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Autore: Arrow    03/05/2015    1 recensioni
“Perché non me lo hai detto prima?”
“Non volevo ti bagnassi.”
“Non voglio stare sotto con te, Orenji Iro.”
[Orangebat]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ai ai gasa (相合傘) – “Perché non me lo hai detto prima?”
“Non volevo ti bagnassi.”
“Non voglio stare sotto con te, Orenji Iro.”
Di cosa staranno parlando?

 
 
 
«E così è arrivata» Slaine sente Inaho sussurrare tra sé e sé, mentre l’altro guarda – da sotto il porticato laterale della scuola - il cielo pieno di nuvole gonfie di pioggia che non accenna a smettere da almeno un paio d’ore. «Cos’è arrivata?» Non può evitarsi di chiedere. «Tsuyu. La stagione della pioggia» risponde l’altro aprendo l’ombrello, ovviamente arancione, lo ammonisce Slaine nella sua testa e- «AH!» In quel momento l’attenzione di Inaho, Inko, Nina, Okojo e Calm cade su di lui. «Io ho» inizia il biondo «ho dimenticato l’ombrello.» E tutti, tranne Inaho, scoppiano a ridere. «Come puoi esserti dimenticato l’ombrello proprio in questo periodo dell’anno?» chiede Calm, cercando di darsi un contegno tra uno spasmo di risata e l’altro. «Perché? Non è mica una regola fissa ogni anno!» sbotta Slaine per difendersi. «Invece ti sbagli.» interviene Inaho e Slaine deve volgere lo sguardo al suo fianco destro. «E’ pressocchè calcolato che ogni anno questa stagione arrivi intorno alla metà della seconda settimana di giugno e che perduri fino al termine del mese di luglio.» spiega il moro «Ovviamente ci sono delle eccezioni, ma è quasi una regola. E soprattutto di conoscenza comune.» A quell’uscita Slaine vorrebbe sbottare contro l’amico e sotterrarsi contemporaneamente. Non si può permettere di percorrere tutto il tragitto da scuola a casa sua sotto un diluvio. «Ci dispiace, Slaine, ma io e Nina abbiamo degli impermeabili giusto per arrivare alla fermata dell’autobus.» «E mia madre sarà qui a momenti e porterà via sia me che Calm, quindi noi non ne abbiamo proprio portati.» Slaine si sente mortificato; non vuole che i suoi amici si scusino in massa con lui. «N-No, non preoccupat-» «Posso accompagnarti io.» Tutta la comitiva fa cadere lo sguardo su Inaho. «D’altronde non c’è nemmeno un autobus che arriva alla zona dove abiti, no?» Slaine non sa cosa dire fino a che Inko non interviene. «I-Inaho! Non sarebbe un pochino…» la ragazza esita «Sai cosa significa di questi tempi… e in più ci sono tantissime persone in giro.» «Non importa.» risponde monotono l’altro, e Slaine non ha idea di cosa stiano parlando, ma sa che deve dire qualcosa. «M-ma casa tua è dall’altra parte della città! Apprezzo, ma devo rifiutare. Penserò a qualcosa.» «Ci ho già pensato io.» risponde prontamente Inaho, non mostrando segni di agitazione. «Solitamente mi piace tornare a casa con la pioggia. E’ per questo che non ho chiesto a Yuki di venirmi a prendere, ma posso accompagnarti a casa e poi prendere l’autobus alla prima fermata che trovo.» spiega, come se fosse la cosa più normale del mondo e Slaine sta per controbattere quando Inaho gli si avvicina e lo afferra per un braccio trascinandolo sotto l’ombrello e il biondo capisce di doversi arrendere. Che testardo. «Buon rientro, voi due!» dice Okojo, in un tono che Slaine non riesce ad afferrare, insieme alla risata sotto ai baffi di Calm e i sorrisini imbarazzati delle ragazze. Proprio mentre Slaine sta per distogliere lo sguardo dagli amici, Inaho inizia a camminare e i due escono all’aperto, salutandoli. «Mi sto perdendo qualcosa?» chiede allora all’amico. E soprattutto, perché sembrava che tutti stessero aspettando che loro