ah, sempre che abbiate voglia di recensire (please?).

Vorrei inoltre avvertirvi che questa fanfiction contiene un chitarrista nano che piange, quindi ecco, siccome a me fa male solo l'idea, volevo avvertirvi.
Ecco. The end.


Gerard non aveva mai visto Frank piangere.
Aveva sempre solo riconosciuto l'aria stanca e vulnerabile, gli occhi arrossati, le ciglia ancora umide. Il silenzio che lo accompagnava sempre quando usciva dalla sua camera d'albergo, e che restava durante l'intero viaggio in tourbus: I risultati.
A volte Frank scompariva per delle ore, si faceva vedere soltanto la sera.
Gerard l'aveva anche cercato, un paio di volte.
Sembrava aver trovato da qualche parte il mantello dell'invisibilità, quello di cui ultimamente Mikey non faceva altro che parlare ("Che vadano a farsi fottere scope e bacchette, io voglio quel cazzo di mantello  - capito Gerard? Fatti un appunto per quando arriva Natale").

(Gerard aveva chiesto a Frank per cosa l'avrebbe usato. Lui aveva mormorato 'probabilmente per nascondermi da te’, ma il secondo dopo gli aveva sorriso, e Gerard si era ritrovato un po' più innamorato di prima.)

Non aveva mai visto le lacrime, solo il loro risultato. Solo la prova del loro passaggio.
E Gerard non riusciva a pensare a qualcosa che fosse più 'Frank' del non lasciarlo avvicinare abbastanza per fargli vedere la realtà. Del non farsi leggere da nessuno.
Tutto ciò che Frank gli mostrava era il muro che si era costruito intorno.
Non lo aveva mai sentito parlare dei suoi problemi, dei mostri che lo stavano così chiaramente consumando. Gerard poteva solamente vedere i risultati, riconoscere ogni lato del muro.
Il modo in cui suonava, piegandosi su se stesso, scaricando tutto sulla sua chitarra, perdendosi nel rumore e  nel caos che lo circondava. Diventava rumore, si faceva attraversare dall’adrenalina che permeava ogni cosa.            (A volte Gerard fissava il suo sguardo su di lui per troppo tempo).
Vedeva l'aria spaventata che a volte riusciva a leggere nei suoi occhi, la sua espressione quando guardava fuori dal finestrino del bus, come se volesse fondersi nel paesaggio e scomparire una volta per tutte.

Frank non avrebbe mai ammesso a nessuno l'esistenza dei suoi incubi, dei suoi attacchi d'insonnia, ma durante la notte  Gerard poteva sentire il mormorio incoerente e disperato che veniva dalle cuccette, come poteva vedere le occhiaie intorno ai suoi occhi. Lo trovava sul divano alla mattina presto, le ginocchia contro il  petto, lo sguardo puntato sulla sua tazza di caffè. Come se stesse contemplando l’opzione di tuffarcisi dentro, e non riemergere.

(Gerard poteva vedere tazze sporche, confezioni di medicinali vuote e accartocciate, bottiglie nascoste dietro il divano. Il suo stomaco si contorceva, la consapevolezza di quello che stava succedendo. Qualcosa che conosceva.)

La mancanza di contatto visivo faceva parte del muro, Gerard lo sapeva.
Ma non aveva ma detto niente,  solo per forma di rispetto.        (O per paura, ma Gerard ci scuote la testa, non è vero.)
A volte lo vedeva parlare con Bob, a voce bassa. Frasi sconnesse. Gerard riusciva a percepire solo il suono delle parole, e si piegava sul suo blocco da disegno, come se non stesse cercando di capire.
Come se l’invidia non gli stesse facendo battere il cuore in modo sconnesso, come se lui fosse solo e unicamente interessato ai suoi stupidi schizzi.
L'ironia, la meravigliosa ironia di tutto ciò, era che Frank probabilmente leggeva il suo silenzio come indifferenza. Gerard sapeva anche quello. Ma non aveva assolutamente idea di cosa fare.
Si sentiva stupido. Si sentiva stupido quando si ritrovavano l’uno a fianco all’altro, a parlare di musica, di amici, di realtà immaginarie, di tutto, e lo sguardo di Frank era spento. Stanco. 
Parlavano di tutto, ma non dei suoi occhi. Di come si stessero spegnendo.
Frank era il suo migliore amico, e lui non lo conosceva più.


