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Autore: Lissa Bryan    02/05/2015    2 recensioni
Ambientato durante il regno di "Maria la Sanguinaria" Tudor. Bella viene catturata da Edward per crescere sua figlia. Lui le promette di liberarla, un giorno, ma lo farà veramente? Intrighi di corte e pericoli dietro ogni angolo. Potranno, loro e il loro nuovo amore, sopravvivere?
Dal cap. 1
«Non aver paura, Selkie. Non ti farò del male.»
Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la salvezza.
«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.
Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego», sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.
«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.
«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»
Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho bisogno di te», disse lui.”
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/13/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  13

 

La Regina quella sera stava facendo un bagno prima delle baldorie della Dodicesima Notte. Le cameriere avevano portato una vasca rotonda di legno e l’avevano piazzata davanti al camino. La vasca era stata foderata di teli e riempita di acqua calda profumata portata dalle cucine. Maria si era avvicinata alla vasca indossando la camicia, che avrebbe tenuto anche nell’acqua, a ragione della sua modestia. Fu solo dopo che Maria era entrata in acqua che Susan Clarencieux si rese conto che nessuno aveva portato i teli per far asciugare la Regina quando avesse finito. Bella andò nel corridoio per chiamare una delle domestiche quando vide i teli poggiati su una seggiola. Andò a prenderli e si voltò per tornare nelle stanze della Regina quando andò a sbattere contro Courtenay. Bella boccheggiò leggermente e indietreggiò di un passo. «Chiedo perdono, mio lord. Non vi avevo visto.»

Lui rimase in silenzio, gli occhi che brillavano di malignità.

«Vi prego scusatemi», sussurrò Bella e provò a girargli attorno per correre verso la porta. Lui fece subito un passo di lato bloccandogli il passaggio.

Bella gelò, tremante. «Fatemi passare, Lord Devon.»

«Non credo», biascicò lui. «Vi siete fatta un nemico potente, vostra grazia.»

Lei alzò il mento. «Ma mi sono fatta amici ancora più potenti.»

Lui assottigliò gli occhi. «Quanto pensate che durerebbe nel consiglio quel vostro marito, se io parlo contro di lui?»

Osava minacciare il suo Edward? Le selkie erano creature di natura gentile e tendevano ad essere timide, ma minacciate un bambino o una persona amata in loro presenza e loro si trasformeranno da agnelli in leoni. «Più a lungo di quanto durereste voi se io vi pestassi come vi meritate», sibilò Bella.

Courtenay era scioccato. Si aspettava di ridurre la Duchessa tremante e in lacrime. L’ultima volta che l’aveva messa all’angolo era arrossita e si era ritratta, e questo gli aveva fatto pensare che fosse un bersaglio facile per le intimidazioni. Aveva pensato di poterla spaventare abbastanza da farsi aiutare da lei nei suoi nuovi piani, ma lei stava di fronte di lui, gli occhi fiammeggianti, a minacciarlo come avrebbe fatto un uomo. Non poteva stupirsi di più se le fosse cresciuta un’altra testa.

«O vi togliete dal mio cammino o vi sposterò io, e non vi prometto che lo farò in modo gentile.» La voce di Bella era bassa e minacciosa e Courtenay sentì una fitta di paura. Si spostò di lato, la mascella pendente da qualche parte vicino al petto.

La guardò passargli accanto ed entrare nelle stanze della Regina, chiudendogli la porta in faccia. Lui rimase lì per un momento, sconvolto, chiedendosi se questo era davvero accaduto. Davvero una donna aveva avuto la meglio su di lui, Edward Courtenay, Conte di Devon? La rabbia gli bruciò le budella. Lei avrebbe rimpianto questo giorno, giurò.

Bella lasciò cadere l’involto di teli tra le braccia di Susan Clarencieux e si ritirò verso la finestra, a guardare fuori il cielo aranciato della sera, prendendo profondi respiri per calmarsi. Doveva parlarne a Edward, e sperava che non si sarebbe arrabbiato per il modo in cui aveva parlato a suo cugino. Sapeva che a Edward non era mai piaciuto Courtenay, ma lei di certo non aveva migliorato la situazione perdendo le staffe. Se fosse stata calma e avesse chiesto scusa avrebbe potuto ammorbidirlo. Invece adesso aveva un nemico dichiarato. La stella di Courtenay poteva essere in declino, dato che Maria aveva scelto di sposare Filippo, ma aveva ancora molti alleati.