due se ne andassero? «No, niente. Ignorali.» risponde l’altro, impassibile e Slaine lascia correre solo perché Inaho gli sta facendo un grosso favore e non vuole farsi detestare. I due camminano silenziosamente per tutto il cortile della scuola e prendono la destra appena usciti. «Aspetta-» dice Slaine all’improvviso, sorpreso. «Sei stato a casa mia solo una volta. Come fai a ricordare la strada?» Inaho volge lo sguardo verso di lui e per quanto la sua epressione sia imperturbabile come al solito, Slaine vi legge una leggera nota di disapprovazione. «La ricordo e basta.» risponde solo quando torna a guardare davanti a sé, ridando vita al silenzio precedente. «Lo sai? E’ un po’ inquietante» cerca di simulare un tono derisorio, ma non sa cosa ne esce. «Ah sì?» risponde disinteressato l’altro. Ha chiaramente fallito. Non sa perché ma all’improvviso si sente a disagio, come se qualcosa non fosse giusto in quella situazione. «Sai? Penso che dovremmo lasciar stare…» inizia «Posso tornare a casa da sol-» in quel momento, Inaho gli afferra il braccio destro e lo attira a sé, facendo scontrare le loro spalle e Slaine non fa in tempo ad esclamare per la sorpresa e a chiedere che diamine l’altro stesse facendo, che il rombo di un’auto gli riempe le orecchie «Invece che agitarti per una questione di cui abbiamo già discusso, presta attenzione ai tuoi dintorni.» «Non me ne sono minimamente accorto.» dice più a se stesso che ad Inaho. Gli batte forte il cuore per la sorpresa e deve prendere un lungo respiro per stabilizzarsi. «La pioggia è troppo forte. Mi stupisco di come tu l’abbia sentita arrivare…» Da quel momento rimane più vicino ad Inaho sotto l’ombrello, spalle che si sfiorano leggermente ad ogni passo; pelle a contatto per via delle divise estive a maniche corte e borse ai lati opposti. Senza farsi notare, sbircia con la coda dell’occhio l’altro. Un lieve sorriso gli si forma sulle labbra quando nota la differenza di altezza delle loro spalle. Quando stanno per imboccare una piccola via secondaria, incrociano un paio di ragazze che nel vederli, ridacchiano e si dicono qualcosa. La stessa reazione degli altri, pensa Slaine e la curiosità va a fare compagnia alla confusione. «Ehi, Orenji Iro» dice, e l’altro si volta a guardarlo, un sopracciglio alzato in segno di domanda. «Ho qualcosa di strano in faccia?» «Perché lo chiedi?» «Rispondi e basta.» «Non c’è nulla di strano sulla tua faccia.» dice, monotono e Slaine prova a non pensare a tutti gli strani avvenimenti della giornata e a concentrarsi invece su qualcos’altro. «Non credo di aver mai visto tanta pioggia in vita mia. L’ombrello è assurdamente bagnato. Sembra si stia per rompere.» «E’ così quasi ogni anno. A me piace.» «Wow, è raro che tu ammetta che ti piace qualcosa.» lo prende in giro. «Il semplice fatto che io non sbandieri ai quattro venti ciò che mi piace, non significa che sia realmente così.» e a quel punto Slaine capisce di dover cambiare discorso. «A-Allora» tenta, sapendo che se rimangono in silenzio, si sentirà a disagio fino a che non raggiungeranno casa sua «Come sta Yuki-san?» chiede, genuinamente interessato. Quando aveva incrontrato la donna per la prima volta, questa aveva tirato una penna in testa ad Inaho da una distanza assurda,ma poi – da furibonda qual era – si era calmata ed era diventata tutta sorrisi e buone maniere. Quasi ancora stenta a credere che i due siano fratelli. Ogni tanto ripensa a come Nina gli abbia confidato che Yuki provava costantemente – sin da quando Inaho era piccino – a trovargli una fidanzata e, seppur l’idea lo avesse fatto sorridere la prima volta, dopo diverso tempo