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Autore: catstaringathesea    02/05/2015    2 recensioni
"...Ma io sono sempre ansiosa, nervosa, preoccupata, piena di paure e timidezza. Non sopporto mai nessuno, mi arrabbio per tutto e sono insopportabile. Ma quando sono con te, mi sento così in pace, felice, tutte le ansie, i problemi, le preoccupazioni vanno via, e il mondo sembra migliore, quando mi sorridi, mi fai il solletico e mi stringi, e mi raggomitolo su di te. Quando siamo insieme ci siamo solo noi, il nostro amore, i nostri respiri, le risate e i sorrisi; ecco, quando sono con te, io, mi sento completa."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi sedetti su un sedile del treno. Avevo scelto il vagone più isolato, per stare seduta con meno gente possibile intorno a me: nonostante avessi voglia di conoscere gente nuova, non mi era mai piaciuto stare in mezzo a persone che non conoscevo. Mi sentivo troppo in soggezione e giudicata, e mi vergognavo persino di tenere la testa alzata. Ero stata da sempre molto timida, ma quel mio carattere si era mutato in forme diverse crescendo. Da bambina ero timida sì, ma solo con gli estranei. Con le persone che mi conoscevano bene o anche le maestre di scuola ero aperta e spigliata; alzavo la mano anche per dire cose che non c'entravano niente, solo per parlare un po'. Poi col tempo la mia timidezza si è trasformata, più che altro, in insicurezza. Ero molto chiusa in me stessa ed ero convinta che tutti ce l'avessero con me, a causa degli anni difficili passati alle medie, in cui ero presa di mira da tutti senza un motivo e non potevo nemmeno aprire bocca che già iniziavano a prendermi in giro. Quindi cominciai piano piano a non riporre più fiducia in nessuno e a chiudermi come un riccio, per cercare di difendermi dagli altri, da tutti. Nonostante ciò, alle superiori trovai subito una nuova migliore amica che era come me, e mi resi conto che lei era l'unica persona con cui andavo davvero d'accordo e con la quale avevo un milione di cose in comune.

Io ero convinta di essere una persona troppo acida e sarcastica e che fosse per quello che nessuno mi amava. Quello era infatti il mio pensiero fisso: non mi sentivo amata da nessuno. In fondo avevo solo bisogno di affetto, ma a quanto pare non me lo meritavo. Un giorno ci misi una pietra sopra e accettai che mai nessuno avrebbe voluto una come me, timida, insicura e sempre con lo sguardo basso.

A sedici anni pensavo molto al mio futuro; non avevo idea di cosa avrei fatto da grande o all'università, e questo mi metteva una grande ansia, nonostante fossi solo in terza superiore. Iniziai così una specie di percorso per trovare me stessa: volevo riscoprire cosa mi piaceva fare perché magari in questo modo avrei trovato la mia strada. Nei pochi giorni in cui avevo un po' di tempo libero iniziai a pensare di più a me; incominciai dal mettere a posto la mia camera, facendo così ordine anche nella mia testa. Fu così che trovai una cartina di Firenze che avevo usato diversi anni prima per una gita scolastica. Trovai anche quella di una città inglese dove ero stata in viaggio studio, città che mi aveva rapito il cuore e che non avrei mai più dimenticato. Due giorni dopo mio padre tornò da un viaggio in Spagna e mi portò la cartina di Madrid; la tenni io, altrimenti lui l'avrebbe buttata. Le misi tutte e tre sul mio letto e le osservai, sentendo un'emozione dentro di me che partiva dal cuore e si espandeva sempre di più, come un groppo in gola, ma in senso buono. Era impazienza per un nuovo inizio. Non sapevo cosa avrei fatto nella mia vita, ma sapevo che la cosa più importante per me sarebbe stata viaggiare. Ero sempre stata, infatti, molto curiosa, e questo alimentava la mia voglia di scoprire posti nuovi, culture, colori, albe e tramonti di altri luoghi del mondo che non fossero la mia triste e umida città del Nord Italia.