Un giorno però qualcosa cambia, e la trama viene spezzata.



Gerard è davanti alla macchina del caffè, quando succede. E’ passato più di un mese da quando quella vecchia è esplosa (Mikey  continua a sostenere che lui non centra niente, ed il fatto che il resto della band l’abbia trovato davanti alla macchina coperto di caffè e con un’espressione colpevole stampata in faccia sia completamente casuale), ma Gerard deve ancora capire come funziona quella nuova, che a dirla tutta, assomiglia più a una astronave, in confronto alla precedente.
Gerard prende la tazza di caffè tra le mani, e si gira facendo attenzione a non fare strabordare il liquido. La sua tazza è fastidiosamente piccola, e anche fastidiosamente bianca.
L’atmosfera è già cambiata, quando volge lo sguardo verso il resto della band, seduta al tavolo.
E’ come se un allarme si fosse attivato dentro di lui. Riesce quasi a sentirne il suono snervante e ripetitivo.
Frank sta tremando.
No.

No, pensa Gerard, no. No no no no. Frank, no.
E’ lì, seduto a fianco a Ray, lo sguardo a terra. Sta tremando, e per quanto impercettibilmente, Gerard non riesce a capire come il resto della band possa stargli così vicino, e continuare a fare colazione come se non lo vedessero.

Lo sente. Non dovrebbe ed è inspiegabile, imbarazzante e in parte anche inquietante, ma Gerard può fisicamente sentire attorno a lui quello che sta succedere, perché il suo intero corpo viene attraversato da brividi freddi, e lui deve sforzarsi e stringere la tazza con più forza.
E la cosa che da più fastidio a Gerard, è che non sta succedendo niente di razionalmente terribile.

Ma Frank sta per piangere.
Frank sta per piangere, Gerard lo sente, e lui non è per niente preparato.

Il cantante si tira mentalmente un pugno, perché mentre si domandava incredulo cosa stesse facendo il resto della band, apparentemente ignara della situazione e assorta nella colazione, lui è rimasto fermo nello stesso punto.
E Frank sta per esplodere.
No, non così, pensa Gerard, mentre si avvia in direzione del suo migliore amico.
Non così.  Appoggia la tazza sul tavolo, e da dietro di lui si china fino a raggiungere l’altezza del suo orecchio. Passandogli un braccio attorno al collo, sfiorandogli il petto.
“Alzati.”
Frank alza lo sguardo di colpo, i suoi occhi sono lucidi, e qualche forza ignota sta prendendo a pugni il cuore del cantante.
Il contatto visivo dura solo poco più di un secondo, e Frank torna a combattere con i suoi stessi istinti, a guardare il pavimento come se solo così potesse ritrovare la calma, un’apparente calma.
E allora Gerard fa qualcosa. La prima cosa che gli viene in mente. Afferra il braccio di Frank  e lo tira su con forza, forse troppa, ma non sta pensando razionalmente.
Una volta in piedi Frank sembra poter cadere da un momento all’altro, le sue gambe tremano, e Gerard  lo afferra per le spalle, perché Frank sta cadendo.
Frank e la sua stessa mente stanno cadendo a pezzi davanti ai suoi occhi, e lui non sa perché, e vorrebbe solo urlare a Frank che tutto quello che avrebbe dovuto fare era lasciarlo entrare un volta per tutte, abbattere il suo cazzo di muro.
Ma Gerard non ha tempo per urlare, deve fare qualcosa.
La band sembra essersi svegliata, Ray si alza per aiutare Gerard, ma non è abbastanza veloce, perché Gerard ha riallacciato la presa al polso di Frank, e lo sta strascinando verso le cuccette.

La stanza è buia, e Gerard cerca con la mano l’interruttore della luce.
Frank tira via il suo braccio.
“Esci.”

“Frank…”

“Esci. Per favore.”

E Gerard esce. Perché ha paura. Perché è stupido.
Perché Frank non avrebbe dovuto guardarlo così.



