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Autore: ___Ace    03/05/2015    1 recensioni
Nella Francia del XVIII secolo, più precisamente durante il corso del 1789, ogni tipo di potere immaginabile era riposto unicamente nelle mani della monarchia assoluta, a detta dei nobili e del sovrano, per diritto divino. I cittadini avevano sopportato tanto per molto tempo, senza mai lamentarsi e continuando a seppellire vittime di quelle ingiustizie. L'avversione dei sudditi francesi non aveva fatto altro che crescere e inasprirsi di giorno in giorno.
C'era, però, qualcuno pronto a combattere: un gruppo di persone che agivano nell'ombra e che lottavano per i loro ideali di giustizia ed uguaglianza. C'erano i Rivoluzionari, desiderosi di cambiare le cose e di liberare la Francia una volta per tutte.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ace/Marco, Ciurma di Barbabianca, Rivoluzionari, Sabo/Koala, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Liberté, Égalité, Fraternité.
Treize.

 

-Allora? Che cosa hanno fatto?-
-Dannazione, Eustass-ya! Applicati, ti risulta così difficile?-
Raramente Trafalgar Law perdeva la pazienza e quelle poche volte in cui capitava si assicurava di essere da solo in maniera da poter sfogare la sua rabbia senza nessuno attorno. Quel giorno, invece, oltre che alla fonte del suo fastidio, c’erano anche Penguin e Shachi, spaparanzati su un divanetto posto in un lato della sala dove visitavano i pazienti. Stavano mangiando qualche frutto che Bonney era passata a portare loro durante il pomeriggio per merenda, dicendo che al locale ne avevano troppi e che non andavano mangiati. Da quando quella ragazza avesse preso a gironzolare per le strade, loro non lo sapevano, visto il suo trauma infantile, ma se usciva accompagnata da Nami o da Baby, certamente non correva rischi.
Intanto, lui si massaggiava le tempie per evitare un mal di testa con i fiocchi, dato che quell’ignorante di Kidd non sembrava incline a volerlo ascoltare.
-Ne ho piene le palle di questa roba! Dimmi che cazzo succede e facciamola finita!- stava insistendo il rosso, scaraventando i vari fogli di giornale sul pavimento.
-E’ tutto scritto lì. Se solo tu sapessi leggere non ci sarebbero questi problemi!- ribatté il dottore al limite dell’esasperazione.
Era assurdo, quell’ammasso di muscoli si stava rivelando una vera capra, tanto che fargli da insegnante era risultata una pessima idea e uno spreco di tempo. Non voleva imparare, non ascoltava e non si impegnava nemmeno, quindi lui, per ripicca, non gli diceva cosa scrivevano i giornali. E fanculo lui e le sue urla.
Non gli avrebbe detto per quale motivo, quella mattina del 12 luglio, la folla si era radunata davanti ai cancelli della Reggia Reale con l’intenzione di mostrare il malcontento generale scatenato dalla destituzione di un nobile francese che aveva mostrato, forse troppo apertamente, di essere a favore del popolo davanti ai nobili e al Sovrano stesso. La sua causa era stata presa a cuore dai cittadini e poco prima avevano fatto il diavolo a quattro, ottenendo solo la reazione dell’esercito posto a protezione del Palazzo. Ciò aveva procurato parecchio lavoro a Law, impegnandolo l’intera giornata a ricucire qualche vittima e risanare qualche ferita superficiale, niente di così pesante, ma il difficile si stava presentando in quel frangente, con Kidd che faceva i capricci per non fare i compiti come se fosse stato un moccioso.
Se si fosse comportato meglio e, soprattutto, se avesse preso sul serio l’opportunità di imparare a leggere, avrebbe certamente saputo che Shanks, tramite i suoi rappresentati, aveva richiesto al Re, in modi educati ma fermi, la rimozione delle truppe da Parigi, ottenendo come risposta che solo il Monarca poteva prendere decisioni sulla milizia e che quei militari stavano lì solamente per precauzione. A quella notizia, Law, così come il resto dei Rivoluzionari, si erano fatti una bella risata carica di sarcasmo e disprezzo. Ancora ricordava il pugno chiuso che si era abbattuto con stizza sul tavolo delle riunioni impreviste, quelle che venivano indette all’ultimo minuto e con i pochi presenti che si racimolavano. Ace aveva espresso il suo parere in maniera colorita e con frasi degne di un vero scaricatore di porto, tanto che da Kidd, che aveva ridacchiato per quella sua esplosione, era partito un applauso di rispetto per quelle eresie che erano uscite dalla bocca del corvino. Ovviamente, gli era andato dietro per non essere da meno, anche se di quello che stava succedendo a Parigi sapeva poco o niente, visto che Law aveva proibito a chiunque di rispondere alle domande del rosso. Per convincerli, aveva minacciato di ridurli a cavie per i suoi studi. Dopotutto, doveva ancora scoprire cosa si nascondeva nelle viscere di uno stomaco umano.