I divertimenti, quella sera, cominciarono con una masque. Queste erano piccole opere teatrali organizzate dai membri della corte, con costumi elaborati e scenografie, con trame leggere e pesanti allegorie. La masque di quell’anno, scritta e diretta dal Maestro delle Feste, George Ferrers, era Abbondanza, Generosità e Liberalità che vincevano su Carestia, Bisogno e Miseria. Bella, come dama di Maria di più alto rango, dopo la Principessa Elisabetta, che non partecipava, recitava l’ambito ruolo di Abbondanza. Aveva un costume ricamato con le braccia della regina sul corpetto e una cornucopia che traboccava, sulla gonna, con i frutti della terra. Ci sarebbe stata una finta battaglia tra le forze della povertà e le forze della ricchezza che naturalmente sarebbe finita con il pesante simbolismo del regno di Maria trionfante sulle avversità, che avrebbe riportato un periodo di grandi raccolti e gioia in tutta la nazione.

Bella non invidiava il povero George Ferrers. Era un affabile gentiluomo, uno scrittore la cui creatività era sprecata in questi piccoli spettacoli, incaricato dell’esasperante lavoro di fare da pastore alle ridacchianti dame di corte, più interessate al gossip che non alla regia dei loro ruoli. Ogni prova era sembrata più caotica della precedente, ma quando si arrivò alla recita, tutto andò liscio, e la scena finì con Bella che veniva incoronata con una ghirlanda di spighe di grano, con piccole cibarie di cera sparpagliate sulla sua circonferenza e portata via su una lettiga dalle dame che cantavano.

La corte applaudì educatamente mentre gli attori uscivano dalla sala, solo per ritornare, poco dopo, ancora in costume, a godersi il banchetto. Master Ferrers aveva ingaggiato un acrobata che danzava su un filo tirato tra le travi del soffitto e fece dei trucchi comici che fecero ridere la Regina fino a stringersi le mani sui fianchi.

Tra un boccone di cavolo e uno di spinaci, Bella si chinò verso Edward e gli raccontò del confronto avuto con Courtenay. Lui mantenne l’espressione attentamente impassibile, perché erano osservati, ma Bella vedeva gli zigomi arrossarsi per la rabbia.

«Non sei arrabbiato con me, vero?» chiese Bella.

«No, Bella, non sono arrabbiato con te, anche se, come hai notato tu stessa, questo non migliora la situazione.» Sospirò. «Immagino che fosse inevitabile. Courtenay voleva che sostenessi la sua richiesta alla regina e io mi sono rifiutato. Nella sua testa, se non sei suo partigiano, sei suo nemico. Dovremo semplicemente stare in guardia e attenti a ogni sua macchinazione. Fortunatamente per noi, la sottigliezza non è mai stata il suo forte.»

Dopo la fine della cena, la corte fu radunata fuori, verso una tenda eretta sul campo del tennis, riscaldata da bracieri sparpagliati qua e là. Diverse piccole piattaforme, con seggiole dorate ricoperte di fine velluto otto baldacchini, erano state sistemate per i nobili di più alto rango. Edward condusse Bella a uno che aveva il loro stemma. I loro domestici, inclusa una Alice piuttosto eccitata, erano seduti su sedie alla base della piattaforma.

«Che cos’è il tormento dell’orso?» chiese Bella a Edward. Alice le aveva detto cosa stavano per vedere ma non aveva potuto chiederle di cosa si trattasse prima di mettersi seduti.

«Aspetta e vedrai», disse Edward scherzosamente.

Mentre parlava, fu portato un orso sul campo e Bella strillò. Sperava che dopo l’evento avrebbe potuto andare ad accarezzarlo; le piacevano gli orsi. Purtroppo non ce n’erano rimasti molti nella foreste d’Inghilterra. La maggior parte erano in cattività, adesso, ma Bella ricordava un tempo in cui spesso li incontrava mentre giocava nella foresta.