Sono le due di notte, ma Gerard non sta prestando attenzione al tempo. E’ troppo occupato a guardare il soffitto della sua camera d’albergo, in cerca di disegni e forme tra le crepe dell’intonaco. E in qualche modo è riuscito a distogliere la sua mente dall’orologio che continua a ticchettare fastidiosamente alla sua sinistra.

Bastano tre piccoli esitanti colpi sulla porta per rompere la tranquillità di Gerard, e per accelerare notevolmente il suo battito cardiaco.
E’ abbastanza preoccupante, pensa il cantante mentre si alza dal letto, saper riconoscere la presenza di Frank.

Gerard apre la porta.
Frank è lì, davanti a lui, con addosso quella che sembra una maglia rubata a qualcun altro, e dei pantaloni del pigiama che potrebbero facilmente contenere entrambi.       (Gerard spazza il più velocemente possibile il pensiero via dalla sua mente, che sembra correre troppo velocemente)

“Hey”, dice alla fine, lasciando a tre lettere il  compito di tradire il suo nervosismo nel giro di un secondo.

“Hey… ti ho svegliato?”

“Uh, no. Non. Non riuscivo a dormire”
Il che è più o meno vero. O se non altro, il modo più veloce di dare una spiegazione più credibile di ‘A volte non ho bisogno di dormire, e francamente non ne ho neanche voglia’.  Non che non sia vero, ma Gerard ha l’impressione che pochi sarebbero in grado di comprendere pienamente.

“Oh.”

Gerard osserva Frank, immobile davanti a lui, la testa inclinata verso il basso, e comincia a domandarsi se  qualche parte del suo cervello si sia disconnessa, perché sembra quasi che il suo amico si sia fermato lì, solo per ascoltarlo parlare. Senza un altro apparente scopo. Ma questo a Gerard sembra improbabile.

“Quindi”, Gerard dice alla fine “E’ bello vederti”    

 “Anche per me”   (Se non fosse per il fatto che non gli hai rivolto lo sguardo da quando ha aperto la porta)

“Uhm.  Vuoi… uh, Ti va di entrar…”
E Frank sta piangendo.

Il suo corpo si scioglie, e Gerard lo tira dentro alla stanza, chiudendo con un braccio la porta e tenendosi con l’altro il suo migliore amico stretto al petto.
Non ha nemmeno il tempo per sorprendersi del modo in cui Frank sembra essersi completamente arreso, mentre cerca di strascinare tutti e due in direzione del letto.
E la cosa non è facile come sembra. Frank si è attaccato alla sua maglia, si attacca alle sue braccia, a qualsiasi cosa su cui riesce ad aggrapparsi.

Non sorprendentemente soggetti alla forza di gravità, crollano entrambi sul materasso. In qualche modo Gerard riesce a distendersi parzialmente sul cumulo di cuscini, con Frank disteso per metà su di lui.

Gerard non riesce bene a spiegare, ma di colpo tutto sembra essere diviso a metà: La sua consapevolezza, il suo equilibrio (fisico e mentale), e Frank.
Frank è a metà.  E spezzato, è solo metà della sua persona. Questo è almeno quello che sembra a Gerard, anche se probabilmente non ha senso.

Gerard riesce a fatica cambiare la loro posizione. Non che Frank sia in grado di accorgersene, o di lasciarsi disturbare dal movimento.
E’ raggomitolato di fianco ora, la sua schiena a contatto con il petto di Gerard, che, mandando a fanculo ogni sua sega mentale, avvolge le braccia attorno alla sua vita e lo stringe a se mentre il suo corpo viene scosso dai singhiozzi, mentre le lacrime scendono in silenzio.

Gerard vuole dire qualcosa. Qualsiasi cosa. Ma ha sempre pensato che il silenzio fosse la soluzione migliore in presenza di Frank, e scrollarsi di dosso le abitudini richiede uno sforzo troppo grande. Gerard non ne ha la forza, non in questo momento.
 
Ma è Frank a parlare per primo.

“Mi dispiace”    (…cosa?)

“Cosa?”

“Mi dispiace” ripete, alzando la voce.

“Ma perché? Per cosa?”