Era ovvio che l’aumento delle guardie serviva solo a garantire al Re una qualche via di fuga e, quando aveva proposto all’Assemblea Nazionale di spostare la sede in modo da metterla al centro degli eserciti e averla in pugno, quello che aveva ottenuto era stato un bel dito medio da parte della popolazione, quello di Trafalgar compreso, dimostrando così che la decisione negativa era stata presa con l’intera nazione. Bisognava ammetterlo, l’idea che aveva avuto Sabo, ovvero quella di prendere in considerazione il pensiero di tutti i cittadini, era riuscita perfettamente e lui si era dimostrato proprio un piccolo bastardo calcolatore. Shanks poteva andare fiero dei suoi ragazzi.
La stampa aveva fatto una fortuna con i giornali, dato che non si era parlato d’altro per giorni e in tutte le piazze, salotti mondani compresi. Le Palais Royal e l’area circostante erano diventati luoghi d’incontro tra la gente e la questione politica era diventata talmente importante da far si che l’Assemblea decidesse di far liberare alcuni gendarmi che erano stati imprigionati per non aver aperto il fuoco sulla folla durante una rivolta, chiedendo e ottenendo per loro il perdono. Altra mossa strategica con la quale i Rivoluzionari si erano guadagnati la simpatia e la fiducia dell’esercito.
Infine, era toccato a quel tale, un ministro con idee troppo filo-popolari, per quel motivo la folla aveva organizzato una manifestazione di protesta, con tanto di statue raffiguranti il busto del nobile, opera che era finita in frantumi a causa delle guardie.
Secondo il modesto parere di Law, quella era stata una mossa sbagliata davanti alla quale Shanks e il resto degli Imperatori non sarebbero rimasti impassibili.
-Beh? Me lo dici o devo cavarti le parole di bocca con la forza?- insisté di nuovo Kidd, schioccandosi minaccioso le nocche.
Law, che era veramente stanco di quelle proteste assillanti, voltò il capo verso di lui e lo deliziò di un contorto sorriso che prometteva solo guai. Si poteva definirlo il suo biglietto da visita, il ghigno che avrebbe fatto impallidire il peggiore dei diavoli, quello del Chirurgo della Morte.
-Provaci. Sarebbe estremamente divertente.- disse, sembrando uno squilibrato, tanto che riuscì ad inquietare persino uno come Kidd, il quale, frustrato, lo oltrepassò e uscì dalla stanza, non senza prima aver sbattuto la porta, fregandosene di dover tornare a casa con quell’individuo.
Lasciatosi alle spalle quell’essere fastidioso con il quale si era ritrovato costretto a dividere troppe ore delle sue giornate, tra cena, notte e colazione, si avviò a passo di carica al piano superiore, più che intenzionato a schiaristi le idee. Avrebbe afferrato per la collottola il primo poveraccio che gli fosse capitato a tiro e lo avrebbe obbligato a suon di pugni a rivelargli quello che stava succedendo.
Fu Ace a finirgli addosso mentre saliva le scale, travolgendolo in uno scontro impossibile da evitare e facendo rotolare entrambi giù per i gradini, finendo sul pavimento in un ammasso intricato di gambe e braccia. Inutile dire che l’umore del rosso era peggiorato ulteriormente.
-Moccioso,- sputò con rabbia, -Hai tre secondi per dire le tue preghiere.-
-Oh, ma va’ al diavolo, Kidd! Sei sempre in mezzo ai co…-
-Un’altra parola e ti strappo anche le tonsille.-
-Ma che state facendo voi due?- li apostrofò la voce di Benn, il quale, stringendo un sigaro tra le labbra, afferrò entrambi per il colletto delle loro camicie e li sollevò da terra, spingendoli poi verso il terzo piano, sgridandoli per tutto il chiasso che avevano fatto.
Una volta raggiunto l’ultimo piano, l’uomo, senza lasciare andare i due giovani, aprì la porta socchiusa con un calcio e li fece ruzzolare dentro quella che era stata prima dell’inizio della Rivoluzione un granaio, ecco spiegate le travi del soffitto impolverate e piene di ragnatele. Al centro, posizionato alla meno peggio e con una gamba mancante rimpiazzata da un palo di una staccionata, era stato messo un tavolo sgangherato, con due sedie di numero e qualche candelabro posto sopra a dei vecchi mobili inutilizzati da tempo.
-Marmocchi indisciplinati.- sbuffò Benn, spegnendo il suo sigaro schiacciandolo contro la parete e superandoli, lasciando che si alzassero da soli. Aveva avuto la tentazione di dare ad entrambi un calcio nel sedere, ma si era trattenuto solo perché avevano cose più importanti da fare.
-Sempre a combinare guai, vero?-
Ace sogghignò quando Sabo gli si parò davanti, porgendogli una mano come sostegno, mentre Kidd, accanto a loro, brontolava a mezza voce qualche insulto.
-E’ stata colpa sua, lo giuro!- disse subito il corvino, mettendosi addirittura una mano sul cuore per dare più enfasi alle sue parole.
-Ehi, sei tu che mi sei venuto addosso!- si intromise subito il rosso, sentendosi preso in causa e volendo mettere in chiaro la sua innocenza. Lui stava solo cercando di allontanarsi il più possibile da quel dottore rognoso, era stato il piccoletto che gli era piombato addosso come un proiettile.
Sabo li guardava curioso, ma il teatrino venne interrotto da Shanks che, ordinando con voce ferma a tutti di chiudere il becco, ottenne il silenzio che agognava da parecchio per mettere tutti al corrente degli ultimi avvenimenti.