Il muso dell’orso era coperto da una museruola di metallo, fermata dietro la sua testa, e le sue enormi zampe erano state coperte da guanti imbottiti. Il conduttore aveva attaccato una pesante catena al suo spesso collare di ferro e l’aveva fissata a un grosso palo di legno nel mezzo dello spiazzo, prima di rimuovere i suoi guanti e la sua museruola. Il conduttore si allontanò e l’orso si mosse intorno oziosamente, esplorando fin dove gli consentiva la catena.

Bella sentì l’abbaiare dei cani sempre più forte e osservò mentre un paio di servitori in livrea entravano nella tenda, trascinati dai cani che tiravano i loro guinzagli. Eressero una barriera e tolsero i guinzagli, e i cani eccitati vi si ammucchiarono contro, incespicando e tendendosi verso l’orso confuso.

Vi fu uno squillo di tromba e la barriere fu lasciata cadere. I cani caricarono verso l’orso, balzando in avanti, ringhiando, mordendo. Attaccato su tutti i lati, l’orso girava in circolo, colpendo i cani con gli artigli, ruggendo.

Bella emise un piccolo grido di orrore e si premette una mano sulla bocca. Alice rise e batté le mani. Uno dei cani volò via e il pubblico diede un «ooh!» collettivo.

«Bella?» Gli occhi di Edward erano preoccupati. Lei spostò lo sguardo sulla Regina, che chiaramente trovava divertenti gli sforzi del povero orso di non essere fatto a pezzi.

«Non posso …» provò Bella, e poi balzò in piedi. Fuggì, scappando via dalla tenda veloce quanto glielo permetteva il suo vestito pesante e il corpetto stretto.

«Bella!» la seguì Edward. «Stai male? È il bambino?»

Alice era dietro di lui, la preoccupazione che combatteva con la delusione sul suo viso. Le dispiaceva perdere lo spettacolo.

«Non posso guardarlo», sussurrò Bella. «Quel povero orso! E i poveri cani, anche!»

Edward sbatté gli occhi, scuotendo la testa confuso. «Non capisco.»

Come poteva farglielo capire? Era cresciuto in un mondo dove non si considerava il dolore di un animale più di quanto si considerassero i sentimenti di una pietra su cui si metteva il piede. Uno dei cani guaì forte e Bella trasalì mettendo le mani sulle orecchie.

«Non posso», disse con voce strozzata.

Una domestica con la livrea della Regina emerse dalla tenda e si inchinò profondamente. «Vostra grazia, la Regina desidera sapere se la Duchessa sta male.»

«Sì», disse Edward. «Non sta bene. Chiedo umilmente scusa a sua maestà, ma devo portarla a casa.» Attento al guardinfante di Bella, la prese in braccio e si avviò verso le porte del palazzo, dove di solito erano i suoi mezzi di trasporto. «Chiama una portantina», disse Alice, che adesso sembrava allarmata dal pallore di Bella. Si precipitò a cercare un lacchè.

La portantina della Regina stessa fu portata davanti a loro, portata da dodici lacchè, tre per ogni lato. «La Regina ha mandato la sua lettiga», disse loro il lacchè mentre si inchinava, il tono abbastanza impressionato da informarli, se non se ne fossero resi conto, che questo era un grande onore.

«Date a sua maestà i miei rispetti per la sua benevolenza», disse Edward, depositando Bella sui cuscini di velluto. Lui e Alice salirono dietro di lei. Bella lottò contro un attacco di vertigini mentre la lettiga veniva sollevata.

«Mi dispiace», disse piano Bella, conscia delle dodici paia di orecchie intorno a loro. «Non potevo guardare. Era troppo orribile.» Vedeva che Alice e Edward non capivano, ma Edward voleva assecondarla. Le donne gravide  avevano delle fisime, dopotutto, e i mariti sapevano che dovevano evitare che le loro mogli fossero turbate, perché non ne risentisse il bambino che portavano.

Ma lei non riusciva a smettere di pensare a quei poveri animali. Le lacrime rigavano lentamente il suo volto.

«Ti prego, non piangere, Bella», disse Edward. Le prese il viso tra le mani, asciugandole le lacrime con i pollici. «Ti prego … mi spezza il cuore vederlo.»

Lei cercava di ingoiare le lacrime, sbattendo gli occhi.