Frank si sposta lentamente, girandosi per essere sentito, e poi la sua fronte è a contatto con quella di Gerard e oh. Dio. La sua mente viene avvolta dal panico. Perché è perfetto. Questa vicinanza, i suoi occhi, Frank, e. Merda.

“Non” Frank tira su con il naso  “Non lo so.”

“Frank”  Gerard cerca di dare autorità alla sua voce, ma non è sicuro di esserci riuscito  “Non hai nessuna ragione per sentirti in colpa.”
Silenzio.
“Frankie?”

“Mm.”

“Perché. Perché sei venuto qua? Voglio dire. Tu non. Non sono mai quello con cui. Sai. E’ sempre Bob.”

“Io. Non lo so. E’ solo che tu. Penso che tu mi faccia sentire al sicuro. Mi. Fai sentire...”
La pausa che segue è fastidiosamente lunga, e Frank sembra quasi essersi dimenticato di finire la frase.
Gerard è sicuro che non sarebbe letteralmente capace di sopravvivere, senza sapere cosa voleva dire.

“Come” La sua voce sembra passare su carta vetrata, ma non potrebbe fregargliene di meno  “Come ti faccio sentire?”
E’ la prima volta in cui Gerard può fisicamente sentire i nervi di Frank tremare sotto la sua pelle, ed è così fottutamente nuovo che non è sicuro di saperlo gestire. E’ l’esatto opposto di tutto ciò a cui è abituato. Il fantasma della realtà, il muro, i risultati.  E in quel momento non c’è niente di tutto ciò. E’ la realtà, la realtà stessa. Sono le lacrime e i nervi  ed è lì, nella sua presenza di quello che sta per uscire dalle labbra di Frank.

Il silenzio è assordante, e  Gerard può sentire Frank deglutire.
“Non lo so.” Altro silenzio. “… amato?”

Gerard non può fare a meno di rafforzare la stretta attorno alla fragile struttura di Frank, per quanto lievemente, vacillando pericolosamente tra la linea che divide il ‘semplice conforto’ e il  ‘non più semplice conforto’.
Ma come sì fa a comportarsi razionalmente, quando Frank è davanti a te, e non ti è mai sembrato così indifeso?

“Tu sei amato” sussurra Gerard  “Dio, non ne hai idea.”
E’ il modo in cui gli occhi di Frank si fanno più grandi, il modo in cui si fanno più scuri, che fa capire a Gerard che quell’ultima frase non è rimasta chiusa nella sua mente. E ora che se ne accorge, riesce a sentirne l’eco in ogni angolo della stanza.
Gerard serra con forza le labbra, e distoglie lo sguardo.

“Come?”

“Niente.”

“Gerard.”

E Gerard vuole dirlo. Chiaro e tondo, come non è mai riuscito ad ammettere nemmeno a se stesso. Vuole fare entrare quelle due parole nella coscienza di Frank, solo per poter respirare, una volta per tutte.

“Ti amo.”
Ma viene preso di sorpresa. Il suo stomaco si chiude. ‘Troppo presto, troppo prest-‘ E poi i suoi pensieri si fermano.
Gli occhi di Frank sono chiusi, il labbro tra i denti. Gerard presta attenzione al suono delle parole, ancora nell’aria. Un suono familiare, ma estraneo. Che non gli appartiene. Frank.
Le sue parole.

“Frank.”

“Mi dispiace.”

“Frank.”

“Non, io. Cazzo. Mi disp-”
Ma Gerard non vuole sentire. Non vuole più sentire un’altra stupida parola di scusa, non vuole più neanche pensare. Frank non può finire la frase, perché lo spazio tra i due è stato chiuso, e Gerard lo sta baciando.
E Frank ricambia, tremando sotto le mani di Gerard, ora sotto la sua maglia, direttamente a contatto con la sua schiena, muovendosi delicatamente, avvicinandolo a tal punto che Gerard può sentire le lacrime e - cazzo.
Non dovrebbero esserci lacrime. Gerard ha circa una cinquantina di dubbi in questo momento, ma se c’è qualcosa di cui è sicuro è che non dovrebbero esserci lacrime.

“Hey, hey. Frank. Va bene, va tutto bene. Ci sono, sono qui. Sarò sempre qui. Starai bene. Ti amo.” 
(Sì, Gerard aveva ragione. Si è liberato di due parole, e ora può respirare.)