Ace lo osservò attentamente, zittendosi e mostrandosi loquace. Shanks aveva un’aria stanca e tirata, un bel paio di occhiaie gli segnavano gli occhi assonnati, i capelli gli ricadevano disordinati sulla fronte, mentre la barba incolta e ispida gli aveva ricoperto parte del viso. Gli abiti che portava erano gli stessi che gli aveva visto addosso qualche giorno prima, segno che non passava alla locanda da parecchio.
L’uomo appoggiò le mani sul bordo del tavolo, sospirando prima di iniziare a parlare.
-Dunque,- disse serio, -Poco fa abbiamo mandato una missiva a Corte e abbiamo avvertito, sempre in maniera fin troppo civile, che se Sua Maestà non ritirerà le truppe, Parigi correrà un grosso rischio.-
Benn, poco distante, annuì, d’accordo con il compagno, guardando intanto le facce dei tre ragazzi posti in angoli diversi della stanza, tutti ben distanti tra loro. Kidd si era isolato per sua scelta, Ace aveva trovato una comoda seduta su un vecchio divanetto e Sabo se ne stava appoggiato alla parete, assorto nei suoi pensieri e concentrato sul capo.
Fu lui il primo a porre una domanda che ronzava in testa a tutti, Benn compreso, il quale non aveva ancora avuto modo di porla direttamente a Shanks.
-Cosa ha risposto?-
Il Rosso sorrise sarcastico in risposta. -Ha dichiarato che non cambierà le sue disposizioni.-
-Non avevo dubbi.- sbottò allora Kidd con una mezza risata, ma senza traccia di divertimento. Era più che altro di scherno. -Lo avete praticamente minacciato.-
Ace, riflettendoci meglio, si ritrovò dello stesso parere e boccheggiò per qualche secondo davanti a quella notizia. Perché mai Shanks aveva agito in un modo tanto sfacciato, sapendo quanto la situazione fosse stata in stallo? Il Re avrebbe potuto decidere di attaccare la città da un momento all’altro per un affronto del genere.
-Shanks, con tutto il rispetto,- provò a dire Sabo, mantenendo la calma, -Non ti sembra di avere esagerato?-
Ed ecco che sul volto del Rivoluzionario il sorrisetto iniziale si allargò in modo preoccupante. -Oh, ho sicuramente esagerato.- ammise lui stesso, confondendo sempre più i presenti. -E’ proprio questo che costringerà il Re a fare una mossa sbagliata.-
-Cosa intendi?- fece Benn, muovendosi irrequieto e accendendosi un altro sigaro per tranquillizzarsi.
-Semplice: non appena la Corona muoverà le pedine contro Parigi, noi insorgeremo con una rivolta.-
Ace e Kidd scattarono addosso al tavolo che, fortunatamente si frapponeva tra loro e Shanks, il quale si ritrovò i due ragazzi a pochi centimetri dalla sua faccia intenti a fargli domande e a chiedergli spiegazioni sotto lo sguardo divertito del suo vecchio amico Benn che, assottigliando gli occhi e sorridendo malignamente, lo guardava con un’espressione che sembrava dire ‘sono affari tuoi, adesso’.
L’unico che non si era mosso era stato Sabo, il quale, sconcertato e offeso, batté un pugno addosso al muro, mostrando il suo dissenso e attirando l’attenzione su di sé e sul suo cipiglio arrabbiato.
-Non hai pensato ai cittadini?- ringhiò alterato, fissando il Rosso in maniera torva, -Gli darai l’opportunità di colpire una parte della città che, anche se minima, causerà delle morti?-
Shanks sospirò piano, raddrizzando la schiena e facendo il giro del tavolo per percorrere i pochi passi che lo separavano da quel giovane che vedeva crescere ogni giorno di più. Una volta che fu faccia a faccia con lui, gli posò una mano su una spalla e la strinse in modo da non permettergli di scostarsi, guardandolo dritto negli occhi.
-So per certo che non attaccherà il popolo, Sabo.-
-Come puoi esserne sicuro?- lo sfidò il biondo, incredulo.
-Un uomo che si trova a stretto contatto con il Re e l’intero corpo di guardia è venuto a cercarmi e mi ha riferito un paio di cose interessanti. Non so come agirà la milizia, ma di sicuro non verranno coinvolti i parigini. Noi non gliene daremo il tempo.-
Sabo rimase senza parole per qualche secondo, tempo durante il quale Ace avrebbe voluto chiedere di chi si trattasse ma, notando l’espressione stranita di Benn, si rese conto che nessuno a parte Shanks sapeva di quella soffiata e, se conosceva bene il Rosso, qualcosa gli diceva che non aveva intenzione di rivelare tutte le sue carte, non per il momento.
-Di chi si tratta?- chiese Sabo, più calmo.
-Non posso dirtelo, ho promesso di non citarlo se non fosse stato necessario. Ti basti sapere che è uno si cui ci si può fidare.-
-E’ un ufficiale?- ipotizzò Kidd. Solo uno che fosse stato dentro il giro dei militari avrebbe potuto conoscere certi movimenti e, che lui sapesse, i Rivoluzionari non avevano più inserito spie o corrotto guardie nella cerchia della polizia locale.
Shanks scosse il capo, ghignando enigmatico e spostandosi per recuperare il suo mantello appeso ad un chiodo con l’intento di uscire e andare a casa. Aveva fame e il letto di Makino gli mancava, ma all’ultimo momento si ricordò che c’era ancora una cosa da fare e che non poteva assolutamente essere rimandata. Quella notte, ne lui ne Ace avrebbero dormito.
Così, facendo un cenno al corvino per dirgli di seguirlo, si avviò verso l’uscita con il ragazzo al suo seguito, stranito e all’oscuro del suo piano.
-Meglio.- annunciò prima di varcare la soglia. -E’ un membro della Flotta dei Sette.-
 