dal suo trasferimento e successivo inserimento nel suo attuale gruppo di amici, gli aveva fatto storcere il naso e quindi cerca di scacciare il ricordo della brutta sensazione. «Bene, ma nonostante sia stata promossa di grado continua ad essere la Dea della pigrizia.» Slaine sorride alla risposta, notando la leggera ruga di irritazione tra le sopracciglia dell’altro. «Sei molto propenso a conversare oggi» se ne esce l’altro inaspettatamente e Slaine si sente arrossire. «B-Beh, non puoi biasimarmi. Rimanere in silenzio fino a casa sarebbe un po’…» non termina la frase, non volendo ammettere che sarebbe imbarazzante. «Io sto bene anche in silenzio, se per te non è un problema.» risponde Inaho «Ma anche parlare va bene.» Quindi? Devo parlare o no?, pensa il biondo e nella foga del momento, sbatte appena troppo forte contro l’altro che però non sembra badarci. «Mi devi sempre complicare l’esistenza, Orenji Iro.» sussurra tra sé, imbronciato e nello stesso momento nota che l’altro ha leggermente alzato il braccio libero. «Voglio prendere qualcosa da bere.» annuncia e solo dopo che parla Slaine capisce cosa sta indicando: un distributore automatico, che – il biondo aveva imparato – si trova come tanti altri che ha incrociato in un posto davvero inusuale. «Va bene» risponde, preso alla sprovvista. «Hai freddo per caso?» Quello è senza ombra di dubbio un distributore di bevande calde. «Non particolarmente, ma ho sete.» E si incamminano verso la macchina, facendo una piccola deviazione sul percorso. Dopo pochi passi arrivano lì davanti e Slaine vede Inaho scansionare con sorprendente attenzione le bevande e pensa che l’altro ha davvero degli interessi bizzarri. Nonostante non mostri apertamente ciò che gli piace il novanta percento del tempo, quando accade diviene adorabilmente palese. Adorabilmente? Il flusso di pensieri del biondo viene interrotto dai movimenti scoordinati di Inaho al suo fianco e quando Slaine si volta lo vede cercare di prendere qualcosa dalla borsa e tenere l’ombrello contemporaneamente, con pessimi risultati. «Lascia» parla all’improvviso e Inaho posa lo sguardo su di lui «Lo tengo io.» sporge la mano. Inaho sembra sorpreso per un istante, ma poi gli passa l’ombrello e Slaine irrimediabilmente ripensa a quell’adorabile formatoglisi in testa pochi secondi prima quando le loro dita si toccano leggermente e si maledice. Per non perdersi in quei pensieri insensati, Slaine concentra l’attenzione sulle azioni di Inaho che – dopo aver estratto il portafogli dalla borsa – seleziona un tè caldo ai frutti di bosco. Che scelta particolare. L’altro si china per raccogliere la lattina e di riflesso Slaine si sporge in avanti per ripararlo dalla pioggia, bagnandosi immediatamente la schiena. Accorgendosi del gesto a causa del leggero lamento del biondo, anche se gli dà le spalle, Inaho si alza velocemente abbandonando nel distributore la bibita e gli si avvicina, raddrizzando l’ombrello. «Non… non serviva.» dice il moro e a Slaine – freddo alla schiena completamente dimenticato – cade lo sguardo sulla mano dell’altro, proprio sopra la sua e un brivido lo percorre da capo a piedi. «R-riproviamo.» dice allora, guardando dritto negli occhi il ragazzo più basso e diminuendo ulteriormente la distanza. «Chinati» e il tono che si sente usare lo fa avvampare insieme alle parole stesse che – in quel contesto – prendono tutt’altro significato. Inaho spalanca impercettibilmente gli occhi, ma sembra comprendere quello che vuole dire Slaine. «Okay…» annuisce, inusualmente e visibilmente a disagio e – dopo aver lasciato la presa con forse sin troppa fretta  - si abbassa nuovamente