«Pensa questo: passeremo la serata con Elizabeth. Giocheremo a Filetto. Ti piacerebbe?»

Bella sorrise. Poteva anche non capire perché fosse turbata, ma le stava offrendo quello che sapeva che la divertiva di più, passare tempo con sua figlia, la loro figlia, per cercare di farla sentire meglio. Come poteva non sorridere?

 

 

La mattina successiva, stavano facendo colazione nella loro stanza quando un domestico annunciò che la Principessa Elisabetta era venuta in visita. Bella ingollò il resto della sua birra e stava ancora masticando una crosta di pane mentre scendevano le scale. L’appetito di Bella era notevolmente aumentato con la gravidanza.

La Principessa Elisabetta era nella sala grande, vicino al camino, quando entrarono. Indossava un severo abito da cavallo nero, i capelli legati sotto una piccola cuffia sbarazzina. «Buon giorno, vostre grazie», disse loro mentre si inchinavano.

«Buon giorno, vostra altezza», dissero Bella e Edward simultaneamente.

Elisabetta ridacchiò. «Ah! Il matrimonio! Condividete tutto, incluse le parole.» Si mise seduta su una delle seggiole e Bella fu costretta a sedersi più vicina al fuoco di quanto avrebbe voluto, ma Edward ebbe abbastanza considerazione da porsi tra lei e le fiamme. Edward fece cenno ai domestici di allontanarsi e loro si misero tutti dall’altra parte della stanza.

Le formalità furono abbandonate non appena non ci furono più orecchie indiscrete.

«Sono uscita a cavallo stamani e ho pensato di fermarmi per vedere come stavi, Bella.» Elisabetta faceva girare oziosamente il suo frustino tra le sue lunghe dita bianche. Elisabetta era molto vanitosa delle sue belle mani e spesso le metteva in mostra in questo modo.

«Sto molto meglio, grazie.»

«La Regina ha offerto di mandarti il suo medico personale a visitarti», disse Elisabetta.

«Non è necessario», replicò Bella in fretta. «Solo qualche problema di stomaco, comune tra le donne che aspettano un bambino, mi è stato detto.»

Elisabetta annuì. «Glielo dirò al mio ritorno.» Fece una pausa. «Penso che dovresti restare a casa e non andare a corte, oggi, tanto per essere certi che non capiti di nuovo.»

Edward si chinò in avanti, perché sapeva che il suggerimento non era dovuto alla salute di Bella. «Che novità?»

«La Regina pubblicherà il contenuto del contratto di matrimonio, oggi», disse Elisabetta. «Spera che rendendo pubblici i termini del contratto il popolo sarà meno … preoccupato. Gira voce che Filippo sia già in cammino con un esercito di diecimila spagnoli, con altri ottomila tedeschi al seguito.»

Edward non aveva fatto parte della speciale squadra di ambasciatori che avevano negoziato il trattato, ma sapeva che Elisabetta aveva spie ovunque e probabilmente aveva conosciuto i termini dell’accordo prima della Regina stessa. «Qual era l’accordo?»

«Filippo sarà designato Re e firmerà la legislazione e i proclami unitamente alla Regina, ma non ha poteri sull’esercito d’Inghilterra o sul nostro tesoro, quindi non potrà trascinarci nella sua rovinosa guerra contro la Francia. Se la Regina muore senza figli, il potere sovrano di Filippo finisce. Se c’è un figlio, gli è fatto divieto di portare via dalla nazione il bambino o Maria senza l’espresso consenso del Parlamento, e tu sai quali siano le probabilità per questo

«Ma il figlio potrebbe ereditare il trono di Spagna», disse Edward.

«Dovrebbe governare da qui, almeno fino alla sua maggiore età», disse Elisabetta. «L’Imperatore Carlo V ha mandato a Maria un bellissimo diamante come regalo di fidanzamento, come avrebbe dovuto fare Filippo, ma ho sentito che ha messo il broncio per i termini del contratto.»

Rimase in silenzio mentre un domestico si avvicinava per portare dei bicchieri di birra. Il calice più bello di Edward, d’oro tempestato di gemme, quello che aveva ricevuto come dono di nozze dal padre di Elisabetta, fu offerto alla Principessa, essendo il più bello destinato alla persona di rango più alto. «È molto bello», commentò lei.