*
 
-Perché stiamo andando all’accampamento adesso?- chiese il giovane, arrancando tra le sterpaglie, facendo attenzione a dove metteva i piedi perché, a causa del buio pesto, non vedeva nulla e la lanterna che Shanks teneva in mano davanti a loro per illuminare la via serviva a poco.
L’uomo, alzando gli occhi al cielo, rispose con calma, come se stesse spiegando un concetto difficile ad un bambino ed Ace, a volte, lo era davvero. -Te l’ho detto, abbiamo un appuntamento con Barbabianca.-
-E il vecchio non poteva aspettare domani?- fece sarcastico il moro, facendo una smorfia per evidenziare il suo disappunto. Era notte fonda, la città era in fermento e lui aveva sonno, non era proprio dell’umore adatto per una riunione improvvisata.
E poi, se doveva dirla tutta, aveva delle preferenze all’accampamento, anche se non era carino da parte sua, dato che la sua infanzia gli aveva insegnato ad essere amico di tutti, ma quelle persone, alcune in particolari, difficilmente gli andavano a genio. Primo tra tutti era Marco, la cosa non era nuova a nessuno, poi c’era anche Barbabianca stesso, il quale gli sembrava troppo ben disposto a raccogliere gli sconosciuti sotto la sua ala protettiva. Ciò lo spaventava un poco e lo metteva in soggezione, tanto che meno gli stava accanto, meglio si sentiva. Era una sensazione strana che solo quelli che erano cresciuti senza un padre potevano capire, almeno, quella era la spiegazione più plausibile che Ace aveva trovato, ma si era ugualmente ripromesso che avrebbe fatto uno sforzo per farsi piacere tutti, giusto per non complicare di più la situazione.
Certo era, però, che perdere il sonno non aumentava la sua simpatia nei confronti di quegli stranieri.
-Fidati, è per una buona causa.- dopo di ché, Shanks si fece silenzioso e chiuse quel discorso, addentrandosi sempre più nelle paludi per raggiungere l’accampamento.
Incontrarono un paio di sentinelle lungo il sentiero, tutte persone con le quali Ace ci aveva parlato almeno una volta, quindi passarono senza troppi problemi, raggiungendo finalmente il focolare più grande, quello centrale dove, molto spesso, tutti si fermavano a mangiare.
Le braci erano al limite, una precauzione che bisognava mantenere affinché le fiamme non facessero troppo fumo e non rischiassero di appiccare qualche incendio accidentale che avrebbe messo a rischio la loro permanenza in quei dintorni.
Ace si guardò attorno e, non vedendo nessuno, fece per aprire bocca, ma Shanks lo precedette.
-Arriveranno presto.-
Allora il giovane sbuffò seccato, superandolo e sedendosi su un tronco per non stare in piedi durante l’attesa.
Stava quasi per addormentarsi quando arrivò Barbabianca, destandolo dal torpore e dando un motivo alle sue gambe di alzarsi per non farsi trovare impreparato o poco attento. Gli piaceva mantenere un atteggiamento sempre fiero quando si trovava di fronte quell’uomo tanto alto quanto largo, imponente e leggermente intimidatorio. Avrebbe fatto paura ai meno temerari se non avesse avuto quell’enorme sorriso sempre sul volto, ma Ace non era uno che si impressionava facilmente e non perdeva mai l’occasione per fare lo spaccone in sua presenza. Per qualche strana e contorta ragione, vedere il vecchio ridacchiare per il suo comportamento non lo offendeva, ma al contrario gli dava un motivo in più per mettersi in mostra, come se dovesse avere la sua attenzione.
O la sua approvazione.
-Newgate.- disse Shanks, alzando un braccio e sorridendo cordiale.
-Rosso.- lo salutò il vecchio, raggiungendolo e porgendogli la mano che l’altro strinse calorosamente. -Oh, ciao Ace. E’ un po’ che non ti vedo.- si rivolse poi al giovane, il quale si irrigidì e voltò il capo altrove per mantenere un’aria distaccata che faticava a mostrare mano a mano che il tempo passava. Non voleva avvicinarsi troppo a quella gente, ma allo stesso tempo voleva conoscerli e quei loro modi così aperti, gentili e schifosamente altruisti lo facevano sentire a disagio a volte, sorprendendolo.
Barbabianca rise divertito, spostandosi di lato per sedersi di fronte a Shanks, rivelando allora una figura in piedi alle sue spalle.
-Marco.-
-Shanks.- rispose il biondo con un cenno del capo in direzione del Rivoluzionario, non prestando minimamente attenzione a Ace, il quale, al solo sentir pronunciare il suo nome, si era girato di scatto verso di lui con il battito accelerato e le mani strette a pugno. Accantonando le sue antipatie, e cercando di non pensare per nessuna ragione al contatto troppo ravvicinato che avevano avuto, era stato sul punto di salutarlo, ma il braccio destro di Barbabianca lo aveva ignorato come sempre, facendogli ribollire il sangue nelle vene, mentre un’insana voglia di prenderlo a pugni gli aveva fatto digrignare i denti con rabbia. Allora si sedette accanto al Rosso, incrociando le braccia al petto e zittendosi, ma fissando lo sguardo sul viso di Marco con l’intenzione di guardarlo fino a obbligarlo a degnarlo di attenzione. Se era la guerra che voleva, allora l’avrebbe avuta e gli avrebbe pure dimostrato che lui esisteva e non poteva essere ignorato per sempre.
E mi volevi pure baciare, stronzo! pensò irritato, battendo nervosamente un piede a terra.
Shanks, dopo aver fatto scorrere gli occhi per un istante tra i due, scambiandosi poi un’occhiata con Barbabianca, prese un respiro profondo per iniziare a parlare.
-Dunque, Sua Maestà non ha accettato di ritirare le truppe, perciò mi vedo costretto ad agire.- spiegò al suo alleato, -Inizieremo da domani, non posso permettermi di perdere altro tempo e, come sai, il rischio diventa sempre più alto.-
Si parlavano come vecchi amici, alcuni uomini li avevano visti persino darsi pacche sulle spalle o sedere vicini bevendo un boccale di vino o birra, addirittura lasciandosi scappare qualche risata. Shanks, dal canto suo, rispettava Edward Newgate, lo riteneva un uomo leale e un compagno fidato, pensiero reciproco che condivideva anche Barbabianca, il quale lo ammirava per tutto quello che faceva per salvare la sua Parigi. Avevano molto in comune, entrambi attaccati alle loro famiglie, entrambi desiderosi di migliorare il mondo per i loro cari, entrambi con qualcuno da amare e qualcosa da perdere.