Iniziai ad organizzarmi: da un po' di tempo io e la mia migliore amica stavamo pensando di trovarci un lavoretto per guadagnare un po' di soldi da sperperare in vestiti. Una ragione futile, ma in fondo volevamo solo goderci la vita finché potevamo. Tutto era nato da un annuncio appeso nella vetrina di un negozio che diceva che stavano cercando nuove fotomodelle per il loro sito. Ero entrata per chiedere informazioni ma mi avevano detto che era solo per le ragazze maggiori di sedici anni; io avevo solo uno o due mesi di meno, ma in ogni caso non potevo provarci. Un anno dopo io e lei ci pensavamo ancora, e tutti i giorni guardavamo sempre se quel negozio rimetteva fuori l'annuncio. Non che ci ritenessimo due modelle, ma in fondo sia io che lei eravamo altissime e abbastanza magre, e speravamo che questo sarebbe bastato.

Mentre la mia amica si limitava a sognare, però, io cercai davvero degli impieghi su alcuni siti internet. Trovai delle offerte di lavoro per hostess di eventi, e provai a scrivere un curriculum che però non avrebbe mai funzionato, dato che non avevo nemmeno ancora preso il diploma. Infatti, lo inviai a diverse agenzie ma non ottenni mai una risposta. Per qualche mese non cercai più niente, ma poi poco prima dell'inizio dell'estate aprì un bar nel mio paese e, quando ci andai per la prima volta, vidi che stavano cercando personale. Senza pensarci due volte mi offrii e mi assunsero come gelataia. La paga era bassissima ma questo mi bastò in poco tempo per racimolare il denaro necessario per viaggiare, almeno in posti abbastanza vicini. La mia migliore amica, nel frattempo, aveva trovato un lavoretto estivo presso il pereto di un suo anziano vicino di casa. Sapevo che non era molto convinta, dato che doveva cominciare a raccogliere pere alle sette di mattina sotto il sole cocente per poi finire alla sera, ma lei si autoconvinse dicendo che almeno si sarebbe abbronzata. Non aveva però tenuto in considerazione il fatto che non sarebbe andata a raccogliere le pere in costume, quindi a luglio si ritrovò piena di scottature e con un'abbronzatura a macchie che partiva solo dalle braccia, dove la pelle non era stata coperta dalla maglietta, e da metà coscia. Non voleva più uscire di casa.

Io, invece, con il mio lavoretto ero rimasta pallida, ma almeno non avevo preso fregature. Convinsi i miei genitori (non so ancora come io abbia fatto, erano molto severi) e un venerdì partii per la mia prima meta: Ferrara. Non era di certo Roma o Milano, ma era abbastanza vicina e il biglietto del treno non costava tanto, andava più che bene per la prima volta. Non mi entusiasmò più di tanto ma nemmeno mi dispiacque: non avevo abbastanza soldi per pagarmi visite guidate o entrate in musei, cose che tra l'altro non mi attiravamo nemmeno, quindi mi limitai a fare un giro per il centro. Riscoprii la mia passione per la fotografia, che avevo abbandonato a causa di quanto dovevo studiare per la scuola che, tra l'altro, odiavo. Per il continuo studiare ero infatti sempre troppo nervosa, e data la totale mancanza di tempo libero avevo perso fantasia e interessi. Passai la giornata a fotografare di tutto: alberi, case, persone, il cielo, monumenti, edifici importanti o che mi ispiravano, gatti e fiori. Poi presi il treno di nuovo e tornai a casa, soddisfatta di quella mia prima esperienza. Continuando a lavorare, in un mese potei andare a Verona, Milano e Modena. Erano tutte abbastanza vicine, ma feci in ogni caso delle belle esperienze. Riempii la mia amata macchina fotografica di foto, belle o meno, ma pur sempre importanti per me. I miei genitori non vedevano di buon occhio questo mio andare in giro da sola, per treni, città in cui non ero mai stata e posti potenzialmente pericolosi, ma, dato che mi ero trovata un lavoro da sola a sedici anni, forse questo bastò a farli chiudere un occhio. Inoltre, di me si curavano molto di meno rispetto a fratello, che era invece al centro di tutte le loro attenzioni e premure. La cosa però non mi pesava più di tanto, dato che questo mi permetteva di avere una maggiore libertà.

Fu così che mi ritrovai su quel treno, per fare il mio quinto viaggio di quell'estate. Stavo andando a Genova, e mi ci erano voluti un marea di soldi. Perché i treni dovevano costare così tanto?

In ogni caso, in quel momento mi stavo accomodando al mio posto e, dopo che aver controllato per la milionesima volta che fosse il binario giusto, mi rilassai e aspettai la partenza. Ero emozionata come tutte le altre volte, un'emozione mista a paura e curiosità. Ma non sapevo quello che mi aspettava davvero.

   
 
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