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Autore: Kei_Saiyu    30/12/2008    6 recensioni
[Spoiler! riguardante Itachi, Sasuke e Madara]
«Sai, Sasuke, un vaso rotto, per quanta colla si utilizzi, non tornerà mai come prima.
Mi chiedo chi ti abbia frantumato.
Itachi? Naruto? Madara?
Non lo so.»

{Sasuke centric}
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I personaggi appartengono a Kishimoto; sono inventati e non sono mai esistiti né mai esisteranno, purtroppo; non sono miei e questa storia non è scritta a scopo di lucro.

Fanfiction uscita di getto mesi orsono, con rekichan che mi fissava mentre mi chiudevo a scrivere sta cosa XD

Grazie, Koi per esserci sempre.

Daisuki.

Ps: Ho assegnato un rating volutamente alto non perché ci siano scene di sesso o linguaggio volgare, ma perché la fan fiction la vuole così.

Non significa nulla, lo so, eppure sento che deve essere così.

Dediche: Ad Ainsel, perché tutto ciò che odora di fratelli Uchiha le va dedicata.

A rekichan, perché si è sorbita le mie fisime mentali su questa fan fiction e perché gliela voglio dedicare, come qualunque cosa che scrivo.

A princess21ssj, non so perché, ma penso per lo stesso motivo di Ainsel XD.

Sperando che vi piaccia;

Kei.

Broken Vase

 

«Sai, Sasuke, un vaso rotto, per quanta colla si utilizzi, non tornerà mai come prima.

Mi chiedo chi ti abbia frantumato.

Itachi? Naruto? Madara?

Non lo so.»

Per creare un vaso serve l’argilla; o la creta; o il marmo; ma non è questo l’importante.

[Il materiale, è secondario.]

Ciò che conta, sono le mani del creatore.

[Le dita sono lo strumento.]

Ma un vaso può diventare un piatto, o un bicchiere, o un’anfora; è comunque il creatore che decide.

[La mente è l’idealizzatore.]

Ed un uomo può essere buono, o cattivo, o cieco; è sempre il creatore a forgiarti.

[L’essere umano è il plasmatore di anime]

Il creatore, a sua volta, può essere Dio; o un uomo; o te stesso.

Il tuo creatore, Sasuke, chi è?

 

Sdraiato su un letto improvvisato di paglia, pensi.

A cosa, lo sai te e lo so io, che sono te e allo stesso tempo non lo sono.

Ti giri e ti rigiri; non trovi una posizione comoda e improvvisamente ti accorgi che ti manca.

Ti manca quel qualcuno che ti faceva da cuscino e da materasso; ti manca la sua voce; ti mancano i suoi occhi.

C’è qualcosa che non ti manca? Sì, il suo volto.

Quel volto che lentamente si dissolve, incapace di rimanere nella memoria di uno che lo distorce con i suoi lamenti.

Cerchi allora un altro viso, e un altro, e un altro ancora, eppure qualcosa ti disturba - manca - e ti ritrovi a non sapere chi cerchi in realtà.

Ti ricordi la forma delle labbra; gli occhi; il naso; non i contorni.

Non sai se ridono; se piangono; se sono arrabbiati.

E sono così tanti i volti che non riesci a ricordare! Così tanti che fra di loro c’è anche il tuo.

Specialmente, il tuo.

Il ticchettio sul vetro ti distrae e sai che sta piovendo, ma non ti dispiace, quella melodia ti ha sempre cullato. E salvato.

La pioggia è una cosa buona.

Ti permette di camminare a testa alta mentre piangi.

Però ti ricorda anche quando hai abbandonato la persona a te più cara, lasciandola quasi nelle mani dell’Oscura Signora.

E c’è anche chi, con la pioggia, se n’è andato.

Perché sei sicuro che pioveva.

Doveva piovere.

Perché il volto dell’Aniki doveva essere bagnato di pioggia.

Non vuoi credere che il suo volto pioveva lacrime.

Troppo complicato; avrebbe implicato un fattore che non volevi vedere: tuo fratello ti amava e si stava struggendo nel lasciarti.

Urli. Incredibilmente urli; tu, che la voce non l’usavi quasi mai, se non per estrema necessità.

Non pensavi di raggiungere toni così alti, vero?

Gridi - sbraiti -, che pioveva. Che anche quando è morto pioveva.

Te lo concedo; quella volta, effettivamente, il cielo riversava pioviggine; e i suoi occhi? La pioggia era entrata in quelle iridi cieche? E prima? Quando ha ucciso tutti, sei così sicuro che diluviava?

No, Sasuke.

Non puoi essere così cieco e così sordo.

Quella volta, era la tua mente a immaginarsi la pioggia, per non farti vedere che stava piangendo.

Urli ancora, conscio che sei un’idiota. Che non hai capito nulla e che hai sbagliato.

E ti penti.

Perché hai perso tuo fratello; i tuoi amici e la tua miserabile vita.

E perché non avevi compreso.

Eppure… già, se tu tornassi indietro lo rifaresti; certo, non se conoscessi i fatti veramente accaduti, ma lo faresti.

Non puoi nasconderti dietro la facciata che eri solo un bambino di sette anni.

Non funziona; non con me, almeno.

Ti alzi, ed è uno specchio quello che ti trovi di fronte.

Ti guardi e ti fai schifo.

Quegli occhi disperati; bagnati; ciechi; non sono tuoi.