«Grazie.» Edward prese dei più umili calici d’argento per sé e per Bella.

Non appena furono di nuovo soli, Elisabetta rivolse la sua attenzione a Bella. «Quali sono i tuoi progetti per la giornata?»

«Andrò alla Torre per portare dei libri a Jane Grey, e poi andrò a palazzo. Perché me lo chiedi?»

«Ho parlato con la Regina stamani, e le ho fatto una richiesta che mi ha accordato.» Elisabetta prese un sorso della sua birra e voltò lo sguardo verso Edward. «Cugino Edward, adesso ti sto chiedendo di fidarti di me.»

Edward annuì.

«Io mi ritirerò ad Hatfield House e porterò Bella e la piccola Elizabeth con me.»

Bella prese un respiro improvviso e si voltò verso Edward con la protesta che stava per uscire dalle sue labbra.

«Bess …» disse lui, prendendo la mano di Bella tra le sue.

«È per il meglio.» Elisabetta lo guardò dritto negli occhi. Un lungo sguardo passò tra loro prima che Edward sospirasse e annuisse.

Si voltò verso Bella. «Vai con Bess, Bella. Prendi Alice e nostra figlia.»

«Cosa? Io non capisco. Perché?»

«Ricordi quello che ti ho detto in giardino riguardo al fare domande?» disse piano Elisabetta. «Io non voglio mentirti, Bella, ma se insisti a fare domande, dovrò farlo. Capisci?»

«Io non voglio andare. Senza offesa, Elisabetta.»

«Nessuna offesa», disse Elisabetta seccamente. «Non sarà per molto, Bella, te lo prometto.» Si alzò. «Partiremo in mattinata. Fai la tua visita a Jane, ma dopo vieni subito a casa. Aspettami per domani verso le dieci.» Diede a Edward e Bella un bacio leggero sulle labbra e se ne andò, chiamando il suo lacchè mentre usciva dal portone.

Bella si voltò verso Edward, gli occhi pieni di lacrime. «Non voglio andare», ripeté.

«Bess non ti avrebbe chiesto di andare se non fosse importante, Bella. Devi. Ti prego.»

«Tu sarai in pericolo?» chiese lei.

Edward la prese tra le braccia. «Non preoccuparti per me. Sono al sicuro come può esserlo ogni uomo di questi tempi.»

Ma questa non era una gran sicurezza.

 

 

Bella aveva cambiato idea a proposito della visita a Jane, ma Edward aveva insistito che andasse e aveva aggiunto un po’ di senso di colpa per assicurarsi che lo facesse. «Quella povera ragazza probabilmente non ha avuto nessuno a farle visita nel periodo di Natale», disse.

Bella impacchettò i libri che aveva acquistato per Jane. Li aveva già mostrati alla Regina Maria, che aveva dato la sua approvazione. Erano alcuni testi scientifici e di matematica, ed uno che era sicura sarebbe piaciuto a Jane, sui meccanismi interni degli orologi.

Dato che Edward non voleva più che Bella cavalcasse per via della sua gravidanza, Bella dovette prendere una portantina fino al fiume e poi una chiatta fino alla Torre, un viaggio lungo in modo irritante, quando lei aveva già voglia di tornarsene a casa. La guardia della Torre, Master Partridge, dovette esaminare i libri prima che Bella li portasse a Jane, e questo voleva dire che doveva sfogliare ogni pagina per assicurarsi che non ci fosse inserita una lettera o non ci fosse un messaggio scarabocchiato ai margini. Bella sbatteva il piede mentre aspettava. Quando le fu finalmente permesso di entrare nella stanza di Jane, la ragazza sembrò deliziata di vederla.

«Come state, vostra grazia?»

«Cugina è l’unico titolo che voglio che tu usi», le disse Bella, dando a Jane l’abituale bacio sulle labbra e abbracciando il suo corpo piccolo. Anche Bella era piccola, come umana, ma Jane aveva decisamente la taglia di una bambina.

«Cugina Bella sia, allora», concordò Jane. «Non vuoi sederti?»

Bella si accomodò su una seggiola e appoggiò il pacco di fronte a Jane. «Buon Natale, anche se un po’ in ritardo.»

