Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Lope_Rask    03/05/2015    0 recensioni
Divenuto inesistente agli occhi della Principessa Tomoyo che serviva, cancellato dai ricordi di lei, Kurogane raggiunge uno dei tanti mondi dalla nostalgica atmosfera ed una donna, bella ed ingenua, posa il suo sguardo proprio su di lui. Avrebbe dovuto capire che lui è Una Spada, che d'Acciaio Nero, ora più che mai, è fatta la sua anima. Ma quelle labbra sono distratte.
"Aveva scelto di iniziare un gioco pericoloso, senza pensare, era stata troppo impulsiva e aveva riposto troppa fiducia in lui."
Il dolore, il dolore che infliggerà, farà da padrone.
Genere: Drammatico, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kurogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fra le vie di quella Tokyo che aveva visto innumerevoli e più cambiamenti, ancora un quartiere preservava con gelosia e ostinatezza la tradizione, nelle costruzioni, nei costumi. Come se il tempo, solo in quel posto, si fosse fermato.

 

Oltrepassato il confine invisibile che separava il mondo dalla zona nostalgica, percorreva le vie con la sua katana lunga nel fodero: Sohi, silenziosa, si lasciava cullare dalla pelle nera che la fasciava. Kurogane osservava uomini portare antiche acconciature, donne vestire kimono preziosi e vezzosi e tutto lo riportava a casa sua con la mente, a Suwa. Quella casa che disperatamente voleva raggiungere ma che, ora, temeva per ciò che avrebbe visto e per ciò che gli avrebbe riservato.

 

«Tsk.»

 

Non erano pensieri quelli che occupavano la sua mente ma immagini. Aveva fatto la scelta giusta, lo sapeva, ma quanto gli era costata? Non aveva rimorsi, ma solo rabbia. Pura rabbia.

 

E voglia di ferire il mondo. Qualche vittima, quel giorno, innocente, avrebbe pianto.

 

Sostava in un negozio e dentro a quello si cambiava, indossando un kimono anche lui, nero, reso elegante ed esattamente nel suo stile dalle rifiniture scarlatte e dai decori sobrii che, di tanto in tanto, impreziosivano gli orli.

 

E con il passo di chi non ha nessun traguardo davanti a sé, faceva il suo ingresso in un locale, una taverna, dove prendeva silenziosamente posto. Un'aura cupa lo circondava, non differente dal solito; piuttosto erano gli occhi ad essere cambiati: affilati, fissi, a volte sembrava come non battesse le palpebre.

 

Non notava neanche cosa prendeva da bere, sentiva solo andare giù caldo l'alcool, fino a che non percepiva uno sguardo su di sé: una donna.

 

Quanto sarebbe stato meglio per lei non dedicargli la sua attenzione.

 

Prendeva, Kurogane, il suo bicchiere ampio, vuoto a metà, e andava a raggiungerla, sedendo al suo tavolo. Era sola, quella donna, e lo guardava con occhi da cerbiatta, lasciando però le labbra mature tese in un'espressione seria e ponderata.

Lui, non avrebbe mai capito le donne, lo sapeva chiaramente, e, quel giorno, era men che mai disposto a cercare un perché alle loro azioni.

Kotoko si chiamava. Una fede dorata le appesantiva la mano sinistra, risaltando sul pallore della pelle delicata e sulle dita sottili con le unghie laccate.

 

Non importava a Kurogane chi lei fosse, cosa volesse. Non gli importava dell'innegabile cura che aveva di sé e dei lineamenti tanto perfetti da sembrare disegnati. Vedeva solamente in lei un modo per sfogare il suo dolore. Era sempre stato paragonato ad una bestia ed era cambiato guidato dal calore di una persona che, ormai, non avrebbe mai più avuto un singolo pensiero per lui. Poteva tornare ad assumere l'atteggiamento che preferiva.

 

Così, la donna, con parole di miele proibito, lo invitava, senza invitarlo, a seguirla. L'amore nel mondo, non c'era più.

E d'un tratto non c'era mai stato.

 

Fra le mura di una modesta ed agiata casa, lei, lo conduceva e si privava, assieme agli abiti, di ogni inibizione e freno. Lo faceva insinuare nel letto matronale e, con labbra leggere come petali di rosa, viziava il suo corpo senza chiedere mai, come donna assetata che ha appena scorto una sorgente. Si velavano di erotico desiderio i suoi occhi profondi e liquidi e non lasciavano spazio all'attesa, bramosi di un'emozione che non provavano, chissà da quanto tempo.

Nel tradimento la donna coglieva il suo frutto ambito e proibito e fra canti appassionati delle labbra umide, lei, danzava.

 

Quell'uomo, Kurogane, privo ormai di qualsiasi pietà, la guardava, continuamente, come carnefice, insensibile e divertito dal mutamento repentino della natura della donna, divenuta schiava non appena toccato con mano e sfiorato con lo sguardo un uomo che il suo corpo aveva desiderato.

 

Non c'era tregua e non c'erano patteggiamenti. Aveva scelto di iniziare un gioco pericoloso, senza pensare, era stata troppo impulsiva e aveva riposto troppa fiducia in lui.

 

Kotoko, strette le bianche dita attorno alle sue spalle, premute le ginocchia sul letto, non dava retta ad altro che non fossero stati i suoi stessi sentori e allora, in quel magnifico momento in cui suo marito faceva ritorno, Kurogane, non la fermava ed anzi le dava modo di raggiungere l'agognata meta con un'espressione soddisfatta ed un sogghigno maledetto sul volto.

 

Gli occhi rosso sangue fissi sull'uomo che, all'ingresso, era rimasto immobile mentre lui stesso prometteva silenziosamente progenie bastarda alla donna infedele ancora ignara.

 

Lei si accorgeva troppo tardi del calore che la pervadeva e, ancora più tardi, dell'uomo che l'aveva sposata che la guardava attonito. Kurogane, con un gesto di stizza, toglieva Kotoko l'immeritevole da sopra di sé, gettandola sul letto da un lato e si alzava in piedi. Secondo il codice d'onore ora l'uomo avrebbe dovuto combattere e questo non faceva altro che far riecheggiare fremiti di ulteriore eccitazione in tutto il suo corpo.

 

Questione d'un attimo e l'altro, gridando improperi, si gettava su Kurogane che, prontamente, aveva afferrato Sohi e, senza esitazione alcuna, aveva colpito al fianco l'uomo. Non voleva uccidere, solo recare dolore, provocare in qualcuno una ferita che non avrebbe dimenticato. E di certo era riuscito nel suo intento.

 

Lasciava per il momento la lama sporca e la riponeva, rivestendosi poi di quel kimono nero come il cuore che portava ora in petto, rosso come il dolore che lo accecava.

 

Dietro di lui lasciava due corpi straziati dall'onta, dal dolore, uno all'apice del piacere e l'altro al culmine dell'umiliazione.

   
 
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