«Non sono io!»

Quel volto pallido; madido di sudore; cadaverico; non è il tuo.

«Non sono io!»

Quelle labbra secche; screpolate; distorte in una smorfia - non sai nemmeno riconoscere se è un ghigno o meno -; non sono tue.

«Non sono io!»

Quei capelli neri; arruffati; lunghi; non sono tuoi.

«Non sono io!»

E mi viene da ridere, perché è vero.

Chi stai guardando nello specchio?

Chi?

Con un pugno lo infrangi. Peccato, era bello.

Esci in giardino, fregandotene di stare a petto nudo quando fuori c’è il diluvio; però la spada l’hai presa.

Affondi la lama lucida nel legno di un albero che non ti ha fatto niente.

Chi immagini che sia?

Itachi? Naruto? Madara?

Te stesso?

Nel colpire ti ricordi la tua vita, ed i tuoi peccati. Sono tanti da scontare, non credi? E la pioggia è sempre stata lì con te, accogliendoti fra le sue fredde braccia nei momenti più bui.

Ora la pioggia non ti piace più di tanto.

È sempre stata lei a portarti via le persone che amavi.

Ma ti ha sempre proibito di vedere il sangue che mescevi.

E nasconde le lacrime che stai versando.

Dovresti ringraziarla, non credi?

L’acqua lava via ogni cosa, anche il sangue.

Basta strofinare bene, peccato che non toglie la sensazione di viscido, vero? L’amplifica.

Urli e colpisci ancora, questa volta a mani nude, fino a sentire le nocche lacerarsi.

Le dita scrocchiano, sembrano chiedere pietà; e anche le braccia si stancano, rifiutandosi di rimanere alzate ancora per molto.

Continui imperterrito nella tua opera di distruzione di un albero innocente; pensi.

Rifletti e urli; piangi e urli; colpisci e urli.

Non sai fare altro.

Solo piangere di te stesso e urlare per mascherare i tuoi pensieri, che implicano una sola parola:

colpevole.

Senza possibilità d’appello, ma tu la sai celare bene quella definizione.

I volti si affacciano alla tua mente.

Tutti, senza esclusione, e sono nitidi nella tua memoria, tanto da portarti a rivivere le scene che scatenano in te molteplici reazioni.

Mikoto; l’abbracci.

[Dolcezza]

Fugaku; lo guardi afflitto.

[Delusione]

Kakashi; lo insulti.

[Rabbia]

Sakura; la stordisci per farla svenire.

[Rancore]

Naruto; lo stai per ferire a morte.

[Disperazione]

Itachi; l’uccidi.

[Follia]

E pensi a Orochimaru; a Madara; a Karin; a Juugo; a Suigetsu. E provi rabbia.

Tanta, troppa; ti porta alla follia e alla disperazione.

Alla ragione.

Crolli a terra sfinito.

La schiena si muove al ritmo dei singhiozzi, ma non permetti alla voce di uscire.

Al costo di tagliarti la lingua non farai sentire il tuo pianto inutile, e allora ti mordi le labbra a sangue.

Non ti accorgi che qualcuno guarda e ride di quella scena pietosa.

Ride della tua stupidità; o della tua follia; o del tuo genio che ti spinge a farti male.

Non smette di fissarti con quel ghigno invisibile, reso tale solo dalla maschera, eppure lo sento.

Quell’occhio rosso che spia ogni movimento, deridendo il tuo essere così infantile, ma sa che la smetterai.

E che troverai un capo espiatorio che ti ha già fornito.

Ti conosce ed infatti ti rialzi; hai trovato un nuovo obiettivo.

Perché non puoi sopravvivere ora che hai ucciso tuo fratello.

Non hai più uno scopo da inseguire.

Fai un ragionamento tanto logico, quanto infantile:

«È colpa loro. Solo loro se il mio Clan è stato sterminato.»

Hai trovato la tua ragione di esistere ancora in questo mondo.

E mi chiedo perché sei così attaccato alla vita.

Ora che sei solo ti conviene farla finita, almeno li raggiungi! Ma no, è vero, devi ripopolare il Clan Uchiha.

Peccato che non credo sia possibile…

Ha smesso di piovere e dovresti rientrare, eppure ti fermi a guardare due pozze d’acqua vicine.

Ti specchi in entrambi e non sai nemmeno perché, ma ora è più chiaro.

Sei riuscito a vedere chi è riflesso?

Sei riuscito forse a vedermi?

Ghigni; dai un calcio all’acqua delle pozze, facendole increspare, ed allora comprendo.

Mi hai visto. Ci hai visto. E non accetti.

«Distruggerò Konoha.»

È tutto ciò che dici prima di sparire, lasciandomi lì, deforme, aspettando che un giorno tu mi liberi permettendomi di riprendere il mio posto.

Per ora, mi limiterò a dormire dentro di te.

Quando li ucciderai, io ci sarò.

Aspetterò la tua fine e riprenderò la mia vita da dove l’ho interrotta.

E mi osserverò allo specchio; vedendo in me chi sono diventato - te -, e chi avrei voluto diventare -Itachi.

«Sai, Sasuke, un vaso rotto, per quanta colla si utilizzi, non tornerà mai come prima.

Mi chiedo chi ti abbia frantumato.

Itachi? Naruto? Madara?

No.

Sei stato tu.»

 

   
 
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