«Il tempo vuol dire poco qui dentro», disse Jane. Aprì il pacco e lanciò uno strilletto di gioia da ragazzina. Oh, Bella! Grazie!» Prese il libro sugli orologi e sospirò di piacere. «Sei davvero molto premurosa. Dimmi, come stanno Edward e Elizabeth?»

Questo ricordò a Bella il viaggio che avrebbe dovuto fare l’indomani e la sua faccia crollò.

«Che c’è che non va?» chiese Jane allarmata. «Sono malati?»

«No, niente del genere», disse Bella. «È solo che sto per trasferirmi in campagna per un po’.»

«Finché sarà nato il bambino», annuì Jane. «Non devi essere triste, Bella. È molto più salubre la campagna. Lo sanno tutti. Una volta finito il tuo confinamento potrai tornare a casa.»

Non corresse Jane riguardo ai motivi. «È solo che mi mancherà tanto Edward.»

Jane sorrise, gli occhi dolci e sognanti. «Questo te lo invidio davvero, Bella. Tu hai qualcosa che è molto raro e molto prezioso. Dio deve di certo favorirti.»

«Forse quando Guildford sarà più vecchio …» La voce di Bella si spense perché non le sembrava giusto offrirle false speranze. Da quello che aveva sentito di Guildford, semplicemente non era una persona gradevole, e probabilmente non lo sarebbe mai stato.

Jane diede un colpetto sulla mano a Bella. «Sei gentile a provarci», disse, «ma io non credo di poter sperare nella felicità su questa terra. La mia ricompensa sarà in cielo.»

Nessuna ragazza di sedici anni dovrebbe guardare alla morte. «Il bello della vita è che cambia sempre», disse Bella.

«Questo è vero. Ho sentito che la Regina Maria intende mandare presto anche me in campagna.» Le labbra di Jane si storsero in un sorriso obliquo. «Però il mio signor marito sarà alloggiato separatamente.»

«Probabilmente desidera impedirti di fare altri pretendenti al trono.»

«Un sentimento con cui concordo di vero cuore», disse Jane. «Non porterei mai un altro figlio in questa famiglia.»

«Mi dispiace, Jane», disse Bella. Come molte selkie, credeva che la maternità fosse una gioia e si rammaricava del fatto che Jane non ne avrebbe mai fatto esperienza.

«A me no.» Jane fece un gesto verso gli scaffali di libri, verso i suoi orologi che ticchettavano nel silenzio, contrassegnando i quieti momenti della sua vita. Bella guardò dalla finestra il dolce sole invernale filtrare attraverso gli alberi scheletrici. I corvi, abitanti tradizionali della Torre, beccavano l’erba in basso. Come doveva essere per Jane, che non poteva correre fuori e giocare sotto gli alberi se gliene veniva voglia? Il suo mondo era ristretto a queste stanze, e lei diceva di essere contenta, ma non c’era una parte di lei che voleva essere una normale ragazzina, e ballare, ridere, flirtare? ‘Contenta’ era ciò a cui ti conformavi se non potevi avere gioia?

Quando uscì, non andò direttamente a casa come l’aveva istruita Elisabetta. Invece andò a Palazzo e trovò la Regina che scriveva lettere nel suo ufficio. «Lady Cullen», disse con un sorriso. «Sono felice di vederti in salute.»

«Grazie, vostra maestà.»

«Come è andata la tua visita con Jane?»

«Piuttosto bene, vostra maestà. Sta bene e a suo agio con i suoi libri, e aspetta con gioia una quieta vita in campagna.»

«Anche tu te ne stai andando in campagna», commentò la Regina. «Mia sorella sta lasciando la corte e ha chiesto che tu, specificamente, vada con lei ad Hatfield.»

Bella sospirò. «Così mi hanno detto.»

La Regina infilò la penna nel calamaio. «Vieni qui, Bella», disse piano. Le indicò uno sgabello vicino alla sua seggiola e Bella si appoggiò dopo aver sistemato con attenzione le sue gonne. Come Duchessa, le veniva offerta di solito una seggiola, quindi non era tanto pratica a sistemarsi il guardinfante per accomodarsi su una seduta così bassa. «Devo chiederti qualcosa, qualcosa che sono sicura non vorresti fare, ma è necessario.» Sospirò e si strofinò gli occhi come se le facessero male, e miope com’era, forse era così. Elisabetta è … Elisabetta è l’obiettivo dei cospiratori.»