-Siamo pronti, puoi contare su di me e sui miei uomini.- annuì Newgate, imitato da Marco accanto a lui che, sempre fingendo che a quell’incontro ci fosse solo Shanks, gli domandò in che modo avrebbero potuto rendersi utili.
Fu allora che il Rosso si sentì lievemente imbarazzato, tanto che si morse un labbro, passandosi una mano tra i capelli con fare indeciso e lanciando occhiate di richiesta di aiuto a Barbabianca. I due avevano discusso molte volte sul da farsi, preparando in anticipo svariati metodi di attacco e di difesa in modo da non correre il rischio di venire colti impreparati quando sarebbe scoppiata la guerra e in quel frangente si erano visti costretti a mettere in pratica una loro teoria che, fin dall’inizio, era sembrata impossibile, anche se entrambi, almeno un pochino, speravano potesse realizzarsi senza troppe catastrofi.
-Ecco, vedete, è una cosa da niente.- balbettò Shanks, ridacchiando nervoso.
-Un gioco da ragazzi!- lo soccorse il vecchio, battendo il pugno sul palmo della mano, come a voler far risaltare la sua convinzione. In realtà non ci credeva più molto, ma valeva la pena provare.
Marco rimase in silenzio, attendendo con pazienza che la smettessero di fare i bambini e che vuotassero il sacco, mentre Ace, spostando lo sguardo dall’uno all’altro, inclinò il capo confuso e decise di chiedere spiegazioni.
-E in cosa consiste?-
-Voglio che i Rivoluzionari facciano la loro mossa prima dell’esercito.- spiegò il Rosso, imponendosi di rimanere calmo e di arrivare fino alla fine, -Ace, hai presente i vari ingressi che permettono l’accesso a Parigi?-
Il moro annuì, facendo mente locale dell’agglomerato parigino e di tutte le sue strade.
-Bene, voglio che vengano bruciati.-
-Cosa?- esclamò il giovane con aria sconvolta. Forse l’uomo non si rendeva conto di quello che aveva detto. -Si tratta di una cinquantina di entrate!-
-Infatti dovrai appiccare il fuoco solo a quaranta di essi.-
Sbuffando, Ace fece una smorfia insoddisfatta. -Come vuoi, domani vedrò di procurarmi qualcosa di infiammabile, alcuni fasci di legna e anche…-
-Non hai capito, devi farli bruciare domani mattina.-
Barbabianca si morse un labbro, fingendosi impegnato nel controllare i suoi lunghi baffi; Marco si grattò la nuca perplesso, ma vagamente divertito e Shanks temette per un solo istante di non vedere più la luce del sole perché Ace gli aveva rivolto un’occhiata inteneritrice, degna del suo soprannome.
-Tu te moque de moi.- sussurrò minaccioso. Non poteva esserci altra spiegazione perché era assolutamente impensabile riuscire a organizzare circa una quarantina di falò nel giro di una notte e accenderli tutti in simultanea. Shanks doveva per forza stare scherzando.
-Affatto. Anzi, sarà meglio che tu ti metta subito a lavoro.- detto ciò, sfregandosi le mani, il Rosso si alzò con l’intento di salutare tutti, tornarsene a casa e farsi una bella dormita in previsione dell’imminente scontro, per nulla preoccupato degli isterismi del giovane che, contrariato, stanco e offeso da quel comportamento, si lamentava dell’incarico appena ricevuto.
A detta sua, era pretendere troppo e il tempo a disposizione era pochissimo.
-Anche se riuscissi per miracolo a trovare l’infiammabile e a posizionare i fasci di legna nelle entrate, come potrei appiccare gli incendi tutti in una volta? Se ne accorgeranno e inizieranno a darmi la caccia e a domare le fiamme!- calcolò Ace, massaggiandosi le tempie. Tutto quello stress gli aveva fatto venire mal di testa oltre che una fame assurda.
-Ho fatto accumulare della legna sul retro della locanda e troverai già tutte le schifezze che ti servono come combustibile.- affermò Shanks, il quale aveva offerto una ricompensa abbastanza alta a Killer che, disponibile come sempre, gli aveva procurato parte delle risorse in anticipo e nel giro di qualche giorno. -Hai metà del lavoro svolto praticamente.-
-Va bene,- concesse il corvino con fare spiccio, -Ma il resto? Dovrò essere svelto se voglio accendere almeno una ventina di pire prima che se ne accorgano.-
-Hai due cavalli a disposizione.-
Ace lo guardò stranito. -E che me ne faccio di due? Uno basta e avanza.-
-Ne sono certo, ragazzo, infatti l’altro è per mio figlio.- si intromise Barbabianca, sorridendo ampiamente e battendo una pacca sulla spalla di Marco, in piedi accanto a lui, il quale fu colto per la prima volta di sorpresa, mista a orrore.
-W-wait, what?- si scompose, fissando Newgate come se l’uomo avesse appena tradito la sua fiducia. Per l’appunto, lui non aveva la minima intenzione di aiutare quel piromane esaltato a dare fuoco a mezza città, era un compito che non gli spettava. Inoltre, suo padre sapeva bene che non sopportava di buon grado quell’alleanza ed era certo che sarebbe stato più utile in campo, ovvero per le strade a dare man forte ai suoi fratelli e a quei ribelli desiderosi di vendetta.
-Are you fucking…- iniziò a ribattere, ma venne fermato sul nascere delle offese dallo stesso Barbabianca.
-Marco ti aiuterà a far si che tutto sia pronto per domattina, puoi starne certo.- e, con quelle parole, tolse ogni speranza ai due giovani di poter evitare di rimanere in compagnia, cosa che fin dall’inizio erano stati bene attenti a portare avanti per non rischiare di ammazzarsi a vicenda.
Ace ingoiò l’amara notizia e smise di opporsi, sbuffando e preparandosi a tornare in città per iniziare il lavoro, mentre Marco, celatosi dietro un’espressione impenetrabile e caduto in un mutismo per ripicca, si voltò a guardarlo, per la prima volta durante il loro incontro, solamente per trasmettergli con uno sguardo tutto il suo astio e la poca voglia che aveva di lavorare con lui.
Il moro fece una smorfia, deciso a non farsi sopraffarre da quell’aria vissuta e arcigna. Avrebbe accettato la cosa e si sarebbe dimostrato superiore e più maturo. Qualche scaramuccia non gli avrebbe fatto perdere di vista il suo obbiettivo e in quel modo, forse, sarebbe riuscito a smorzare un po’ l’antipatia di entrambi, giusto per rendere tutti più contenti. E, se proprio non ci fosse riuscito, allora avrebbe mandato al diavolo lui, Barbabianca e Shanks compreso.
-Muoviamoci allora.- fece rassegnato, -Abbiamo un falò da preparare.-
 