“Davvero?”

Gerard ride. A voce alta, gli occhi al soffitto.
Ha baciato Frank. Gli ha detto quello che da anni era rimasto incastrato in un angolo della sua testa. E lui è lì, con le lacrime che scorrono ancora sulle sue guance, a chiedergli se è sicuro di quello che ha appena detto. Come se si potesse essere sbagliato.
‘No Frank. Amo Bob. L’ho sempre amato.’

“Sì, Frank. Idiota. Sì”

“Mi dispiace.”

“Scusati un’altra volta per motivi ignoti e…”

“No, Gerard. Davvero. Sono un disastro. Mi sento di merda e non so. Non so più niente.”

Altre lacrime.
‘E’ tutto ok’ pensa Gerard. ‘Lasciale scorrere. Sei così bello, scoperto, senza un muro attorno.’
“Non so più cosa sto facendo. Tutto si sta muovendo troppo velocemente e io odio. Odio sentirmi così fottutamente debole. Non riesco a star dietro alla velocità della mia stessa vita e. Vorrei fermarmi, solo per un secondo ma. Oh, cazzo Gerard.”

Frank è lì, davanti a lui, il viso contratto nel dolore, e Gerard sta bene. Sente qualcosa dentro di lui spezzarsi, ma dolcemente. Gerard non capisce più niente. Ma Frank è così bello, così vero.
Qualcosa di irriproducibile, qualcosa che Gerard non sarà mai in grado di riprodurre. Non in una canzone, non in un disegno.
E Gerard sta bene, perché sa che Frank starà meglio. Deve sfogarsi. E lui è qui per questo.

“Ero di là, nella mia stanza e tutto. Non so neanche come spiegare. Era come salire su un treno, e guardare fuori le immagini fuori dal finestrino scorrere sempre più veloce, sempre più veloce, fino a quando.
Il respiro mi si è come incastrato tra una costola e l’altra e, non sapevo. Non sapevo cosa fare. Sono venuto qua. Perché niente aveva più un senso ma tu. Tu ce l’hai. Tu hai un senso, Gerard. O forse sei tutto ciò che ha meno senso in tutto il mondo.”

Gerard si china in avanti, baciandogli la fronte.
“Non nasconderti mai più, figlio di puttana. Non lasciare che quel treno abbia la meglio su di te. Non lasciarlo correre sui binari sbagliati. Non provare a farti del male, perché. Ugh,  ti odio. Ti odio così tanto.”

“Pensavo mi amassi.”
Frank sorride. Un piccolo ghigno, da bambino che ha appena detto una parolaccia.
Gerard vuole prenderlo a pugni e portarlo sull’altare allo stesso momento.

“Vaffanculo.”

“Ti odio anch’io.”

Gerard lo stringe a se un’ultima volta.
Comincia e parlargli, lasciando uscire ogni frase, parola e cazzata che gli viene in mente, rassicurandolo come può.
E poi Frank sta dormendo, contro il suo petto, respirando regolarmente. Gerard lo guarda per l’ultima volta, cercando di memorizzare ogni tratto e colore. Poi chiude gli occhi, esausto.







Quando scendono per la colazione, il giorno dopo, trovano gli altri già seduti, e immersi in quella che sembra un’intensa e seria discussione sulla metamorfosi dei bruchi.
Conversazione che viene violentemente interrotta da Mikey.
“State sorridendo.”

“Direi di sì, Mikes.”

“State sorridendo troppo.”
Frank si lascia scappare una breve risata, per poi prendere la mano di Gerard nella sua.

“Oh.”
La cosa buffa è che Mikey non sembra neanche tanto stupito.

“Sii felice amico” ed ecco le prime parole di Ray “Tuo fratello si è trovato una ragazza.”

Gerard opta per mandarlo a fanculo con la sua mano libera.

“Era anche ora” sospira infine Bob, “Non ce la facevo più a sorbirmi le paranoie di questo nano.”

Non è cambiato niente, pensa Gerard. Frank gli rivolge un ultimo sorriso.
Anche se, si corregge, anche se è cambiato tutto.



 
   
 
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