«Non è in pericolo, vero?» chiese Bella allarmata.

«Non più di chiunque altro abbia sangue reale. I cospiratori mirano ad innalzarla, non a farle del male.»

«Oh», disse Bella. «Oh! Intendete …»

«Sì, vogliono vederla al mio posto. Quello che ho bisogno che tu faccia, Bella, è controllarla per me. Dimmi chi le fa visita, chi le scrive. Tutto quello che sembra sospetto. Hai capito?»

Il cuore di Bella affondò. «Sì, vostra maestà.»

«Grazie, Bella.» Maria sorrise e le baciò la fronte. «Puoi andare. Sono certa che avrai molte cose da preparare.»

Alice era agitata quando Bella tornò a casa. Stava spiegando ai domestici quali vestiti, quali gioielli e quali cappelli imballare sia per la Duchessa che per sua figlia. Ed era molto infelice. Jasper non le avrebbe accompagnate a Hatfield. Alice lo chiamava “andare a seppellirsi in campagna”, ed era depressa di dover perdere sia il luccichio della corte che la profonda ‘amicizia’ col confessore di Bella. Bella provò ad essere cordiale, ma voleva semplicemente tutti fuori dalla sua camera, così da poter passare un po’ di tempo con Edward, pochi, preziosi ultimi momenti prima di essere separata da lui per una quantità indeterminata di tempo.

Non dormì quella notte, e non pensava che avesse dormito neanche lui. Si tennero stretti nel buio, entrambi desiderando parole che confortassero l’altro, parole che non vennero.

Provò a non piangere quando arrivò la portantina di Elisabetta davanti alla lunga serie di bagagli e mobili. Provò a non aggrapparsi a lui quando le diede un ultimo abbraccio.

«Ci vedremo presto, Bella», disse con le lacrime che gli brillavano negli occhi. «Te lo prometto.»

Lei lo baciò. «Ti amo.»

«E io amo te. Stai al sicuro.» La aiutò a salire sulla portantina e le loro mani si strinsero un ultimo momento prima che la portantina fosse portata via.

La piccola Elizabeth giocava con la sua bambola, imperturbata dal fatto di trasferirsi in un’altra casa, qualcosa che aveva fatto già tante volte nella sua breve vita. Alice, di fianco a lei, era lugubre come uno che porta un feretro. Solo la Principessa Elisabetta, rilassata vicino a Bella, aveva un’aria tutta allegra.

«Per i denti di Dio, se separarsi è così deprimente, sono contenta di non essermi mai innamorata», disse lei.

«Probabilmente non ti succederà», disse Alice laconica. «Sei troppo egoista.»

Elisabetta rimase a bocca aperta per un attimo e poi scoppiò a ridere. «Penso che potrei tenerti con me», disse lei. «Tu sei come lo schiavo che Cesare teneva dietro di sé sul cocchio durante la parata del trionfo, che gli sussurrava continuamente all’orecchio ‘Ricordati che sei mortale’.» Ridacchiò tra sé per un momento prima di guardare Bella. «Come è andata la tua visita dalla Regina?»

«Come sai queste cose?» chiese Bella leggermente irritata.

«Ho i miei metodi», replicò Elisabetta con disinvoltura. «Quindi ti sono stati assegnati doveri di spionaggio, vero? Ti avevo detto di non andare. Non avrebbe potuto chiedertelo se fossi andata dritta a casa come ti avevo detto di fare.»

Bella sbatté gli occhi basita. «Non c’era nessuno vicino a noi che poteva sentire quello che mi ha detto. Come fai a saperlo?»

Elisabetta fece spallucce. «Perché è quello che avrei fatto io.»

 

 

 

 

 

Note storiche

-          La masque recitata per il primo Natale del regno di Maria non è ben descritta nei documenti esistenti. L’ho ricostruita col poco che si sa usando il plot di masque simili.

-          Il tormento dell’orso fu in realtà tenuto a Hatfield per il divertimento di Elisabetta

-          Il contratto di matrimonio fu in realtà reso pubblico il 14 di gennaio.

 

 

  
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