*
 
Quella fu per Marco la notte peggiore della sua vita e, anche se aveva davanti a sé ancora molti anni prima di campare, era certo che nulla, per nessuna ragione, avrebbe potuto superare quello che aveva passato. A parte l’essere stato messo nel sacco e incastrato in quella situazione da suo padre, aveva toccato il fondo non appena si era ritrovato solo con quel, quel…
Quello stupido moccioso.
Avevano preso una via diversa da quella del Rosso perché la loro destinazione era apparentemente un’altra e durante il tragitto lui aveva pensato bene di mantenersi a distanza di qualche passo, giusto per non dover sentire gli sbuffi fin troppo sonori del ragazzino e per non rischiare di venire coinvolto in una chiacchierata che non avrebbe mai avuto voglia di intrattenere con uno del suo calibro.
Perciò l’aveva seguito in religioso silenzio, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, l’aria svogliata e priva di altri sentimenti e la mente persa nei suoi ragionamenti riguardanti il compito assegnatoli dal babbo.
Prima di partire aveva recuperato le sue armi perché, a lavoro finito, si sarebbe ritrovato in piazza a combattere, quindi era partito prevenuto, dando così modo a Barbabianca di potergli spiegare che il suo intervento e aiuto erano davvero necessari.
Marco non ne era rimasto tanto convinto, ma al suo vecchio non sapeva dire di no, perciò aveva annuito, sfoggiando per pochi secondi un mesto sorriso, e poi era partito al seguito di Ace.
Avevano mantenuto un passo svelto ed erano riusciti a mettersi a lavoro molto prima dell’alba, spostandosi di alcune decine di metri ogni volta che finivano di piazzare legna cosparsa di una sostanza infiammabile di dubbia provenienza davanti ad ogni ingresso. Lo scopo era quello di farli ardere tutti in una volta per creare un po’ di scompiglio e impedire ai reggimenti situati nei pressi della capitale di raggiungere e dare man forte ai militari fermi all’interno. Un buon piano e la fortuna era dalla parte dei parigini, dato che molte entrate presentavano costruzioni e ponti in legno che il fuoco avrebbe bruciato nel giro di qualche ora.
Avevano fatto tutto in silenzio, senza scambiare mai una parola, ne Marco, ne Ace. Il primo per principio, l’altro perché era stato troppo impegnato e preso dal lavoro per curarsi dei problemi di comunicazione che si erano creati tra loro. Si rese però conto che la questione aveva sfiorato il ridicolo quando Marco, per chiedergli di passargli altra legna, si era schiarito la voce e gli aveva poi indicato i fasci di rami secchi adagiati poco lontano dalle sue gambe. In quel momento, Ace non si era preoccupato di alzare gli occhi al cielo e di lanciarglieli praticamente addosso, ottenendo in risposta una serie di frasi in inglese. Probabilmente insulti a cui non diede peso.
L’altro, dal canto suo, proprio non riusciva a comportarsi diversamente. Sentiva troppo spesso su di sé lo sguardo del francese che, puntualmente, ignorava, fingendo che non esistesse. Certo, si domandava cosa diavolo avesse sempre da guardare, puntandogli contro quegli occhi scuri con tanta insistenza da perforargli la pelle, ma rimaneva fisso nella sua decisione. Ace, per lui, era come il nulla. Non gli importava delle sue lamentele, detestava quando gonfiava il petto come un pavone mentre gli altri lo elogiavano, non sopportava quel suo sorrisetto beffardo e altezzoso, odiava vedere che i suoi fratelli lo coinvolgevano sempre in qualsiasi cosa si inventassero di fare e, sopra ogni altra cosa, gli ribolliva il sangue quando sentiva suo padre apprezzarlo. Era assurdo e impensabile che un mocciosetto come lui venisse preso in considerazione da tutti, insomma, cosa diavolo aveva di così speciale?
-Ehi, testa d’ananas?-
Marco si bloccò e smise di accumulare la legna attorno all’ultimo ingresso quando quel nomignolo raggiunse le sue orecchie, riportandolo con i piedi per terra e attirando la sua attenzione, facendolo voltare verso Ace, guardandolo per la prima volta dopo mesi.
Il ragazzo era in piedi alle sue spalle a circa un metro di distanza, con il peso appoggiato su una gamba, mentre l’altra era rilassata. Aveva le braccia lungo i fianchi, con i gomiti scoperti e le maniche della giacca arrotolate, e la testa inclinata verso di lui. In quel modo i capelli gli ricadevano da un lato e alcuni ciuffi disordinati, oltre che ad incorniciargli il viso dall’aria interrogatoria, gli si erano fermati sulla fronte.
A prima vista dava l’impressione di essere molto più grande della sua età perché le spalle larghe, le braccia dai muscoli sviluppati e l’altezza lo spacciavano per qualcuno con almeno dieci anni in più, ma la sorpresa stava nello scoprire quanto infantile e idiota potesse essere.
Marco assottigliò lo sguardo, lasciando cadere a terra un ceppo, che per la precisione avrebbe voluto scaraventare in testa al compagno, per poi alzarsi e spolverarsi le mani senza mai abbassare la guardia.
-Prego?- si sforzò di chiedere, parlando in francese e facendo risuonare una nota ostile nella sua voce.
Vide le labbra del ragazzo modellarsi in una smorfia infastidita, mentre con una mano faceva un gesto spiccio verso il suo operato. -Ti ho chiesto se hai finito, ma evidentemente non mi hai sentito.- gli spiegò e la smorfia si trasformò subito in un piccolo ghigno beffardo.
Cosa che, ovviamente, Marco non sopportò.
Decise comunque di affrontare la cosa con calma, senza scomporsi troppo. Aveva capito che la sua indifferenza mandava in bestia Ace, perciò era determinato a farne tutto l’uso che poteva.
Così gli restituì il sorriso, sistemandosi la camicia un po’ sgualcita. -Oh, sai, ho semplicemente pensato che era inutile risponderti. Non ne valeva la pena.-
Come aveva previsto, l’effetto fu immediato, ma non uguale a quello che aveva immaginato di vedere.
Ace si arrabbiò, ma gli si avvicinò in un paio di secondi e gli si parò davanti, fronteggiandolo e sentendosi per un istante soddisfatto per non essere così tanto basso come gli era sembrato all’inizio. Lo aveva quasi raggiunto, anche se il biondo continuava ad essere superiore di qualche centimetro.
Ad ogni modo, si ritrovò Marco ad una spanna dal suo viso e non gli importò niente del tempo che stringeva, dei fuochi da appiccare e della battaglia imminente, no, perché era talmente incazzato da voler usare la testa di quell’inglese spilungone come torcia da usare per accendere i falò.
-Stammi a sentire, razza di sbruffone!- sbottò, stringendo i pugni e alzando la voce, -Non me ne frega proprio un cazzo se non mi sopporti e se sei indifferente alle ingiustizie che stiamo subendo qui da anni, ma lascia che ti dica una cosa.- lo informò, facendosi più vicino a Marco, il quale, anche se stupito, non aveva fatto una piega. -Non sei l’unico ad essere preoccupato per le sorti della tua famiglia e non sei nemmeno il primo a non voler combattere. Se non vuoi partecipare allora vattene, se non mi sopporti allora ignorami, ma se per colpa tua le cose vanno storte, sarò io a venirti a cercare alla fine dell’alleanza per ucciderti, chiaro?- domandò il corvino, puntando un dito contro il petto del più grande che, zittito, non ribatté nemmeno a quello sfogo.
-E adesso scusami, ma non ho tempo da perdere con queste sciocchezze.- concluse Ace, superandolo con una spallata abbastanza pesante che dimostrò al biondo che il moccioso era più forte di quanto aveva pensato.
Lo guardò finire di sistemare la legna per poi dirigersi a recuperare due bastoni che avrebbero usato come torce.
Nonostante tutto, si ritrovò costretto ad ammettere che, forse, e in piccola parte, aveva un pochino esagerato. D’accordo, odiava quella situazione, ma era semplicemente preoccupato per i suoi cari come, d’altronde, lo erano tutti i Rivoluzionari. Che poi fossero simpatici o meno, non aveva importanza. L’obbiettivo, il quelle circostanze pericolose, era collaborare.
Quando Ace andò verso di lui con due torce accese in mano e gliene porse una, non lo ignorò e non evitò il suo sguardo, mantenendo alta la guardia e cercando di capire cosa gli passasse per la testa. Non era sicuro che sarebbe riuscito a farselo amico come aveva fatto Thatch, ne che avrebbero iniziato a rispettarsi, ma un minimo di civiltà poteva dimostrarlo nei suoi confronti.
-Tieni questa e monta a cavallo. Tu andrai da quella parte, mentre io farò il giro dall’altra. Ci ritroviamo al punto stabilito questa notte.- detto ciò, Ace salì con un movimento fluido sul suo destriero e Marco fece altrettanto, tenendo poi a bada l’animale e aspettando che il rivoluzionario dichiarasse la partenza.
-Ah, un’ultima cosa.- fece il moro, calcandosi con un sorriso il cappello in testa per poi scoccargli un’occhiata che sapeva di sfida. -Spero tu sia veloce.-
Marco, rispondendogli con lo stesso tono e lo stesso sguardo, riuscì, per la prima volta, a rendere l’atmosfera tra loro meno pesante di com’era di solito.
-Facciamo a chi arriva prima?-
 