e stavolta il maggiore riesce a coprire entrambi. Quando il moro si rialza, Slaine cerca accuratamente di non guardarlo e quindi non nota la mano dell’altro fino a che questo non gli appoggia lievemente sulla guancia la lattina calda per attirare la sua attenzione. «Che c’è?» Perché sto quasi urlando? «Posso tenerlo io» dice, riferendosi all’ombrello. «Oh no, lo tengo io. Tu bevi.» si ringrazia mentalmente per essere riuscito a tirare fuori un tono decentemente autoritario. Inaho acconsente e tornano sui loro passi. Questa volta il silenzio sembra la soluzione perfetta per Slaine, perché sa che – nelle condizioni in cui si trova – potrebbe non rispondere delle sue stesse parole. Nemmeno l’altro sembra propenso a conversare, troppo impegnato a bere e passarsi occasionalmente la lattina da una mano all’altra. Trascorrono diversi minuti, scanditi dalla pioggia battente e dopo quelle che gli sembrano ore, Slaine percepisce un rombo di auto nelle vicinanze. Alza lo sguardo, che inconsciamente aveva puntato a terra, e riconosce gli inizi del suo quartiere. «Ah» Inaho esclama, interrompendo il silenzio tra loro «Non è questa la strada che io e Calm abbiamo preso l’ultima volta.» «Ah sì, qualche minuto fa abbiamo passato la via che probabilmente avete imboccato, ma da qui arrivo direttamente davanti casa mia.» spiega Slaine, notando che il senso di ansia precedente svanisce attimo dopo attimo. Di cosa mi preoccupo? «Capisco…» asserisce Inaho, immagazzinando l’informazione. «Come va la schiena?» se ne esce poi il moro e Slaine se ne era quasi dimenticato. «E’ okay. Per quanto piova, l’aria è abbastanza calda quindi sono già asciutto.» E vorrebbe ringraziarlo per aver chiesto, ma la vista in lontananza di casa sua glielo impedisce. «Siamo quasi arrivati.» e in quel momento una signora dal volto familiare svolta l’angolo e si para davanti ai due. «Oh» esclama l’anziana, sorpresa e Slaine vorrebbe tanto ricordare il suo nome. Suo padre gli aveva detto che erano buone maniere ricordare i nomi dei vicini (nonostante lui stesso facesse pena) e Slaine aveva creduto di averlo fatto, ma al momento la signora poteva benissimo essere una sconosciuta. «Buon pomeriggio, Slaine-kun e-» si interrompe, passando lo sguardo – inspiegabilmente – prima sulle loro teste e poi su Inaho stesso. «Anche al tuo… amico.» tentenna e Inaho lo salva per la milionesima volta quel giorno, salutando di rimando, in modo più neutrale possibile e lui lo imita. La signora si scusa subito dopo e li oltrepassa, dichiarando di essere di fretta. «Che strano…» riflette ad alta voce poi. «Sembrava-» «In imbarazzo?» Inaho lo precede e Slaine porta velocemente lo sguardo su di lui. «Già. Come-» «Non c’è da biasimarla. Così come gli altri e le due ragazze che abbiamo incrociato prima.» A Slaine scatta qualcosa in testa. «Allora non l’ho notato solo io! Ma mi hai detto di ignorarli. Cosa c’è sotto? Che mi sono perso?» domanda tutto insieme, colto da una frustrazione improvvisa.  «E’ quella casa tua no?» Inaho lo ignora, indicando una piccola casetta bianca e marrone in stile occidentale a pochi metri da loro. «Sì.» risponde riluttante Slaine, sapendo che l’altro sta evitando di spiegargli il problema. Dopo diversi passi, Slaine vede Inaho passarsi la lattina da una mano all’altra e riprendersi con forse troppa prepotenza l’ombrello. «Che stai-» «Apri.» gli ordina l’altro e solo alle sue parole si accorge che sono arrivati al piccolo cancello di casa Troyard. Senza controbattere Slaine fruga nella tasca dei pantaloni della divisa ed estrae il mazzo di chiavi. Con la coda dell’occhio vede il moro sorridere leggermente