*
 
Come aveva previsto Shanks, la mattina del 13 luglio nessun attacco da parte della milizia venne mosso contro i cittadini parigini, ma chiunque dalle proprie abitazioni avrebbe potuto vedere quaranta dei cinquanta ingressi della città andare a fuoco e ardere tra le fiamme alte e vivaci e il fumo soffocante.
I reggimenti della Guardia cercarono di contenere gli incendi, ma senza un gran successo. Era accaduto tutto troppo in fretta; una ad una le entrate si erano accese e illuminate come le vie durante i mesi più freddi e non c’era stato nulla da fare per impedirlo. Anche dopo qualche ora, il fuoco non si spegneva e i militari non avevano la minima idea di cosa fare, ne su chi fosse stato l’artefice, anche se la colpa era stata sicuramente dei Rivoluzionari, i quali stavano aizzando la popolazione nelle piazze proprio in quegli istanti.
Poco lontano dal convento di Saint-Lazare, un edificio che fungeva anche da ospedale e orfanotrofio, appostato lungo una via stava un giovane ciarlatano e logorroico a cui era stato dato l’incarico di radunare la folla e indurli, con coinvolgenti giri di parole e frasi incoraggianti, di prendere in mano la situazione e saccheggiare tutti i magazzini della città per appropriarsi del cibo che spettava a tutti loro.
-Come farete a sfamare i vostri figli se il prezzo sul pane continua a crescere?- stava chiedendo il ragazzo, urlando a squarciagola e brandendo in mano una baguette come simbolo per la sua campagna. -Quanti ancora dovranno morire di fame, mentre a Palazzo il Re e tutta la Corte si ingozzano fino a scoppiare?-
La folla faceva sentire il suo malcontento con urla, insulti e minacce, e Usopp sapeva che mancava veramente poco prima che tutti afferrassero pale e forconi per mettersi all’opera. Serviva solo una piccola spinta finale e, fortunatamente, Zoro gliel’aveva fornita poco prima, tornando vittorioso dal suo giro di ricognizione e rivelandogli quello che aveva scoperto.
-Cosa fareste se vi dicessi che tengono il nostro cibo nascosto in dei magazzini?- domandò allora, ottenendo l’effetto che voleva.
-Ce lo prenderemo!-
-Si! Ce lo meritiamo!-
-Ce n’è uno proprio qui vicino! Il convento di Saint-Lazare!- li informò allora, -Chi è con me?-
Aveva immaginato di portare a termine il suo compito di aizzare gli animi, ma non aveva previsto che una calca numerosa di persone lo avrebbe quasi investito, rischiando di calpestarlo, per correre di fretta verso il posto da lui indicato. Fortuna che si era fatto da parte in tempo, altrimenti avrebbe fatto ritorno a casa tutto acciaccato.
Certo, perché lui la sua parte l’aveva fatta e, sicuramente, non avrebbe fatto a botte con nessuno per essere in prima fila quando la rivolta sarebbe arrivata ad un corpo a corpo con i gendarmi.
Se lo possono scordare!, pensò, coprendosi bene con un mantello e dirigendosi svelto verso il Quartier Generale, Ora me ne torno a casa e aspetto che le acque si calmino. Dopotutto, non posso mica sfoderare subito le mie carte vincenti. Sono il Rivoluzionario Usopp, uno dei migliori, cosa farebbero se rimanessi ferito, o peggio, se morissi?
Un brivido gli corse lungo la schiena, facendogli aumentare il passo. Col cavolo che avrebbe rischiato la pelle, lui.
 
*
 
Intanto, al Municipio di Parigi, mentre vari disordini e saccheggi continuavano ad aumentare di numero e la città sprofondava nel caos, un gruppo di Rivoluzionari assieme ad alcuni esponenti del Clero e della Borghesia, si stavano riunendo in quelle sale per impedire che i soldati si accanissero sulla popolazione. Per difendere i cittadini, quelli meno adatti alla guerra, era giusto mettere a disposizione un buon numero di combattenti che fossero all’altezza di sostenere uno scontro, in modo da trovarsi preparati e pronti a tutto se le cose fossero degenerate. Venne così deciso di organizzare una milizia popolare composta da insorgenti, alcuni furfanti, rivoltosi e uomini borghesi. Quella milizia avrebbe garantito il mantenimento dell’ordine e avrebbe inoltre difeso i diritti costituzionali.
-Dunque, siete tutti d’accordo?- stava chiedendo Benn, una piuma tra le mani e l’inchiostro a portata di mano, pronto a scrivere una lista dei nomi dei volontari e dei Signori che avrebbero messo a disposizione della Rivoluzione i loro uomini di fiducia.
A parte qualche dissenso, la maggioranza approvò la proposta che era stata fatta da uno dei più giovani presenti quel giorno, il quale faceva le veci di Shanks. L’idea era venuta da lui, ma per motivi di sicurezza e per questioni più importanti, ovvero tenere a bada le guardie francesi nei sobborghi, non si era presentato, lasciando il compito a Sabo che, ormai, ci aveva preso la mano a dettare legge e a farsi rispettare.
-Uno ad uno fatevi avanti e dite il vostro nome.-
Mentre gli uomini stavano in fila, la lista si allungava e il numero dei partecipanti alla milizia cittadina aumentava a dismisura, dando buone speranze a Benn, felice di potersene tornare a casa a lavoro finito a dare la buona notizia al suo capo per poi prendersi una sbronza con Yasop e il resto della banda.
-Nome?- chiese, quando si presentò l’ennesimo candidato.
-Basil Hawkins, al vostro servizio.- rispose l’uomo, attirando su di sé lo sguardo curioso di buona parte dei presenti. Nessuno lo aveva ne sentito ne visto arrivare e, di certo, nessuno lo conosceva o lo aveva mai incontrato prima.
Anche Sabo, che di gente ne conosceva parecchia, non si era mai imbattuto in un personaggio simile e gli avrebbe fatto volentieri qualche domanda prima di accettarlo nei ranghi se Koala, la quale si trovava assieme a lui con il compito di aiutarli, non lo avesse distratto con la sua espressione sorpresa.
-Lo conosci?- le bisbigliò all’orecchio, chinandosi un poco.
Lei annuì. -Non bene, ma l’ho già visto. Conosce Barbabianca ed è una specie di cartomante, ma non so altro.-
-Siete solo, Monsieur?- fece Benn, fissando il nuovo arrivato con distacco e sospetto.
Basil non si offese per quella diffidenza plausibile, l’aveva prevista, come aveva previsto il luogo d’incontro e come sapeva da molto prima di quell’idea di organizzare una milizia a difesa del popolo,  perciò rispose in modo educato, ma secco. -Siamo circa una cinquantina di uomini.-
Lesse lo stupore negli occhi di molti, soprattutto in quelli del giovanotto in fondo alla sala, il quale sembrava morire dalla voglia di presentarsi e porgli un sacco di domande.
Gli bastò un’occhiata per capire che quel ragazzo aveva un gran compito da svolgere, oltre che a possedere molto carisma, e anche a lui stesso avrebbe fatto piacere scambiarci qualche parola, ma sentiva che quello non era il momento. Ce ne sarebbero stati altri e, per quel giorno, le carte gli avevano mostrato compiti differenti.
-Col vostro permesso, Signori.- mormorò Hawkins, dando le spalle al gruppetto di persone e avviandosi verso l’uscita.
-Mette i brividi.- sussurrò Koala e trovò Sabo pienamente d’accordo con lei, anche se avrebbe tanto voluto fermarlo per raccogliere qualche informazione sul suo conto da presentare a Shanks. Non si era mai troppo al sicuro, soprattutto con gli sconosciuti.
Una volta terminata la lista, venne stabilito che ogni uomo partecipante alla brigata avrebbe indossato come simbolo una coccarda ricamata con i colori di Parigi, ovvero blu e rosso.
Ne venne consegnata una a tutti i presenti e altre vennero date loro in dotazione affinché le distribuissero ai loro uomini. Ne indossò una anche Sabo, puntandosela al petto con orgoglio. Se ne mise poi una in tasca per darla più tardi a Ace, mentre l’ultima che teneva tra le mani sapeva esattamente a chi regalarla.
-Tieni.- disse a Koala, porgendogliela con un sorriso entusiasta.
Lei sbatté le palpebre, sorridendo poi a sua volta. -Posso? Davvero?-
-Che domande! Fai parte del gruppo, no?-
La guardò ridacchiare, mentre fissava la spilla sul bavero della giacca, nascondendo infine le braccia dietro la schiena e alzando la testa per mostrargliela. -Come mi sta?-
-D’incanto.- approvò il ragazzo, annuendo convinto, tornando poi con i piedi per terra quando Benn lo chiamò, ponendogli una domanda alla sprovvista.
-Ehi, Sabo, ma le armi?-
Effettivamente, se volevano avere una possibilità, avevano bisogno di armi per la milizia e si dava il caso che Sabo sapeva esattamente dove trovarle.
Doveva ammettere che all’inizio, quando Shanks aveva ideato il piano, si erano ritrovati ad un punto morto proprio a causa della carenza di ferri, ma grazie alle continue ronde e ricognizioni fatte per tutta la città, erano riusciti a scoprire che alcuni edifici, oltre che a fungere da magazzini per il cibo, mantenevano al sicuro anche molte armi.
Il giovane sorrise, scambiandosi un’occhiata complice con Koala, la quale era a conoscenza della cosa, e afferrò la sua giacca blu, pronto per uscire.
-Dite ai vostri uomini di prepararsi.- li avvisò. -Abbiamo un po’ di luoghi da saccheggiare.-
E, mentre chiudevano le sale del municipio e si affrettavano a scendere nelle strade, un pensiero fisso spiccava nella mente di Sabo, determinato ad andare fino in fondo e a mettere fine a quel lungo tempo di separazione forzata.
Prima tappa: la fortezza della Bastiglia.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice.
Buonasera! E’ tardissimo, lo so! Ho anche un sacco di scuse da fare e cose da dire, quindi andiamo con CALMA.
Scusatemi il mio ormai classico ritardo, a parte gli impegni vari, voglio sempre avere un capitolo pronto in più, giusto per non perdermi troppo per strada come mi è già capitato con altre long (CHE PRIMA O POI FINIRO’ *O* ).
Stiamo, finalmente oserei dire, arrivando alla parte centrale, chiamiamola così, dove troviamo il famoso avvenimento della presa della Bastiglia. Informandomi sui fatti ho letto di un sacco di morti, quindi dovrò sbizzarrirmi e buttare giù una lista di vittime. LOL, mi servirebbe un Death Note.
Anyway, su questo capitolo vediamo un Eustass Kidd analfabeta. No, ok, la cosa mi ha fatta scoppiare a ridere. Insomma, il poveretto è una capra! Oltre a lui, vediamo che Shanks ne ha sempre una pronta, ma non riesce mai a raggiungere la cara Makino. Lo prometto, mi farò perdonare, mlmlml.
Ace inizia a prendere in simpatia Barbabianca e quell’aria paterna del vecchio lo sta, a poco a poco, conquistando ** anche se con Marco le cose non vanno proprio alla grande ma, chi lo sa, forse stanno per cambiare? Anche perché il biondo ha provato ad abbordarlo, ricordiamocelo!
E poi arriva Usopp che ha il suo bel da fare come oratore, ma solo per poco perché non può rischiare troppo, non è ancora arrivata la sua ora, mentre Sabo ormai sta usurpando il posto di Shanks, è sempre in mezzo come il giovedì, dopotutto. Ma lasciamogli pure le questioni burocratiche, penso che nessuno sia più adatto di lui a fare il politico. E, come è giusto che sia, dove c’è lui c’è Koala :3 E’ arrivato anche Basil, ma di lui ne parleremo più avanti.
(Mi sono resa conto che Smokah-san è scomparso, così come Tashiji ;________________; non so dove siano finiti, lo giuro)
Oh, e nel prossimo capitolo inizia la rivoluzione, giusto per dire :D
 
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http://images3.wikia.nocookie.net/__cb20090630154539/onepiece/tr/images/3/3d/Shanks1.png come to me, bro.
 
http://40.media.tumblr.com/tumblr_m49k5kwPEU1qebmgqo1_1280.jpg vecchio, vuoi rogne?
 
http://img4.wikia.nocookie.net/__cb20140916081227/onepiece/images/e/e6/Usopp_Manga_Pre_Timeskip_Infobox.png vai, Usopp, incita la folla.
http://www.centrostudilaruna.it/wp-content/rivoluzionefranceses.jpg Saint-Lazare durante la rivolta.
 
https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/b2/c9/9e/b2c99e64e97f9bb38ac96821beb294b4.jpg
 
Grazie come sempre a tutti, recensori e lettori silenziosi, spero vi stiate divertendo!
Beeeeeene, ci vediamo la prossima settimana, spero ^^
See ya,
Ace.
  
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