quando nota il piccolo portachiavi a forma di pipistrello che lui stesso gli ha regalato “per scherzo” per il suo compleanno. Chissà se lui tiene il mio, si chiede per evitare di pensare al calore che sente alle guance. Non appena apre il cancello, vede che Inaho lo segue con l’ombrello e capisce che – testardo com’è – lo accompagnerà fino alla porta. Dopo qualche passo raggiungono il piccolo porticato di casa e Slaine vede l’amico indietreggiare e tornare sotto la pioggia, che proprio in quel momento sembra aumentare di intensità ma l’altro non vi fa caso. Si trovano così faccia a faccia. «Ora posso dirti cosa c’è che non va oggi.» esordisce e il biondo non crede alle sue orecchie. «Inko era riluttante all’idea di lasciarmi accompagnarti per lo stesso motivo per cui Okojo e Calm se la stavano ridendo sotto i baffi e quelle ragazze e la signora si sono comportate in modo strano.» Slaine non afferra il punto e sceglie di rimanere in silenzio, lasciando continuare Inaho. «E il motivo scatenante è quella che oggigiorno si può definire una “tradizione giapponese”.» spiega e si allontana di qualche passo da Slaine, percorrendo al contrario il vialetto. «Questa tradizione ha origini abbastanza antiche e si chiama “Ai ai gasa”. Ora, non ti starò a spiegare che fenomeno l’ha originata, ma in sostanza è comune credenza che chi condivide un ombrello sia in una qualche sorta di relazione» Slaine sbatte più volte le palpebre, pezzo dopo pezzo tutto va al suo posto «romantica.» conclude Inaho e Slaine spalanca bocca e occhi contemporaneamente. «Ecco spiegati i comportamenti “bizzarri” di tutte le persone con cui abbiamo avuto a che fare. Le due ragazze che abbiamo incrociato stavano molto probabilmente fantasticando su noi due e la signora anziana avrà fatto leggermente fatica a mandare giù la cosa e Okojo e Calm ci prenderanno in giro per i prossimi mesi, ma in sostanza tutti quanti hanno pensato che io e te stessimo insieme.» conclude il moro, con nessuna particolare inflessione nella voce, come se stesse parlando del tempo. Slaine, dal canto suo, è un ammasso di emozioni differenti tutte insieme. Indignazione, confusione, imbarazzo e rabbia. «P-Perché non me l’hai detto subito?!» A quel punto se ne infischia di come possa suonare all’altro. «Chissà cosa avranno pensato tutti quanti.» si posa entrambe le mani alle guance, arrossendo vistosamente. «Che ti importa?» chiede Inaho e Slaine torna a guardarlo negli occhi. «A me non importa, ecco perché te lo sto dicendo solo ora. Valeva la pena scaldarsi e fare una scenata a metà strada e tornarsene a casa fradici solo per una semplice diceria?» «Non è questo il problema!» sbotta Slaine e vede la sorpresa negli occhi dell’amico. «Il problema è--» ma non riesce a dirlo, non ci riuscirà mai. «Ti uccido, Orenji iro. Giuro che ti uccido.» «Oh davvero?» «Puoi starne certo!» e Inaho indietreggia ancora, arrivando quasi a toccare il cancello. «Allora inseguimi.» lo sfida, con un sorrisino sicuro di sé in faccia. «Con piac-» sta per dire, ma poi realizza che non può uscirsene senza nulla a ripararlo. «Tu-» esclama indignato «Aspetta qui! Vado a prendere un ombrello in casa e poi te la faccio pagare.» «Sicuro. Non mi muovo.» «Sarà meglio per te!» e si fionda in casa sbattendo la porta tanta è la forza che ci mette per aprirla. Dopo pochissimi secondi riemerge all’aperto e di Kaizuka Inaho non c’è traccia. «Orenji Iro!» e l’urlo riecheggia per tutta la via, sovrastando anche il rumore assordante della pioggia di quel pomeriggio di metà giugno. «Sappi che me la pagherai cara!»


 
   
 
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